di Ricard Espelt, Ismael Peña-López e Núria Vega
Tre anni fa, quando iniziavamo la ricerca sui gruppi e le cooperative di consumo agroalimentare a Barcellona, in città sorgeva anche una nuova iniziativa di origine francese: gli alveari (L’Alveare che dice sì, LACDS). Il dibattito sulle pratiche dell’economia collaborativa e sulla definizione stessa di cooperativismo di piattaforma generato dall’espansione di questo nuovo modello, ci ha spinto a fare una ricerca per valutarne somiglianze e differenze rispetto alle cooperative di consumo.
Rispetto ai sei alveari attivi all’inizio dello studio, a metà marzo del 2017, ora ce n’è uno nuovo a Gracia che sta per riaprire le porte dopo essere stato per qualche tempo senza gestore-responsabile, altri sei alveari sono in fase di costruzione.
DUE LOGICHE CONTRAPPOSTE E TERMINI CONDIVISI DEL RACCONTO
A una persona che voglia avvicinarsi al consumo responsabile, l’approccio prodotto dai due modelli può suonare simile: prossimità, disintermediazione, perfino autogestione, sono termini usati da entrambi per raccontarsi. Nel caso degli alveari, è uno strumento di marketing evidente: sulla pagina web si dà enfasi al nome dei produttori, alla loro prossimità e al nome dei prodotti locali disponibili.
In ogni caso, se ci concentriamo sulla logica costitutiva, possiamo osservare una contrapposizione rilevante. Un gruppo o una cooperativa di consumo è un progetto collettivo, gestito e governato in modo comunitario, senza scopo di lucro, affine ai valori dell’economia sociale e solidale (ESS), con una forte componente di attivismo politico e lunga traiettoria in città (25 anni), che rimanda alle radici storiche del cooperativismo di fine ottocento.
Invece un alveare è un’iniziativa promossa da un imprenditore o imprenditrice leader che aggrega intorno a un unico punto di distribuzione altre persone per consumare insieme; lo strumento essenziale di cui dispone è una piattaforma tecnologica finanziata con capitale privato, un modello che vanta già novecento repliche nel mondo.
DAL DISINTERESSE PER IL MARKETING ALLA MANCANZA DI RIGORE INFORMATIVO
La maggior parte delle cooperative e dei gruppi di consumo ha una limitazione alla crescita del numero di membri. Questa caratteristica permette la viabilità gestionale delle attività del collettivo e un grado di conoscenza elevato tra le persone che ne fanno parte. Di solito per diventare soci è richiesto un contributo economico iniziale che alimenta la “cassa di resistenza” dell’organizzazione. Nel contempo è richiesto un impegno assiduo nel consumo (che si concretizza in un 70% di regolarità).Sull’altro versante, chiunque può iscriversi senza costi a tre alveari e consumare senza impegno quando e quanto desidera (con un 5% di fedeltà nel consumo).
Probabilmente è questa forte discrepanza nella logica costitutiva a far sì che, mentre gruppi e cooperative di consumo hanno un interesse relativo alla diffusione delle proprie attività (il 54% è presente su Facebook) malgrado la partecipazione alle attività di quartiere, gli alveari sostengono la propria espansione usando social network (il 100% è presente su Facebook) e piattaforma digitale, dove si sottolineano come aspetto preminente i km medi percorsi dall’indirizzo di produzione della media dei prodotti offerti dall’alveare. La navigazione è molto facile sia per il consumatore che per il produttore.
In tal senso, dopo aver calcolato il tragitto dei produttori, e considerando sempre la distanza più breve, abbiamo osservato in tutti gli alveari presenti in città differenze notevoli (di circa il 25%) tra le distanze indicate sul sito e le distanze reali:
Anche la provenienza di alcuni prodotti, come il caffè, è fortemente aggiustata, giacché si prende in considerazione il luogo di lavorazione – di torrefazione, nel caso del caffè – e non il luogo di produzione.
