Diverse amministrazioni locali hanno siglato un accordo per includere l’accoglienza in famiglia nelle politiche strutturali dell’accoglienza diffusa dei rifugiati a livello nazionale e locale. L’esperienza di Antonio Silvio Calò e dalla sua famiglia ha aperto una strada
“Le città accoglienti – Convegno sulle buone pratiche di accoglienza in Europa” è il titolo dell’incontro organizzato dal Comune di Padova, in collaborazione con l’Università di Padova e Refugees Welcome Italia il 25 e il 26 novembre, dedicato al progetto europeo “Embracin” – Enhancing Migrants’ Bottom-up, Responsive and Citizen-led Integration in Europe – che ha permesso a Padova di sperimentare l’accoglienza in famiglia in partenariato con altre sette realtà europee.
Nel 2021 grazie alla significativa esperienza da Antonio Silvio Calò e della sua famiglia è stato sviluppato dal comune di Padova uno schema denominato “6+6×6” (premiato nel 2018 dal presidente della Repubblica e dal Parlamento Europeo). La storia della famiglia Calò e del progetto Embracin è stata raccontata nel libro Taxi Sociale, edito da ReCoSol (Rete delle comunità solidali):
“Quando nel pomeriggio del 19 aprile 2015 Antonio Silvio Calò seppe dell’ultima tragedia migratoria nel Mediterraneo, decise con sua moglie Nicoletta di prendere in mano la situazione, così aprirono la loro casa a sei giovani migranti. La famiglia non si è limitata a ospitare i rifugiati, ma ha anche fornito loro le competenze necessarie per navigare nella vita della società italiana. Da allora, il loro progetto si è sviluppato ed è diventato una buona pratica. Lo schema “6+6×6”, prevede politiche di integrazione dei migranti evitando i grandi centri di accoglienza. Nello specifico, l’esperienza di Calò suggerisce un approccio olistico all’accoglienza e all’integrazione dei cittadini di paesi terzi in Europa, nell’arco di oltre due anni, al termine dei quali, tutti e sei i nuovi arrivati hanno un lavoro e sono integrati nella comunità locale. Padova è capofila del progetto e coinvolge altri quattro comuni e due reti di comuni. Embracin è finanziato dal programma europeo Amin Asilium e vede come partner operativi per la gestione e attuazione la cooperative Orizzonti e Refugees Welcome. Il progetto si è allargato a una rete di città interessate a scambiare, adattare e riutilizzare lo schema “6+6×6 ” a livello locale e dimostrare la sua trasferibilità in tutti i Paesi europei per offrire così un “modello strutturato” di inclusione ed integrazione dei migranti. Un modello importante per il suo rapporto costi-benefici e la sua efficacia in termini di benessere per i migranti stessi e per le comunità ospitanti”.
Al termine della due giorni padovana di scambio e confronto sulle diverse esperienze di accoglienza in Europa e in Italia, attraverso i racconti di sindaci, operatori e rappresentanti delle istituzioni che a vario titolo si sono occupati di buone pratiche di accoglienza, venti amministratori di Comuni con il beneplacito di Matteo Biffoni, sindaco dell’Anci e delegato nazionale all’immigrazione, hanno siglato un accordo per includere l’accoglienza in famiglia nelle politiche strutturali dell’accoglienza a livello nazionale e locale. Il memorandum, a cui l’assessore al Sociale del Comune di Padova, Margherita Colonnello, ha lavorato per mesi, interagendo con le varie realtà e associazioni coinvolte, è stato firmato in contemporanea da Padova, Verona, Prato ma anche da remoto da città come Milano, Roma, Napoli e da piccoli comuni quali Due Carrare, Granze nel padovano e Santorso nel vicentino, ben noto quest’ultimo per la sua lunga storia di accoglienza virtuosa. Nel documento viene specificato che:
