Lo sappiamo tutti, almeno chi non crede ai miracoli, che l’obiettivo centrale, quello di Parigi e di Glasgow, non sarà raggiunto. Certo, possiamo far finta, ancora per un po’, di non vedere – ulteriore ritardo che pagheremo carissimo – ma occorre prepararsi al meno peggio. E il meno peggio, secondo Guido Viale, si chiama adattamento. Bisogna salvare, fin che si è in tempo, almeno quello che si ritiene salvabile e lasciare indietro ciò di cui c’è meno bisogno. Cominciando con l’agricoltura e l’alimentazione che devono tornare a essere biologiche, multicolturali, di prossimità, senza più allevamenti intensivi. Il quadro generato dai cambiamenti del clima va guardato in faccia, certo con i dubbi e le variabili necessarie, ma senza reticenze. E va affrontato di petto. Subito. A più d’uno questo articolo, tutt’altro che rassicurante, sembrerà descrivere uno scenario distopico. Di fronte alla gravità di quel che vediamo ogni giorno, rifiutando puntualmente di trarne le conseguenze, non si tratta certo più di disquisire su bizzarre categorie come l’ottimismo e il suo contrario, ma di ipotizzare il tipo di analisi e ricerca più utile per cercare ancora qualche via di uscita
Tutti i fenomeni attraverso cui è destinata a manifestarsi questa fine del mondo sono già in gran parte presenti: ghiacciai e calotte polari che si sciolgono, siccità e desertificazione, alluvioni che non vi pongono rimedio ma ne aggravano gli effetti, mare che si infiltra nelle falde, prosciugamento degli acquiferi, incendi che distruggono le foreste, non più moderati dall’umidità di suolo e piante e dalla scarsità di acqua per spegnerli, tifoni e diffusione di malattie nuove che non si riesce più a controllare. Sono tutti fenomeni in gran parte irreversibili.
I ghiacciai continueranno a sciogliersi e non si riformeranno per migliaia di anni, anche se le emissioni di gas climalteranti cessassero domani (il che non accadrà) e così le calotte polari. Gli acquiferi che abbiamo saccheggiato non si riempiranno più, né torneranno a scorrere pacificamente i fiumi, che alterneranno periodi di secca a piene che si trasformano in alluvioni. Le estati saranno sempre più torride, tanto da rendere invivibili aree sempre più estese del pianeta. Gli inverni saranno sempre più miti e avari delle precipitazioni a cui siamo abituati e gli incendi sempre più estesi e violenti.
La situazione che stiamo vivendo non durerà solo qualche giorno, o un’estate, o qualche anno, ma sarà la nuova normalità. Anzi, peggiorerà, con alti e bassi, di anno in anno, spingendo un numero crescente di abitanti della Terra ad abbandonare i loro Paesi per cercare sollievo e vivibilità in qualche regione meno rovente.
Le prime vittime di questo processo saranno – sono già – l’agricoltura e l’alimentazione che, con i loro consumi fossili, sono già oggi la principale fonte di emissioni climalteranti (in gran parte per la produzione di carni che impegna il 70 per cento dei suoli coltivati e dell’acqua utilizzata). Mangiare qualsiasi cosa sarà sempre di più un problema per un numero crescente di abitanti della Terra, ma industria e mobilità non se la vedranno meglio.
Fino a quando (quando?) tutta l’energia utilizzata non sarà generata da fonti rinnovabili non è affatto detto che quelle di diversa origine possano bastare. Sia quella nucleare che quella di origine fossile hanno bisogno di acqua, molta acqua, per funzionare. E ce ne è sempre meno a disposizione. In Francia molte centrali nucleari si fermano non solo per guasti e logoramento, ma perché non c’è più acqua per raffreddarle.
Si fermeranno in Italia e altrove molte centrali a gas e carbone per la secca dei fiumi. Senza elettricità si ferma anche l’industria, anche quella eventualmente impegnata nella produzione di impianti di energia rinnovabile o nella ristrutturazione degli edifici per ridurne i consumi energetici.
