di ass. Amici del Nidiaci
Comune-info è un ottimo lago in cui lanciare messaggi in bottiglia. In poche parole: siamo un’associazione di residenti/resistenti dell’Oltrarno fiorentino. Vi raccontiamo a grandi linee come agiamo, chiediamo se ci sono altre realtà affini in giro e proponiamo di darci una mano a vicenda in termini il più possibile concreti.
Semplificando con l’accetta, Firenze è la capitale della moda, del turismo e della speculazione sulla città vetrina/immagine. Un modello fondato su una Disneyland al centro e periferie disumanizzate attorno, che in questi mesi si sta estendendo a tutta Italia.
C’è però un “luogo così particolare” del centro storico che “resiste contro l’estinzione”: citiamo la predica di ieri del parroco di San Frediano al funerale di uno dei nostri, ma avrebbero usato le stesse parole i ragazzi che conducono un’occupazione in Via del Leone.
Questo rione, con i suoi vecchi artigiani, musicisti americani e muratori albanesi, è certamente particolare, ma probabilmente ha anche affinità con tanti altre realtà in Italia con cui ci vorremmo alleare. Abbiamo costituito una Onlus e associazione di promozione sociale in piena regola, l’Associazione Amici del Nidiaci in Oltrarno, che attualmente conta 110 soci, con uno statuto che ci permette di occuparci più o meno di tutto ciò che riguardi il quartiere.
L’Associazione nasce attorno alla difesa dalla speculazione immobiliare di quello che per novant’anni fu lo spazio (ludoteca e giardino) dei bambini di San Frediano, chiamato comunemente (e a torto, ma è un’altra storia) “il Nidiaci”. Nella nostra sfortuna, lo squalo che ruba il giardino ai bambini riassume tutta un’epoca, e ci rende facile comunicare al quartiere cosa vogliamo e chi siamo. Ci capiamo perfettamente senza bisogno di grandi teorie.
Dopo varie manifestazioni, abbiamo ottenuto la gestione per quattro anni della parte rimasta pubblica di quello spazio, e da lì siamo partiti con una serie di iniziative tutte collegate tra di loro. Vogliamo durare nel tempo e toccare tanti aspetti della difesa collettiva della vita.
Telegraficamente:
1) Tenere aperti spazi pubblici, facendoli gestire da chi ci vive e capisce molto di più di funzionari lontani. Sappiamo benissimo che dietro questo c’è una grande ambiguità: si dà spazio alla gente per non dover mettere i soldi pubblici che “non ci sono”, o meglio ci sono solo quando si tratta di dare un contributo ai festival della moda.
Però la fuga dello Stato è anche un’opportunità, perché permette a tutti di assumersi in prima persona la responsabilità delle cose che sono di tutti, e non solo di funzionari e politici.
2) Corsi gratuiti per i bambini del quartiere, dove c’è anche un’alta percentuale di immigrati e disoccupati. Per ora, secondo le capacità di ognuno, offriamo:
– violino, finalizzato alla costituzione di un’orchestra del quartiere
– inglese con insegnanti che per il resto lavorano per scuole dove le lezioni sono tutt’altro che economiche
– avvicinamento al calcio, assieme ai Bianchi di Santo Spirito, la “nostra” squadra nel Calcio Storico Fiorentino
Abbiamo anche altro in progetto, ma l’idea è sempre di contrastare una mentalità che divide l’arte e il bello dei ricchi dalla rozza fisicità dei poveri. E sappiamo benissimo che la conoscenza della lingua inglese è oggi un bisogno di massa, indotto o no che sia.
3) Riprenderci il patrimonio del rione, in base all’idea che “l’arte” non è una cosa che si va a cercare negli “eventi” spettacolari con il logo delle case di moda.
L’arte, per chi vive nei centri storici italiani, è il nostro stesso ambiente, il suolo che unisce ciò che il sangue divide, quella particolare dimensione del luogo che rende fratelli il bambino con i nonni nati in Via del Leone e quello con i nonni nati nel Senegal (chi segue Tomaso Montanari capirà subito cosa intendiamo). Il patrimonio è innanzitutto qualcosa di nostro, non una merce turistica.
Entrare nei luoghi storici, conoscerli, portarci i bambini, scoprire il nostro territorio. Che poi spesso sono luoghi popolari e non aristocratici, come i tabernacoli che gli artigiani curavano a ogni angolo di strada. Su questo abbiamo messo insieme un gruppo di storici dell’arte e artisti, che andranno lontano, da una parte lavorando con le scuole, dall’altra scrivendo la storia che nessuno ha ancora scritto di questo rione.
