Da oltre due anni siamo sopraffatti da una escalation di comportamenti infantili (ma fortunatamente del tutto estranei – per ora – ai bambini), segnati dalla semplificazione, dalla denigrazione o demonizzazione a priori dell’altro-da-sé e dalla prevaricazione, una sorta di pernicioso bullismo comunicativo o, meglio, mediatico. Accantonata la guerra del virus, l’invasione ucraina di Putin non poteva che occupare tutta la scena. C’è una nuova grande, assoluta verità, nel superiore interesse del mondo, da spacciare senza soluzioni di continuità, giorno dopo giorno, 24 ore al giorno. Una specie di reality dell’orrore. L’ultimissimo grido in fatto di conflitto armato da schermi, quello inaugurato tanto tempo fa in Iraq. È uno dei segnali di quell’altro, più generale, esperimento da laboratorio che stiamo vivendo. Predrag Matvejevic, grande narratore delle tragedie nazionaliste che hanno dilaniato trent’anni fa la ex Jugoslavia, lo avrebbe forse chiamato democratura, con una crasi tra democrazia e dittatura che indica comunque un ibrido regime formalmente costituzionale ma fatto oggetto di ripetute, deformanti e sostanziali mutazioni autoritarie

La democrazia borghese, basata su un’architettura istituzionale caratterizzata dalla separazione dei poteri, e in parte controbilanciata da contropoteri, rappresentati per lo più dai corpi intermedi e dagli interessi emergenti nella società civile, è in questi ultimi anni in forte crisi di legittimazione. Sovente si è parlato di crisi dei partiti e della rappresentanza, come di autoreferenzialità della politica. Assistiamo però ad un pericoloso salto qualitativo, che mette in discussione gli stessi principi fondanti di tale democrazia. Un sistema di valori, condiviso ed accettato dalla maggioranza che, l’emergenza della pandemia e la guerra hanno deciso di sospendere. Fa specie, che le stesse forze che formalmente si richiamano alle regole giuridiche inscritte nelle leggi e nella Costituzione, siano le stesse che attraverso forzature le disattendono.
Stato di emergenza e decretazione d’urgenza sono i tratti caratteristici di questa sospensione, che trascinano la democrazia in un limbo. Chiunque solleva critiche e chiede una riflessione sull’opportunità delle misure adottate (le restrizioni inconcludenti a carico dei non vaccinati, il ripudio della guerra e la violazione dell’art. 11 Cost.) viene emarginato o etichettato, a seconda delle circostanze, come no vax o filoputiniano. Il confronto viene evitato e la dialettica non esiste.
Un atteggiamento superbo e sprezzante da bulli del potere.
Sull’enfatizzazione del bullismo si potrebbe discutere.
La creazione di una apposita categoria non serve solo a governare i fenomeni sociali devianti.
Lo scopo sottointeso è quello di identificare con un nome proprio (e reprimere?) atteggiamenti già presenti in seno alle società, ma che hanno assunto, per qualche motivo, una dimensione epocale. È il segno dei tempi!
Dietro questi comportamenti fastidiosi, volti a prevaricare l’altro, spesso si nascondono frustrazioni non socializzate, competizioni che non si riescono a sopportare.
Se tali fenomeni hanno, in qualche modo, una loro ragione d’essere con riguardo ai minori e al loro percorso di crescita, l’aspetto preoccupante è il diffondersi dei comportamenti da bulli nel mondo degli adulti: nel mondo lavorativo, forgiato sul modello escludente capitalistico, e in particolar modo in quello della comunicazione.
Subiamo, da due anni a questa parte, una recrudescenza del bullismo dei media.
Operatori di tv e giornali, spesso per denigrare chi non la pensa allo stesso modo, o per demonizzare gli avversari, utilizzano espressioni facciali e il linguaggio tipico dei ragazzini impertinenti.
In particolare, la narrazione pandemica ha visto nascere una grande alleanza tra governi, poteri economici, il mondo della scienza e i media mainstream, con lo scopo di diffondere la grande verità nel superiore interesse pubblico.
Adesso, accantonata la guerra al virus, un nuovo conflitto, drammaticamente reale, si è impadronito della scena.
Tutta la terminologia della guerra è ritornata nel campo che più le compete.
Il modo in cui i media ci raccontano questa guerra (ma non le altre) assume un’importanza decisiva.
Dalla prima Guerra del Golfo in poi il racconto delle vicende belliche è questione di schermi e visualizzazioni.
Ora l’invasione russa ci viene narrata 24 ore su 24, come se fossimo in un reality.
Oltre a sollevare dubbi sulla attendibilità delle fonti, o su chi, senza vergogna, si schiera da una parte, fomentando odi, invece di preferire il dialogo, è proprio la commistione tra reale e virtuale che inquieta.