Conversione ecologica sempre più difficile
Così la conversione ecologica, anche volendola fare, sarà sempre più difficile. Non parliamo della conversione dalla combustione all’elettrico del parco veicoli (un miliardo e 300milioni di auto), oggi al centro dell’attenzione. Che senso ha? Dove e come produrremo l’energia per muoverlo, i materiali rari per farlo funzionare, quelli ordinari per fabbricarlo se l’industria dovrà lavorare a singhiozzo? E il turismo? Che senso ha fabbricare l’inverno con la neve artificiale per partecipare a uno scempio come le Olimpiadi Milano-Cortina? Quando si scoprirà che viaggiare verso terre lontane non garantisce più un sicuro ritorno?
E l’industria militare? Certo, è “prioritaria”. Le armi sono oggi il più grande affare, l’unico che ha potuto guardare in faccia il covid senza conseguenze. Arriverà una resa dei conti anche per loro, certo non prima di aver mandato in tilt il resto dei settori industriali.
E le Grandi Opere? Di tutte quelle che si apprestano ad aprire i cantieri con i fondi del Pnrr non resteranno che i debiti da saldare. Con che cosa? E a spese di chi? Tutti questi blocchi si ripercuoteranno in chiusure, fallimenti, licenziamenti, disoccupazione, perdita di reddito, senza che siano state programmate collocazioni alternative per l’occupazione e la produzione.
Problemi ignorati
C’è qualcuno dei politici affaccendatisi intorno al destino del governo Draghi, a partire dal suo titolare, che abbia anche solo nominato uno di questi problemi mentre l’Italia (e il mondo) intorno a loro andava a fuoco? O qualche membro della classe imprenditoriale? O qualche giornale che ne abbia fatto l’apertura a sei colonne? O qualche giornalista – qualcuno forse sì – che abbia trovato il modo di parlarne all’interno di pezzi dedicati al proprio ambito: politica, economia, sport, moda, costume, giustizia, guerra, ecc”.?
Mai il dibattito politico, il “servo encomio” di Draghi e il “codardo oltraggio” del buon senso erano caduti così in basso: un teatro dell’assurdo. Gli unici ad averlo capito sono i giovani di Fridays for Future e i loro comprimari. Eppure, è di questo che bisogna innanzitutto parlare.
E se ne avessimo parlato, se ne parlassimo, certo le cose prenderebbero un’altra piega: non si metterebbero l’ambiente, il clima, le rinnovabili in coda a un elenco di 9 punti su cui impegnare il governo o da proporre in campagna elettorale. Si metterebbe finalmente in chiaro che per ottenere uno qualsiasi di quegli obiettivi occorre affrontare di petto il problema del clima. E come?
Il contenimento della crisi climatica e ambientale non dipende solo da noi, né come individui, né a livello territoriale o nazionale; persino l’UE (che vale il 10 per cento delle emissioni globali) conta poco. Tuttavia, ciascuno di noi, ciascun territorio, ciascuna nazione e ciascun continente dovrebbe sforzarsi di fare il possibile per contribuire a una conversione ecologica complessiva. C’è molto da fare per tutti. Ma, soprattutto, c’è da trovare la strada per farlo, che non è per nulla chiara come lo sono invece gli obiettivi da perseguire e che è diversa da Paese a Paese come da individuo a individuo e da impresa a impresa.
Adattamento: salvare il salvabile e lasciare indietro il superfluo
È chiaro che l’obiettivo centrale, quello di Parigi e di Glasgow (Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, sigla in inglese Unfccc) di +1,5°C sul periodo preindustriale non sarà raggiunto. Quindi, occorre prepararsi al meno peggio. E il meno peggio si chiama adattamento. Salvare, fin che si è in tempo, quello che si ritiene salvabile e lasciare indietro quello di cui c’è meno bisogno. Cominciando con l’agricoltura e l’alimentazione che devono tornare a essere biologiche, multicolturali, di prossimità, senza più allevamenti intensivi.
