Le persone impegnate nella variegata galassia che qualcuno chiama economia sociale e solidale (e altri in molti diversi modi) diventano sempre più numerose, eppure nelle agende politiche che decidono le sorti del pianeta queste esperienze restano invisibili. La situazione cambia, almeno in alcune significative esperienze, per quel che riguarda i municipi e, più in generale, i governi di prossimità. E’ stato questo il tema al centro della seconda Trobada Internacional de Municipalisme i Economia Solidària, tenuta a Barcellona il 20 e 21 ottobre, un meeting mondiale che ha discusso la sfida delle politiche pubbliche, raccolta spesso con successo negli ultimi anni, per dei soggetti portati quasi naturalmente a mettersi in rete con una pluralità di pratiche che ne testimonia la ricchezza straordinaria. I rischi, dallo snaturamento dei principi al rapporto di pura dipendenza dal piano istituzionale, sono ben noti. Gli antidoti, dalla partecipazione non formale alla orizzontalità dei processi, sono altrettanto conosciuti. Si tratta, forse, soprattutto di consolidare insieme un cammino coraggioso e plurale e rendere più libera la fantasia
di Nora Inwinkl
Nei giorni 20 e 21 ottobre Barcellona ha ospitato la seconda Trobada Internacional de Municipalisme i Economia Solidària, organizzata dal Comissionat d’Economia Cooperativa, Social i Solidària i Consum de l’Ajuntament de Barcelona. Titolo dell’incontro è stato “Città per l’economia plurale e trasformatrice”, ponendo al centro del dibattito il ruolo che le municipalità e, più in generale i governi di prossimità, svolgono e possono svolgere per promuovere l’economia solidale. Con ospiti internazionali, rappresentanti di enti locali ed esponenti della società civile organizzata (cooperative, collettivi di azione locale, reti di economia solidale, ecc.) l’evento è stato proposto come spazio per la condivisione, la cooperazione e lo scambio di conoscenze e esperienze in materia di economia solidale e governo locale, con l’obiettivo principe di lavorare su un modello di sviluppo socio-economico basato sulla partecipazione, l’orizzontalità, il rispetto del lavoro, la coesione sociale e la sostenibilità ambientale, in contrasto con le oggi prevalenti forme di sfruttamento ed esclusione.
Negli ultimi decenni i principi ma soprattutto le pratiche di quella che in questa sede chiameremo Economia Sociale e Solidale (ESS), senza entrare nel dibattito definitorio, si sono diffuse coinvolgendo sempre più settori e persone. Nonostante ciò, soffrono di un grave problema di invisibilità, rischiando quindi di rimanere note solo agli occhi degli addetti ai lavori e dei cittadini e cittadine sensibili. In un’epoca come la nostra, dove ciò che non è visto non esiste, è cruciale diffondere i concetti, i significati e le esperienze della ESS affinché possa imporsi sulla scena pubblica e opporsi al modello neoliberista dominante. Rendere visibile i discorsi e le pratiche per guadagnare legittimità e spazio nelle agende politiche. L’ESS è presentata come un’economia plurale e trasformatrice -oltre che solidale-, volta ad affermare un nuovo paradigma socio-economico alternativo a quello neoliberista; per fare ciò deve coniugare le teorizzazioni e le pratiche all’azione politica, tanto nelle sedi non istituzionali e di movimento, quanto in quelle istituzionali e di governo. Farsi strada nelle politiche pubbliche è forse la sfida più grande che l’ESS si è data nell’ultimo decennio e di certo non si sta facendo trovare impreparata.
