Perduto il contatto con la realtà, e abbandonati i saperi locali che ci consentivano di orientarci nel mondo e di conoscerci e riconoscerci nello svolgersi quotidiano della vita, restiamo esposti alla manipolazione, allo sconcerto e all’esercizio autoritario. I media alimentano una percezione della situazione del pianeta del tutto miope o allucinata, dobbiamo chiederci in modo rigoroso quanto e cosa riusciamo a vedere e a comprendere di quel che accade. Lasciamo il mondo delle astrazioni e dei fantasmi ai governanti che vi si rifugiano per non essere influenzati dalla realtà che pensano di poter dirigere. E smettiamola di aspettare Godot: il presente non è mai ripetizione meccanica del passato. Per fare un mondo nuovo, abbiamo bisogno di molto coraggio
di Gustavo Esteva
La pratica mediatica di rendere invisibili i movimenti sociali, e in particolare lo zapatismo, è ormai di tutta evidenza. La celebrazione del ventesimo anniversario dell’insurrezione ha reso molto chiaro questo stato di cose. Ci sono però altre perversioni e distorsioni dello sguardo collettivo che restano nell’oscurità.
Quelle pratiche dei media riflettono gli atteggiamenti di buona parte della loro audience e del loro pubblico. I media non vedono o non vogliono vedere quello che neanche la gente vede; alcune volte sono proprio loro a scatenare l’invisibilità. Non è certo che la gente si accorga solo di ciò che diffondono le televisioni, le radio, i giornali, etc. I media alimentano l’idea che esista solamente quel che trattano loro. È pura propaganda e serve a vendere i loro prodotti. Ciò che dobbiamo domandarci è perché segmenti tanto ampi della popolazione siano incapaci di vedere ciò che accade alla base della società messicana. E’ già significativo il fatto che non vedano lo zapatismo. Lo è anche di più che non vedano ciò che accade a pochi metri dal loro naso.
In aggiunta a questa peculiare miopia, molta gente sembra stia vedendo ciò che non c’è. È allucinata. Ha visioni chimeriche, come quelle offerte dai sogni o da certe discussioni accalorate. Vede spettri, come quelli che si impiegano per spaventare la gente semplice, oppure ectoplasmi, quelle emanazioni materiali che fanno finta di provocare certi spiritisti.
“Questo villaggio – diceva Pedro Páramo – è pieno di echi. Sembra che siano rinchiusi all’interno delle pareti o sotto le pietre. Quando cammini, senti che vanno calcando i tuoi passi. Senti scricchiolii. Risate. Delle risate già molto vecchie, come fossero stanche di ridere. E voci già consumate dall’uso”.
Questa forma di allucinazione collettiva si spiega in parte col contagio. La gente è continuamente esposta alle chiacchiere di funzionari e dirigenti sociali e politici delle più diverse ideologie che prendono come reali i loro fantasmi. Nella loro bocca, il Congresso, la legge, il partito o lo Stato appaiono come esseri viventi, come persone, e non per quello che sono, ovvero pure entità astratte che come tali devono essere trattate. Continuano a comportarsi senza arrossire, come se ancora fosse possibile alludere con queste a situazioni empiriche, a categorie concrete che già da molti anni appartengono a tempi passati. La loro incapacità di governare si spiega in parte con il profondo radicamento nel mondo di spettri in cui si rifugiano per non essere influenzati dalla realtà che pensano di dirigere. E molta gente comincia a condividere quegli spettri.
Il contagio si fa più profondo in coloro che sono abituati a guardare verso l’alto. Non solo giungono a pensare come fossero essi stessi lo Stato, come fossero già arrivati lì, ai livelli massimi del governo che concepiscono in modo equivoco come personificazioni dello Stato; non solo pretendono di vedere il mondo da lì, come se fosse possibile incarnare questa entità fantasmagorica che chiamiamo Stato. C’è di peggio. Le persone reali e concrete che agiscono così impongono a se stesse la condizione di atomi di categorie astratte e guardano come cittadini, elettori, consumatori …, non come ciò che sono.
Allucinazione pura. Perduto il contatto con la realtà immediata e una volta abbandonati i saperi locali che ci consentono di orientarci nel mondo e conoscerci e riconoscerci nello svolgersi quotidiano della vita, restiamo irrimediabilmente esposti alla manipolazione e allo sconcerto, all’esercizio autoritario che ci impongono allo stesso modo le autorità o i leader carismatici, le speculazioni ideologiche o le formulazioni scientifiche …
Lì i morti pesano più dei vivi. I cadaveri delle categorie del passato, le forme della percezione che in altri tempi sono state utili guide per comprendere il dipanarsi sempre complesso delle circostanze mutevoli, diventano zavorra, puro pregiudizio. Le costruzioni innovatrici di una realtà che cambia velocemente si inseriscono forzatamente dentro queste figure obsolete del linguaggio e della mente, fino a renderle irriconoscibili.
E così non vediamo né comprendiamo ciò che accade. Passiamo come fosse notte attraverso le innovazioni radicali che uomini e donne comuni realizzano ogni giorno. Passiamo oltre aspettando Godot, aspettando ciò che mai arriverà, condizioni che non si ripeteranno, forme della rivoluzione che non si verificheranno più, condizioni del mondo che appartengono ad un’altra era, a lotte che ormai mancano di significato o a mete irraggiungibili … Ci affidiamo a pure illusioni, e trasformiamo il presente in un avvenire sempre rinviato che ci appare come ripetizione meccanica del passato.
Rompere con tutto quello in cui ci siamo formati, in cui abbiamo creduto, quello che ci ha fatto essere quel che siamo, richiede forme del coraggio che non sempre sono a portata di mano.
Fonte: la Jornada Titolo originale: Alucinaciones
(Traduzione a cura di camminar domandando)
Nella foto: Ghostbusters, Gli Acchiappafantasmi, film del 1984 scritto da Dan Aykroyd e Harold Ramis
Gustavo Esteva vive a Oaxaca, in Messico. I suoi libri vengono pubblicati in diversi paesi del mondo. In Italia, sono stati tradotti: «Elogio dello zapatismo», Karma edizioni: «La Comune di Oaxaca», Carta; e, proprio in questi mesi, per l’editore Asterios gli ultimi tre: «Antistasis. L’insurrezione in corso»; «Torniamo alla Tavola» e «Senza Insegnanti». In Messico Esteva scrive regolarmente per il quotidiano La Jornada ma i suoi saggi vengono pubblicati anche in molti altri paesi. In Italia collabora con Comune-info.
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