Ad esempio, che senso ha trasmettere la serie tv con “l’eroe ucraino”, mentre in quella terra imperversa una terribile guerra?
Perché mandare filmati di un videogioco come segnali dei bombardamenti? Vogliamo parlare dell’immagine presa da una fiction in cui si vedono persone insanguinate? Oppure della foto che ritraeva una bimba siriana fatta passare come proveniente da un ospedale ucraino?
Nessuno nega le atrocità russe, bisognerebbe parlare anche dei crimini attuali del battaglione Azov verso i disertori ucraini, o del razzismo istituzionalizzato verso gli immigrati pachistani, afghani…, che incontrano difficoltà a scappare dall’Ucraina.
Dare luogo ad un immaginario con cui costruire a tavolino “i buoni”, concentrandosi solo sulle barbarie dell’altro, tacendo degli altri aspetti – il contesto geopolitico, le mire economiche, la mancanza di un pluralismo politico all’interno dell’Ucraina…- non vuol dire essere al servizio della democrazia.
Il senso comune viene modellato sulle credenze. Le conoscenze o l’esperienza una volta idonee a rappresentare la complessità della realtà vengono abbandonate, perchè il mondo libero considera la guerra non un semplice incidente di percorso.
La guerra in Ucraina, e prima il covid, sono le occasioni (lo shock) produttrici di cambiamenti nelle relazioni fra le persone, le economie e gli Stati.
Il potere ha sete di potere.
Ed ecco, che lungi dal voler abolire la guerra, di pensarla come mezzo inidoneo a risolvere le controversie, è la logica stessa della presenza delle armi a contraddire queste istanze.
Le lobby (farmaceutiche, militari, estrattive) stanno dietro al potere e il potere cerca il consenso dei sottoposti.
Riprendono piede le tendenze separatiste: l’orgoglio nazionale dell’una e dell’altra parte; i valori (?) occidentali imposti con la forza.
Mai come ora, il fatto di dover individuare un nemico, che non si chiama più comunismo o islam, ci fa correre il rischio di uno scontro di civiltà.
Tutto ciò che è russo, le persone e le loro opere, viene escluso o boicottato.
Un giorno ci interrogheremo sulle colpe di Dostoevskij.
La vera posta in gioco è la sfera d’influenza oltre confine. E poi ci sono territori, dall’India alla Cina, in cui vive mezzo mondo, e che nel gioco delle alleanze non sono disposti a barattare tradizioni e culture o a vedersi ridotti ad un ruolo subalterno nella competizione globale.
Se il neozar Putin infarcisce la retorica di misticismo in nome della razza, l’attore bipolare punta sulla spettacolarizzazione della morte. La morte diventa il sacrificio di un popolo resistente all’invasore, con l’illusione di entrare un giorno a far parte di quella grande famiglia esportatrice della democrazia.
Nel frattempo milioni di disperati fuggono, diventando merce pregiata anche in quei Paesi famosi per i muri e l’intolleranza verso i migranti.
I media di sistema puntano sull’emotività, attraverso il coinvolgimento dei sensi dello spettatore. E, come accaduto con il covid, il racconto non stop della guerra, con tanto di esperti e strateghi. Il paradosso è quello di riscontrare atteggiamenti prudenti nei membri dell’esercito, gli unici che sottolineano come l’utilizzo di determinate espressioni (il “dittatore”, il “macellaio”) o la messa in atto di azioni di offesa (l’invio di armi, le sanzioni) possano essere controproducenti.
Il sangue, la distruzione, il terrore, e lo sviluppo degli scenari, giusto per continuare a stressare gli utenti-ascoltatori. Allentare la morsa vorrebbe dire perderne il controllo.
Chiunque prova a fare una disamina degli eventi, senza preconcetti o condizionamenti viene dileggiato e ridicolizzato. Emarginato e deriso.
Un presidente del consiglio non eletto ( d’altronde l’Italia è abituata al pilota automatico), che già in passato ha fatto sfoggio delle sue qualità non politiche, utilizzando espressioni come dittatore riferito ad Erdogan (immaginate in passato Andreotti o Craxi chiamare Pinochet, Gheddafi o Mubarak in quel modo?), o quando afferma che chi non si vaccina sceglie di morire, oggi arriva ad usare la metafora del condizionatore come strumento per raggiungere la pace.
Mi chiedo, ma un Paese con un uomo solo al comando, il famoso banchiere dell’austerità, a cui tutti, – le forze partitiche, i grandi interessi economici, il grosso dei media – sono asserviti, come si può definire se non un regime? Dietro la parvenza di una democrazia, con le sue formule e i suoi riti, prendono corpo cambiamenti strutturali, decisioni senza confronto e falsità.
