È un giorno di primavera. Giovanna Marini e Pier Paolo Pasolini arrivano al cinema Jolly di Roma, dalle parti di Portonaccio. Un mucchio di gente si avvicina al poeta. Parlano di quello che sta succedendo nel paese. Si dimezza il tempo rubato alla vita dalla stupidità del servizio militare. Stanno aprendo i consultori. Si vota a 18 anni e non più a 21 perché già dal Sessantotto (e forse pure prima) gli studenti hanno dimostrato che sanno fare scelte importanti. Ma si parla anche della legge Reale che aumenta la custodia preventiva e consente l’uso della armi per le forze dell’ordine anche quando c’è solo la previsione della possibile violenza. Si parla pure del partito comunista. Dello scollamento dalla Russia in favore dell’eurocominismo, dell’appoggio esterno alla Dc e forse pure del compromesso storico. “È arrivato il tempo di governare l’Italia” dice qualcuno. “La dobbiamo governare proprio coi democristiani?” chiede un altro.
Pasolini s’è preparato un intervento.
“Voto comunista perché ricordo la primavera del 1945 – comincia così – E poi anche quella del 1946 e del 1947. Voto comunista perché, nel momento del voto, come in quello della lotta…”. È limpido. Al momento del voto non tira fuori dalle tasche i dubbi che tutti ci portiamo dietro. Il voto ci chiede di essere partigiani, non filosofi. Con l’eco delle bombe fasciste che hanno cominciato a scoppiare dal ’69 e un panorama che non fa immaginare un futuro migliore… bisogna essere antifascisti. Contro i fascisti usciti vivi e spavaldi (e spesso premiati) dalla guerra. Contro i neofascisti che vogliono frenare il cambiamento. Mettere le bombe anche contro la legge su aborto, divorzio, servizio sanitario nazionale, eccetera.
“Voto comunista!”
Giovanna sale sul palco e prende la chitarra. Stanno tutti qui per la campagna elettorale in vista delle elezioni di metà giugno. Quelle che portano il PCI a un passo dalla DC. I giornali titoleranno che un italiano su tre vota comunista.
“Avanti o popolo
alla riscossa
Bandiera rossa
Bandiera rossa”
Giovanna suona e canta. Anche Pasolini canta.
Cinquant’anni più tardi siamo all’Istituto Ernesto de Martino (domenica 15 settembre) a ricordare Giovanna morta una manciata di giorni fa. Il paese è cambiato. Nemmeno Pasolini c’è più. Manca da tanto. Ci manca tanto.
Mezzo secolo dopo c’è un governo che mente. Dice che il fascismo è finito ottant’anni fa. Ma quelli che ci sguazzano non riescono a chiamarsi antifascisti. E se non sei antifascista… lo capisce pure uno scemo che sei fascista. Non puoi essere né l’uno, né l’altro. Come non puoi essere né vivo, né morto.
In questo giorno che è quasi autunno ci ricordiamo di quel giorno che era quasi estate. Anche oggi sopra e sotto il palco abbiamo cantato la stessa canzone.
Fiorella Palomba dice
Sono molte le considerazioni che questa nota richiama: Giovanna Marini, Pier Paolo Pasolini, l’aborto, il divorzio, il servizio sanitario nazionale, il sessantotto, le bombe fasciste.
L’antifascismo che illumina la nostra Costituzione e che pare essere un INNOMINABILE per i governanti (?) attuali è il centro di queste riflessioni. 🌸