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La polizia, i carabinieri, la guardia di finanza in tenuta in antisommossa (almeno duecento agenti) e in borghese (almeno cento), elicotteri, una quarantina di camionette, qualcuno dice che al largo c’era anche una nave della Marina. Quella di martedì 28 marzo a Melendugno (Lecce) non è stata una grande operazione antimafia ma il sostegno dello Stato, un tap-peto blu e verde militare, per il cantiere di una multinazionale, dove è previsto l’espianto di duecento ulivi per lasciare spazio al tracciato del gasdotto che dovrebbe portare in Italia il gas dell’Azerbaijan. Le Forze dell’ordine, provenienti da Bari e dalla Calabria, messi “contro” giovani, anziani, persone con disabilità. “Vergogna a chi ha permesso questo scempio… Stupro della terra e e stupro della democrazia…”, commenta Luigi Russo, dei No Tap.
Insomma, una grande operazione militare per imporre con la forza un’opera inutile non solo per il Salento, ma per tutto il paese, e devastante dal punto di vista ambientale (sulle diverse ragioni contro il progetto di Trans-Adriatic Pipeline, leggi anche Perché No Tap né qui né altrove). Nessuno ha ancora fornito, dati alla mano, l’utilità di questa “opera”. Del resto mancano anche alcune autorizzazioni (a sostegno della legittimità delle operazioni, lunedì 27 marzo è arrivata la sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto i ricorsi della Regione Puglia e del Comune di Melendugno): molti sono convinti che si tratti di un pessimo teatrino per il 30 marzo, quando verrà in Salento un commissario dell’Unione europea per accertarsi che i furbetti italiani stiano facendo il lavoro e consentire così il prosieguo del finanziamento. “Una farsa come quella degli oliveti rinsecchiti – aggiunge Crocifissi Aloisi dal presidio di Melendugno -, lasciati lì come teatrino per le visite periodiche degli ispettori Ue e come sponsor per diffondere l’epidemia mediatica di xylella…”.
Erano in molti e molte martedì al presidio, dopo la grande protesta di domenica (leggi anche La voce dei territori, di Rosaria Gasparro). Non sono mancate le aggressioni e le manganellate per alcuni manifestanti. Naturalmente la voglia di resistere è oggi ancora più forte e diffusa: la stagione dei movimenti territoriali rinasce, in molte forme e in diversi luoghi, come la Primavera.
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