4) Ricerca sulla memoria umana del rione, raccogliendo storie, testimonianze, tradizioni degli anziani, registrandole per fare un archivio, video e pubblicazioni. E anche per reinventarci luoghi e feste.
5) Una serie continua di piccole attività, feste di compleanno per le classi delle scuole, teatro amatoriale, mercatini di scambio gratuito di vestiti usati per bambini, che oltre a essere divertenti e talvolta utili in sé, permettono di mantenere vivi i legami tra le persone. E anche di tenere ogni angolo del rione coperto con gli avvisi delle nostre attività, attaccati sempre con lo scotch da carta per non danneggiare i muri.
6) Lotta contro la speculazione. Abbiamo fatto due cortei nel quartiere, molto partecipati; ma fondamentalmente, abbiamo scelto di scovare documenti negli archivi, esigere informazioni dal Comune anche ricorrendo alle vie legali, rompere le scatole giorno dopo giorno a singoli consiglieri, assessori e uffici, che sanno ormai che l’Oltrarno è l’angolo più rognoso della città.
7) Grazie a un notevole numero di soci architetti (e qualche agronomo), stiamo cominciando a sviluppare un lavoro su tutto il patrimonio del quartiere, per arrivare a un censimento dei beni pubblici e a progetti partecipati per strade, piazze e traffico, in modo da non lasciare le decisioni sul nostro territorio in mano a esperti d’immagine a servizio di ben altri interessi. Questo vuol dire anche imparare a capirci di bandi e di concorsi, e cominciare a sfruttare tutta una serie di canali istituzionali del genere.
8) Collaborazione con tutte le realtà del quartiere, nella misura in cui quelle realtà non servono interessi speculativi. Con molti – i calcianti, le occupazioni e le associazioni legate alla parrocchia – la collaborazione è spontanea. Con altre realtà, più legate a interessi commerciali e giri istituzionali, possiamo collaborare di volta in volta su iniziative specifiche, sapendo che le nostre strade si dividono quando vogliono fare parcheggi e vetrine, ma possono convergere quando si tratta di mettere un semaforo nuovo.
9) Politica. Di “politica nazionale” (deputati, liste e affini) non ci siamo mai occupati, ma sappiamo che ogni giorno dobbiamo fare i conti sia con gli eletti che con i funzionari del Comune e del Quartiere. Un’umanità molto varia, talvolta ottusa, talvolta ottima, talvolta modestamente brava, talvolta delinquente, talvolta al limite del patologico.
In linea di massima, le istituzioni ci hanno trattato prima con paternalismo (“le mamme aprono il giardino“), poi con diffidenza (“qui si critica l’amministrazione!” e lì improvvisamente i giornali hanno smesso di parlare bene di noi) e oggi con guardingo rispetto, soprattutto dopo la particolarissima scelta che abbiamo fatto alle recenti elezioni.
Abbiamo infatti invitato tutti i candidati a sindaco (erano ben dieci!) a venirci a trovare individualmente e a rilasciare una dichiarazione di impegno concreto per la difesa del giardino che gestiamo. Abbiamo trattato in modo assolutamente identico tanto il candidato che tutta la città sapeva sarebbe stato eletto sindaco, quanto quello di una minuscola lista civica; e abbiamo invitato tanto il Partito Comunista dei Lavoratori quanto i Fratelli d’Italia. Tutti i candidati si sono presentati nei giorni concordati, con ampio seguito di candidati al Comune e al Quartiere, e hanno rilasciato dichiarazioni di impegno che abbiamo registrato e messo su Youtube. In questo modo, nel mondo delle promesse almeno, abbiamo superato i mitici bulgari, conquistando il 100% del voto. Più concretamente, abbiamo stabilito un rete di contatti in schieramenti diversi, di maggioranza e di opposizione. Persone che martelleremo con gentile fermezza per i prossimi cinque anni, chiedendo cose specifiche. E se qualcuno se la prenderà con noi, avremo un suo compagno di partito a cui chiederne conto.
Infine, ci sono tre idee che abbiamo in cantiere, in attesa che arrivi il mago che le realizzi, ve le raccontiamo solo per darvi un’idea di quanto sia potenzialmente ampio il lavoro sul territorio.
10) In un quartiere in cui tante famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese, vorremmo riuscire a gettare i semi di rapporti economici diversi, studiando ad esempio una moneta alternativa o forme di turismo, come si dice, compatibili, nonché reti di scambio e condivisione e di ricerca di casa.