Spesso queste pratiche vengono accusate di iperlocalismo, ma a Barcellona è stato chiaro sin da subito che rinchiudersi su se stessi non porta a nulla di buono e soprattutto rende i territori troppo deboli e incapaci di contrastare la varie forme che il capitalismo neoliberista assume nelle nostre città. Il piccolo è sicuramente bello, ma non è tutto: è necessario cooperare, attuare pratiche di confronto e di scambio, condividere e costruire insieme ed è per questo che la Trobada è voluta essere il volano per la costruzione di una rete (xarxa, come dicono in Catalunya) di municipi per l’economia solidale sia a livello nazionale sia internazionale. Una xarxa che sia innanzitutto una rete di complicità e cooperazione. Sono state infatti invitate da Montreal e da Parigi rispettivamente Béatrice Alain, dei Chantier de l’Économie Sociale e Direttrice Generale del Global Social Economic Forum – GSEF 2016, e Fanelie Carrey-Conte, oggi consigliera dell’Île-de-France e ex-deputata tra i promotori della legge nazionale sull’ESS. Entrambe hanno presentato le esperienze in cui sono coinvolte, ponendo l’accento sugli aspetti critici di quello che possiamo dire un processo di istituzionalizzazione dell’ESS. Ad esse si sono affiancate, durante la seconda giornata, le esperienze di municipalità spagnole che stanno adottando percorsi di contrattazione pubblica responsabile: Barcellona, Madrid, Saragozza, Siviglia e Valencia.
Tanti sono stati i fili rossi che hanno guidato la due giorni, tutti inerenti all’ambito dell’ESS e tutti necessari per la sua affermazione. Da un lato la necessità di definirne chiaramente i concetti, come ha esposto Pablo Guerra (Universidad de la República de Uruguay) illustrando i 5 postulati base sull’economia plurale, trasformatrice e solidaria. Emerge dunque la necessità di definire dei criteri condivisi per separare ciò che l’ESS è da ciò che non lo è (e magari vuole fingere di esserlo per accaparrarsi nuovi spazi di mercato secondo logiche neoliberiste). Cosa sicuramente non è? Un settore dell’economia! L’ESS è e dev’essere intersettoriale, deve riuscire a guadagnare terreno in tutti i settori di policy e non autosettorializzarsi, con l’inevitabile conseguenza di rimanere un ambito di nicchia. Su questa scia si stanno muovendo alcuni governi locali, ponendo delle precise clausole che le imprese devono seguire per ottenere incarichi e appalti dalla Pubblica Amministrazione. Clausole che, ovviamente, devono fondarsi sui principi dell’ESS, come ad esempio il rispetto del lavoro e delle condizioni salariali, non perseguire forme di discriminazione oppure la sostenibilità ambientale. Ai concetti e alle politiche si sono accompagnate anche le pratiche e un’altra necessità fondamentale è l’emersione di quanto è già in atti nei territori e che non gode di visibilità. Sono stati infatti presentati i risultati della ricerca “Les altres economies de la ciutat. Identificant l’ecosistema d’economies transformadores de Barcelona”, che ha presentato un’attenta analisi dei movimenti e dei fenomeni presenti nella città catalana, restituendo numeri e categorizzazioni in continua evoluzione.
La strada da fare è lunga e certo non semplice e molti sono i rischi di cui gli attori presenti sembrano essere ben consapevoli. Muoversi all’interno di un sistema plasmato da un paradigma che si intende contrastare rende il cammino scivoloso, aumentando le possibilità di contaminazione o, peggio, di inquinamento delle buone pratiche con quelle neoliberiste. Un esempio lampante è la confusione che spesso viene fatta con Uber, Airbnb o altre forme di sharing economy che nulla hanno a che vedere con l’ESS. Ce lo spiega bene Jordi Via sul Critic a conclusione dei lavori: ‘la seva [dell’ESS,] principal fortalesa ─ser experiències reals en lloc d’elucubracions teòriques─ provoca alhora les seves grans febleses: estar contaminada per pràctiques pròpies del mateix sistema que es vol combatre i haver de desenvolupar-se en un marc jurídic, econòmic, cultural i polític pensat per servir l’economia capitalista, no la solidària’.
https://youtu.be/FJ5UlhGZ3Vg
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