Passeggiare, orientarsi, pensare senza per forza affidarsi a google, parlarsi guardandosi negli occhi, creare scambi anche senza la mediazione del denaro, imparare a chiedere aiuto, cucinare insieme a partire da ciò che un territorio e una stagione con i loro limiti possono offrire, confrontarsi in profondità su un tema in modo aperto, tramandare saperi e imparare facendo in una yurta, fare una catena per tirare fuori la legna dal bosco, accendere un fuoco per riscaldarsi, prendersi cura dell’orto… Un gruppo di donne e uomini hanno recuperato un’antica cascina sul Monte di Brianza: un luogo di relazioni sociali che non smette di accogliere gruppi, esperienze e modi diversi di stare nel mondo

Liberi Sogni, la nostra cooperativa sociale, nasce nel 2006 da giovani e adulti attivi in diversi campi e discipline, motivati a impegnarsi sul proprio territorio e desiderosi di rompere la dicotomia esistente tra vita e lavoro, sempre presente nel sistema dominante. Dopo vari progetti diffusi in contesti diversi, la cooperativa vive importanti esperienze nella rigenerazione e nella gestione quotidiana di spazi pubblici che diventano gradualmente beni comuni e danno vita a nuovi percorsi e narrazioni. Tuttavia, appalti e progetti con partner pubblici non riescono a garantire continuità e nel 2020, in piena emergenza Covid, il gruppo di persone più motivato all’interno della cooperativa, a maggioranza femminile, rafforza i propri legami e decide che è arrivato il momento di fare un grande salto: acquistare e dare vita a uno spazio in natura di proprietà collettiva, per gettare un nuovo seme nel futuro. Decide così di acquistare con un mutuo Cascina Rapello, un’antica cascina sul Monte di Brianza (Lecco) interamente da ristrutturare, con tre ettari di prati terrazzati e sei di bosco di castagni, tra cui alcuni molto antichi.
Nelle successive ondate di covid e relativi lockdown, tanti volontari, suddivisi in piccoli gruppi, rigorosamente all’aperto e con attenzione alle varie precauzioni, nel rispetto delle sensibilità di tutti, si ritrovano, liberando i propri corpi, per dedicarsi alla messa a coltura e alla rigenerazione dei terreni e dei boschi. Bambini, ragazzi, genitori, nonni con vanghe e zappe in mano riscoprono il fascino e le concretezza di trovarsi insieme e mettere le mani nella terra, in un luogo dove la natura regna libera e sovrana e si scrolla le spalle di fronte alle pandemie, alle preoccupazioni e alle malattie di noi umani. Quasi a farsi beffa di noi… Commuovono i ragazzi e le ragazze di una prima superiore, coi loro corpi e sorrisi meravigliosi, che a fine settembre, alla fine di una castagnata, alla domanda “cos’è stata la cosa più bella oggi?” rispondono: “Finalmente ci siamo potuti vedere in faccia!”. Si erano tolti le mascherine e dopo tre settimane di scuola si vedevano l’un l’altro per la prima volta.
La ristrutturazione di Cascina Rapello, nel pieno boom dell’edilizia, è un obiettivo molto spinoso per costi, permessi, complessità. Nasce la collaborazione con uno studio di architetti che sentiamo gradualmente sempre più parte della comunità. Via via, di fronte a tante complicazioni, cerchiamo e troviamo soluzioni praticabili e più accessibili.
Nella cooperativa si forma un gruppo dedicato al fundraising di comunità che dà vita a una vasta gamma di iniziative. La campagna “Vivi e sostieni Cascina Rapello” si fonda su un sogno e insieme sull’autenticità di un’esperienza reale e avvincente che si proietta al futuro a partire da un presente in cui la cascina è viva e accogliente e ospita attività, incontri ed eventi di ogni tipo, con tutte le relazioni che ne nascono.


Donazioni, cene di finanziamento, crowdfunding, bandi, 5×1000, donazioni di materiali in kind da fornitori solidali, danno riscontri incoraggianti e spesso inaspettati. Recentemente la richiesta di un prestito a MAG2 e MAG6, due cooperative che si occupano di finanza etica, conta su ben 34 fidejussori che esprimono fiducia e garanzie a noi e al progetto. Questo sostegno comunitario ci dà coraggio e convinzione e ci rafforza. Il credito fiscale maturato nei lavori di ristrutturazione viene ceduto a èNostra, una cooperativa impegnata nell’energia rinnovabile, di cui anche Liberi Sogni è socia. Sono tutti tentativi di creare ecosistemi e filiere basate su relazioni di conoscenza diretta e di fiducia reciproca che provano a uscire dai meccanismi di dipendenza dai grandi poteri che plasmano e uniformano le nostre azioni e il nostro immaginario.