11) Vorremmo organizzare una serie di incontri con persone competenti su temi che tocchino la vita delle persone reali, dalla crisi del petrolio all’allattamento, da come sopravvivere ai social media ai meccanismi dell’industria turistica.
12) Una nostra amica avvocata, che poi si è trasferita altrove per lavoro, si era resa disponibile per organizzare un servizio gratuito di prima consulenza legale, che avrebbe offerto al giardino: si tratta di aiutare la madre in procinto di separarsi, il giovane appena licenziato da un lavoro precario o la famiglia minacciata di sfratto a capire meglio la propria situazione.
Dietro tutto il nostro lavoro, ci sono alcune scelte radicali, anche se non le abbiamo mai teorizzate, presi come eravamo dall’agire.
La prima è quella di agire nelle istituzioni. Non è necessariamente la scelta migliore, ma è una scelta obbligata quando si vuole essere la gente normale di un quartiere e non un’avanguardia.
La seconda è che tutto tiene, dalla bellezza del violino alla durezza della vita della domestica filippina in nero, dalle ricerche di documenti al catasto alla festa di compleanno dei bambini della IIIA, dal racconto del vecchio artigiano in pensione al locale griffato che ruba spazio pubblico per il suo dehors, dal misterioso fregio settecentesco sulla casa all’angolo al panettiere che chiude perché gli chiedono un affitto di 5000 euro al mese.
La terza è lavorare con tutti gli abitanti del quartiere, senza privilegiare né giovani né anziani, né autoctoni né immigrati, né intellettuali né artigiani; e siccome siamo in un luogo che è storia fattasi pietra, lavorare anche nel tempo. Cercando le radici del passato, ma pensando anche di durare nel futuro.
La quarta è mantenere la propria totale indipendenza, senza però entrare in conflitti inutili con nessuno. Che già i conflitti utili sono difficili da vincere. In questo senso, anche se ci occupiamo radicalmente della polis, non facciamo ciò che nei bar o nei circoli di partito viene chiamata “politica”.
La quinta è, non partire con un progetto da imporre alla realtà. Tutto quello che facciamo nasce dalle capacità e dagli interessi delle persone diversissime che partecipano.
Infine, il criterio fondamentale, quello che ci distingue da alcune altre realtà anche presenti nel quartiere: Il quartiere a chi lo vive, non a chi ci specula.
E qui arriviamo al dunque. Raccontiamo tutto questo non per dire che siamo meglio o peggio di altri che fanno diversamente, ma solo per sapere se c’è qualcuno che sente affine questo modo di lavorare. E se c’è, sarebbe interessato ad aiutare a mettere in piedi una rete, nazionale, o internazionale, di reciproco sostegno concreto? Non chissà che organizzazione, ma – per dire – una mailing list in cui ci scambiamo dritte su come costringere un Comune a dare certi documenti o su come mettere in piedi un sito web efficace; o per organizzare scambi estivi tra una famiglia che abita in uno splendido paese di montagna e una famiglia che abita in uno splendido quartiere di Firenze; o dove si possa stampare un volantino a poco prezzo, o come si fa a lanciare una moneta complementare… Magari appoggiandoci in qualche modo a Comune-info. Ma, come è il nostro modo solito di agire, partiamo ascoltando e scorreremo dove va la corrente, quindi tutto nascerà dalle risposte che ci saranno, adesso o dopo.
Intanto, augurateci in bocca al lupo, perché è proprio in bocca al lupo che viviamo.
