Pubblichiamo ampi stralci di un capitolo dell’ebook “La révolution dei colibrì. Otto percorsi collettivi che stanno cambiando la Francia… e potrebbero contagiare l’Italia” (Asterisk edizioni media), scritto da Andrea Paracchini, con la prefazione di Luca Mercalli. E’ possibile acquistare l’ebook su asteriskedizioni.it e su Amazon.
di Andrea Paracchini
«Oggi in Francia c’è una vera corsa alla terra: su dieci aziende agricole che passano di mano ogni anno, una è inghiottita dal cemento dell’urbanizzazione, altre cinque servono ad aziende già esistenti per allargarsi». Le cifre dell’ecatombe dell’agricoltura contadina d’oltralpe escono dalla bocca di Jérôme Deconinck, uno dei fondatori di Terre de Liens.
Nato trentasette anni fa a Lione, Jérôme non è un contadino ma si avvicina alla terra presto, sui banchi della facoltà di ingegneria agraria. Le aule universitarie però non fanno per lui, meglio il lavoro sul campo, come volontario nella sezione di Clermont Ferrand del Réseau d’Expérimentations et de Liaisons des Initiatives en Espace Rural (Rete di sperimentazioni e collegamenti fra le iniziative nello spazio rurale), un’associazione nazionale di educazione popolare che accompagna quanti decidono di andare a vivere in campagna. All’epoca – siamo alla fine degli anni ‘90 – si tratta dei pionieri del ritorno alla terra e della promozione di pratiche sostenibili e lavoro collettivo in agricoltura. A ispirarli, persone come Sjoerd Wartena, classe 1939. Un olandese che, nella “follia sessantottina”, come lui stesso ammette, decide di lasciare Amsterdam per diventare contadino in un villaggetto sperduto nel cuore della campagna profonda francese: la Drôme. È lui che per primo mette sul tavolo la questione dell’accesso alla terra in una chiave nuova: quella del mantenimento di un’agricoltura tradizionale, di un savoir-faire e di una cultura della terra che i vecchi contadini della Drôme gli avevano trasmesso. ( … ) È così che Jérôme Deconinck si ritrova incaricato di animare un gruppo di lavoro sull’accesso collettivo alla terra insieme ai rappresentanti di vari Groupements fonciers agricoles (Gfa) e Sociétés Civiles Immobilières (Sci).
Entrambe queste forme giuridiche infatti permettevano sì la proprietà collettiva delle terre, ma presentavano alcuni limiti: «Molto spesso questi progetti sono sostenuti da parenti e amici per spirito di solidarietà che però non sono coscienti e pronti ad affrontare le conseguenze e i rischi che ciò comporta», racconta Jérome. La ricerca della soluzione però prende molti anni e nel frattempo il gruppo di lavoro dà vita all’associazione Terre de Liens. L’ispirazione viene da alcuni viaggi in giro per l’Europa e in particolare in Inghilterra, dove Sjoerd Wartena scopre i Land Trust e da alcuni esempi francesi come l’associazione di Lione Habitat&Humanisme, che attraverso Sci di privati cittadini riesce a finanziare la costruzione di alloggi per i più bisognosi. Il risultato, concretizzato nel 2007, è per lo meno audace: una società fondiaria per raccogliere i risparmi dei francesi ed investirli nell’acquisto di poderi agricoli da affittare a giovani contadini, con la garanzia contrattuale che praticheranno un’agricoltura biologica e manterranno la biodiversità.
Quando l’avventura è partita sei anni fa, la fondiaria – una società in accomandita per azioni – poteva contare su 36 azionisti e sul sostegno de La Nef, (Nuova Economia Fraterna, è una società cooperativa di finanza etica vicina alla banca Crédit Coopératif) della Fédération Nationale d’Agriculture Biologique (Federazione nazionale dell’agricoltura biologica) e del Mouvement de l’agriculture biodynamique (Movimento per l’agricoltura biodinamica). Oggi, la sede di Terre de Liens è ancora nello stesso villaggetto di Crest, 7.900 anime nel cuore della Drôme. Ma nel frattempo gli azionisti sono diventati 8.000 e il capitale ha raggiunto i 30 milioni di euro, 75 per cento del quale è investito nell’acquisto di terre e poderi: 89 sino ad oggi, per un totale di 2.500 ettari di terreno.
