Ogni giorno migliaia di donne, uomini e bambini attraversano la rotta balcanica. Ogni giorno milioni di migranti e rifugiati in tutto il mondo strappano, con i loro corpi, la libertà di movimento a chi vorrebbe sopprimerla. Malgrado questo resta forte la sensazione di impotenza contro coloro che si arrogano il diritto di decidere chi può passare un confine e chi no, chi merita di vivere una vita dignitosa e chi no. Per questo abbiamo abbiamo bisogno di trasformare con rabbia e creatività il presente. Il 5 marzo 2021, intorno a un carrettino verde utilizzato ogni giorno nella piazza di Trieste per accogliere i migranti e a un Manifesto scritto da Lorena Fornasir, un gruppo di donne e uomini senza chiedere il permesso si è incontrato a Maljevac, al confine tra Croazia e Bosnia, per gridare, anche con il silenzio, contro la guerra non dichiarata ai migranti. Nello stesso momento tanti gruppi si sono incontrati in piazze di diverse città europee. Il 5 marzo prossimo, non per caso il sabato che precede la Giornata delle donne, il carrettino della cura tornerà a Maljevac, mentre in varie città italiane ed europee si svolgeranno presidi per denunciare la violenza dei confini. “Il carrettino verde riprende il cammino con il suo ponte di corpi, più simbolico forse che reale – si legge nel Manifesto 2022 -, ma con la fiducia che i piccoli gesti, se trovano il loro kairòs, il tempo storico opportuno, possono aprire delle porte di futuro, di vita. La porta del nostro oggi è, appunto, il corpo…”
“Bangladeshi forest”, un campo informale autorganizzato dai migranti in Bosnia-Erzegovina. Foto di Linea d’Ombra
L’anno scorso il mio carrettino della cura aveva lanciato il suo primo manifesto per un ponte di corpi. Quest’anno ritornerà al confine, tra Croazia e Bosnia, di Maljevac . Il suo secondo manifesto é questo: #BalkanRouteEurope
Il 5 marzo, sabato che precede l’8 (Giornata delle donne) il carrettino della cura sará a Maljevac, alla frontiera tra Croazia e Bosnia. Esattamente come l’anno scorso, il 5 marzo in varie città italiane ed europee, in contemporanea al carrettino, si svolgeranno vari presidi per denunciare la violenza dei confini.
IL MANIFESTO DEL CARRETTINO DELLA CURA – 2022
Il carrettino verde della cura riprende il cammino con il suo ponte di corpi, più simbolico che reale, ma con la fiducia che i piccoli gesti, se trovano il loro kairòs, il tempo storico opportuno, possono aprire delle porte di futuro, di vita. La porta del nostro oggi è, appunto, il corpo.
Siamo partiti accogliendo il corpo di dolore del migrante, ma oggi ci troviamo in una situazione in cui in ogni corpo è ravvivata la paura della morte.
Viviamo in un sistema che dissolve il corpo in una immensa rete di dispositivi che rendono sempre più difficile gli incontri e i contatti vivi fra le persone.
In questa situazione, il “ponte di corpi” – nella sua concreta alleanza di corpi contro la violenza dei confini – può assumere una più ampia valenza di riaffermazione del valore profondo del corpo vivo.
L’anno scorso, il Manifesto del carrettino verde parlava di cura e di corpo generativo.
Lo riafferma oggi accentuando il fatto che ogni corpo è generativo. Se, storicamente la generatività è stata lo stigma della subordinazione della donna di fronte al corpo potente dell’uomo, oggi ribadisce che ogni corpo esiste solo in relazione agli altri corpi: l’alterità, la relazione, sono la caratteristica del corpo umano di cui la nascita e la morte rappresentano le forme estreme ed essenziali della presenza viva nel mondo.
La piazza di Trieste è un luogo in cui si viene al mondo: vengono alla luce i migranti nell’accoglienza dopo il lungo cammino nell’oscurità. Veniamo al mondo noi che li accogliamo uscendo dall’oscurità delle nostre vite sicure.
Tale contesto così essenziale precipita concretamente nella modestia del nostro impegno che però è pratica quotidiana di cura con questi cinque, dieci, cinquanta corpi, che con i loro piedi feriti, la loro fame, il loro sfinimento, ci chiedono di agire, di rifiutare la violenza strutturale di cui sono vittime. Il carrettino verde è pieno di pomate, bende, cerotti, per curare i piedi feriti affinché possano continuare il cammino che è loro negato, impedito.
Lo Stato, le Istituzioni europee con i loro confini, i droni, i fili spinati, avvertono, infatti, che questo cammino, questa volontà di movimento, realizza un diritto che non può essere riconosciuto poiché negherebbe il potere statuale di decidere chi può passare e chi no, chi può vivere e chi può anche morire.
Per tutto questo il carrettino verde anche quest’anno tornerà al confine di Maljevac a testimoniare che i confini producono morte e che aprirli è un gesto di vita.
Contemporaneamente, in altre città, dei gruppi di persone solidali in presidio, ricreeranno nuovamente un ponte di corpi per ribadire che la vita è sacra e che i confini sono un dispositivo di violenza usato per fare la guerra ai disperati che fuggono da una vita insostenibile.
Le farfalle gialle, anche quest’anno, torneranno a volare sopra i fili spinati.
Alcuni link del Manifesto di un ponte di corpi 2021:
Un ponte di corpi (Comune-info)
Oltre le frontiere contro il razzismo e i respingimenti (il manifesto)
Siamo qui dove bisogna stare (Comune-info)
![](https://comune-info.net/wp-content/uploads/2022/02/268274397_4560932224023839_2358263409810427970_n.jpg)
Eccolo il carrettino verde: pesa 15 chilogrammi, a volte anche 20. Dentro c’è tutto: garze, bende, cerotti, argentil, gentamicina, sapone, acqua sterile. Sotto il primo strato si apre il mondo dei calzini, mutande, felpe, piumini ma non è finita. In fondo fondo non mancano le cioccolate o le bolle di sapone.
Il carretto della speranza, dell’accoglienza, della solidarietà. È la fionda di Davide contro la prepotenza.
Spero diventi “contagioso” servono tanti carretti verdi, egoismo e indifferenza ci stanno rendendo ciechi.
Grazie Lorena e Linea d’ombra
Concordo con Lorena Fornasir nel mettere in primo piano nella tragedia del rifiuto delle persone migranti il concetto della presenza dei corpi. Prestare cure é l’incontro tra corpi, é donare tempo a quanti mostrano la necessità di ripristinare, per debolezza delle proprie energie, l’integrità delle capacità di ogni corpo a tendersi OLTRE la propria finitezza e divenire parte attiva di quanto lo circonda. É partecipare, prendere parte alla relazione, che mostra con evidenza di essere per eccellenza manifestazione e fonte di vita, il suo esserne il fulcro. É resistenza alle forze che negano le relazioni, proprio quando hanno come fine il COMPLETO soddisfacimento delle necessità e delle capacità creative dei corpi, in particolare anche quando queste relazioni si evolvono nelle forme della condivisione pur di garantire quanto occorra alla custodia dell’integrità dei corpi.