Tutte le Amministrazioni che hanno attivi progetti di accoglienza in famiglia concordano nell’affermare che questo strumento, se ben integrato nelle politiche di welfare pubblico dei Comuni, consente di inserire le persone migranti nel contesto culturale e linguistico italiano con maggior efficacia. Queste esperienze hanno consentito di evidenziare anche un altro fatto. Non solo i migranti traggono giovamento dall’essere accolti in famiglia, ma è anche il tessuto sociale italiano, solidale e forte, che – ove sollecitato – risponde con entusiasmo ai progetti di accoglienza. Questo fatto è stato dimostrato in particolare con le emergenze prima afghana e poi ucraina: in tutto il territorio nazionale sono state moltissime le famiglie a scrivere direttamente alle prefetture per rendersi disponibili ad accogliere i profughi in casa propria. L’ospitalità in famiglia non è il solo strumento possibile per promuovere una migliore politica di inclusione nel nostro paese, ma è una risorsa preziosa se ben integrata con i sistemi virtuosi della prima accoglienza, a partire dal sistema SAI, che è il modello di accoglienza diffusa che i territori apprezzano. In questo senso i Comuni firmatari auspicano un consistente ampliamento della rete SAI e si impegnano a promuoverlo sui propri territori. Il potenziamento del sistema SAI e il rafforzamento e la strutturazione dei percorsi sperimentali di affido familiare che alcuni Comuni stanno portando avanti, potrebbero rappresentare, inoltre, la risposta al grande aumento delle presenze dei minori stranieri non accompagnati che per tanti Comuni capoluogo è oggi una vera emergenza.
In questa direzione, l’accoglienza in famiglia è una risorsa particolarmente preziosa sia a supporto dei percorsi di uscita dal SAI sia, nelle città che vogliano sperimentarlo, come percorsi di uscita dai CAS, come forma di housing sociale per sostenere i percorsi di inserimento abitativo e di inclusione sociale, pienamente integrata nei servizi di welfare dei Comuni.
Tutte le risorse possibili devono essere messe in gioco per promuovere un sistema di accoglienza differenziato ed efficace, in grado di promuovere l’inclusione effettiva delle persone migranti che rappresentano un fenomeno ormai strutturale nel nostro Paese.
Una risposta organica e multilivello si rende oggi più che mai necessaria per rispondere non solo alle esigenze umanitarie delle persone migranti ma anche alle richieste provenienti dai territori di ripopolare intere zone del nostro Paese e di supportare il tessuto produttivo con nuovi innesti di lavoratori.
Poste tali premesse, i Comuni firmatari il Memorandum di Padova lanciano oggi, con gli auspici di ANCI nazionale, una proposta concreta al Ministero degli interni: che l’accoglienza in famiglia venga considerata come una politica strutturale dell’accoglienza e, come tale, ulteriormente valorizzata anche nel sistema SAI, soprattutto per accompagnare i percorsi di uscita dall’accoglienza in struttura“.
La famiglia al centro quindi come la migliore via per favorire un percorso di inclusione sociale ma anche come impegno civile verso una società più consapevole ed empatica. Il Comune di Padova si è impegnato a realizzare un albo delle famiglie accoglienti che aprono le porte di casa per sei mesi a un richiedente asilo ricevendo per questo un contributo di 200 euro al mese. “La firma di oggi è stato un primo passo per uscire finalmente dalle logiche dell’emergenza, costruire percorsi condivisi tra Amministrazioni, cittadini e Terzo Settore, facendo tesoro delle esperienze e di quanto appreso in questi anni” ha concluso soddisfatto il sindaco di Padova, Sergio Giordani alla fine di queste due giornate di lavori. “Quello avviato dal Comune di Padova e al quale tutti noi abbiamo aderito è ovviamente un percorso aperto e presto ci consentirà di portare il tema dell’accoglienza in famiglia all’attenzione non solo del ministro Matteo Piantedosi ma anche dell’intero governo e di tutto il parlamento” ha detto Matteo Biffoni. Ora bisognerà vedere come l’attuale ministro degli Interno accoglierà questa proposta, come e se verrà sostenuta.
Morena Da Lio dice
Ottima iniziativa che intendo seguire.
Bravi