No, non siamo tutti sulla stessa barca in questo momento. Basta allungare lo sguardo oltre noi stessi. “Si vede nelle storie dei bambini, le case nello sfondo quando sono connessi con i loro insegnanti – scrive Penny, maestra – Chi ha delle belle librerie alle spalle, chi ha un muro buio. Chi viene aiutato dai genitori e chi no. Chi ha materiale a disposizione e chi no. Chi ha un bel giardino in cui correre e giocare e chi no. Chi ha stampanti per lavorare meglio, chi, invece, guarda i compiti sullo schermo nel telefonino (a parte chi deve aspettare che torni la mamma, che è andata a fare le pulizie in qualche casa, con il telefonino)…”

Non siamo tutti sulla stessa barca. Non so se ci è chiaro. Certo, potremmo essere tutti colpiti dal virus. Le persone anziane di più, forse gli uomini di più, forse. Tutti siamo dentro alla distanza sociale. Ci preoccupiamo dei nostri genitori. Mettiamo le mascherine se usciamo per fare la spesa. Ci laviamo le mani. Ma non siamo nella stessa barca. Basta allungare lo sguardo oltre se stessi.
Si vede nelle storie dei bambini, le case nello sfondo quando sono connessi con i loro insegnanti, chi è in pigiama alle sei di sera e chi no. Si vede chi viene aiutato dai genitori e chi no. Chi ha materiale a disposizione e chi no. Chi ha delle belle librerie alle spalle, chi ha un muro buio.
Chi ha un bel giardino in cui correre e giocare e chi no. Chi ha stampanti per lavorare meglio, chi, invece, guarda i compiti sullo schermo nel telefonino e prova a capirci qualcosa accecandosi. Mani piccole su tasti. C’è chi ha i quaderni con la riga giusta e chi invece scrive su fogli a caso con matite a caso. C’è chi è perso da qualche parte e non lo troviamo più.
Non siamo tutti nella stessa barca. Forse non ci è chiaro.
Il compito più importante della scuola dovrebbe essere quello di eliminare e appianare le differenze sociali ed economiche. Che non siamo sulla stessa linea di partenza, lo abbiamo presente, vero? Insomma, la ministra ha detto che l’obiettivo è quello di raggiungere tutti. E siccome non siamo tutti sulla stessa barca sarei curiosa di sapere quanti fondi il nostro governo metterà a disposizione per le scuole private. E alle scuole private si iscrivono le famiglie che possono permetterselo. Non ci sono altre verità.
Alle scuole private le famiglie hanno smesso di pagare le rette. Non si va a scuola non Si paga il servizio. Punto. Ed ecco che arriviamo noi in aiuto.

Siccome non siamo sulla stessa barca e non lo eravamo prima, stamattina, quando mi sono svegliata e ho visto che la mia Regione (Luguria) aveva stanziato un milione e mezzo di euro per l’acquisto di dispositivi alle famiglie i cui figli vanno alle scuole pubbliche, e un milione di euro per chi va alle scuole private, mi sono cadute le braccia.
Le scuole private sono scuole di élite, scuole in cui non ci sono differenze sociali, si fanno chiamare paritarie perché il termine privato rende bene l’idea di quello che una scuola non dovrebbe essere.
E, sinceramente, non capisco perché debbano essere i cittadini a sostenerle, tutti i cittadini, comprese quelle famiglie i cui figli frequentano la scuola pubblica e credono che l’istruzione debba essere un diritto per tutti e non in base “al censo”. La sporzione poi è notevole.
Quanti saranno i ragazzi che frequentano le scuole private? Quanti quelli che frequentano le scuole pubbliche? Sarebbe interessante avere i numeri e chiederci come mai ci siano solo 500 mila euro di differenza. Sono indignata, sono indignata perché i governi non dovrebbero sovvenzionare le scuole private e a ruota non dovrebbero farlo le regioni. La scuola dovrebbe essere pubblica e, forse, se nel passato avessimo messo le risorse giuste in uno spazio che è di tutti, quello della scuola, oggi, avremmo raggiunto tutti i nostri alunni e lo avremmo fatto con una certa dignità. Invece, siamo ancora lì, a pagare per chi non vuole mischiare i suoi figli con quelli degli altri. Questa è la verità. Questa è la nostra vergogna.
