Un lutto di cui non si parla è un lutto che non guarisce
(proverbio spagnolo)
di Valentina Guastini*
Ho letto con molta attenzione l’interessante riflessione nata dalla classe 3 C dell’istituto Giovanni XXIII di San Michele Salentino (Brindisi) Polvere, luna, fiori e stelle, su come possiamo parlare della morte con i bambini. In occasione del terzo convegno della Rete di Cooperazione Educativa “C’è speranza se accade a…” avvenuto a Padova, ho coordinato un gruppo tematico sull’argomento. Per noi insegnanti è un tema di opportuno aggiornamento.
Per quanto mi riguarda, credo che la maggior parte delle insegnanti della mia generazione non siano preparate. Ai tempi di mio nonno si moriva in casa. Lui stesso a sei anni, cambiate le lenzuola, la sera dormì nel letto dove era morta sua madre il giorno prima. Lo stesso letto dove erano anche nati i suoi fratelli.
Due anni fa, una mia alunna di seconda elementare tornò a scuola nel pomeriggio, dopo aver visto sua mamma all’obitorio per l’ultima volta e averle sistemato i fiori in mano e i suoi calzini preferiti a righe. C’è stato, giustamente, un ritorno alla mentalità di ottanta-cento anni fa, far vivere la morte come parte della vita. Affrontarne i riti e prendersi cura. Prendersi cura della persona amata fino alla fine e poi ricominciare perché nulla si ferma.
C’è però una generazione, la mia, che ha saltato tutto questo. C’è un gap generazionale molto forte. Noi siamo cresciuti senza parlarne; il mio primo morto l’ho visto a trentuno anni e perché me lo sono imposto. Parlo di morto e di morte perché secondo me è necessario anche riappropriarsi delle parole per il significato che hanno. “Ci ha lasciato”, ”è mancato”, ”il compianto” sono termini che aggirano il dato di fatto (su questi temi ragiona Alessandro Pertosa in Il tempo della tecnica). La vita è un mix di pensieri, sentimenti e scienza. Riappropriamoci del significato delle parole senza averne paura.
La mia esperienza sul campo, la mia formazione base, l’ho ricevuta gratuitamente tre anni fa, quando è morta la collega a 48 anni. Lasciando così venti bambini di una scuola di campagna, che la vedevano come una mamma, a guardarmi dritto negli occhi e a farmi domande. Avrei potuto, come molte colleghe, eclissarmi e delegare le famiglie. Ho invece preferito affrontare il fatto e farne “occasione”. Per me, per loro. Tutti ne abbiamo bisogno.
Nel meraviglioso documentario di Vittorio De Seta sul maestro Mario Lodi, resta impresso nella mia memoria il racconto di GianBattista, alunno di Lodi che racconta della morte del padre, e tutti i bambini narrano le loro sensazioni provate il giorno del funerale, elaborando un cartellone dipinto (consiglio a tutti di vedere quel prezioso documento). Mario Lodi ci insegna una cosa molto saggia: “Queste cose vissute sono realizzate da un punto di vista emotivo, entrano a far parte dell’ esperienza del bambino e contribuiscono a maturare, mentre le cose trasmesse non sono altro che saperi appiccicati; non c’è processo educativo che non sia inserito sulla realtà del bambino, piaccia o non piaccia, com’è !”.
Noi abbiamo dato vita a cerchi di discussione e confronto privi di ruoli, e laboratori manuali, e da qui il titolo “Vomito e Aglio Bruciato” a ricordare un sapore e un odore che un mio alunno attribuì alla sensazione che provava per la morte della sua maestra. Forse, in alcuni momenti siamo stati meno romantici, ma questo nome ancora mi ricorda la rabbia di Federico, bambini timido e introverso, quando disse: “Questa morte sa di Vomito, quel gusto che non va via nemmeno quando ti lavi i denti, e odora di aglio bruciato, quando la mamma deve buttare via tutto, a volte anche il pentolino. Sono incazzato con la morte, sento che è l’unica cosa che non potrò mai evitare, non solo per me”.
