Qualche settimana fa, la commissione parlamentare per l’ambiente, il territorio ed i lavori pubblici ha approvato una risoluzione presentata da Sel che chiede l’esclusione dell’utilizzo della tecnica di fratturazione idraulica (fracking) per l’estrazione di idrocarburi. Nonostante la discussione e l’approvazione della risoluzione segnino un passo avanti nello sviluppo di un dibattito in materia, i punti oscuri restano molti. Dopo un primo rinvio avvenuto il 6 settembre, il deputato Sel Filiberto Zaratti ha ripresentato alla commissione la risoluzione “sull’istituzione di una commissione tecnico-scientifica presso il ministero dell’ambiente per valutare i rischi ambientali connessi all’attività di esplorazione per gli idrocarburi attraverso la tecnica di fratturazione idraulica o fracking”.
Nel testo, per esplicitare i rischi connessi all’attività di fratturazione, vengono richiamati studi e ricerche delle più alte istituzioni nazionali ed internazionali in materia di ambiente tra cui l’Environmentale Environmental Agency (U.S.), la commissione ambiente al parlamento europeo, il Rapporto del Consiglio consultivo tedesco per l’ambiente, tutti recanti le medesime preoccupazioni: rischio sismico, contaminazione di falde acquifere con sostanze chimiche e radioattive, dubbi su impatti a lungo termine e sull’equilibrio climatico del gas di scisto. Sempre a sostegno dell’importanza di vietare tale tecnica, la risoluzione si sofferma sul legame tra estrazione e attività sismica ricordando come nel 2012, in Italia, a seguito del terremoto dell’Emilia Romagna, il Presidente della regione, tra gli interventi urgenti in favore delle popolazioni, chiese l’istituzione di Commissione tecnico-scientifica per la valutazione delle possibili relazioni tra atti- vità di esplorazione per gli idrocarburi e aumento dell’attività sismica nell’area.
Pochi mesi prima, una compagnia petrolifera olandese Nam – Nederlandse Aardolie Maatschappij – aveva ammesso implicitamente di essere la causa scatenante dell’aumento dell’attività sismica nei Paesi Bassi e aveva deciso di stanziare 100 milioni di euro tutti i cittadini che avevano riportato danni a seguito delle ultime scosse, aumentate drasticmente nel peridoso di attività 2000-2005. L’incertezza relativa alla fratturazione idraulica sempre essere elemento comune alla maggioranza dei paesi europei, primi fra tutti Germania – che ha espresso l’esigenza di procedere con “cautela e necessaria razionalità” – e la Francia – che ha già vietato con moratoria l’utilizzo della tecnica di fratturazione idraulica nel proprio territorio. Nonostante la risoluzione sia stata approvata dall’intera Commissione, i tentativi di renderla fumosa e diversamente interpretabile sono stati diversi. Fin dai primi minuti della discussione parlamentare, il sottosegratario all’ambiente, Marco Flavio Cirillo, ha escluso la possibilità della creazione di una commissione ad hoc sul tema, sostenendo che oggi non vi sarebbero “rischi ambientali da ritenersi sussistenti” .
Il trio Borghi (Pd) Realacci (presidente delle commissione ambiente) e Cirilli, hanno invitato il gruppo proponente a riformulare l’atto di indirizzo in discussione in quanto non solo secondo Cirillo non vi sarebbero progetti di esplorazione o estrazione in corso al momento né pericoli rilevanti, ma il governo avrebbe già espresso la sua contrarietà all’utilizzo del fracking come tecnica di estrazione. Ma gli eventi dell’ultimo semestre governativo mostrerebbero il contrario: nonostante nella strategia energetica nazionale proposta per il 2013 la fratturazione idraulica fosse stata al momento esclusa, il 21 maggio il primo ministro Enrico Letta esprimeva particolare apertura nei confronti delle nuove tecniche di estrazione, sottolineando la necessità di mantenere un atteggiamento “non penalizzante” nei confronti dello shale gas. Il giorno dopo, nel silenzio più totale del dibattito pubblico, il Consiglio dell’Unione europea si riuniva per iniziare una discussione relativa alla regolamentazione della fratturazione idraulica.