Oggi, una mia bambina non si è potuta collegare per gli incontri di classe. Mentre eravamo tutti lì, lei mi scriveva sul telefono di sua madre. “Non riesco ad esserci – mi diceva – la mamma va a lavorare e il telefono le serve”. Sua madre pulisce i pavimenti di qualcuno, magari quel qualcuno i cui figli frequentano una scuola privata, gli stessi con cui non hanno voluto mischiarsi. “Se la mamma va a lavorare devi dirmelo – le ho scritto con una certa enfasi – così spostiamo gli incontri”. “Va bene”, mi ha risposto lei e ha aggiunto un cuoricino.
Quando ho buttato giù, ero arrabbiata, triste, provata.
Per un attimo mi sono dimenticata che lei ha solo otto anni e che si preoccupa, nonostante ciò, di avvertirmi. E la sua barca fa acqua da tutte le parti.
Cinzia Pennati (Penny) è insegnante, scrittrice e madre di due ragazze adolescenti (tra le quali Ludovica, l’autrice di molti dei disegni che illustrano e completano gli articoli di Penny). Questo il suo blog sosdonne.com. Nelle librerie il suo romanzo Il matrimonio di mia sorella. Ha aderito alla campagna di sostegno di Comune Ricominciamo da tre.
Condivido la sua riflessione… io sono anziana e ho un giardino, che però non posso curare perchè ho dei problemi.
L’altro giorno, proprio nel nel giardino, sono caduta e così per diversi giorni non sono uscita. Ma il giardino è per me un’oasi e una gioia per gli occhi, vedo ogni giorno l’erba crescere, che nessuno per ora taglia, ho alberi, insetti ed uccellini intorno a me che mi riempiono di gioia. Sono fortunata, e penso sempre a quei bambini che lei descrive così bene, vorrei che il mio giardino fosse di tutti loro. La mia vita, dato che non uscivo molto, non è cambiata granchè per questa triste emergenza, di solito uscivo per andare dal medico o a fare spesa, adesso ci pensa mio marito. Però vorrei uscire con lui, lo aspetterei in macchina, vedrei le strade, le case, non solo le due o tre della mia strada abitate da vecchi come me, che non vedo mai. Per fortuna ho cose da fare, il tempo passa veloce, e la sera penso che è passato un altro giorno e che forse ci avviciniamo alla fine di tutto questo. O solo alla mia, chi lo sa.
Non sono d’accordo su questo articolo e sull’accanimento verso la scuola privata. Miei figli vanno alla scuola privata perché ci consente di andare a lavorare in orari decenti considerato che apre alle 7.30 e garantisce mensa e doposcuola e accoglienza per chi ha bisogno. Non ci sono scioperi né riunioni sindacali. Gli insegnanti sono sempre a disposizione. Garantiscono accoglienza estiva al mare con attività varie. Io e mio marito siamo dipendenti pubblici, uno dei 2 stipendi va alla scuola e son soldi ben spesi. Nostri figli son là per le nostre esigenze lavorative non certo per separarli da altri studenti o perché siamo ricchi. Sono considerati una seconda famiglia. Siamo fortunati ad avere trovato ottimi insegnanti. E a poter pagare la scuola. Anche in questo periodo benché non sia aperta le rette si pagano. Le lezioni sono on line e l’impegno e la fatica degli insegnanti mi sembra molto più che raddoppiata. Non facciamo vacanze per pagare la scuola. Son scelte. Ognuno fa le sue. Ma non posso leggere che chi va alla privata sia più benestante di cui va alla pubblica o che abbia la puzza sotto il naso. No.
Idem, anche io con due figli e nessun supporto parentale ho iscritto miei figli a una scuola privata, quasi tutto il mio stipendio è per loro, diversamente mi sarei dovuta licenziare. Stringo i denti aspettando che crescano e diventino un po’ indipendenti.
Michela capisco il suo punto di vista: è giusto non sminuire la fatica di un genitore che per barcamenarsi tra lavoro e gestione familiare fa dei sacrifici enormi pur di sapere i propri figli sereni e curati in un ambiente accogliente.
Però leggere le sue parole mi ha suscitato due spunti di riflessione.
