Smettiamola con le narrazioni dell’andrà tutto bene, degli eroi e della patria. Si tratta di vivere questo tempo (non Kronos, il tempo logico e sequenziale, ma Kairòs, l’esser presenti a ogni momento) per riconsegnare senso a quello che facciamo nella vita di ogni giorno e di rafforzare relazioni create da corpi. “Possiamo prendere esempio dall’olmo degli Appennini, che non si irrita quando il suo sviluppo è ostacolato dalle pietre – scrive Filippo Mondini – Neppure pianifica i modi in cui potrà vincere quegli ostacoli. Cerca invece di capire in che direzione muoversi. Il tempo della quarantena è la pietra che fa sviluppare le nostre radici in direzioni nuove”
Tempo insolito questo che stiamo vivendo. Un tempo speciale, unico, mai vissuto prima. Ci sono due modi per intendere il tempo che scorre e quindi due modi diversi di stare nel mondo e di vivere la vita. Possiamo intendere il Tempo come Kronos cioè il tempo logico e sequenziale o possiamo intenderlo come Kairòs cioè tempo opportuno, propizio. Il Kairòs non è un tempo speciale che si verifica solo in determinati momenti con un inizio e una fine. Il tempo va inteso come una successione continua di Kairòs: ogni momento è il Kairòs, tempo opportuno. L’uomo passa da Kairòs a Kairòs. Ogni istante è propizio e opportuno. Lo dice bene Lucio Dalla nella sua “L’anno che verrà”: “Com’è importante che in quest’istante ci sia anche io…”. Il Kairòs è l’essere presenti a ogni momento e intendere quel momento come un dono per una possibile apertura. Anche il tempo della quarantena è, in potenza, un tempo opportuno.
Credo che per vivere questa possibilità dobbiamo resistere a tre narrazioni retoriche che hanno il solo scopo di sostenere lo status quo. Avvallando acriticamente queste narrazioni, non ci poniamo il problema di come vivere il Kairòs ma attraversiamo questo tempo in apnea, gettati nel mondo, come barche in mezzo al mare nell’attesa della grande madre che ci salverà.
La prima narrazione da contrastare è quella dell’andrà tutto bene. Suona un po’ come il “vissero felici e contenti” delle fiabe per bambini, le fiabe che si raccontano per rassicurare i piccoli e per farli addormentare sereni immersi nelle loro dorate fantasie. “Andrà tutto bene”, non preoccupatevi, non vivete la vostra paura e le vostre emozioni. Questa narrazione funziona solo nel mondo della magia. Andrà tutto bene se mi impegno a farla andare bene, se accolgo questo tempo come un tempo della semina, della consapevolezza. Andrà tutto bene soprattutto se alleno, esercito, attivo, espando la consapevolezza; se mi impegno a gettare semi di speranza che matureranno nel futuro, se colgo le possibilità di questo tempo. L’”Andrà tutto bene” si contrasta quindi con la consapevolezza personale, ecologica e sociale.
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La seconda narrazione è quella sugli eroi. I medici, gli infermieri, la polizia e via via tutti gli altri in una rigorosa gerarchia. È fuori discussione il ruolo di queste persone, la fatica che stanno provando, il senso di smarrimento, la paura. Ma centrare il discorso sugli eroi fa perdere di vista le responsabilità. Troppo facile, dopo avere massacrato la sanità pubblica, avere tolto mezzi e risorse agli ospedali, avere chiuso i piccoli ospedali dell’entroterra, presentare il personale come degli eroi.
Anche da un punto di vista psicologico è fondamentale “non avere bisogno di eroi” perché questo limita la nostra libertà e la nostra responsabilità. Non gli eroi ma i maestri sono necessari. Quelle persone che incontriamo e che ci aiutano a sviluppare la nostra tendenza attualizzante rimuovendo gli ostacoli che mettiamo al nostro naturale sviluppo, nel cammino verso l’autenticità. L’uomo è portato a fuggire la responsabilità della propria vita; la vita diventa così un lungo nascondimento e scivola facilmente verso la falsità. “Sventurata la terra che ha bisogno di eroi” diceva Brecht nella sua Vita di Galileo (leggi anche Persone comuni, non eroi, di Marco Aime, ndr).