Nel frattempo in cascina gli spazi si trasformano e l’assetto prende forma: prima la costruzione di una Yurta, poi il compost toilette, l’allestimento di una cucina nell’unico spazio agibile della cascina, la casa sull’albero, le opere di land art, il forno a legna, lo spazio per le grigliate, la meridiana che segna le ore grazie al sole, un osservatorio scientifico per gli animali selvatici. E poi l’orto sociale, il frutteto, i frutti di bosco, le api, le piante officinali, le castagne con i primi derivati (confetture, torte, farina, birra), la legna, le prime conserve e tisane.
Lo spazio si apre a nuove possibilità e ricorrenze spesso sorprendenti: la gita di un asilo nido, il campo internazionale in tenda con ragazzi provenienti da tutta Europa, quello papà e figli/e, il primo matrimonio, il compleanno di una 80enne, uno spettacolo teatrale messo in scena da ragazzi con disabilità, le escursioni selvagge e i laboratori rivolti a tanti diversi gruppi. Predisponendosi alla biodiversità, all’inaspettato e al non “tutto pianificato” si presentano tante sorprese, come quel pomeriggio che nell’arco di mezz’ora ci hanno chiamati: una squadra di rugby maschile che chiedeva i prati di Rapello per la preparazione atletica, un gruppo di donne che voleva ritagliarsi uno spazio intimo nel bosco per un cerchio dedicato alla Yoni e uno psichiatra che voleva raggiungerci coi suoi pazienti.
L’idea infatti è sempre più quella di una cornice in natura che si presta ad accogliere gruppi, esperienze e modi di stare diversi convinti che solo nel vuoto del non organizzato le persone possano acquisire coraggio, intraprendenza e responsabilità, andando oltre il ruolo di clienti e consumatori di qualcosa di preconfezionato che deve solo essere comprato e consumato. Ma c’è di più! Per quanto la cooperativa sia attiva a ospitare persone che per un motivo o per l’altro hanno bisogno di ritrovare se stesse e ripensare un proprio percorso di vita, la tendenza non è di medicalizzare, istituzionalizzare, rendere settari e ghettizzati degli spazi specifici ma in una logica di inclusione ogni persona fa parte della comunità, può interagire con tutti, giocarsi come persona nuova oltre ogni pregiudizio e stereotipo. Ci sono mille occasioni perché persone oggi fragili e domani forti e viceversa possano interagire senza etichette e professionisti del caso, prendendosi cura gli uni degli altri. Ogni sabato, ad esempio, è previsto il Fandaimann (in dialetto brianzolo “Fai andare le mani”), un‘occasione in cui tutti e tutte, grandi e piccoli, forti e meno forti, possono rimboccarsi le maniche per seguire l’orto o il frutteto, le asine o la stalla, ritrovandosi accumunati dal lavoro manuale.
Alla biodiversità fuori corrisponde quella della comunità fatti di storie, età, provenienze provenienze diverse e più la comunità riesca ad accogliere al suo interno diversità e differenze più si arricchisce, si rafforza e diventa più sicura. Cascina Rapello è una palestra a cielo aperto dove sperimentare e imparare, scambiare e tramandare saperi, all’insegna del ritorno a una vita semplice, materica e low tech: un luogo reale contrassegnato dal limite. La Libera Università del Bosco propone corsi e laboratori in diverse discipline che hanno in comune il dialogo con la natura e l’uso di tecnologie conviviali accessibili a tutti.

Alcuni eventi culturali, da prime edizioni, diventano via via un appuntamento fisso e rituale: le feste sono l’occasione di celebrare le stagioni e i doni che la natura porta con sé (erbe selvatiche, fragoline, frutti di bosco, castagna, funghi) ma anche per ritualizzare le fatiche e gli obiettivi raggiunti insieme e rafforzare le sinergie fra tutti e il senso di comunità, rinnovare la narrazione ma anche gli equilibri e gli scenari futuri. Negli eventi cosi come nella quotidianità si mischiano i linguaggi: la musica, il buon cibo, il teatro, la logistica, un po’ di improvvisazione e follia.