Il primo. I suoi sacrifici e quelli di suo marito sono sacrosanti, ma ha pensato che la mamma della bambina di cui ci parla l’articolo, anche facendo sacrifici immani non potrà MAI permettersi una scuola privata? In questo senso voi siete dei privilegiati, in quanto stipendiati statali. Anch’io attualmente sono una privilegiata, perché adesso i miei genitori sono dipendenti pubblici (del settore scolastico, quindi comunque non navighiamo nell’oro, ma almeno abbiamo delle certezze). Invece, durante i tanti anni di attesa in graduatoria la mia famiglia ha vissuto nell’incertezza, io e mio fratello abbiamo vissuto un’infanzia e un’adolescenza “responsabilizzata”, dovendo collaborare al negozio di fiori che i miei avevano aperto per sbarcare il lunario. I miei sono entrati in ruolo a 54 e 58 anni (in Sicilia). Solo ora mi rendo conto delle difficoltà passate e delle rinunce che abbiamo dovuto fare. In quelle condizioni (e avevamo un’attività commerciale!) sicuramente non ci sarebbe stato spazio per una retta privata. Ora so che la semplice normalità spesso è un privilegio.
Secondo punto. Avete mai riflettuto sul perché la scuola pubblica non offra i servizi che invece avete trovato alla privata? Sul perché la scuola pubblica sia costretta ad avere una classe docente precaria e insufficiente alle necessità, strutture inadeguate e spesso malandate, un’impostazione didattica ancora legata all’anteguerra (letteralmente) e, conseguenza di tutto ciò, un’atmosfera di tesa sopravvivenza?
La spiegazione che mi do, e penso sia fondata, è la mancanza di fondi. Fondi per assumere e pagare docenti e personale, fondi per garantire strutture e materiale (compresi carta igienica e sapone!!) adeguati, per finanziare la ricerca e implementare riforme adeguate ai tempi, fondi per proporre attività formative extracurriculari (sport, arte, musica…).
La scuola pubblica è alla fame e il colpo di grazia è arrivato con i regali alle private fatti a partire dalla ministra Moratti.
Comprendo le vostre necessità contingenti, ma da siciliana non posso fare a meno di pensare a chi negli anni 50 votava un certo partito in cambio di un chilo di pasta, quello stesso partito che poi toglieva lavoro e diritti lucrando sulla miseria. Lo so che il paragone è ardito, ma sostenendo le scuole private non si fa altro che alimentare la disparità.
La scuola pubblica vuole essere famiglia, ma non potrà finché non la tratteremo come tale (a livello personale e statale). Ricordiamocelo quando andiamo a votare.
Sono molto d’accordo. Grazie
Sono insegnante di ruolo in una scuola pubblica, di frontiera, che lotta contro le differenze e la dispersione e vorrei restare qui per sempre. Questo è lavorare. Questa è scuola. Una grande e variegata famiglia che cerca di annullare le differenze. Prima di essere qui ho fatto lo stesso lavoro in un un istituto paritario di una grande città, quartiere vip. Non tornerei indietro.
Qui ho più soddisfazioni.
E per rispondere a Michela dico che non so se si sia informata bene, ma, dove vivo io anche le scuole pubbliche aprono col servizio pre scuola alle 7.30, garantiscono mensa, post scuola, doposcuola, campi estivi e gli insegnanti sono ottimi.
Anzi spesso gli insegnanti lavorano nella paritaria per accumulare punteggio, quando hanno maturato quello e l’esperienza, vanno nella pubblica.
Concordo con Michela, anche mia figlia frequenta una scuola privata e la retta continuiamo a pagarla visto che le lezioni continuano in modalità telematica ed in maniera ottima direi. Capisco che non sia una scelta per tutti, ma ognuno decide per sé come investire i propri soldi e assicuro che gli importi nel nostro caso non sono così stellari, considerando anche eventuale dote scuola. Detto questo ci sono poi ottime scuole pubbliche, la scuola la fanno gli insegnanti, i genitori e i dirigenti che collaborano, non solo i soldi disponibili, pochi o tanti che siano.