La terza narrazione è quella relativa alla patria. I primi giorni di questa quarantena, quando ancora potevamo permetterci una grave dissociazione, si usciva sui balconi per cantare l’inno d’Italia. I social sono pieni di profili con il tricolore. Si esorta a comprare italiano, mangiare italiano, consumare italiano. Ora il nemico di turno è l’Europa, l’Olanda, la Germania. “L’Italia è in guerra”. Questa narrazione è molto simbolica: la paura ci fa chiudere ancora di più in noi stessi, alzando muri e esasperando la contrapposizione. Hans Enzenberger ha scritto: “Tanto più un paese costruisce muri e barriere per difendere i propri valori, tanto meno avrà valori da difendere”. Dopo la caduta del muro di Berlino l’uomo ha costruito settanta muri, 40 mila chilometri di recinzioni e fili spinati. La pandemia invece non ha confini. Il dolore, lo smarrimento è uguale in ogni latitudine. Andrà tutto bene se il nostro cuore proverà ad espandersi invece che chiudersi, abbattere muri invece che costruirne. Da un punto di vista psicologico l’Uomo sano è l’uomo individuato e integrato, capace cioè di stare davanti a diverse visioni del mondo. Ricordo un bel monumento costruito dopo la guerra nella piazza di Sarajevo: un uomo che ha tra le mani un mappamondo con questa iscrizione: “L’uomo multiculturale salverà il mondo”. Quanta bellezza in questa frase, che respiro ampio, che orizzonti profondi.
Si sente spesso dire che da questa quarantena ne usciremo persone migliori. Lo spero. Ma come? In che modo? E perché?
Sicuramente non per il solo fatto di stare dentro le quattro mura di casa. Questa è una credenza magica. Forse ne usciremo persone migliori se viviamo il Kairòs, il tempo opportuno: opportuno per la consapevolezza, la libertà, la responsabilità ed eventualmente il cambiamento.
Vorrei proporre alcune possibilità di riflessione e ricerca.
La prima grande questione è quella del senso. Che senso ha tutto questo? Che senso hanno le nostre giornate, e che senso gli diamo? Ricercare il senso organizza, offre struttura, fa diminuire il caos dentro e fuori di noi. Il senso contrasta il vuoto e l’assurdità della realtà. Spesso è dal senso che muove il “fare”; senza un senso ci ritroviamo a vivere le nostre giornate come delle trottole. Viktor Frankl, lo psicologo che ha affrontato il lager, ha scritto un bellissimo libro dal titolo molto significativo: La sofferenza di una vita senza senso. Non c’è un senso assoluto, vero, immutabile e monolitico. Esiste un senso storico, dell’oggi, dell’esserci: non tanto “che senso ha la mia vita” ma “che senso do a questo giorno?”. Provo a prendermi la responsabilità di dire: “anche oggi ha un senso”.
La seconda questione che mi pare fondamentale è la consapevolezza che nei momenti di stress l’uomo viene fuori per quello che è. In tempo di quarantena, agendo nello spontaneo, verranno fuori molte parti di noi: il nostro egoismo, narcisismo, la nostra bontà… verranno fuori le nostre emozioni. Tutto questo materiale è materiale prezioso che dobbiamo accogliere come una possibilità per conoscerci. La riflessione su questo materiale porta alla consapevolezza. Solo “guardando”, “riflettendo” su questo materiale posso eventualmente cambiare. Non si tratta di “sopportare” quello che siamo ma di avere la possibilità di “criticare”.