UGUALE SODDISFAZIONE DEI PRODUTTORI IN COMUNE
Quando parliamo della necessità di scalare l’attività, un aspetto dei circuti corti di commercializzazione in ambito agroalimentare (legato al contesto dell’ESS) è la precarizzazione che grava sui produttori a causa della variazione costante degli ordini, dell’impatto del periodo delle vacanze estive o della difficoltà e del costo di gestire tanti collettivi di piccole dimensioni. D’altra parte, ci sono produttori che vogliono rifornire esclusivamente iniziative chiaramente legate all’ESS, come le cooperative e i gruppi di consumo, e che rifiutano che i propri prodotti entrino a far parte dell’offerta di iniziative più ambigue, come gli alveari.
Fatte queste premesse, nell’ambito della ricerca condotta abbiamo domandato ai produttori in comune il grado di soddisfazione rispetto ai due modelli. E la differenza non è significativa: 3,8 su 5 nel caso degli alveari, 4 su 5 nel caso delle cooperative e dei gruppi di consumo. Il grafico accanto mostra alcuni risultati dell’indagine:
Va notato che i produttori sottolineano l’usabilità e l’efficacia della piattaforma digitale che consente l’attività degli alveari, LACDS, ancor più in quanto la gestione amministrativa è diversa: ordine individuale (per il singolo consumatore) nel caso degli alveari e ordine di gruppo (per il totale dei nuclei familiari) nel caso della maggior parte delle cooperative e dei gruppi di consumo della città di Barcellona, sul piano della registrazione contabile.
UNA PIATTAFORMA CORPORATIVA A CONFRONTO CON LE PIATTAFORME COOPERATIVE
Sotto l’aspetto tecnologico, una parte delle cooperative (il 38%) ha sviluppato o adottato una piattaforma digitale open source, mentre il resto ha usato programmi proprietari. Nel caso degli alveari, la piattaforma digitale è privata e le informazioni, anche se con parti condivise, sono centralizzate. Il produttore che partecipa a questo modello può fissare il prezzo che vuole ma deve sostenere una spesa del 16,7%: l’8,35% va alla persona che gestisce l’alveare (che a sua volta deve far fronte ai costi del lavoro autonomo) e il restante 8,35% va al coordinamento generale de L’Alveare che dice sì per le spese di mantenimento, di marketing ecc.
DUE INIZIATIVE DI RETE, DUE CORNICI VALORIALI DIVERSE
A titolo conclusivo, possiamo affermare che ad oggi, sebbene parliamo di due modelli d’economia di rete che si propongono come alternativa al modello di consumo dominante della grande distribuzione, i valori sui quali si articola l’attività di ambedue le proposte sono sufficientemente rilevanti da essere presi in considerazione.
L’attività delle cooperative e dei gruppi di consumo è intimamente legata all’ESS e senza scopo di lucro. Invece la “ibridazione imprenditoriale” (con investitori privati da soddisfare) con cui l’Alveare che dice sì, si definisce (vedi rapporto “Gouvernaces” 2017) si allontana da criteri e valori che caratterizzano l’ESS.
In ogni caso, appare evidente l’adozione da parte degli alveari di una narrazione favorevole – prodotti di prossimità senza intermediari – messa in atto per decenni dall’autogestione attivista cooperativa come alternativa di consumo al modello dominante. Ossia LACDS promuove una formula più comoda ma con un impegno sociale e politico molto differente.
In definitiva, tornando all’oggetto della ricerca realizzata, intuiamo che l’economia collaborativa nell’intento di ricollegarsi all’ESS deve porre attenzione, attraverso la valutazione di indicatori e criteri per esempio, al grado di vicinanza di ognuno dei progetti che ne vogliano far parte.
Altrimenti è ovvio che la relazione si farà più tesa, perché l’ESS fa già il suo lavoro di valutazione attraverso strumenti come il Balanç social e il Pam a Pam*. Nel contempo, rispetto alla dicotomia tra cooperativismo di piattaforma e piattaforme unicorno, possiamo situare l’Alveare che dice sì più vicino a quest’ultimo gruppo di piattaforme digitali.
*Balanç Social e Pam a Pam sono strumenti operativi usati dalla rete di economia solidale catalana (XES) per definire il perimetro dell’economia sociale e solidale regionale (N.d.T)
Il contenuto integrale di questa ricerca sarà pubblicato sul numero 15 (ottobre 2017) dalla Revista de Estudios para el Desarrollo Social de la Comunicación
Articolo publicato su Crític il 18 maggio 2017
Traduzione per comune info di Stefano Caffari
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