Era inquieta perché le scuole private hanno ricevuto il milione di euro, quasi come le pibbliche. Sono insegnante di scuola privata e sono dell idea che le rette che continuate a pagare dovrebbero sostenere le scuole private senza incentivi statali. Perché sicuramente sono più utili dove invece di solito al massimo vengono fatti tagli su ulteriori tagli. Non se la prenda
Io solo per la scuola media ho scelto una scuola privata, le rette le pagi ugualmente perché ci sono le lezioni on line e pago le tasse come tutti con le quali pago l’istruzione sia pubblica che privata, no sovvenzione alla scuola privata ok ma io le tasse le ho comunque pagate per la scuola pubblica.
Buongiorno, non condivido la parte relativa alla scuola privata e vi spiego anche perché’. Come genitore di 2 ragazzi ormai grandi, in passato abbiamo deciso di iscriverli alle elementari ed alle medie ad una scuola cattolica parificata. Non sto a spiegare i motivi di questa scelta, in quanto non attinenti a quanto vado a dire. Potendocelo permettere abbiamo sempre pagato la retta, senza avere alcun contributo dallo stato, ne avendolo la scuola.
Lo Stato invece ha risparmiato quello che sarebbe stato il costo di due allievi per tutti gli anni che hanno frequentato la scuola privata. Ciascuno può verificare facilmente si internet quanto costa allo stato uno studente.
Nel frattempo però noi abbiamo pagato le tasse che sono servite a coprire i costi degli studenti che frequentavano la scuola pubblica.
Infine, provate a pensare se lo stato sarebbe in grado di garantire a tutti gli studenti che frequentano le scuole private un posto nelle scuole pubbliche: mancherebbero le strutture nonché gli insegnanti (anche qui con una rapida ricerca su internet potete risalire al numero di studenti coinvolti).
È tutto questo senza alcun contributo aggiuntivo delle famiglie, che già pagano le tasse con cui tali costi vengono coperti.
Quindi sicuramente gli allievi delle scuole private appartengono ad una categoria privilegiata (anche se molti compagni dei miei figli venivano da famiglie non abbienti e che facevano sforzi immani per poterli mandare ad una certa scuola. Scuola che tra l’altro ha sempre garantito alcuni posti senza pagare la retta) ma permettono allo Stato di avere un grosso, anzi grossissimo risparmio economico.
Ma infatti le scuole private, come la sanità privata, non dovrebbero proprio esistere.
così nessuno dovrebbe pagare due volte, come ci state dicendo, e tutti lavorerebbero perchè il pubblico fosse per tutti. Del resto stiamo a casa proprio perchè la sanità è al collasso. Forse bisogna cominciare a ragionare un pò oltre l’ombelico e il tema specifico. E scopriremo che il problema è il solito da sempre ed è politico nel senso autentico del termine: i fondi ci sono, e la questione è dove si sceglie di spenderli. Vogliamo ridiscutere l’acquisto di cacciabombardieri, i decreti salva-banche…? Nel caso specifico che ha fatto giustamente inquietare la nostra amica insegnante, bastava non fare un intervento a pioggia e dare i contributi alle famiglie (non alle scuole) sotto forma di materiale (computer, cancelleria, tablet… quello che serve) a chi non ce l’ha. Abbiamo inventato l’ISEE, usiamolo.
Brava. Io sono un’insegnante in pensione. La mia scuola era sempre aperta con mille attività scambi ecc. E sosteneva con prestiti chi non poteva permettersi le gite. Ma non trovo giusto che lo stato tagli i fondi alle scuole pubbliche e sostenga quelle private. Se si vuole religione cattolica la si può fare nella scuola pubblica…. Purtroppo. In ogni caso tutti liberi di spendere i propri soldi come si vuole MA SENZA
ONERI PER LO STATO!!!
Da qualche parte, in uno dei commenti, ho letto: “nella scuola privata non ci sono scioperi”. Credo questo basti a dirla lunga sull’idea di libertà, attenzione all’altro, etc. di chi sceglie le scuole private.
Potrei aggiungere mille osservazioni sulla qualità dei docenti (scelti senza concorso, spesso alle prime armi e/o pochissimo aggiornati), sulla didattica (quasi mai inclusiva perché non è questo che chiedono i genitori della scuola privata)…
La scuola è, deve essere un servizio alla collettività, deve educare ad essa. Non sostenere solo i diversi egoismi dei genitori (cosa serve a me, al mio unico e solo bambino).
Che questa esperienza insegni a sostenere la scuola pubblica seriamente e continuativamente.