È tempo di ripensare il ruolo dell’associazionismo diffuso, anche quello informale, il suo potenziale in grado di trasformare la società dal basso attraverso diverse forme di resistenza comunitaria, la sia capacità di mostrare che è possibile vivere oltre la logica del consumo e dello sfruttamento. “Oltre alle pratiche di sostegno verso le fasce più deboli – scrivono Ambra Pastore e Antonio Citti -, sarà centrale il lavoro di quanti con passione e competenza svolgono il ruolo di facilitatori della comprensione e della relazione con l’ambiente naturale e il territorio, educatori ambientali, accompagnatori e guide…”
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Posto che il passaggio dalla clausura forzata a una ritrovata libertà di spostamento sarà graduale e sottoposto a restrizioni e decreti per motivi di precauzione, in assenza di una vaccinazione di massa o quantomeno di uno screening accurato, possiamo provare a fare alcune considerazioni in merito alla realtà dell’associazionismo diffuso, affinché si possano evidenziare proposte possibili, considerando le specificità di ognuno, per riattivare tutto il mondo dell’associazionismo, parte vitale della società attuale.
Il valore multiplo delle diverse forme associazionistiche è un patrimonio ed espressione di una forma di “resistenza comunitaria, rigeneratrice e collaborativa”, che ha consentito dinamiche e pratiche di vita sane, dove la solidarietà, la convivialità, la creatività e operosità, hanno originato un modello di welfare esteso e diffuso contribuendo a una forma di “stato sociale orizzontale”, compiendo un grande passo in avanti in termini di politiche culturali, civili, di sviluppo create dal basso attraverso modelli di democrazia partecipata e aperta a tutti.
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La condizione attuale, pur se è vero che ha indebolito tutti i sistemi strutturali da quello economico a quello sociale/affettivo, determinando un ulteriore aumento delle disuguaglianze, ha comportato, di conseguenza, una diminuzione del riconoscimento dei diritti con una condizione di emergenza che si è inserita in ogni area, economica, sociale e politica. In un’emergenza di tipo universale, legittimata, conclamata e atemporale, le associazioni non godono di visibilità né tantomeno di un pensiero pubblico, istituzionale, mediatico e popolare.
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Le realtà dell’associazionismo sono sempre state espressione di forte volontà e impegno, facendo rete, con l’obiettivo di divulgare e rendere possibile un modo sostenibile di vita, che potrebbe richiamarsi al concetto noto come “One Health“, una sola salute globale, per noi e per l’ambiente; per questo le associazioni sono cresciute negli anni sia in termini numerici, sia in termini di contenuti e progettualità qualificanti, creando “spazi, tempi e luoghi” di riconoscimento territoriale, umano e culturale, nonché economico, anche attraverso il sostegno alle piccole economie locali, di prossimità. Questo patrimonio di storicità, di saperi e pratiche di qualità, importanti per una società tutta orientata invece a politiche di disintegrazione sociale e a un produttivismo economico predatorio, non può e non deve essere perduto soprattutto in periodi storici come questo, dove alle conseguenze economiche si sommeranno le conseguenze sociali, psicologiche, di disagio esistenziale, tenute sempre in poco conto anche se ci guardiamo indietro.
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La perdita delle sicurezze e delle abitudini culturali acquisite, nonché la vaghezza di un futuro rassicurante e progettuale, possono innescare rigurgiti verso il passato, verso forme regressive del vivere sia sul fronte individuale che su quello sociale e politico. Le associazioni hanno, appunto, sempre ricoperto un ruolo determinante per lo Stato e per tutta la comunità nazionale e territoriale e ancora di più oggi crediamo sia necessario dargli voce, riconoscere il loro ruolo per le potenzialità, i valori veicolati e messi in pratica e per le opportunità spesso inibite, negate, non riconosciute, di tutela e promozione della vita di ogni persona. In modo particolare, oltre alle pratiche di sostegno e assistenza verso le fasce più esposte e più deboli, sarà centrale il lavoro di quanti con passione e competenza svolgono il ruolo di facilitatori della comprensione e della relazione con l’ambiente naturale e il territorio, educatori ambientali, accompagnatori e guide. Soprattutto in considerazione di un “dopo” che dovrà fare i conti non solo sul versante economico, ma anche sul versante sociale messo a dura prova e confinato all’ultimo posto nella graduatoria delle priorità da gestire.
Convinti che il ruolo attivo delle associazioni e del volontariato, costruttore di comunità coese e di una visione del mondo che va ben oltre la logica del “vivere consumando”, sarà la forza per stimolare e rigenerare la ripresa sociale messa ora alle corde dall’ondata epidemica.
Ambra Pastore e Antonio Citti fanno parte dell’associazione di promozione sociale Sentiero Verde, affiliata Federtrek. Hanno aderito alla campagna “Ricominciamo da 3“.
Grazie Antonio per aver condiviso con me questo importante contributo. In questo momento guardare oltre facendo tesoro dell’esperienza attuale, di quella passata e degli errori che ci hanno.portato a questa situazione è fondamentale. Di più: è irrinunciabile.
Se è vero che tutto andrà bene…è altrettanto vero che tutto non potrà essere come prima. È il momento di rifondare ( o fondare ex novo) il senso profondo di comunità e un nuovo umanesimo. Non a caso parlo di umanesimo perché è l’essere umano, negli ultimi decenni oscurato da un’economia ingorda e indifferente, che va messo al centro dell’azione collettiva e di scelte politiche sane.
Grazie Ambra e Antonio,
sono con voi e ci sto provando da decenni, ed oggi oltre gli 80 anni, come volontario, offrendo esperienze con successi ed errori, alla neonata cooperativa per auto costruirci una piccola comunità. Interessato a contatti.,
Si anche noi, rete di quartieri uniti eco solidali di Livorno, cittadinanza attiva non strutturata.
Grazie davvero