Tanto fare ma anche spazi per contemplare, per conoscersi, per perdersi guardando il fuoco, per alimentare l’immaginario, disintossicarsi dal pensiero unico globalizzato con aria e cibi genuini e unici, perché fatti da noi. Nelle scorse settimane, all’interno di un percorso formativo ispirato all’agroecologia, abbiamo immaginato Cascina Rapello nel 2028 e nel 2044: nella società di oggi tutto è immediato, lo sguardo è quello dell’opportunismo del momento perché non si vede un futuro. E nemmeno una comunità. Il mercato pervade ogni ambito, ogni cosa è mercificata, ogni azione o parola perde autenticità e sembra avere un secondo fine. Si ha come la sensazione di vivere in una situazione di continuo raggiro in un vortice che si alimenta sempre più diventando totalizzante. La predisposizione che si sente di dover mettere perennemente in campo è quella della sfiducia e dell’autodifesa personale, approcci che spesso precludono la creazione di relazioni di empatia e amicizia. A Casina Rapello sentiamo di poter tornare a coltivare altre parti di noi, spesso sopite, atrofizzate da un sistema ipertrofico che costringe a diffidare di chiunque finendo per perdere anche autonomia, autostima, fiducia nelle proprie capacità e in quelle dei propri vicini che paradossalmente vivono la stessa frustrazione senza riuscire a liberarsene. Questa riscoperta riguarda diversi ambiti. Ci accorgiamo che il sistema in cui viviamo è penetrato cosi tanto nel pensiero, nello spirito e anche nel corpo infondendoci delle certezze assolute che, senza accorgercene, sono ormai diventate parte di noi. Collaborare con altri, dare fiducia, realizzare qualcosa o prendere una decisione insieme, interagire con persone di altre età sono abilità che fanno parte del nostro dna e che in altri tempi potevano essere considerate semplici e spontanee. E invece ci rendiamo conto di quanto l’individualismo esasperato e l’assuefazione alla tecnologia, al consumismo e al denaro ci abbiano tolto potere e disabilitato i nostri istinti più naturali. Si tratta di un lavoro continuo di destrutturazione e riapprendimento. Come chi ha subito un trauma o tornare a riutilizzare un arto. Tornare a orientarsi senza google, parlarsi guardandosi negli occhi, creare scambi senza la mediazione del denaro, cucinare a partire dalla farina e da quello che un dato contesto contrassegnato dal limite ti può offrire, confrontarsi su un tema in modo aperto, prendersi cura della propria salute, fare una catena per tirare fuori la legna dal bosco, sentire la fame o il freddo, accendere un fuoco, cooperare per arrivare a un obiettivo comune: si tratta di un continuo allenamento di disassuefazione e disintossicazione e di riattivazione di parti di noi che sono state sopraffatte per troppo tempo e che oggi riaffiorando regalano un senso di riappropriazione, di serenità, di umanità, di consapevolezza. E sentiamo che la tanto agognata sicurezza sta nella convivialità e nella reciprocità delle relazioni e nella ritrovata capacità di riappropriarsi del tempo, delle relazioni, della tecnologia e del fare con le proprie mani….
Qui in cascina perdiamo il pudore e la vergogna di chiedere una mano, quando qui al nord ci insegnano ad alimentare l’orgoglio del fare da sé e del non chiedere niente a nessuno. E in questo modo siamo tutti più deboli e più soli. In cascina, una mano, proviamo a darcela tutti e tutte e in questo modo recuperiamo il senso di comunità, ne proviamo la gioia e la forza e cerchiamo di immaginare e coltivare il futuro, a partire dal qui ed ora, condividendo uno spazio comune e un sogno.
