In uscita il 27 febbraio un audio documentario, I nuovi cittadini, a cura di Marzia Coronati sulle scuole popolari di Roma dagli anni Settanta ad oggi, con testimonianze di studenti e maestri che hanno partecipato o partecipano a queste realtà. Per scuole popolari intendiamo quei percorsi informali di educazione nati spontaneamente e volontariamente, con l’obiettivo di sostenere studenti e studentesse in difficoltà o ‘dispersi’, che hanno lasciato la scuola o ne sono stati allontanati. I nuovi cittadini viene trasmesso sulle frequenze di Radio Rai Tre
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di Marzia Coronati*
Quando abitavo al Quadraro, nella periferia est di Roma, il parco degli Acquedotti era per me solo un pittoresco ed enorme giardino dove andare a guardare il tramonto. Poi ho conosciuto don Roberto. Ripercorrendo con lui i vialetti tra gli alberi e gli archi del vecchio acquedotto romano ho ricostruito la storia straordinaria di quel luogo. Solo quaranta anni fa, dove ora ci sono alberi e sassi, decine di baracche ospitavano uomini, donne e soprattutto ragazzi e ragazze che, emarginati dalla scuola ordinaria per la loro identità di “baraccati”, intrapresero il loro personale percorso educativo con don Roberto Sardelli, all’interno della baracca 725 (leggi anche Ripartire dai piccoli gruppi di i).
La storia della Scuola 725 è la prima tappa di un audio documentario a mia cura dal titolo I nuovi Cittadini, un percorso sonoro tra le scuole cosiddette “popolari” degli anni Settanta e di oggi. La storia di quella scuola, insieme ad altre, è centro dell’audio documentario I nuovi cittadini, trasmesso sulle frequenze di Radio Rai Tre in cinque puntate da quindici minuti l’una, in onda dal 27 febbraio al 3 marzo, alle 19,45 circa (per chi non riuscisse a seguire la diretta, saranno disponibili anche i podcast sul sito di Tre Soldi il programma di Rai Tre che ospiterà l’audio documentario).
Scriveva Carla Melazzini, insegnante tra le fondatrice del progetto Chance (destinato a ragazzi che avevano abbandonato gli studi), in Insegnare al principe di Danimarca:
“Si pensa la scuola come il dentro e la strada come il fuori […] se però dentro la scuola si accolgono veramente i ragazzi, e se quando a scuola non vengono si va nel loro fuori a prenderli per mano, allora si scoprono molte cose, e si può arrivare ad un rovesciamento della prospettiva: il territorio, la strada, appaiono come uno spazio claustrofobico, palcoscenico di copioni di vita rigidamente predisposti, e la scuola può diventare il luogo del cammino, di una strada da percorrere insieme, anche per incontrare tanti altri fuori diversi dal proprio”.
Era il 1968 quando Roberto Sardelli si trasferiva tra i baraccati dell’Acquadotto Felice. Lì sistemava una baracca e le dava un nome: “Scuola 725”. Fu da subito un successo, alle lezioni prendevano parte i bambini e i ragazzi dell’insediamento spontaneo sorto tra gli archi dell’acquedotto romano: migranti provenienti dal centro e sud Italia esclusi o emarginati dalla scuola pubblica. Alla Scuola 725 decine di giovani hanno imparato a leggere e a scrivere, hanno studiato la geografia, la musica e la storia, ma soprattutto hanno fatto politica, nel senso puro del termine, prendendo coscienza di se stessi, dei propri diritti e dei propri doveri.
Negli stessi anni in tutta Italia sorgevano spontaneamente decine di “scuole popolari”, esperienze animate da uomini e donne che costruivano alternative lì dove l’offerta educativa latitava o era del tutto assente, con l’obiettivo di non sostituirsi alla scuola pubblica, ma di affiancarla fino a quando non fosse stata in grado di integrare gli esclusi.
Oggi, a mezzo secolo dalla nascita delle prime scuole popolari, rinascono o proseguono offerte di formazione ed educazione pronte ad accogliere gli studenti lasciati ai margini del percorso formativo ordinario. Esistono nelle periferie più difficili delle città, ma anche nei quartieri meno a rischio, perché, come spiega Cesare Moreno, educatore dell’associazione Maestri di strada, ormai
“il fenomeno della dispersione scolastica si è democratizzato, coinvolgendo non solo i giovani provenienti da contesti sociali ed economici disagiati, ma anche ragazzi da famiglie abbienti, che non credono più che un adulto possa trasmettere loro qualcosa di utile”.
Tra racconti di ieri e testimonianze di oggi, I nuovi cittadini fotografa la realtà delle scuole popolari di Roma, per analizzare il sistema educativo a partire dalle sue fondamenta: il ruolo del maestro, il rapporto tra vita quotidiana e crescita formativa, il significato della condivisione e dell’imparare insieme, la costruzione del futuro e la possibilità di modificarlo a partire dal lavoro in classe.
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