Poi con la cura del territorio, rimboschendolo il più possibile. E con la mobilità, abbandonando per sempre l’idea di avere a disposizione “un cavallo meccanico” a testa; la mobilità sostenibile è condivisione e pieno utilizzo di ogni mezzo. E il turismo, oggi la più grande industria del mondo, se ancora possibile, deve tornare a essere villeggiatura di prossimità o avventura senza confort. Anche l’industria dovrà ridimensionarsi e con essa sia l’aggressione alle risorse della Terra per alimentarla che la moltiplicazione dei servizi per trovarle uno sbocco nei nostri consumi. La scuola deve diventare un centro di formazione alla convivenza aperto a tutti e la cura della salute deve spostare il suo asse dalla terapia alla prevenzione.
In una prospettiva del genere, ci sarà posto per tutti su quel che resterà della Terra, sia per abitarla che per garantire a ciascun un ruolo, un’attività, un modo di rendersi utile senza piegarsi al feticcio dell’occupazione, che riguarda sempre e solo una parte della popolazione. Ma chi ha il coraggio di mettersi su questa strada?
Giovanni Papa dice
Grazie Guido, ci sto provando con nuovi amici, qui in Valchiusella.
luciano vecchi dice
Indomito come al solito.Consiglio la lettura del libretto di J. Franzen ” E se smettessimo di fingere? ” ed. Einaudi(To), difronte all’impossibilità di affrontare la crisi climatica
stella gaetano dice
COSA POSSIAMO FARE NOI IMMEDIATAMENTE- CONVERSIONE ECOLOGICA DAL BASSO
C’è finalmente la crisi del governo del BANCHIERE dei “migliori”dei padroni degli sfruttatori dei ricchi delle banche delle multinazionali del G7 della NATO dei “guerristi” del regime mediale unificato… LA SITUAZIONE E’ DRAMMATICA. L’APOCALISSE E’ IN ATTO, ma quello che sta succedendo in Italia in Europa e nel mondo non è l’oggetto della crisi. LA FOLLIA E’ TOTALE. GUTERRES (ONU) dice o “AZIONE COLLETTIVA O SUICIDIO COLLETTIVO” e lorsignori fanno finta di niente. SOLO FRANCESCO è sintonizzato con GUTERRES e dice che serve UNA IMMEDIATA “CONVERSIONE ECOLOGICA”. Cosa possiamo fare noi “dal basso” subito? Cambiare immediatamente “STILI DI VITA” e attaccare IL POTERE. DAPPERTUTTO. Disvelando e dicendo al mondo LA VERITA’ sullo stato reale delle cose (PERCHE’ IL MONDO BRUCIA I GHIACCIAI SI SCIOLGONO COS’E’ LA CO2 ecc…) e praticando autogestione autoproduzione rilocalizzazione sobrietà frugalità riuso riciclo senso del limite solidarietà responsabilità giustizia ecologica e sociale…UN NUOVO PARADIGMA CULTURALE E POLITICO per “UN ALTRO MONDO POSSIBILE”. FARE PACE. TRAGLI UMANI CON LA NATURA CON L’AMBIENTE CON IL CLIMA CON TUTTI I VIVENTI.
1) PIANTARE ALBERI- Come MANCUSO (La Nazione delle piante!) ci invita a fare da gran tempo. Tenendo conto dei luoghi e delle caratteristiche ambientali. Per salvare la biodiversità. La possibilità della fotosintesi. Liberare l’aria dalle polveri inquinanti…
2) MANGIARE MENO O NIENTE CARNE- E’ una rivoluzione. Per fermare gli allevamenti industriali e le terre e i suoli coltivati a mangimi e pieni di pesticidi e fitofarmaci. E per stare “meglio”. Per fare 1 Kg di carne rossa servono 15.000 litri d’acqua…è una follia.
