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Oltre un migliaio di persone in attesa del proprio turno per accedere agli uffici dove fare richiesta di protezione internazionale, accampate da più giorni in rifugi di fortuna di fronte alla Questura di Milano di Via Cagni, esposte alle condizioni meteorologiche dei mesi più freddi dell’anno: davanti a questo scenario, le Forze dell’Ordine in tenuta antisommossa hanno risposto con cariche e manganellate sulla folla di persone esasperate.
Nei primi mesi del 2023, di fronte all’Ufficio Immigrazione di Milano sono avvenute gravi violazioni di diritti umani. Le carenze nella gestione degli appuntamenti da parte della Questura di Milano hanno creato lunghe code di persone intenzionate a regolamentare il proprio soggiorno in Italia, di fatto ostacolando e negando loro l’esercizio del diritto fondamentale di fare richiesta di protezione internazionale.
Quello di Milano non è un caso isolato. A renderlo noto è il report “Attendere, prego”, realizzato tramite la collaborazione dell’International Rescue Committee Italia (IRC), Le Carbet, Mutuo Soccorso Milano, NAGA, ASGI e INTERSOS. Il report, pubblicato all’inizio di aprile 1, fornisce un resoconto delle difficoltà di accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale in Italia; difficoltà tali da negare l’esercizio del diritto di fare richiesta d’asilo. Le città di Milano, Trieste, Torino, Imperia, Bologna, Firenze, Roma e Napoli sono oggetto di analisi in quanto sedi di significative violazioni di tale diritto da parte delle istituzioni. La collaborazione tra diverse realtà del terzo settore operanti sui territori hanno permesso il monitoraggio e la raccolta dei dati sul tema e la stesura di proposte di soluzioni che permettano di riconoscere la dignità e rispettare i diritti delle persone richiedenti.
Presentare richiesta di protezione internazionale in Italia è un diritto riconosciuto a tutte le persone straniere che abbiano il fondato timore di subire violazioni di diritti umani nel proprio Paese di origine. A tale diritto corrisponde l’obbligo per le autorità competenti, ovvero gli Uffici della Polizia di Frontiera e gli Uffici Immigrazione delle Questure, di accogliere tempestivamente la manifestazione della volontà di richiedere asilo e di registrare la richiesta entro un determinato periodo: al più tardi entro 16 giorni lavorativi dalla manifestazione di volontà. Ritardare la formalizzazione della domanda ostacola il godimento di una serie di diritti fondamentali.
«Si tratta di un passaggio fondamentale, in quanto in seguito alla formalizzazione della richiesta, la persona richiedente protezione diventa titolare di specifici diritti, quali il diritto all’informazione, il diritto a soggiornare in Italia fino alla decisione definitiva sulla domanda di protezione, il diritto all’accoglienza, il diritto all’istruzione e il diritto di lavorare».
La legge stabilisce tempistiche che, secondo i risultati delle analisi svolte nelle realtà territoriali considerate all’interno del report, non vengono quasi mai rispettate dalle amministrazioni.
A Torino risulta che gli appuntamenti per la formalizzazione delle richieste vengono fissati a 3 o 4 mesi di distanza dalla richiesta di prenotazione; a Imperia, invece, fino a 5 mesi di distanza; a Bologna e Napoli «possono passare anche 7 o 8 mesi».
Ciascuna Questura, inoltre, gode di un certo grado di discrezionalità nel decidere come gestire l’accesso alle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. In diversi casi questo ha comportato che venissero messe in atto prassi discriminatorie. Tra le numerose persone in coda di fronte alle Questure, i funzionari selezionano chi far accedere agli uffici senza seguire un criterio prestabilito, come potrebbe essere quello cronologico. A Roma è stato riscontrato che all’ingresso della Questura è stata ripetutamente fatta «una sorta di illegittima selezione per nazionalità».
Il caso di Milano è rappresentativo di quali conseguenze comporti la mala gestione delle procedure burocratiche in materia di asilo. Qui le autorità competenti non sono state in grado di rispondere alla rapida crescita del flusso di aspiranti richiedenti asilo. Nel 2021 le richieste verbalizzate dalla Questura di Milano sono state 3.311. Al 31 agosto del 2023 le richieste erano già 6.659, il doppio di quelle registrate nell’intero corso del 2023. In risposta a questo aumento, l’Ufficio Immigrazione di Milano non ha incrementato in modo proporzionale il numero di slot disponibili per la registrazione delle istanze.
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Dal 20 marzo 2023, le modalità di accesso alla Questura sono cambiate rispetto a quelle attive nei mesi precedenti. Era stato stabilito che l’ufficio aprisse ogni due settimane, il lunedì e il martedì, permettendo l’accesso a 240 persone in totale. Questo ha comportato la creazione di code e affollamenti ancor più numerosi di prima proprio a fronte della chiusura dell’ufficio per quindici giorni. Questo scenario aveva destato preoccupazione da parte di diverse organizzazioni della società civile già nel 2022 ma, nonostante i numerosi appelli, piuttosto che migliorare, la situazione si è aggravata sempre di più fino a raggiungere il picco a marzo del 2023.