La terza questione mi sembra abbia a che fare con le relazioni. Da una parte è oggettiva la lontananza e il distanziamento, ma dall’altra c’è una smisurata concretezza nella quotidianità delle nostre relazioni. Stare nella stessa casa per così tanto tempo con la propria famiglia, con i propri compagni dà alle relazioni una ruvida concretezza. Questa quarantena ci fa “stare” nelle nostre relazioni più intime. Da questo, ora, è difficile fuggire. Dopo che avremo pubblicato tutti i nostri esperimenti culinari, dopo avere pulito la casa fino agli angoli più remoti, dopo che avremo fatto tutte le videochiamate con amici e parenti, dovremo sederci accanto alla nostra compagna, figlio, madre e provare a dire qualche cosa. Tutti ci vogliono intrattenere, il web è pieno di risorse interessantissime ma il viaggio più interessante rimane la vicinanza con un tu. La relazione con un tu è l’incarnazione del passaggio dal fare all’essere.
La concretezza della relazione ci introduce alla quarta questione che è l’esperienza del dolore, o meglio, come stare nel dolore. È facile che questo periodo ci abbia visto attraversare la tempesta del dolore. Si possono dire tante cose su questo. A me colpisce molto l’esperienza che del dolore si ha nei Salmi della tradizione Ebraica. Nei salmi, l’orante, davanti al dolore fa sempre una cosa: grida a Dio: “Nelle angustie il Signore ho chiamato…” (Sal. 118); “Nell’angustia a Dio ho gridato…” (Sal. 120); “Il nome di Dio ho urlato: Dio Signore, tirami fuori…” (Sal. 116); “A te grido ogni ora del giorno, è un gemito solo la notte…” (Sal. 88). Sono innumerevoli questi esempi. L’orante nel dolore grida a Dio. Spesso nel dolore siamo portati a chiudere le relazioni, nel dolore tendiamo ad isolarci e alla solitudine. L’immagine dell’orante che nel dolore grida a Dio sconvolge questa attitudine. È un immagine di un uomo che nella disperazione, nella perdita non si chiude ma continua a stare nella concretezza di una relazione ed è questa modalità che lo salva. I Salmi ci fanno capire che davanti al grido dell’orante Dio risponde sempre. Così anche la concretezza delle nostre relazioni: davanti al nostro dolore c’è una relazione che ci accoglie e che ci salva. Molto bello è il Giobbe di Joseph Roth. Qui gli amici del protagonista, al contrario di quelli del Giobbe Biblico, non vanno alla ricerca delle colpe che causano il dolore di Mendel ma stanno nella relazione accogliendo la disperazione del capofamiglia.
In questa fase possiamo prendere esempio da un Olmo dei nostri Appennini: esso non si irrita quando il suo sviluppo è ostacolato da una pietra neppure pianifica i modi in cui potrà vincere quegli ostacoli; cerca invece di capire in che direzione muoversi, se andare in una direzione piuttosto che nell’altra. Il tempo della quarantena è la pietra che fa sviluppare le nostre radici in direzioni nuove. A noi il compito di cogliere questa direzione. I sogni possono essere uno strumento molto utile per capire il fiume carsico della nostra vita.
Rabbi Sussja esclamò: “Nel mondo futuro non mi si chiederà: ‘Perché non sei stato Mosè?’; mi si chiederà invece: ‘Perché non sei stato Sussja?’.
Filippo Mondini, psicoterapeuta, vive a Pesaro.
Chiara Labanti dice
Ho apprezzato molto e condivido in pieno!
Lina dice
Un articolo molto interessante che va in profondità, alle radici. Grazie
Paola Paolessi dice
Sono pienamente d’accordo con questa immagine relativa al tempo e alla realtà che stiamo attraversando. In particolare la necessità di essere consapevoli delle relazioni di causa ed effetto che hanno determinato il presente e la conseguente riflessione su come organizzare concretamente il domani e sui molti aspetti da rivedere in merito a scuola, società, tempo libero (sembra quasi una vergogna parlare di tempo libero quando c’è tanta sofferenza, eppure il tempo è una risorsa importante che va assolutamente rivalutata in meglio in termini di gestione), qualità della vita. Solo su un punto permettetemi di dissentire. L’albero presente negli Appennini che cresce sui dirupi, abbarbicato tra i sassi, è il Carpino!