L’Amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, si presentava a settembre 2013 in commissione industria e ercerca al parlamento europeo con lo stesso spirito del presidente Letta, alimentato da una descrizione di come l’Italia fosse ricca di gas di scisto grazie alla sua conformazione territoriale e di come fosse allo stesso tempo dipendente dall’importazione di idrocarburi e affaticata finanziariamente dagli incentivi per le rinnovabili. Ciò che stupisce è la totale assenza di dibattito, caratteristica apparentemente comune in sede governativa e nel consiglio di amministrazione della più grande impresa petrolifera italiana. Pochi cittadini sono stati informati dell’esistenza di una consultazione popolare indetta dalla commissione europea in merito al fracking, né tantomeno sono stati messi al corrente del fatto che in parlamento e in consiglio il dibattito fosse in corso.
Nessuna consultazione con i territori, nessun confronto. Il silenzio dei consigli di amministrazione sembra essersi diffuso alle più ampie aule del potere eletto che non interpella, ma comunica a decisione presa. Ma ciò che ancora di più lascia perplessi nel merito specifico del fracking è la vaghezza dei termini con cui si sta cercando di regolamentarlo. E si sottolinea, “regolamentarlo” non “vietarlo”. In primis, la volontà di “allinearsi agli altri paesi europei” implica una non presa di posizione in quanto tra i paesi dell’Unione l’atteggiamento nei confronti della fratturazione idraulica è molto diversificato e lontano dall’essere condiviso: dal divieto alla moratoria, dall’uso comune al richiamo alla razionalità nella sua implementazione, e così seguendo. Assumendo di voler seguire il trend europeo, l’Italia temporeggia e non sceglie, non vieta, esprime un intento che ancora una volta evita l’assunzione di concrete responsabilità. In secondo luogo – e ancora meno chiaro – è il ruolo del parlamento europeo: in questa sede, il 13 settembre 2013, un gruppo parlamentare avrebbe lavorato alla modifica alla direttiva sulla procedura di Via – Valutazione impatto ambientale – inserendo un nuovo punto che rende tale procedura obbligatoria per tutti gli interventi di estrazione con fratturazione idraulica.
Ora il dilemma è questo: se si vuole vietare, perché regolamentare? C’è un dubbio di coerenza sulla posizione europea e su come si voglia poi procedere a livello nazionale. Prima che la commissione europarlamentare si riunisse per discutere sugli emendamenti da apporre alla procedura di Via, gli esponenti della campagna NoFracking Italia hanno inviato alcune lettere agli europarlamentari invitandoli ad essere cauti poiché gli emendamenti riguardanti la fratturazione idraulica risultavano incompleti e non chiari. Atteggiamento che si è discostato dagli altri movimenti europei che nel comunicare con i rispettivi parlamentari li avrebbero invitati a firmare e ad accelerare la regolamentazione dell’estrazione del gas di scisto. L’assemblea, sovrastata da dubbi in materia, aveva deciso di aggiornarsi, affermando di voler prendere tempo per comprendere meglio la questione e rimandando la votazione alla plenaria di ottobre.
Se il primo passaggio di settembre si è svolto a porte chiuse e senza diffusione mediatica, per ottobre i movimenti si sono impegnati non solo a monitorare la discussione, ma anche a diffonderne i risultati per inserire la questione all’ordine del giorno del dibattito pubblico europeo e nazionale. A tale scopo, per il 19 ottobre, giorno mondiale del GlobalFrackDown, i comitati emiliani, in collegamento con i gruppi lucani, si stanno organizzando per discutere sulle implicazioni delle “nuove” estrazioni e per continuare a portare la questione alla ribalta. Sul versante nazionale, l’incertezza di questi giorni si ripercuote anche sulla regolamentazione del gas di scisto: se la risoluzione, una volta approvata, implicherebbe un impegno di un governo – passato, presente o futuro che sia – a legiferare, quale progetto normativo si cela dietro le porte delle istituzioni? Quale posizione vuole assumere il nostro paese in merito alla fatturazione idraulica?
Una non chiarezza che fa riflettere sulla sempre più diffusa tendenza di lenta negoziazione tra potere politico ed economico che escluderebbe sempre più l’esercizio democratico della cittadinanza. Per capire meglio, servirà aspettare e capire la posizione concreta del governo, mantenendo l’attenzione sul tema e cercando di stimolare il dibattito pubblico, chiedendo non solo una più chiara dichiarazione di intenti, ma esigendo anche che si passi, per una volta, ad un agire concreto, discusso e condiviso con i cittadini e le parti sociali.
M. Cristofoli di A Sud
Per ulteriori informazioni: http://asud.net/fracking-anche-in-italia-qualcosa-si-muove/#sthash.ynHe0Gp7.dpuf
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