«Le poche probabilità di assicurarsi un appuntamento in Questura al primo tentativo (…) portavano le persone ad accamparsi nelle zone circostanti, vivendo all’addiaccio in condizioni disumane e degradanti. La possibilità che i richiedenti protezione avessero bisogno di dormire in strada, tra l’altro, sembrava essere stata prevista dalle autorità competenti, che addirittura avevano allestito dei gabinetti chimici nella zona di via Cagni e del parco adiacente, evidentemente in previsione dell’arrivo di un considerevole numero di persone».
Le associazioni NAGA e Mutuo Soccorso Milano hanno tentato di dare supporto alle persone in coda facendo in modo che firmassero un documento di manifestazione della volontà di presentare richiesta di protezione internazionale. Questo documento rappresenta un’importante prova dell’intenzione di una persona di fare richiesta e la copre perciò dal rischio di essere espulsa o trattenuta ai fini del rimpatrio.
A partire dal 5 aprile 2023, a Milano è stata introdotta una nuova modalità di prenotazione. Ispirandosi alle esperienze di altri Paesi europei, la Questura e la Prefettura di Milano hanno dato il via ad una sperimentazione che avrebbe permesso agli aspiranti richiedenti asilo di prendere appuntamento online sul portale Prenotafacile, al fine da evitare la creazione di code di fronte all’ufficio. Inizialmente gli iter di prenotazione previsti erano tre, rivolti a differenti categorie di richiedenti. Una delle modalità di prenotazione voleva che le persone prive di documenti si dovessero rivolgere a realtà del terzo settore o sindacati anche presentandosi di persona senza previo appuntamento. Questo ha fatto sì che le lunghe code che prima si creavano in Via Cagni, ora si ripresentavano in altri luoghi.
Il riproporsi delle problematiche proprio per le quali era stata introdotta la digitalizzazione delle procedure ha portato le istituzioni a modificare nuovamente le modalità di prenotazione. A partire dal 17 luglio 2023 tutti gli aspiranti richiedenti protezione internazionale devono:
- «[…] contattare una delle realtà del terzo settore o uno dei sindacati tramite telefonata, email o messaggio WhatsApp per fissare un appuntamento presso i loro sportelli;
- […] presentarsi presso lo sportello della realtà contattata nella data indicata;
- all’appuntamento presso lo sportello, la realtà del terzo settore o il sindacato era incaricata/o di registrare l’aspirante richiedente sul portale Prenotafacile e fornire le informazioni relative all’appuntamento per chiedere protezione presso l’ufficio della Questura di via Cagni».
Si tratta di un sistema che elimina l’autonomia delle persone richiedenti protezione internazionale, mettendole nella condizione di dover «prendere un appuntamento per prendere un appuntamento».
A circa un anno dall’introduzione di questo sistema di digitalizzazione della procedura, è possibile fare considerazioni sulla sua efficacia e valutare il suo impatto sui richiedenti asilo e sulle realtà del terzo settore coinvolte.
«La procedura digitalizzata ha rappresentato sì un’alternativa ai problemi del sovraffollamento e delle gravi violazioni dei diritti verificatesi presso la Questura di Via Cagni, ma non ha portato a una soluzione a tutto tondo del problema dell’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale a Milano».
Il report “Attendere, prego” spiega che tra le principali criticità di questo sistema c’è il fatto che i ritardi e le attese per accedere alle procedure persistono ancora. Già il giorno successivo alla sua attivazione, il 6 aprile 2023, la disponibilità di appuntamenti sul portale risultava esaurita. Inoltre, le modalità di prenotazione digitale, soprattutto quelle introdotte il 17 maggio 2023 e vigenti tutt’ora, non tengono in considerazione la difficoltà di avere a disposizione dispositivi elettronici e possedere le competenze per usarli. Questo è fonte di «nuove barriere di accesso ai diritti». Infine, realtà del terzo settore e sindacati si trovano così delegati a svolgere compiti che per legge sarebbero di competenza della Polizia di Frontiera e della Questura, per altro senza riceverne un compenso. In più persiste il problema dei ritardi perché il coinvolgimento di queste realtà non accompagnato da «un aumento delle possibilità ricettive degli uffici preposti alla registrazione delle richieste di protezione internazionale, comporta di fatto in una deresponsabilizzazione gli enti pubblici e nello spostamento delle lunghe code dalla Questura agli sportelli delle realtà del terzo settore e dei sindacati».
A fronte delle problematiche della sperimentazione di Milano, sommate alle persistenti barriere nell’accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale rilevate nelle altre città italiane oggetto di analisi da parte del report “Attendere, prego”, quest’ultimo si conclude con una serie di raccomandazioni. In particolare si chiede al ministero dell’Interno di incrementare le risorse economiche per gli Uffici Immigrazione delle Questure così che queste possano aumentare di personale e di slot disponibili per gli appuntamenti. Sempre al Ministero dell’Interno si chiede di dare indicazioni chiare e uguali a tutte le Questure, di promuovere la collaborazione con il terzo settore e di trasferire competenze in materia di formalizzazione delle richieste ai Comuni e ad altri Enti locali in quanto soggetti «in grado di garantire […] un contatto diretto con il territorio e con le esigenze della popolazione dimorante».
- Al link è possibile scaricare il rapporto completo, la sintesi e le raccomandazioni.
Pubblicato su Melting pot, con il titolo completo “Attendere, prego”. Il diritto negato alla protezione internazionale in Italia
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