Pasquale De Muro dice
Grazie per questo splendido articolo. Ci ho ritrovato molte cose che mi frullavano in testa in questi giorni, e altre idee tanto interessanti quanto utili.
Luigi dice
Molti spunti interessanti, davvero… Difficili, molto difficili seguirli e tenerli sempre a mente ma già il fatto di riconoscerli come parole “conosciute” fa ben sperare. Grazie
Daniela dice
in ogni frangente, ove apparentemente non vi sono opzioni di scelta, in effetti vi e’ sempre un potere, in prima persona: scegliere “come” viverlo. Anche in esperienze di sofferenza o di privazione che mai si vorrebbe vivere.. Mi ha emozionato in proposito la citazione di Viktor Frankl, quel suo libro mi e’ particolarmente caro.
Rosangela dice
Grazie per questo stimolo a vivere con piena consapevolezza..
Maria Fiorita dice
Molto interessante
renato dice
Una voce fuori dal coro.
Ogni tanto un richiamo alla realtà non è solo benefico; ci consente anche momenti di riflessione e crescita
Condivido pienamente
Susanna dice
Grazie! Preziosi pensieri da custodire
Ezio dice
Molto interessante
Annamaria dice
La consapevolezza di oggi ci dirà cosa saremo domani.
Maria Cecilia Santarsiero dice
Molto ricco stimolante profondo . Grazie collega
paolo giammarroni dice
Posso dire solo: “finalmente”. Lo condivido non solo perchè vivo tra gli olmi. Tornare a dare positività alla “critica”, suona come una scoperta in un paese bloccato dal terrore e dal non coinvolgimento dei cittadini. Usando una parola desueta direi: “un ragionamento politico”. Grazie
Antonietta dice
Interessante, profondo, attinente alla realtà.
Raffaele Pugliese dice
Bellissimo, illuminante; Kronos e Kairos, radici antichissime di un tema fondamentale e così attuale nella letteratura spirituale di oggi.
Margherita dice
Mi trovo in sintonia con tutto quello che ho letto.Spero che non tutto torni come prima,vorrei che si ri-pensassero molte categorie…e che quando si parla di futuro si parlasse davvero di futuro,cioè dei ragazzi,della scuola,di quanto poco facciamo per la loro formazione.
Auguri a loro!
Carla dice
Grazie finalmente leggo qualcosa di, sensato
Massimo dice
Difficile non essere d’accordo con questa riflessione, tuttavia occorre accogliere l’altro, con gli strumenti di cui oggi dispone. Grazie
Roberto Cavion dice
Fino a ieri sembrava che si potesse solo rimuovere la pietra, magari con la ruspa… grazie olmo per averci ricordato che invece si può anche cercare un’altra via.
Elisa dice
Io penso che nella vita degli uomini e del mondo in generale nulla avvenga per caso ma c è sempre un fine che al momento non comprendiamo ma che poi nel tempo si chiarirà, Ci sono due strade da seguire, o piegarsi passivamente allo svolgersi degli eventi o opporsi ad essi e combattere con tutte le nostre forze! Io per il mio carattere sono portata a non cedere ma a combattere contro gli eventi infausti per salvare la vita!
Donatella dice
Articolo molto suggestivo! Significa acquisire una più alta umanità porsi il problema di distinguere fra kronos e kairos. E infine la lezione dell’olmo che usa la sua intrinseca “sapienza” per trovare un’altra strada e schivare la pietra che intralcia le sue radici. Grazie di queste bellissime riflessioni!
Paolo dice
Un articolo molto interessante, a volte emozionante. Unico limite: non è facilmente comprensibile dal grande pubblico.
Gianni Armani dice
Da non credere!! Uno psicoterapeuta che dice cose di buon senso e perfino, mi sembra di capire, Intelligenti!!! Adorabile poi la citazione di Lucio Dalla. Però anche antipatico : smentisce un mio idolo, Karl Kraus : La differenza tra gli psicologi e gli altri psicopatici è un po’ come il rapporto tra follia convessa e follia concava.
Dai, ovviamente scherzo…ma non del tutto! 🙂 🙂 🙂