Non è facile per nessuno in queste settimane fare lo sforzo di pensare, cercare di comprendere il punto di vista degli altri, prendersi cura delle paure e dei dubbi di tutti. Alcune domande sparse, più delle risposte, possono essere utili. In questo caso ci aiuta Guido Viale. C’è un legame tra la miseria intellettuale con cui è stata portata avanti a suo tempo la campagna, ormai dimenticata, per i dieci vaccini Lorenzin con il diffuso fervore contro il vaccino anticovid? Cosa è stato fatto in quasi due anni per gli studenti ammassati sui mezzi pubblici o per i pendolari che si pestano i piedi sui treni regionali ogni giorno? C’è qualcuno che ricorda a tutti che il virus non viaggia sui barconi dei migranti ma sugli aerei del manager? L’educazione e l’autoeducazione che si acquisiscono condividendo un problema e le misure che si ritengono più opportune per affrontarlo possono essere un presidio contro il contagio? Ci sono alternative all’arroganza del Burioni di turno? E ancora: «Ma che preoccupazioni per la salute può mai avere un governo che lascia morire almeno tre operai ogni giorno per “incidenti” sul posto di lavoro?»
Tratta da unsplash.com
Non so se l’obbligo vaccinale sia o no compatibile con la Costituzione. So però che è impossibile da praticare: mettere in prigione chi non si vaccina? Sono diversi milioni. Multarli? La misura era prevista dal decreto Lorenzin, dopo aver constatato che era anticostituzionale escludere dalla scuola dell’obbligo i bambini non vaccinati: una misura tanto inefficace quanto discriminatoria. Ma quanti, alla fine, hanno pagato?
Puntare sulla convinzione? Nella passata tornata il compito è stato affidato al professor Roberto Burioni, un uomo antipatico e arrogante, senza mai metterlo a confronto con professionisti che per studi o esperienza potessero costringerlo ad approfondire le sue affermazioni; la regola era l’irrisione se non l’insulto di chi non la pensava come lui. Il compito era peraltro difficile perché i vaccini obbligatori – anche per bambini di pochi mesi e, in alcuni casi, per malattie scomparse da tempo; oppure da altri, sulla base della propria esperienza professionale, ritenute parte di un ordinario processo di sviluppo – erano ben dieci. I risultati si vedono oggi. È difficile capire l’attuale mobilitazione e soprattutto il fervore contro il vaccino anticovid di tanta “gente comune” senza tener conto della miseria intellettuale con cui era stata portata avanti la campagna per i dieci vaccini Lorenzin.
Così, per non ripetere gli errori fatti, ora si è data la stura a una profluvie di esperti – virologhi, epidemiologhi, statistici, sociologhi – che non hanno fatto che contraddirsi, tra loro e con se stessi, senza che il governo ne promuovesse un confronto pubblico, diretto, in contesti adatti all’approfondimento delle relative posizioni. Aumentando così la confusione generale, per di più di fronte a vaccini mai sufficientemente testati se non in corpore vili di chi doveva riceverli, tanto da dover più volte ritornare sulle decisioni prese e imposte.
Stupisce che alcuni intellettuali, scesi in campo lancia in resta contro l’obbligo vaccinale e il green pass, non senza alcune buone ragioni, siano stati invece completamente muti quattro anni fa, quando, in mancanza di urgenze – se non quella di alcune epidemie di morbillo inventate dalla ministra Lorenzin – gli stessi problemi si sarebbero potuti affrontare in modo approfondito e con più calma. Perché problemi che creano dubbi non mancano: a che cosa serve il distanziamento nelle scuole, e solo “dove lo spazio lo consente”, cioè quasi mai, quando poi gli studenti si ammassano sui mezzi pubblici e ora anche in discoteca? A che cosa serve sui treni ad alta velocità quando i pendolari si pestano i piedi su quelli regionali? Oppure, come raggiungere l’immunità di gregge – posto che il concetto, assai contestato, abbia senso – se tre quarti dell’umanità non sono vaccinati per esplicita decisione di quei governi che impongono il vaccino ai loro sudditi, quando è noto che il virus non viaggia sui barconi dei migranti ma sugli aerei del manager? Ma già allora ci si poteva chiedere che immunità di gregge è mai quella che si raggiunge vaccinando tutti i bambini di una classe quando in famiglia, sui mezzi, ai giardinetti e persino negli studi medici si incrociano centinaia di non vaccinati? Ma, si obbietta, e gli immunodepressi? Purtroppo – e nessuno lo sa meglio di loro – la loro incolumità è interamente affidata alle precauzioni che sia loro che le persone che gli sono vicine si autoimpongono: le malattie infettive e le occasioni di contrarle sono troppe perché si possa affidare a uno, dieci o cento vaccini il compito di proteggerli.
