È chiaro e lampante che non tutte le famiglie hanno accesso alla didattica a distanza, per i motivi più disparati. Ma sembra non importare poi più di tanto. “Così annoti i nomi e i cognomi spesso impronunciabili – scrive Marika Marianello, insegnante – dei ragazzi e delle ragazze non ancora mai pervenuti dal 6 marzo”

E così, dopo un lungo periodo di webinar e d’autoformazione imposta, forzata e intensa sulle piattaforme più all’avanguardia e alla ricerca di materiali didattici stimolanti e fruibili, e dopo una cascata di circolari, e-mail, messaggi, fake news, meme, catene de Sant’Antonio e santini di Padre Pio e inviti a pregare insieme a papa Francesco e consigli di classe informali e ufficiosi su Whatsapp, tra risposte stizzite e celebrazioni dell’ego varie, in una sorta di competizione sfigata a chi è più tecnologic@, più efficiente e più martire, viene attivata (finalmente?) la fatidica piattaforma d’istituto per le videolezioni:
Prof mi sente? Prof mi vede? Prof la vedo a scatti. Prof la sento metallica. Prof è robotica. Prof vedo tutto nero/bianco/grigio/viola. Prof non mi funziona il Wi Fi. Prof sto per finire i Giga. Prof sto senza batteria. Prof sto col PC di mio padre e tra un po’ glielo devo restituire perché deve lavorare. Prof Luigetti non ha lo Smartphone e non può connettersi. Prof la mamma di Chantal non può usci’ dal campo rom che è blindato manco per fare una ricarica e non hanno né Internet né un computer. Prof Jian è da solo a casa degli zii e non è capace di accedere alla piattaforma. Prof ha ricevuto la mia email? Prof sa che la seguo su Instagram? Prof ma quando torniamo a scuola? Prof mi manca. Prof la vojo bene. Prof ho imparato a contare fino a un milione di miliardo in spagnolo. Prof sto leggendo il libro che ci ha consigliato. Prof non ho la videocamera per il PC. Prof non ho il libro perché sono a casa di mio padre e qui non ho tutti i libri. Prof sono riuscita a scaricare l’ebook! Prof ma quella è la sua camera? Prof non ho capito. Prof non riesco a seguire. Prof come facciamo per gli esami? Prof ma quant’è bella? Prof le piace la mia cameretta rosa? Prof le posso presentare a mi hermanita? Prof la saluta mia madre. Prof dopo gli mando tutti i compiti. Prof ma lei ¿cómo está?
Per carità, non che in classe fosse effettivamente poi tanto più semplice sintonizzarsi dal momento che c’è sempre qualche creatura che Prof ho sete, ho sonno, ho fame, ho caldo, ho freddo, ho mal di testa, ho mal di pancia, ho dimenticato il libro/il quaderno/l’astuccio/la gomma da cancellare/il bianchetto/il temperino/la penna rossa/il righello, oppure Prof posso andare in bagno o posso raccontarle quello che ho fatto ieri con nonna.
Prof io non voglio accendere la telecamera perché sono brutta.
Vabbe’ dài, mostraci solo… che so… una guancia: ci accontentiamo!
Prof io invece no perché sono ancora al letto.
Ma come al letto, Vladimir? È mezzogiorno e passa!
E lo so, ma la notte non dormo…
Mi dispiace, capita anche a me… la chiamo insonnia creativa: una bella storia a portata di mano sul comodino può aiutarti a renderla più piacevole!
Ah Prof ma io vojo usci’!
Non mi dire che vuoi tornare a scuola?
Certo! Ma mica per studiare, eh! Per rivedere i miei amici e la ragazza che mi piace e per fare ricreazione e per giocare a pallone in cortile.
C’è chi si chiede, seriamente, come facciamo a verificare se ci seguono e ci ascoltano o se non fanno altro a telecamera spenta. Come se in classe si potesse effettivamente misurare con esattezza il grado di attenzione di ogni creatura che disegna o chatta o si smanetta il pisello sottobanco o guarda fuori dalla finestra mentre giri le spalle per scrivere alla lavagna. Come se avessimo tutto il diritto di entrare indisturbati nelle loro case. Oppure proposte tipo “li interroghiamo bendati così abbiamo la certezza che non leggano dal libro“. Gente attaccata con le unghie alle pratiche tradizionali da non riescire a sopravvivere senza voti: studenti, genitori e docenti.
Dice Ah lavori da casa? Come se in condizioni normali lavorassi solo a scuola, in classe: come se questo lavoro di preparazione e correzione e autoformazione e ricerca e studio e cura delle relazioni e scambio di saperi e d’informazioni e d’opinione non avvenisse soprattutto fuori da quelle aule, spesso nell’isolamento della stanzetta dove tieni pc e libri.
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Succede che ora fai solo quello, moltiplicato per duecento studenti che non vedi da esattamente un mese. Stai attaccata al PC molte ore al giorno, cercando di mantenere le relazioni con ciascun@ di loro, con ragazzi e ragazze spaesate da questa sospensione a tempo ancora indeterminato, dopo la legittima euforia iniziale. Ti mandano foto di libri e quaderni e le registrazioni audio o video della lezione a tutte le ore del giorno su un account creato appositamente per l’occasione che è già stracolmo di roba. Ti commuovi spesso quando nei loro audio dicono Prof mi manca oppure Estos son días difíciles espero volver pronto a la escuela. Rispondi sempre singolarmente a ogni mail, una a una, con le correzioni, consigli e audio, interrogandoti sul limite che in un lavoro come questo, basato sulla relazione e sulla cura dei rapporti, e in una situazione d’emergenza come quella che stiamo vivendo, per giunta, è sempre molto labile. Aggiorni il RE di continuo nell’ansia di tracciare tutto e carichi i video su un canale youtube che hai creato per pubblicare spiegazioni e correzioni di esercizi: una quantità inestimabile di tempo, giga ed energie investita.