«Abbiamo già venti nuove acquisizioni da realizzare nei prossimi 12 mesi– precisa Philippe Cacciabue, direttore della fondiaria – E se non fosse per le limitazioni fiscali, potremmo tranquillamente farne il doppio». Sebbene infatti il numero di azionisti sia cresciuto e la raccolta abbia raggiunto rapidamente i cinque milioni di euro all’anno, Terre de Liens oggi non riesce a crescere quanto vorrebbe. La causa è essenzialmente la fine nel 2011 delle agevolazioni fiscali per i fondi etici. Dal 25 o 75 per cento di deduzione del montante investito per chi si impegna a conservare le parti per almeno cinque anni si è passati al 18 per cento di deduzione, applicabile solo fino a 2,5 milioni di raccolta. Una volta che il fondo ha raggiunto quella somma, il risparmiatore che decide di investirvi non può dedurre nulla. Un problema se si pensa che la deduzione è l’unico bonus che la fondiaria offre agli investitori dal momento che, in quanto fondo di investimento etico, non versa loro dividendi: chi lascia il fondo, si accontenta di recuperare il montante investito adeguato all’inflazione. «C’è da dire che nell’ultima raccolta abbiamo comunque ricevuto due milioni di investimenti senza deduzione – spiega Philippe Cacciabue – Ma ovviamente ci sono persone che preferiscono aspettare la raccolta dell’anno successivo per sottoscrivere». In compenso, dal 2010, i grandi fondi di risparmio collettivo per dipendenti sono obbligati a investire una percentuale in strutture dell’economia solidale come Terre de Liens. ( … )
Sei anni e novanta fattorie dopo, le radici di Terre de Liens restano infatti ancora saldamente conficcate nel terreno. La fondiaria non è diventato un asettico broker di poderi ma riposa ancora la maggior parte della sua azione sul lavoro delle associazioni locali. Erano una decina ancora un paio d’anni fa, sono 19 oggi, quasi una in ogni regione di Francia. «Nel nostro paese c’è un tessuto associativo impegnato nell’accompagnamento alla creazione di imprese agricole molto denso. «Ci sono strutture che si occupano della promozione del biologico, altre della vendita diretta e della filiera corta, altre ancora dello sviluppo della multiattività – spiega Jérôme, che dell’associazione Terre de Liens è stato il primo direttore – Ognuna si specializza su un aspetto e la nostra specificità è quella di concentrarci sull’accesso alla terra». Ogni anno l’associazione riceve all’incirca cinquecento candidature. «La maggior parte sono giovani sulla trentina che hanno individuato un podere ma non potendosi permettere di acquistarlo cercano una soluzione alternativa – spiega Philippe Cacciabue – Gli uomini sono un po’ più della metà, ma c’è da sapere che nell’agricoltura francese le donne sono una su quattro. E poi abbiamo molte coppie, delle famiglie e anche un 10 per cento di progetti collettivi». Parlare di neo rurali è scorretto perché sebbene la maggior parte non venga dal mondo agricolo, quasi tutti hanno svolto una formazione. Ma capita di incontrare dei professionisti che vogliono cambiare vita – racconta Jérôme – Manager che decidono di mollare il loro posto e il loro stipendio per andare a lavorare la terra e cercare altrove la felicità». Ci sono poi agricoltori come Stéphane Maillard che già lavorano delle terre, ma rischiano di essere espulsi. «Il proprietario dei pascoli che affitto voleva vendere e chiedeva 92.000 euro per 7,5 ettari, mi aveva raccontato questo agricoltore sulla quarantina. Senza riserve di foraggio avrei dovuto mettere fine alla mia attività». In quel caso, la fondiaria è intervenuta in tempo acquistando le terre al posto suo e prolungandogli l’affitto. Per riuscire in questa ed altre imprese, Terre de Liens ha dovuto imparare a farsi rispettare dalle Sociétés d’aménagement foncier et d’établissement rural (Safer).
