di Michel Abhervé*
Il novembre 2014 illustra perfettamente la centralità dell’Ess (Eeconomia soldaie e solidale) nel dibattito pubblico francese. Durante questo mese, più di duecento manifestazioni, in tutta la Francia, hanno messo in risalto la gran varietà delle sue realizzazioni, presentandola al gran pubblico, aprendo un dialogo con la sociétà, illustrandone il dinamismo e la capacità a rispondere ai bisogni sociali più diversi.
Nel luglio 2014, il Parlamento ha adottato il progetto di legge sull’Ess, elaborato da Benoît Hamon che, per la prima volta, in Francia, occupa la carica di ministro di tal settore. Oltre a varie disposizioni utili al funzionamento delle diverse strutture che ne fanno parte, la legge ne comporta una definizione che traduce il doppio obbiettivo di promuoverne lo sviluppo e di contaminarne l’assieme dell’economia.
L’impostazione francese é coerente con iniziative analoghe su tutti i continenti, specialmente con l’adozione all’unanimità d’una legge, nel Quebec, con l’introduzione della nozione d’Economia Sociale e Solidale, nella costituzione dell’Ecador, con il ruolo fondamentale delle cooperative, nella politica di sviluppo rurale del Marocco… Tutte iniziative che, malgrado contesti socio-economici molto diversi, hanno constatato la loro prossimità e la loro convergenza, agli Incontri del Monte Bianco, organizzati da Thierry Jeantet à Chamonix.
Questo tempo forte si verifica non per caso, ma interviene, dopo la crisi del capitalismo finanziario del 2008, proprio quando ci si interroga, sempre di più, sui limiti d’un modo di sviluppo basato sulla competizione, sulla ricerca sfrenata del profitto a breve e sullo sfruttamento delle risorse del pianeta. L’Economia Sociale e Solidale, che la nuova legge definisce come “un modo d’intraprendere adatto ad ogni sorta d’attività umana” s’iscrive in una storia che, risalendo alle solidarietà dei gladiatori antichi e delle comunità cristiane, comincia a concretizzarsi con le corporazioni urbane e, nelle campagne, con i magazzini di stagionatura (le fruitières) del formaggio Comté, nelle montagne del Jura, il più antico dei quali, a Déservillers, nel Doubs, risale al 1273 ed é tutt’ora attivo.
Ma l’Economia Sociale (che si chiamerà così solo verso la fine del secolo) comincia a strutturarsi nel XIX° secolo, facendo da contr’altare allo sviluppo del capitalismo industriale, grazie all’influenza dei “socialisti utopisti”, seguaci di Pierre Joseph Proudhon, con la realizzazione emblmatica del Familistère de Guise (Aisne) di Jean-Baptiste Godin, ispirato direttamente dal falansterio di Charles Fourier.
In un contesto dove il rifiuto, proprio alla Rivoluzione Francese, d’ogni corpo intermedio che strutturi la società é ancora molto vivace, dove i rapporti sociali hanno una grande violenza e la lotta di classe, un realtà quotidiana, costoro hanno inventato forme d’organizzazione che saranno inquadrate legalmente solo alcuni anni dopo: cooperative di consumo, cooperative di produzione, società di pronto soccorso… associazioni, insomma, che appartengono tutte ad una filiazione operaia.
A questa filiazione s’affianca quella delle congregazioni cattoliche, basata sul concetto di carità, fino a che la dottrina sociale della chiesa e di Marc Sangnier, gli sostituirà il concetto di solidarietà. Nel 1900, una sintesi provvisoria, di stampo protestante, tra filiazione operaia e filiazione cattolica, sarà compiuta da Charles Gide, l’apostolo della “Repubblica cooperativa” e sarà simbolizzata dal padiglione dell’Economia Sociale, all’esposizione universale di Parigi.