Si tratta di tornare a credere nell’umano che riemerge negli interstizi di un sistema che mortifica, distrugge, annichilisce, rende tutto asettico, artificiale, burocratizzato, grigio, preconfezionato. Come il paesaggio dopo una guerra che ha lasciato macerie e rovine, un paesaggio senza vita, disorganico e artificiale. Solo che, oggi, questo paesaggio omologato, dove tutto è già previsto, a vantaggio di pochi, in grado di esistere e perpetuarsi con meccanismi di assoluta intercambiabilità in modo indipendente dalle persone che oggi lo fanno funzionare, è fatto di simboli, marchi, luci, colori, prodotti che, per quanto standardizzati e intrisi di sofferenza, esercitano fascino e nuovi bisogni. Bisogni che naturalmente daranno vita a nuove diavolerie e meccanismi perversi, all’interno della megamacchina, che, per provare a risolvere un problema, ne creeranno di nuovi ingigantendo il problema che si presentava all’origine. È questo il malvagio incantesimo del capitale che, nonostante le evidenti sofferenze che porta con sé, continua a rinnovarsi e a espandersi come un cancro: quello di continuare a riuscire a trasformare in fascino e appetibilità ciò che con uno sguardo serio, lucido, critico e naturale sa di distopia, di collasso, di apocalisse, di morte.

Sono passati solo tre anni da quando è iniziata l’avventura di Cascina Rapello… Sembra di aver vissuto più vite in poco tempo, con tante emozioni, incontri ed esperienze diverse. Tanta abbondanza e pienezza in un solo luogo che continua a evolversi con l’evolversi delle stagioni e della comunità che cresce interagendo con questa cornice meravigliosa… È bastato solo provare a staccarsi, almeno un pochino, dagli automatismi e dalla voracità della megamacchina, perché altre dinamiche e parti di noi potessero riemergere… Forse la bellezza e la gioia stanno proprio nelle cose semplici, dove ogni vita e relazione è autentica e unica ed è portatrice di continuo stupore e meraviglia. Dove non tutto è acquistabile con una carta di credito. Forse è proprio questa, oggi, la nostra forma di Resistenza: mantenere le menti e i cuori aperti, non incattivirci, restare umani (Vittorio Arrigoni è nato e cresciuto in un paese qui vicino), tornare alle origini, coltivare un dialogo con la natura con rispetto e umiltà, tenere vive l’immaginazione e la speranza, farci sorprendere dalla biodiversità di ciò che ci circonda, recuperare quell’intelligenza ecologica che rischia di essere annichilita e sterilizzata da quella artificiale.
Nel mese di ottobre, girando nel bosco con gli amici micologi, in un raggio di circa un chilometro dalla cascina, abbiamo scoperto 130 specie di funghi diversi, caratterizzati da una festa di forme, profumi, colori… Ci ha colpito anche ascoltare i maestri che con molta umiltà ci hanno spiegato che alcuni esemplari non erano classificabili perché la natura si evolve e contamina con ritmi ed esiti che l’uomo, per quanto provi a dominare tutto, non può riuscire a prevedere, inquadrare e classificare ogni cosa. Forse liberarsi da un sistema totalitario, omologante e mortifero richiede di provare a guardarsi e guardare intorno a sé con occhi diversi, a partire da luoghi, culture ed ecosistemi che per decenni sono stati alla periferia della nostra cupidigia, cogliendo la ricchezza e le infinite possibilità che la natura e il pianeta ci offrono. Fa strano pensare che la maggior parte dei fungaioli si ostina a cercare un solo tipo di funghi…
Cascina Rapello è invece un luogo reale e insieme meraviglioso, in cui balza subito agli occhi la straripante ricchezza di biodiversità. Un luogo di esperienze, di incontri, di disintossicazione sensoriale e culturale, uno spazio di sperimentazione, un interstizio di ritorno alla terra, all’amicizia e alla vita.
Vorremmo continuare a tessere e dipanare una narrazione con tante voci, quanto lo è la biodiversità che ci circonda, lasciando spazio ai sogni, agli incontri, alle evoluzioni di questa bella storia comune. Una storia ancora tutta da scrivere. Un’avventura con tante tappe, ostacoli, sorprese, pronta a contaminarsi con dieci, cento, mille esperienze e storie. Un’avventura vera, con una fine non scontata.
Ora è partito anche il cantiere con nuovi motivi di soddisfazione e speranza ma anche nuovi problemi e fonti di complessità. Abbiamo bisogno di tanto aiuto. Anche quello può avere tante forme e modi. Puoi leggerci e seguirci sul nostro sito, proporre un’iniziativa o un evento, puoi aiutarci con una donazione ma soprattutto puoi venirci a trovare! Stay human, stay tuned e FANDAIMANN!
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