Ci parlano di guerra di invasione e crimini contro l’umanità, ma fanno finta di dimenticare delle guerre umanitarie (in ex Jugoslavia, Irak e Afghanistan) prive di mandato internazionale o fondate su prove inesistenti (le armi chimiche).
Si scoprono autocrazie esistenti da tempo, e non si guarda agli altri regimi (Turchia, Arabia Saudita, Egitto) o alle condizioni di oppressione ed apartheid (i curdi, i palestinesi, le persecuzioni verso le tante minoranze etniche e religiose).
Degli altri conflitti decennali, in Siria, in Yemen o in Libia, nulla interessa, e di quei migranti, che non sono bianchi indoeuropei, non si cura nessuno.
Mentre si inviano armi, o il voto parlamentare decide per l’aumento delle spese militari, c’è un Paese intero che a maggioranza è contro la guerra e non condivide le scelte dell’esecutivo.
Invece giornali e tv descrivono un’altra realtà, dove sembrano esserci fiducia e consenso verso l’operato degli illuminati.
Insomma, non si accettano critiche in democratura.
La realtà della democrazia nella post-verità si fonda sul simulacro, sui simboli, e ha bisogno di bulli.
E per descrivere (e capire?) il potere i media utilizzano l’iperrealtà.
Quali radici aggrappano, che rami crescono/ su queste macerie? Figlio dell’uomo,/ non puoi né dirlo né immaginarlo, perché sai solo/ un mucchio di immagini frante
( T.S.Eliot- Waste Land)
Questo non è bullismo democratico mediatico !
Questa è una criminale e demenziale propaganda Nazista -Democratica a senso unico dove il 100% cento delle NOTIZIE SONO FALSE oppure sono BUFALE PROPAGANDISTICHE !
A cosa serve questa schifosa propaganda Nazidemocratica 24 ore su 24 violenta e folle italiana Mediatica ?
Serve ad istigare odio è violenza contro il popolo Russo e contro chiunque possa diffondere notizie vere !
Servono queste notizie false a prepare gli italiani ad accettare di fare una possibile guerra persa contro la Russia !
Serve a giustificare lo sperpero del denaro dei cittadini Italiani !
Un miliardo di euro è stato rubato-rapinato dalle tasche dei cittadini italiani in soli 2 mesi per poter fare la guerra a favore dei criminali NAZISTI UCRAINI che prima hanno voluto fare la guerra ai russi e oggi noi italiani gli dobbiamo pagare i Mercenari le Armi e dobbiamo pure mantenere i clandestini Ucraini .
Se venisserò diffuse dalle TV italiane 24 ore su 24 almeno un 50 % cento di NOTIZIE VERE SULLA GUERRA TRA NAZISTI UCRAINI E POLIZIOTTI RUSSI dubito molto che i cittadini italiani siano cosi dementi e deficenti da voler finaziare la guerra ai NAZISTI UCRAINI !
Purtroppo molti italiani sono dei stupidi creduloni, dementi , deficenti troppo cretini per informarsi da fonti esterne al regime italiano usando la rete internet perciò crederanno alle False Notizie diffuse dalla TV Italiana !
P.S.
Se vuoi sapere sul serio cosa accade veramente nella guerra tra Ucraina e Russia basta guardare e ascoltare le notizie diffuse dalla Russia in lingua italiana via Satellite o Internet !
Essendo notizie diffuse a livello internazionale è impossibile che ti diano una notizia falsa o che ti diano dati assurdi .
Sul TG Rai o delle TV Private Italiane ti possono raccontar balle tanto viene visto solo dai cittadini Italiani mentre un canale satellitare di un TG Russo viene visto da mezzo mondo perciò non può raccontare frottole !
Ho controllato le notizie sulle perdite Ucraine diffuse dai media Russi su Tv satellitare e Internet i dati corrispondono quasi in maniera uguale .
Mentre se controlli le notizie diffuse dai giornali o Tv italiane i dati sono assurdi e discordi tra loro alla grande perciò si capisce molto bene che sono dati FALSI !
Ritornare a dare senso e significato a ciò che intendiamo per democrazia, pace, confronto, trasparenza dell’informazione, pluralità garantita a tutti gli organi d’informazione senza discriminazioni e censure! Altrimenti continueremo a tenerci un governo fantoccio manipolato da un losco faccendiere prodigo a curare gli interessi di altrettanto losche lobby di oligarchi che capaci di soggiogare stati e persone per il loro bieco e miope interesse! Come uscire da questo incubo pare estremamente difficile ma dovremmo tentare tutte le strade possibili per difendere e ripristinare i fondamenti del nostro ordinamento democratico: la Costituzione!