Paradossalmente, dopo questo apogeo, il termine Economia Sociale scompare quasi completamente, in Francia, per tre quarti di secolo. Ciò non vuol dire che le strutture che costituiscono quest’assieme cessano di progredire: al contrario, nel contesto fortemente caratterizzato dallo “stato provvidenza“, si sviluppano energicamente, proponendo risposte a nuovi bisogni sociali, dando vita a quel “Terzo settore“ che si trova, appunto, tra il pubblico e il privato. Tuttavia, certi successi economici incontestabili, come quelli delle Banche cooperative, oppure d’importanti cooperative agricole, favoriscono, non fosse che per la loro importanza, un netto distacco dal modello dell’Econoia Sociale, basato sulla prossimità e favoriscono la sua deriva verso le pratiche più seducenti del capitalismo trionfante: speculazione bancaria, conversione degli agricoltori alle pratiche produttiviste a scapito della qualità…
Il termine d’Economia Sociale rinasce nel periodo 1975-1980, nell’ambiente che gravita attorno a Michel Rocard e soprattutto, François Soulage, imponendosi progressivamente, non senza resistenze, all’assieme degli attori. Il Maggio del ’68, fa emergere un modello nuovo, identificato come Economia Solidale, basato sull’idea d’una implicazione dei cittadini per rispondere a bisogni sociali che si trasformano, col trasformarsi degli stili di vita. L’Economia Solidale rivendica un forte attaccamento al territorio e si riferisce al rifiuto dell’autorità e all’autogestione, anche nella sfera privata. Così, l’Economia Solidale si costruisce e si organizza, parzialmente, contro le istituzioni, anche quelle dell’Economia Sociale, accusate (spesso a ragione) d’essersi addormentate, d’essere integrate all’economia dominante, di usare pratiche sempre più simili a quelle del successo economico.
Gli attori storici dell’Economia Sociale e quelli, più giovani, dell’Economia Solidale hanno accettato di essere riuniti sotto il nome generico d’Economia Sociale e Solidale, solo di recente. All’inizio, si tratta più di un’alleanza tattica che di una reale unificazione degli obbiettivi. Progressivamente, quella definizione diventerà un’identità accettata da tutti, concretizzata dalla legge del Luglio 2014 e dal dibattito pubblico, svoltosi durante la sua elaborazione.
La recente legge definisce un assieme fondato su valori forti: la loro congiunzione costituisce la base d’obbiettivi che non si limitano ad un settore particolare, ma tendono a ricoprire ogni sorta d’attività. Il primo di questi é la democrazia che non può svilupparsi in campo economico, senza esistere in campo politico.
La si può riassumere nel semplice principio “Un uomo, un voto”, coniato, nel 1884, dai soci della Rochdale Equitable Pioneers Society (vicino a Manchester) che volevano rendere autonomi i loro consumi, nei confronti del padrone, prefigurando, così, le future cooperative di consumatori. Anche se puo essere adattato a grandi organizzazioni, o ad associazioni di membri di essenza diversa, questo principio (che oggi, spinti dalle donne attive nell’Ess, esprimiamo, piuttosto, nella forma “Una persona, un voto”) resta comunque, fondamentale.
Il secondo può esser riassunto nella formula “priorità all’uomo, sul capitale”, per sottolineare che la persona é più importante che il denaro e che il capitale non deve avere un ruolo determinante. É inseparabile dal concetto di proprietà collettiva che si materializza nella riserva indivisibile delle cooperative, oppure nel fondo delle associazioni, proprietà della struttura e non dei suoi membri.
Il terzo corrisponde all’indipendenza nei confronti dei pubblici poteri. Ciò non vuol dire assenza di relazioni, ma necessaria autonomia degli attori che non possono essere semplici esecutori di politiche decise da altri, ma devono pernder parte alla loro elaborazione e devono agire in quanto forza propositiva.
Il quarto corrisponde a un radicamento territoriale, nella logica d’una economia non delocalizzabile, con la volontà d’implicarsi fortemente in attività di sviluppo locale. La nuova legge stabilisce che questi valori, costitutivi dell’Economia Sociale e Solidale, devono esser precisati dagli statuti di ciascuna delle quattro grandi famiglie, regolamentate da leggi particolari :
- le cooperative (già diverse tra di loro : di produzione, Scop, di consumo, agricole, artigianali, bancarie, di commercio, marittime, d’alloggio, di trasporto…);
- le mutue sanitarie o d’assicurazione;
- le associazioni, attive nei campi più diversi: salute e azione sociale, cultura, sport, consumo, aiuto alle persone, educazione popolare, turismo sociale, integrazione, inserzione;
- le fondazioni.
Una delle principali innovazioni della nuova legge consiste nell’aver permesso che delle strutture a statuto classico, come Sarl, Sas, Sa possano esser integrate nel campo dell’Ess, a patto che si ispirino agli stessi valori e che accettino di formalizzare un certo numero di regole che le collocano fuori dalla ricerca del profitto massimo (scopo, utilità sociale, limitazione nella spartizione dei benefici, costituzione di riserve indivisibili…).
Questa estensione del perimetro dell’Economia Sociale e Solidale, al di là della stretta applicazione degli statuti, coincide largamente con la logica dell’imprenditorìa sociale che, pur situandosi esplicitamente nel campo dell’utilità sociale, dell’innovazione e dell’esperimentazione di soluzioni adatte all’evoluzione della società, considera che la personalità dell’imprenditore costituisce il fattore determinante.