Tutto questo per uno stipendio da fame che, comunque sia RINGRAZI, è arrivato dritto sul tuo conto, il che, de ’sti tempi, nonostante la precarietà e la scadenza a giugno e il concorso continuamente rimandato, è un gran privilegio, visto che c’è gente coi buffi veri fino al collo. Molti genitori ti ringraziano, e tu apprezzi a tal punto la loro gratitudine che ti chiedi se non sia pura vanità o semplice disperazione affettiva.
Le scuole della periferia romana non sono così digitalmente evolute come si vorrebbe far credere, e il livello d’analfabetismo digitale di docenti, genitori e studenti non dovrebbe sorprendere, e neanche il caos e l’aggressività o la passività o l’ipocrisia delle persone coinvolte nel grande sistema scolastico. Hai dovuto richiamare all’ordine il comportamento tenuto in chat più di una volta, tu, la più giovane, precaria e con l’anello al naso, hai chiesto gentilmente di gestire la situazione con serietà e senza condividere in maniera compulsiva ogni riflessione sul tema o cazzata che gira per la testa o su whatsapp, ricordando la situazione stra-ordinaria e delicata che stiamo vivendo non prevista dal CCNL.
È chiaro e lampante che non tutte le famiglie hanno accesso alla didattica a distanza, per i motivi più disparati che questa sospensione e quest’isolamento necessariamente comportano, ma d’altronde sembra non importare poi più di tanto. Alla fin fine ’sti gran cazzi: mica potemo davero davero insegna a legge e scrive a tutti, mo! Se i miei cuccioli del resto vivono in una bella casa con salotto, terrazzo e giardino, pulita e profumata, con WiFi e PC e tablet personale, chisselincula i poveracci. Noi premiamo i meritevoli. Così annoti i nomi e i cognomi spesso impronunciabili dei ragazzi e delle ragazze non ancora mai pervenuti dal 6 marzo.
Il disagio su un foglietto appeso alla tua bacheca davanti al PC.

Pubblicato su cattivemaestre e qui con l’autorizzazione dell’autrice.
Da Il Manifesto di oggi. “ MA IL VERO PUNTO DOLENTE è la didattica a distanza, con buona pace del trionfalismo ministeriale.(e non solo) Il suo funzionamento è molto diverso nelle diverse regioni. Ieri uno studio dell’Istat ha rivelato che il 33,8% delle famiglie non ha un computer o un tablet, il 47,2% ne ha uno da dividere fra figli e genitori. La percentuale di famiglie senza computer supera il 41% al Sud. Ma il problema non sono solo i tablet. In queste ore si moltiplicano gli appelli di insegnanti preoccupati per gli studenti di famiglie di fasce deboli che, usciti dalla scuola, non si «collegano» più ai compagni. I docenti li rincorrono virtualmente per riportarli con il resto della classe, sulla piattaforma. L’anno scolastico per loro rischia di essere già chiuso.”
Si è vero tutto questo, ma è anche vero che io personalmente sono riuscita a recuperare molti dei miei studenti più distratti proprio con le videolezioni. Ciò che è fuori da ogni logica è che le classi a scuola siano così numerose ed eterogenee. Fino all’inverosimile! Ed è inverosimile che l’insegnante per doversi occupare di tutti, finisce col non occuparsi di nessuno. In più le ore in ogni classe – in una scuola media – sono estremamente poche. E così molti alunni non distratti dai compagni e non presi dal senso di claustrofobia davanti al “dover” stare composti dietro a un banco, sono stati molto più partecipativi e vivaci in videolezione! La scuola sembra esser divenuta oggi un progettificio esasperante, motivo di introiti e messa in rilievo dell’insegnante di turno. Che poi la scuola stessa perda i suoi contenuti poco importa. Da casa invece erano più rilassati, non distratti ed esauriti da progetti a scuola, impegni pomeridiani vari a scuola o fuori dalla scuola…In più, potevano seguire la lezione anche distesi sul divano e con le gambe appoggiate al bracciolo della poltrona. Perché quando si è rilassati, si partecipa con più intensità! Dunque credo che non sia tanto la didattica in piattaforma ad avere problemi, ma la scuola stessa, di come la vogliamo! Questa che abbiamo certo non funziona! E non funzionerà neanche tornando tra i banchi…ricoperti di plexiglass…Ma voi ve li immaginate i ragazzi, già claustrofobici dietro a un banco aperto, per quanto tempo riusciranno a partecipare ad una lezione?