* L’associazione Amici del Nidiaci di Firenze ha aderito alla campagna Ribellarsi facendo (qui le altre adesioni): Il drago verde
DA LEGGERE:
Gustavo Esteva scrive sulla divisione tra chi pensa di cambiare rivendicando il diritto a chiedere e chi non aspetta lo Stato per costruire un mondo nuovo. Anche il subcomandante Marcos aveva fornito una sua risposta interessante: “Le grandi trasformazioni non cominciano né in alto né con fatti grandiosi ed epici, bensì con movimenti piccoli nella loro forma e che appaiono irrilevanti per il politico e l’analista che stanno in alto. La storia non si trasforma partendo dalle piazze piene o dalle moltitudini indignate, ma piuttosto… partendo dalla coscienza organizzata di gruppi e collettivi che si conoscono e si riconoscono reciprocamente, in basso e a sinistra, e costruiscono un’altra politica” (foto: book crossing a Macao; Chiapas)
John Holloway | Come misuriamo la ricchezza? Attraverso il denaro, le persone più ricche sono quelle che accumulano più denaro, sembra ovvio. E invece non lo è. John Holloway ci ricorda che sotto l’apparente solidità del denaro c’è un liquido che bolle: é la nostra ricchezza – quella prodotta dal nostro fare, dalla nostra attività creativa – che lotta contro la sua astrazione-negazione in forma di merce. L’esito della lotta non è scontato. Ciò che esiste nella forma di un’altra cosa, ciò che esiste malgrado sia negato, è il lato nascosto di ciò che lo nega, è la sua crisi. La possibilità di un cambiamento radicale, profondo, sorge dal basso, da ciò che è nascosto, latente. Il capitalismo lotta continuamente per trovare una più profonda subordinazione della vita alla sua necessità di dominare ed espandersi. La sua dominazione, tuttavia, è inconcepibile senza la resistenza. Il signore dipende dai suoi sudditi. Ed è in questa dipendenza che si trova la chiave per comprendere la crisi del suo dominio. Il nostro “mettere in comune” è il movimento della crisi
LA RESISTENZA E IL MONDO NUOVO DEI TERRITORI
Raúl Zibechi | I movimenti che nascono nei territori, nelle campagne come nelle periferie urbane, hanno aperto profonde crepe nel sistema che legittima la dominazione
L’OCEANO DELLA VITA QUOTIDIANA
Raúl Zibechi | La «vita materiale o quotidiana», il grande rimosso delle teorie rivoluzionarie
Perché esiste la corruzione? Perché è l’etica del neoliberismo. Le domande giusta allora sono altre: a chi appartiene la Laguna di Venezia, all’ex sindaco Orsoni, all’ex ministro Galan e ai suoi predecessori o, per caso, agli abitanti? E la Val di Susa – già collegata alla Francia con un ferrovia internazionale, con una autostrada e con altre due strade minori – che si vuole sconvolgere con un tunnel di ben 57 km? A chi appartiene la Val di Susa, al sindaco di Torino, a Prodi a Berlusconi, al ministro Alfano, che l‘ha messo sotto assedio con una operazione di guerra di posizione? O non per caso alle popolazioni che da secoli l’hanno curata e mantenuta per noi e per le generazioni che verranno? E il sottosuolo di Firenze, dov’è in corso una dissennata opera di escavazione per costruire una stazione sotterranea destinata alla Tav? Appartiene all’ex sindaco Renzi o agli attuali ministri in carica?
Le mamme di Castenedolo dice
Quanto ci piace questa pagina, Comune-info, sempre piena di informazioni da mettere in Comune!
(via fb)
https://www.facebook.com/pages/Le-mamme-di-Castenedolo/571166006251276
Flora Colacurcio dice
È un’iniziativa stupenda cui voglio assolutamente aderire! Come possiamo fare?
via fb
Roberto Renzoni dice
Caro quartiere d’Oltrarno (vedo piazza Torquato Tasso – poeta che detesto – in fotografia), dalla quale piazza con amici e conoscenti son partito or è un anno, se ricordo bene, per una manifestazione che attraversava la città e piovve, per rinfrescarci le idee ma esse con mutarono) ho letto con piacere – e l’ho anche messo da parte – l’articolo dal titolo CREIAMO UNA RETE DI COMUNITÀ’ TERRITORIALI? SI’, io però sto ad EMPOLI. Ciò non toglie che si possa far qualcosa insieme tra le molte cose elencate. A me interessa molto l’aspetto CULTURA magari con risvolti in MUSICA e POESIA. Non minor interesse ha per me la POLITICA. Non aggiungo altro, posso volentieri venire a Firenze quando è o sarà possibile, come ogni tanto faccio e lo farò tra breve. Datemi un nome o più di uno, un telefono e si vedrà…..
Roberto Renzoni, che augura buone cose
(via mail)
Associazione Amici del Nidiaci in Oltrarno dice
Infatti ci siamo dimenticati… i nostri recapiti sono , telefono 349-1575238.
Cittadini attivi di Fano dice
Ciao, siamo molto interessat* alla vostra esperienza perchè da tre anni stiamo cercando di fare la stessa cosa nel nostro quartiere con gli stessi principi e finalità.
Abbiamo preso contatti anche con altre realtà simili…
Che ne dite di conoscerci? 🙂
Un abbraccio
I Cittadini attivi di san Lazzaro