
Oggi in tanti parlano di “Transizione”, associazioni e movimenti, istituzioni nazionali e internazionali, fondazioni private e perfino imprese. Ma manca una riflessione profonda e corale sul senso e la prospettiva di questa transizione. Il rischio è che ciascuno declini l’idea di transizione secondo le convenienze: chi in senso di mero adattamento, chi pensando solo al rinnovamento delle tecnologie o alla sostituzione di fonti energetiche, chi aggiungendo una razionalizzazione dei processi e dei cicli socio-produttivi lasciando immutato tutto il resto. Il rischio più grande, da questo punto di vista, è che l’aggiunta di nuove formule magiche – sostenibilità, circolarità, responsabilità, resilienza – in mancanza di una critica più strutturale o di un cambiamento di prospettiva, rappresenti solamente una messa a punto per rendere il sistema (capitalistico) più fluido ed efficiente confermando o addirittura rafforzando i rapporti di potere e le forme di ingiustizia e disuguaglianza.
Principalmente a partire da questa consapevolezza come studiosi e studiose ci siamo impegnati a mettere in piedi un progetto di un Master di primo livello dal titolo “Saperi in transizione. Strumenti e pratiche per una cittadinanza ecologica e globale” (www.dsu.univr.it; www.tiltransition.eu) organizzato dalle Università di Verona, Parma e Trento in collaborazione con il laboratorio di ricerca inter-universitario Territori in Libera transizione (TiLT).
Il tema della transizione coinvolge a nostro avviso tanti livelli e dimensioni diverse: dalla ridiscussione sulla pluralità dei saperi e delle epistemologie alla reinvenzione dei contesti educativi e formativi; dalla rilocalizzazione dei processi produttivi alla ricostruzione di comunità locali inclusive e trasformative; dal ripensamento del senso del lavoro alla ricerca di una praticabilità della vita; dalla scissione tra produzione e riproduzione al tema della cura; dall’esplorazione di nuovi stili di vita a nuove forme di condivisione, scambio e consumo; dal ripensamento dei rapporti tra generi e generazioni alla riscoperta dei rapporti tra specie. Insomma, l’idea della transizione va intesa a nostro avviso come un passaggio di civiltà, nel quale maturano nuove concezioni, nuovi linguaggi, nuovi costumi, nuove sensibilità valoriali ed espressive, nuove pratiche sociali e politiche, nuovi modelli di partecipazione e di cittadinanza democratica.
Il percorso formativo (1.500 ore, 60 cfu, il venerdì e il sabato) della durata di un anno a partire da gennaio 2021 (la scadenza per l’iscrizione è il 13 dicembre) rappresenta dunque un tentativo di andare incontro a un’esigenza profonda di costruire degli spazi e dei tempi di analisi, di confronto e di co-progettazione per incamminarsi nei propri territori e nei propri contesti di vita nella logica nella sperimentazione di esperienze trasformative non occasionali.
Il progetto si rivolge a studenti e soggetti attivi nei territori, nelle associazioni, nelle pubbliche amministrazioni, nelle imprese sociali, nelle cooperative, nelle aziende responsabili o nelle reti del consumo critico e dell’economia solidale. L’obiettivo è di formare delle figure di “progettisti” capaci di lavorare sulla sostenibilità nei suoi diversi aspetti ecologici, sociali, ed economici. Le lezioni si alterneranno tra momenti online, incontri nelle aule dell’Università di Verona e momenti residenziali nel Monastero del Bene Comune a Sezano (Vr), garantendo ovviamente le più ampie condizioni di distanziamento e sicurezza.
Il Master è articolato in cinque moduli: 1) Premesse epistemologiche della transizione ecologica; 2) Educazione e formazione alla sostenibilità; 3) Territori, istituzioni e comunità sostenibili; 4) Lavoro, produzione e consumo verso nuovi modelli ecosociali; 5) Progettare e rendere praticabile la transizione.
In termini di metodologie didattiche e di contesti di apprendimento l’intento è di sperimentare prassi formative integrate (lezioni, seminari, convegni, testimonianze di esperti e workshop, visite a esperienze locali, formazione alla progettazione e realizzazione di project work), di mettere in comune e intrecciare – in una logica circolare tra teoria e pratica – saperi accademici interdisciplinari, saperi pratici, elaborazioni di movimenti, esperienze istituzionali e pratiche locali, per costruire pensieri e progetti capaci di radicarsi in un territorio ma anche di relazionarsi in una prospettiva più ampia e condivisa. In termini concreti vogliamo formare le persone per renderle capaci di partecipare a bandi locali, nazionali ed europei e di avviare esperienze, progetti e start-up, progettare servizi e creare contesti di apprendimento innovativi. Occorre infatti costruire fin da ora le basi e anche le istituzioni di una transizione sociale ed ecologica all’altezza delle sfide del nostro tempo e i contesti di apprendimento e di progettazione devono essere il più possibili coerenti con le forme relazione e scambio che ci immaginiamo in una comunità futura.
Antonia De Vita, Marco Deriu, Francesca Forno
Università di Verona, Parma, Trento – Laboratorio TiLT/Territori in Libera Transizione
Buongiorno.
Sono una donna che non potrà partecipare a questo master perchè non laureata.
La mia vita è stata – ed è – un continuo laboratorio di transizioni: impegno sociale e politico, percorso comunitario autogestionario, autodidattica – scambio di saperi, autoproduzione, percorsi di gestione dei conflitti e di pratiche del consenso … sempre inserita in contesti laboratoriali di trasformazione.
Sapere che, a priori, io non possa frequentare questo master, oltre che dispiacermi, mi stimola una riflessione: ma di quale transizione stiamo parlando? Non si potrebbe cominciare proprio da qui?
“dalla ridiscussione sulla pluralità dei saperi e delle epistemologie alla reinvenzione dei contesti educativi e formativi”
ecco, appunto.
Buongiorno, mi associo pienamente a quanto scritto nel precedente commento. Io mi occupo di transizione, nuovi saperi, permacultura, progetti di riconversione di terreni abbandonati mediante progetti sociali da più di 10 anni, sono diplomato ma non laureato. Come fate a parlare di nuove visioni del sapere quando siete ancora voi stessi legati ai vecchi schemi di qualifica?. Grazie per lo spazio
Buongiorno,
quel che mettete in evidenza è condivisibile anche da noi che abbiamo ideato e stiamo proponendo il master. Infatti è un nostro cruccio non poterlo proporre gratuitamente e aperto a tutti, anche a chi non ha una laurea. Per questo ci siamo mossi per ottenere 3 borse di studio e sono previste lezioni e seminari aperti ai non iscritti.
In prospettiva futura vorremmo che un segmento del master diventasse un corso di formazione/aggiornamento per professioniste/i che non hanno il titolo di laurea.
Per noi è un inizio: faremo tesoro di questi suggerimenti.
Ora è importante che il Master prenda slancio e diventi un laboratorio di pensieri e pratiche aperto e partecipato.
Antonia De Vita
Direttrice del Master