Create nel 1962, queste società – una per regione – esercitano il diritto di prelazione sulla vendita delle terre agricole in Francia. Ogni qual volta un terreno è messo in vendita, è la Safer che lo compra e decide a chi darlo. «Ogni Safer ha la sua storia: ce ne sono di molto aperte come di molto chiuse – spiega Philippe Cacciabue – In ogni caso bisogna avere ben chiaro in testa che è proprio la Safer che ha contribuito a imporre il modello dell’agricoltura industriale in Francia». Certo è che la diffidenza che per anni ha circondato l’agricoltura biologica, temuta dai proprietari terrieri perché giudicata meno redditizia, si è sensibilmente attenuata, anche grazie all’esplosione del mercato dei prodotti biologici.
Una volta convinta la Safer, Terre de Liens procede all’acquisto: «Il prezzo della terra in Francia è in media di 5.500 euro all’ettaro, ma può facilmente variare dai 1.500 ai 200.000 euro. Cerchiamo di non farci fregare, ma non siamo certo in grado di dettare il prezzo». In media, i poderi acquisiti da Terre de Liens fanno 25 ettari, meno della metà della media nazionale dominata però dalla monocultura.
La storia di Terre de Liens non è però fatta di sole vittorie. Mikaël Hardy ha passato un anno a mettere a punto i dettagli dell’azienda che voleva aprire a cinquanta chilometri da Rennes, in Bretagna. Produzione di formaggio, allevamento di maiali, orticultura, produzione di miele e trasformazione di frutti in vendita diretta: un progetto che ha conquistato tutti, dalle associazioni locali come Terre de Liens Bretagne sino addirittura a qualche uomo politico. Invano. Nonostante le pressioni a tutti i livelli e una manifestazione sul podere con oltre 350 simpatizzanti, la Safer ha deciso nel luglio scorso di attribuire i 10 ettari a un vicino, per permettergli di estendere la sua azienda agricola. Un caso sfortunato, certo, ma anche quando la Safer non si mette di traverso, nulla garantisce il successo di un progetto. Il mestiere di agricoltore in Francia resta uno dei più duri e un quarto della professione vive sotto la soglia di povertà.
Succede così che qualcuno getti la spugna. «Una coppia aveva appena avuto un bambino, quando le canalizzazioni sono saltate… Con l’inverno già alle porte, hanno mollato tutto per salvare la loro famiglia», ricorda Jérôme. E poi c’è l’equilibrio della fondiaria da mantenere. «Ad ogni nuova acquisizione ci sono sempre 30-40.000 euro di lavori che per legge siamo tenuti a fare – snocciola Philippe Cacciabue – Abbiamo accumulato del ritardo su più o meno la metà del nostro patrimonio di immobili – fattorie, capanni, fienili». Con un affitto medio a 4.300 euro all’anno, Terre de Liens copre a malapena la tassa fondiaria e l’assicurazione… e si scopre oggi vittima del suo successo. Malgrado queste difficoltà, l’avvenire di Terre de Liens non sembra tuttavia in pericolo. Anzi. Il 23 maggio 2013, alla vigilia dell’assemblea generale dei dieci anni dell’associazione, è nata la Fondazione Terre de Liens, riconosciuta di utilità pubblica. È la prima fondazione in Francia a occuparsi di agricoltura biologica. «Le terre donate alla fondazione non potranno mai essere vendute – spiega Jérôme che della fondazione è il presidente – Quello che nella fondiaria era solo un impegno politico che noi prendevamo, qui è garantito dallo stato per l’eternità con la sicurezza che se anche la fondazione dovesse attraversare problemi finanziari, le terre saranno preservate».
( … ) Come mi ha detto scherzando Sjoerd Wartana: «Non contiamo certo di comprarci mezza Francia! Ma stiamo almeno mostrando che si può davvero sviluppare un’altra agricoltura!».
Le foto di questo articolo sono tratte da terredeliens.org
DA LEGGERE:
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Carlo Petrini | In questo articolo di Repubblica, Carlo Petrini, fondatore di Slow food, ragiona della riscoperta dell’agricoltura. Scrive Petrini: «Come giustamente titolava un sito di settore qualche giorno fa, è ora di “salire in agricoltura”». Quel sito è Comune-info. In link all’articolo in questione è segnalato in questo articolo e qui di seguito
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