Non si sfugge: non l’obbligo vaccinale, ma l’educazione vera e democratica (alla faccia di Burioni!), l’autoeducazione che si acquisisce condividendo un problema che riguarda la salute a cui tutti tengono allo stesso modo e l’adozione congiunta delle misure che si ritengono più opportune – in fabbrica come in azienda, in ufficio come al bar o in tram – sono l’unico vero presidio contro il contagio sia degli immunodepressi che dei non vaccinati in ogni contesto – cioè tutti – in cui non si può garantire che tutti siano immunizzati. È l’esatto opposto dell’individualismo di chi non si vaccina, non per ragioni (che ritiene) scientifiche, o morali, o politiche, ma per una concezione della propria libertà che rispecchia l’individualismo di chi “fa quel che vuole”: l’ideologia a cui oggi viene educata la “moltitudine” di chi invoca la libertà al di fuori di qualsiasi vincolo di solidarietà.
Poi, e solo poi, viene il green pass. Che è la voce del padrone delle ferriere: se non fai quello che dico, ti licenzio. Con lo scopo di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri. Che si perda “solo” lo stipendio – ma poi, con che cosa si campa? – e non il posto di lavoro è una barzelletta. Senza articolo 18, chi si assenta dal lavoro perché senza green pass verrà licenziato il giorno stesso del suo rientro. Ma che preoccupazioni per la salute può mai avere un governo che lascia morire almeno tre operai ogni giorno per “incidenti” sul posto di lavoro?
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“Senza articolo 18, chi si assenta dal lavoro perché senza green pass verrà licenziato il giorno stesso del suo rientro”. Sembra una minaccia, in antitesi al senso generale dell’articolo. Si tratta di un errore? Credo sia importante chiarirlo, in questi giorni di grandi incertezze normative che impensieriscono i lavoratori in sciopero dal 15 ottobre. Grazie!
Risponde Guido Viale: “Il licenziamento di chi sta a casa è solo una mia illazione. Ma intanto non sappiamo per quanto durerà l’obbligo del Green pass. Mesi? Anni? Il lavoratore assente verrà sostituito e quando finalmente potrà tornare a lavorare, il datore di lavoro non ne avrà bisogno. Teoricamente lo deve riprendere, ma senza l’art. 18 lo può licenziare quando vuole, senza obbligo di reintegro. Basta pagare. Non molto…”.
I servizi sociali
” gratuiti ”
sovvenzionati cioè dai cittadini che pagano le tasse regolarmente … non sono una scelta del governo ma, un diritto sancito dalla costituzione italiana .
Qualsiasi malgoverno può consentire mezzi di trasporto affollati e maltenuti, sale sanitarie d’aspetto spartane e inadeguate al contesto di quartiere, scuole disagiate da raggiungere e frequentare, palestre e centri sportivi che non rispettano i requisiti necessari per una corretta e periodica manutenzione …
Eppure molti frequentano e non contestano tali disservizi essendo gli
unici e disponibili sul territorio .
Non a caso i suddetti ausili, quando tassati da gestioni private, sono da preferire sotto ogni aspetto a quelli pubblici
e, chi se lo consente deve, mediante evidenti sacrifici o esborsi corrispondenti, concorrere a tutta o in parte la retta richiesta .
Tra il pubblico ed il privato non esiste concorrenza nell’offerta ma scelte di stampo politico e sociale !
I servizi sociali
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sovvenzionati cioè dai cittadini che pagano le tasse regolarmente … non sono una scelta del governo ma, un diritto sancito dalla costituzione italiana .
Qualsiasi malgoverno può consentire mezzi di trasporto affollati e maltenuti, sale sanitarie d’aspetto spartane e inadeguate al contesto di quartiere, scuole disagiate da raggiungere e frequentare, palestre e centri sportivi che non rispettano i requisiti necessari per una corretta e periodica manutenzione …
Eppure molti frequentano e non contestano tali disservizi essendo gli
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Non a caso i suddetti ausili, quando tassati da gestioni private, sono da preferire sotto ogni aspetto a quelli pubblici
e, chi se lo consente deve, mediante evidenti sacrifici o esborsi corrispondenti, concorrere a tutta o in parte alla retta richiesta .
Tra il pubblico ed il privato non esiste concorrenza nell’offerta ma scelte di stampo politico e sociale !