Alla vigilia della sentenza che potrebbe aprire la strada alla verità e alla giustizia sull’assassinio di Berta Cáceres, arriva il messaggio video della figlia e del Consiglio delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras in sostegno alla lotta dello spazio autogestito romano che porta il nome della militante indigena femminista e ambientalista. “La Laboratoria non è solo un processo di recupero di spazi pubblici e comuni ma anche un impegno per la costruzione di processi sociali che servono a de-costruire le forme di oppressione che attua il capitalismo”, dice Bertha Zúñiga Cáceres. Stamattina presidio alle 11 sotto la Regione Lazio
Berta l’hanno uccisa mentre sognava. Intitolammo così, il 4 di marzo del 2016, l’articolo che raccontava l’assassinio di Berta Cáceres, avvenuto nella notte tra il 2 e il 3: hanno sfondato la porta mentre stava dormendo e l’hanno uccisa con quattro colpi. Berta non è morta, si è moltiplicata, dicevano al Consiglio delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras, che lei stessa aveva fondato. Quella è una morte che ha seminato la vita. La sua organizzazione, il suo pensiero, le sue parole e le sue figlie sono semi che danno frutti anche in un clima tremendamente ostile. Parole riportate nella conversazione di Laura Carlsen con le figlie, Laura e Bertha Zúñiga Cáceres, diventate dirigenti e punto di riferimento del COPINH nella resistenza indigena, femminista, politica e sociale, che abbiamo tradotto il 5 marzo dello scorso anno.
Oggi, alla vigilia della sentenza – prevista per lunedì prossimo 4 aprile – che dovrebbe finalmente aprire la strada alla verità e alla giustizia con la condanna di David Castillo, ex presidente della Desa, l’impresa estrattivista che fece da anello di congiunzione tra il commando assassino e i mandanti, il sogno di Berta continua a volare e moltiplicarsi varcando impetuoso l’oceano. Lo testimonia, in modo semplice quanto evidente, il video che trovate qui sotto. Ce lo manda Bertita Zúñiga Cáceres, oggi Coordinatrice del COPINH. È rivolto alla Laboratoria ecologista autogestita (LEA) Berta Cáceres, l’occupazione di un’immobile in disuso – di proprietà della Regione Lazio, situato in uno spazio posto dentro un’area da tutelare alle speculazioni, il parco romano della Caffarella – che ha vissuto un’esistenza intensissima ed entusiasta per tre settimane, prima della doccia fredda.
Già perché lo sgombero è arrivato puntuale, una settimana fa, malgrado per l’occupazione fosse già stato confermato un tavolo di trattativa con la Regione Lazio. Per oggi alle 11 è previsto un presidio in via Rosa Raimondi Garibaldi cui sono invitati a partecipare tutte le vertenze ambientali, gli spazi sociali, i comitati territoriali e le persone che hanno attraversato gli spazi della Caffarella liberati per diciassette giorni a marzo. All’incontro con il capo di gabinetto della giunta Zingaretti, fissato solo un giorno prima dello sgombero ordinato dalla questura, le ragazze e i ragazzi di LEA porteranno anche le parole di Bertita Zúñiga Cáceres, del popolo Lenca e del Consiglio delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras.
Dalla terra di Berta Cáceres arriva un saluto fraterno e un invito al coraggio, perché la Laboratoria è non solo un processo di recupero di spazi pubblici e comuni ma anche un impegno per la costruzione di processi sociali che servono a de-costruire le forme di oppressione che attua il capitalismo. E arriva molta energia per gridare insieme un secco No allo sgombero dei popoli e alla repressione degli Stati oppressori, e un grande Sì alla costruzione di un’altra maniera di costruire la società.
Quando, nel 2015, Berta ricevette il Goldman Prize, una sorta di Nobel per l’ecologia, lo dedicò a tutte le ribellioni per la difesa dei beni comuni e della natura. Non sarà certo un assurdo sgombero che simboleggia gli interessi che hanno ordinato il suo assassinio a fermare un sogno capace di varcare l’oceano.
maomao comune dice
AGGIORNAMENTO
La sentenza su David Castillo è stata spostata a metà maggio.