Così, la nuova legge definisce il perimetro d’un assieme che non é per nulla marginale: in Francia, comprende quasi due milioni di salariati, cioé uno su dieci (con variazioni regionali importanti: 14 per cento in Bretagna, contro 7 per cento, nell’Ile de France). Soprattutto, si tratta d’un assieme in via d’espansione che, negli ultimi anni, ha restito alla crisi molto meglio che il resto dell’economia e che, in un contesto globalmente depresso, continua a creare posti di lavoro, anche se certi settori sono in difficoltà, mentre altri si sviluppano.
L’Economia Sociale e Solidale é organizzata a livello regionale, nelle Cress (Camere Regionali dell’Economia Sociale e Solidale), in stretto partenariatio con i loro Consigli Regionali rispettivi. La legge le riconosce come interlocutore collettivo e partner priviligiato dei pubblici poteri. Tuttavia, possono essere organizzate, anche, à livello dipartimentale (equivalente alla provincia), di un territorio (un “paese”) o di un’agglomerazione, generalmente in collaborazione con le collettività che, sempre più spesso, designano uno degli eletti come delegato per l’Ess e per le politiche attive di sostegno allo sviluppo.
La nuova legge consacra la costituzione di Poli Territoriali di Cooperazione economica che riuniscono, su un territorio dato, le iniziative concrete di imprese o di reti dell’Economia Sociale e Solidale, associate a Pme socialmente responsabili, a collettività locali, a centri di ricerca, ad organismi di formazione che applichino una strategia comune e continuata di cooperazione e di mutualizzazione, in favore di progetti economici innovatori di sviluppo locale sostenibile.
A livello nazionale, la legge ha creato la Cfess, Camera Francese dell’Ess, che raggruppa queste realtà, assicurandone la concertazione con i pubblici poteri in seno al Csess, Consiglio Superiore dell’Economia Sociale e Solidale. L’Economia Sociale e Solidale esiste anche a livello europeo e nel mondo intero (anche laddove é organizzata in modo embrionale), assumendo configurazioni diverse nei vari paesi, secondo il contesto socio-economico, la storia, il ruolo del settore pubblico.
Il suo divenire dipende molto dall’implicazione dei cittadini nell’economia, dalla loro detrminazione ad esser pienamente attori, soprattutto dal modo in cui i consumatori sapranno mettere il loro potenziale al servizio di pratiche virtuose: circuiti corti, commercio equo, limitazione dei trasporti, riutilizzazione e riciclaggio dei rifiuti.
Benché non ne siano attori diretti, i pubblici poteri devono creare le condizioni per lo sviluppo di questa economia, facendo evolvere i contesti legislativi, ma soprattutto facendo in modo che le regole stabilite assicurino condizioni leali di concorrenza. Per quanto riguarda i campi dove i suoi stessi limiti strutturali potrebbero penalizzare l’Economia Sociale e Solidale (accesso agli investimenti e ai finanziamenti), la legge prevede che una Banca Pubblica d’Investimento presti il concorso necessario.
La legge appena adottata (che é ancora in via d’applicazione), rappresenta, in Francia, una tappa importante nel riconoscimento dell’Ess e ha contrinuito fortemente a far sì che quest’assieme ricco d’una grande diversità che lo rende difficile da recepire, sia meglio conosciuto, meglio compreso dai media, anche se c’é ancora molto da fare.
L’Economia sociale e solidale non é per nulla al riparo da derive legate all’umana debolezza: sclerosi, oppure confisca del potere da parte di una tecnostruttura che approfitta del dismpegno degli aderenti/soci/cooperatori, per affermare il proprio potere. nfatti, la vitalità dell’Economia Sociale e Solidale non dipende, prima di tutto, dall’efficacia economica (anche se quest’ultima é indispensabile), ma dal rispetto dei principi di base, da una democrazia reale e da una forte implicazione di individui, impegnati, a lungo termine, per costruire e far vivere delle organizzazioni collettive. Legata all’esigenza democratica, l’Ess avrà uno sviluppo necessariamente lento, tanto più avrà bisogno d’importanti cambiamenti in seno alla scuola, attualmente dominata da una logica di competizione ad ogni livello, mentre dovrebbe fondarsi su una logica di cooperazione e di solidarietà.
Forte di valori e di una storia che la mettono al centro delle difficoltà di oggi, l’Economia Sociale e Solidale si deve confrontare ad una sfida: non accontentarsi della dimensione economica, ma restar fedele alla concezione originaria, fatta d’investimento responsabile delle persone in una realizzazione collettiva. L’Economia Sociale e Solidale riuscirà a concretizzare la volontà di trasformazione sociale che gli da senso, solo a queste esigenti condizioni.
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