Gli effetti dei cambiamenti climatici minacciano di far estinguere molte delle specie viventi sul pianeta? L’acidificazione dei mari, dovuta principalmente all’eccesso di anidride carbonica assorbita dagli oceani, ha raggiunto livelli insostenibili? I problemi sono veramente seri, sarebbe sciocco negarlo, ma per fortuna, mentre i vertici dei governi si susseguono inconcludenti, c’è chi parla poco e si sta dando da fare sul serio investendo fior di milioni di dollari nella ricerca scientifica per trovare soluzioni tecnologiche concrete, dallo sbiancamento delle nuvole marine al blocco dei raggi solari con nubi vulcaniche artificiali. E senza proporci il ritorno all’età della pietra. Per quel che riguarda il mare, poi, la soluzione è già pronta: si tratta di alcalinizzare le acque (cioè modificare artificialmente la chimica dei mari) immettendo roccia polverizzata, per fortuna un robusto incremento dell’attività mineraria ce lo consentirebbe. Arrivati a questo punto, forse, vi starete domandando: ma allora perché fino a oggi ci si è stracciati le vesti gridando alla fine del mondo? Ma è ovvio, no? Perché ancora non avevamo capito che solo le tecnologie dell’ingegneria climatica, l’esperienza dei manager dei colossi delle piattaforme digitali e i loro capitali (insieme a quelli di Exxon e Chevron, certo, perchè no?), possono risolvere i guai del pianeta. È a loro che va affidata un’impresa così delicata come gestire la temperatura del pianeta. Servono gli uomini più in gamba del nostro tempo (e ce n’è qualcuno perfino qui, pensate), quelli che sanno far crescere vertiginosamente i profitti delle loro aziende perfino quando l’economia di mezzo viene messa in ginocchio da uno stupido virus. E su, dai, non era mica poi tanto difficile capirlo…
I miliardari globali ora investono in geoingegneria: tecnologie per manipolare il clima. È logico, ma è molto preoccupante. Le proposte di geoingegneria sono ancora teoriche e speculative, ma forniscono una scusa per l’inazione climatica e un alibi per l’aumento dell’estrazione e dell’uso di combustibili fossili, sostenendo che il caos climatico può essere gestito con queste rischiose tecnologie. Bill Gates, fondatore di Microsoft, è stato il primo del club dei super-ricchi a investire fondi per la ricerca e lo sviluppo di queste tecnologie. Molti altri investitori provengono dalla Silicon Valley, l’area della California dove hanno sede le aziende tecnologiche. Alcuni cercano di non attirare l’attenzione, altri restano nell’anonimato, finanziando ONG o società a responsabilità limitata in cui i loro nomi non compaiono.
A quanto sembra, i miliardari intendono promuovere – e poi imporre – queste pericolose ricette tecnologiche senza consultare nessuno, senza supervisione né regolamentazione indipendente e scavalcando le decisioni precauzionali della comunità internazionale. È un modo di agire abituale per i giganti tecnologici, come ha sintetizzato Mark Zuckerberg all’inizio di Facebook: «move fast and break things» [muoversi in fretta e rompere cose]. La geoingegneria ha due orientamenti tecnologici: rimuovere il carbonio dall’atmosfera (dopo che è stato emesso) e bloccare/riflettere parte dei raggi del sole, per abbassare la temperatura. Non prevede in nessun caso di cambiare le cause del cambiamento climatico, ma piuttosto, dopo aver rotto le cose, propone ricette tecnologiche che aprono nuovi affari.
Nell’ottobre del 2020 il gruppo SilverLining, con sede in California, ha annunciato che finanzierà con 3 milioni di dollari la ricerca nel campo delle tecnologie di gestione della radiazione solare, come sbiancare le nuvole marine o bloccare i raggi del sole con nubi vulcaniche artificiali e altre ipotesi che, se messe in atto su larga scala, avranno forti impatti negativi, come siccità e interruzione di piogge. Nel 2010 SilverLining, a quel tempo come impresa, ha cercato di fare esperimenti di sbiancamento delle nuvole sulle coste della California, al di sopra di un’area di migliaia di chilometri quadrati, ma il progetto è stato sospeso quando i mezzi di comunicazione hanno rivelato che riceveva fondi da Bill Gates.
