Giovedì 23 febbraio è arrivato dal Pakistan un gruppo di 97 rifugiati afghani nell’ambito del programma dei Corridoi Umanitari realizzati da Caritas Italiana (per conto della CEI – Conferenza Episcopale Italiana), FCEI (Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia), Tavola valdese e Comunità di Sant’Egidio. Anche questo ultimo arrivo è realizzato sulla base dei protocolli siglati con il governo italiano a novembre 2021, per un totale di 1.200 persone fuggite dall’Afghanistan e accolte in Italia dalle chiese e dalla società civile.
I cittadini afghani arrivati saranno ospitati in varie diocesi, chiese, comunità, da Nord a Sud, e in particolare in Trentino-Alto Adige, Veneto, Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Puglia e Calabria. Si tratta di nuclei familiari e di persone singole, alcune delle quali si ricongiungeranno in Italia con parenti che vivono già da tempo nel nostro paese.
Lo strumento dei corridoi umanitari ha garantito la fuoriuscita da contesti di guerra e gravi violazioni dei diritti a richiedenti asilo, rifugiati e persone vulnerabili che altrimenti non avrebbero mai potuto raggiungere il territorio europeo.
Don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, spiega che “al di là della tipologia di intervento assicurato – Corridoi Umanitari, Corridoi Universitari, evacuazioni umanitarie, accoglienza in emergenza -, l’impegno di Caritas è stato quello di implementare un sistema di accoglienza ed integrazione il cui fulcro fossero le comunità. Sin dal primo momento, infatti, famiglie, parrocchie e istituti religiosi hanno garantito l’assistenza necessaria a chi è giunto nel nostro Paese”. Ciò è stato possibile grazie al progetto APRI (dai quattro verbi del Papa “Accogliere, Proteggere, Promuovere, Integrare”) che ha consentito nel tempo di affrontare in maniera efficace e competente queste importanti sfide, sensibilizzando le comunità coinvolte sul reale valore dell’accoglienza. Coinvolgere il territorio e le comunità – prosegue il direttore di Caritas Italiana – significa fornire ai cittadini gli strumenti per capire e accompagnare un fenomeno complesso come quello delle migrazioni, senza subirlo, contribuendo così a cambiarne la percezione e dunque la narrazione: il migrante non è più l’estraneo che entra in casa nostra, ma una persona fragile con un nome e una storia che meritano considerazione oltre che rispetto”.
Daniele Garrone, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dichiara: “Oggi diamo il benvenuto a queste famiglie afghane, donne, uomini, bambini che lasciano alle loro spalle un Paese in cui i diritti vengono ogni giorno calpestati. Avranno la chance di ricostruirsi una vita in Italia, in Europa, e per noi accompagnarli in questo percorso è un privilegio. Speriamo, alla luce di un’emergenza che purtroppo prosegue di poter continuare ad accogliere e siamo pronti a farlo, confermiamo il nostro impegno”. E aggiunge: “Crediamo allo stesso tempo che la comunità internazionale debba farsi carico di quanto sta succedendo in Afghanistan, delle violazioni dei diritti umani soprattutto per le donne, le ragazze. Quanto leggiamo ogni giorno, la negazione del diritto all’istruzione per ultimo, è intollerabile. Il nostro pensiero alle persone rimaste in quel Paese. Riteniamo importante che l’Europa accolga altre persone in pericolo, attraverso i corridoi umanitari e tutti gli altri strumenti a disposizione, e allo stesso tempo lavori per ripristinare pace e diritti per la popolazione afghana”.
“In un tempo di oblio delle guerre e delle loro tragiche conseguenze, non abbiamo dimenticato le sofferenze degli afghani”, dichiara il presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo. “Oggi per tante famiglie comincia una nuova vita, al sicuro in Italia, grazie ai corridoi umanitari, frutto della virtuosa collaborazione tra istituzioni e società civile che mostra quanto sia possibile salvare vite umane, accogliere e integrare. Con l’arrivo di oggi si esaurisce la quota di accoglienza stabilita per Sant’Egidio nel protocollo firmato il 4 novembre 2021 con i ministeri dell’Interno e degli Esteri. La nostra Comunità è pronta ad accogliere altre persone e auspichiamo da parte delle istituzioni un’estensione del protocollo, in modo da rispondere alla sofferenza, in particolare, di tante donne afghane”.
Fonte: nev.it
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