3) SOVRANITA’ ALIMENTARE – CAMBIARE ALIMENTAZIONE- Azzerare tutte le propagande TV cibo spazzatura macdonaldizzazione usa e getta… Passare a legumi verdure e frutta di stagione a Km. “ZERO”. Entrando e/o costruendo GAS (Gruppi d’acquisto solidali) o i mercati biologici e contadini e/o puntando all’autoproduzione . ORTI INDIVIDUALI SOCIALI COLLETTIVI Ritornando alla natura e riscoprendo la manualità. USARE/FARSI L’IMPIANTO A GOCCIA. Risparmio immenso d’acqua. Fare/farsi pizza biscotti e pane. E’ facile. Per eliminare LO SCHIAVISMO DELLA MODERNITA’ :I RIDER.
4) MOBILITA’- Passare dall’auto alla rivoluzione delle biciclette ai servizi pubblici collettivi e elettrici e alla riscoperta dell’andare a piedi. Fare del 2035 la fine di GPL e benzina è una pura follia. RICONVERSIONE. Non si perde lavoro…si cambia.
5) RISPARMIO ENERGETICO E DI ACQUA- Chiudere i lavaggi-auto. E le insegne accese in città di giorno e di notte, i lampioni non necessari le luci ai monumenti, e quelle nei giardini di notte. Fare la doccia 1 o 2 volte la settimana. Pulizia non “igienismo”. Come italiani consumiamo 250 litri in media al giorno. Nel SAHEL 6 litri. Al mare fare la doccia UNA sola volta a sera. Luci a LED in tutte le case e non solo. E ciabatte generali e riassuntive . Farsi la barba e lavarsi i denti senza rubinetto aperto in continuità. Lavare le verdure ecc. recuperando l’acqua. Per esempio senza TIRARE LO SCIACQUONE a ogni pipì. E’ uno spreco. Non annaffiare le siepi .
6) BASTA ACQUA NELLA PLASTICA. L’acqua non è merce. L’acqua è sacra,è la vita. Bere acqua del sindaco. Sollecitare per fontanelli dappertutto, controllati, per chiudere le fontanelle continue e per RIAGGIUSTARE LA RETE IDRICA. Si perde il 40% . FOLLIA!.
7) PASSARE IMMEDIATAMENTE ALLE RINNOVABILI. In ITALIA E NEL MONDO. E’ possibile subito. C’è TUTTO! Basta stornare i fondi di governi e banche dai FOSSILI alle rinnovabili. Partire comunque da soli o insieme ad altri. SOLE VENTO e altre fonti come geotermico maree ecc. secondo le possibilità dei luoghi. Signifca costruire autonomia democrazia potere diffuso sovranità energetica.Libertà
8) IGIENE – Sapone di marsiglia e detersivi fatti in casa. O detersivi biologici già in vendita.
UNA CONVERSIONE ECOLOGICA DAL BASSO- UNA RIVOLUZIONE PACIFICA E GENTILE- UN ALTRO MONDO POSSIBILE. UNA RIVOLUZIONE COME LIBERAZIONE-RIAPPRORIAZIONE.
Gaetano Stella- blogger- Lago di Chiusi-22-07-22
-passaparola!- blog.gaetanostella.it
Maria Grazia Campari dice
Buone le proposte
Incerta la pratica, visti i tempi , resta la speran,a nei molto giovani
Remo Ronchitelli dice
Come “organizzazione” dello Adattamento vedrei delle Comunità territoriali di Resistenza, centrate sulla massima autonomia nella Alimentazione, nella Energia, nella autogestione della Salute (Prevenzione). Queste Comunità si possono mettere in rete tra loro ed attivarsi con Comunità di ricercatori e tecnologi per “salvare il salvabile”.