Kelly Wanser, allora direttrice esecutiva dell’impresa, è poi ricomparsa in un progetto di sbiancamento delle nuvole marine condotto dall’Università di Washington, ed ha affermato che si trattava solo di un gruppo di scienziati che non disponevano di fondi per gli esperimenti. Oggi si presentano come una ONG. Wanser continua a ricoprire il ruolo di direttrice e annuncia che sosterrà diversi di quegli scienziati e altri noti promotori della geoingegneria. Questa volta è finanziata dai miliardari e investitori in capitale di rischio Matt Cohler, ex alto dirigente di Facebook; Bill Trenchard, investitore in Uber e in altre piattaforme come LiveOps, acquistata da Microsoft; la società di gestione Lowercarbon Capital, dell’investitore Chris Sacca, ex direttore esecutivo di Google e investitore in Twitter, Instagram, Uber e altre società; il Fondo per l’Innovazione Pritzker, una delle 10 famiglie più ricche degli Stati Uniti secondo Forbes; e il LAD Climate Fund, di cui non viene fornito alcun riferimento, ma che potrebbe essere collegato a grandi ONG conservazioniste. Chris Sacca spiega in un’intervista che alla Lowercarbon Capital non vedono alcun problema nel ricevere fondi da società come Exxon e Chevron.
Nel settembre 2020 la rivista New Scientist ha rivelato che un altro gruppo di promotori della geoingegneria marina si è riunito in California. Tecnici, avvocati e consulenti sono stati convocati da Oceankind, un’altra nuova organizzazione di un anonimo multimiliardario, per discutere su come sviluppare l’alcalinizzazione dell’oceano, un metodo per modificare artificialmente la chimica dei mari. Secondo le informazioni fornite da New Scientist, il primo direttore di Oceankind, Evan Rapoport, era un alto dirigente di Google, in seguito assunto da una ricca famiglia della Silicon Valley per ricoprire quella carica.
L’acidificazione dei mari è un grave problema globale dovuto principalmente all’eccesso di anidride carbonica assorbita dagli oceani, che impedisce a molluschi, crostacei e altri organismi di costruire i loro gusci e danneggia anche le barriere coralline. Per prevenirla bisogna tenere sotto controllo l’inquinamento (da petrolio, rifiuti, scarichi agricoli) e ridurre drasticamente le emissioni di carbonio. Invece di risalire alle cause, la proposta in questo caso è quella di alcalinizzare l’oceano immettendo roccia polverizzata, il che implica un aumento esponenziale dell’attività mineraria, con tutti i problemi ambientali e sociali che ne conseguono. Si stima che ci vorrebbero 5mila milioni di tonnellate all’anno di roccia polverizzata, il doppio di quella utilizzata da tutta l’industria del cemento a livello globale. Anche se riuscisse ad alcalinizzare l’oceano, questa industria e le flotte di navi che sarebbero necessarie per spargere la roccia farebbero aumentare le emissioni di gas a effetto serra e il cambiamento climatico.
Per gli alti rischi e gli effetti collaterali che comporta, la geoingegneria è sottoposta a moratoria nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla Diversità Biologica. I miliardari e i loro giganti tecnologici hanno un’enorme impronta ambientale e fanno la parte del leone nell’ingiustizia sociale e climatica globale. Non possiamo permettere che controllino anche il termostato globale.
Fonte: “Billonarios y geoingeniería”, in La Jornada, 07/11/2020.
Traduzione a cura di Camminardomandando
Silvia Ribeiro è direttrice della sezione latinoamericana di ETC Group, una equipe di ricercatori indipendenti che monitora da 25 anni l’impatto delle tecnologie emergenti e delle strategie delle corporation sulla biodiversità, l’agricoltura e i diritti umani.
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