Nella nostra esperienza abbiamo chiuso il cerchio con uno spettacolo finale, Puppet Dream, con testi tratti dalla lettura di Sulle tracce di Nives di Erri De Luca e Messaggio per un’aquila che si crede un pollo di Anthony De Mello. La morte, vissuta fino alla fine, serve proprio a questo, soprattuto per i bambini: a chiudere il cerchio. Non lasciare spiragli a dubbi, a sensi di colpa sull’allontanamento, senza certezza. Quanti bambini si chiedono se il papà, la mamma, il nonno “li hanno lasciati” perché, magari, sono stati cattivi.
Questa tendenza di ritorno al passato, di “morte vissuta” fino alla fine, ci fa tornare un po’ al senso della vita. L’ospedalizzazione odierna non lo concede molto, ma siamo noi, che possiamo contribuire all’idea di naturalità. Di accompagnamento. Di saluto. Di ricordo.
I miei alunni tornano spesso al noce che abbiamo piantato in ricordo della maestra Rosella. È un albero forte e bello come era lei. È qualcosa che lei ha lasciato per ricordarci che non siamo diversi dalle sue foglie che cadono, ma che se si è in molti a fare cerchio intorno, è più difficile che una foglia cada a terra senza essere accompagnata.
SCHEDA “SAPER ACCOMPAGNARE”
Alcuni consigli (liberamente interpretati) da “ Saper accompagnare” di Frank Ostaseski:
– il nostro corpo è preparato
– includere noi stessi nell’equazione: no aiuto a distanza
– portare nell’esperienza passione e paura
– non serve riempire il tempo
– no strategie ma cuore tenero
– coltiva una mente che non sa (nella mente di un principiante ci sono molte possibilità)
– seguire l’intuito
– essere compagni compassionevoli (compassione: soffrire con gli altri)
– servire e non aiutare né provvedere (servire non crea debito)
– contatto visivo-uditivo-corporeo
– ascoltare è dare, guarire con il potere della generosità
– muoversi nel mondo dell’altro con delicatezza astenendosi dal giudicare
– incoraggiare la riflessione
– vedere la tristezza come uno dei volti del lutto insieme ad una costellazione di reazioni spesso poco evidenti
– il dolore non si supera,si può solo attraversare ed esserne trasformati
– offrire una presenza
– la distrazione rimanda nel tempo l’esperienza, non la risparmia
– il tempo da solo non guarisce, servono tempo ed attenzione.
Tantissimi i libri e i materiali che ci possono aiutare come insegnanti, eccone solo alcuni:
* Mariapia Veladiano “Il tempo è un dio breve” Einaiudi 2012
* Margot Sunderland “Aiutare i bambini…a superare lutti e perdite” Attività psicoeducative con il supporto di una favola: libro, schede didattiche+cd-rom- Erickson
* A.F.Lieberman “il lutto infantile” Il Mulino 2007
* Gianfranco Zavalloni “La pedagogia della lumaca” Emi 2012
* Stefano Cirillo “Cattivi genitori” Raffaello Cortina Editore 2005
* Alberto Pellai – Barbara Tamborini “Perchè non ci sei più?” Erickson 2011 (ed. con episodio inedito del Fantabosco)
* Eduard Estivill-Montse Domenech “Racconti da leggere prima di andare a dormire” Feltrinelli
* Angelo Branduardi “Piccola canzone dei contrari”
* Daniel Wallace “Big fish, le storie di una vita incredibile”, romanzo
* Tim Burton “Big fish, le storie di una vita incredibile”, film
* Bruno Tognolini “ Rime di rabbia” ed. Salani 2010
*Roberto Luciani “Nic e la nonna. Quando si perde una persona cara” ed.Giunti
* Nijssen Elfi “Beniamino” Van Lindenhunizen Eline Clavis
* Crowther Kitty Almayer “Io e niente”
* Roberto Piumini “Mattia e il nonno” Einaudi Ragazzi
* Angela Nanetti “Mio nonno era un ciliegio” Einaudi Ragazzi
* Zanotti Cosetta “ Il mare del cielo” San Paolo
* Valentina Guastini e Ada Maria Angeli “Sale, senape e monete” (il racconto omonimo)
http://www.ilmiolibro.kataweb.it
Per informazioni:
https://salesenapemonete.wordpress.com/about/
Stefano Paolo Cutilli dice
Grazie collega. Lettura molto interessante e ricca di spunti di riflessione per tutti noi.
(via fb)