di Maria Rita D’Orsogna*
È questo il nostro consumo mondiale di bottigliette di acqua, Coca Cola, e tutto quello che beviamo-e-gettiamo. Ogni giorno, in media, che sia estate, che sia inverno. I numeri sono in constante aumento e non se ne vede la fine, specie con l’avanzare della voglia di “moderno” in “paesi in via di sviluppo” e fra i nouveau riche, primi fra tutti in Cina.
Cosa vuol dire un milione al minuto? Un miliardo e quattrocentoquaranta al giorno. Mezzo trilione all’anno. Per vederlo con tutti gli zeri sono 525.600.000.000. Se le mettessimo tutte di fila sarebbero metà della distanza dalla terra al sole.
Ogni tanto compaiono immagini di isole remote coperte dalla plastica, di uccelli con tappi nello stomaco, di delfini e balene e altre creature del mare soffocate dalla plastica. Non va bene, e la colpa siamo tutti noi.
Ora uno dirà va bene, le ricicliamo. E in effetti il PET delle bottigliette di plastica è riciclabile. Si chiama polyethylene terephthalate, e non è difficile, in principio, trovare altri usi a bottigliette usate. Ma le percentuali di riciclaggio sono bassissime. Nel 2016 meno della metà delle bottigliette di plastica è stata raccolta con lo scopo di essere riciclata, e alla fine solo il 7 per cento è finito veramente con l’essere trasformato in bottiglie nuove. Il resto è finito in discarica, o peggio, in mare, o peggio ancora a pezzettini negli stomaci degli esseri marini.
Ogni anno, fra bottiglie di plastica e altra roba fra i 5 e i 13 milioni di tonnellate di plastica finiscono direttamente nelle pance di uccelli, pesci e altri organismi del mare. Come si può non pensare che presto la plastica non arriverà anche nei nostri corpi? Siamo un ciclo chiuso. Non è che plastica e pesci e mare tutti assieme, e l’uomo no. Prima o poi succederà.
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E infatti alcuni ricercatori belgi dell’Università di Ghent hanno stimato che fra i consumatori di pesce, la media è circa 11mila pezzettini di microplastica l’anno ingeriti. Spesso non ce ne accorgiamo perché sono piccolissimi. Allo stesso modo, uno studio dell’Università di Plymouth riporta che di tutti i pesci catturati nel Regno Unito, un terzo hanno plastica in corpo, e questo include merluzzi, sgombri e altri pesci del mare del Nord. Sono pesci destinati al consumo umano. Ancora, nel 2016, la European Food Safety Authority che si occupa di dare linee guida per il consumo di pesce in Europa riporta che esistono i rischi del consumo di microplastica da parte dell’uomo a causa del pesce contaminato da pezzetti di plastica e consiglia vivamente che ci siano studi adeguati e sensibilizzazione fra le persone.
Ovviamente la plastica non si può in nessun modo mangiare.
Cosa fare? Le risposte sono semplici, e urgenti in questi mesi estivi, cioè usarne di meno di bottiglie di plastica, riutilizzarle, essere sicuri di sapere dove vanno a finire, una volta che non si usano più, e se si vede plastica in mare o in spiaggia non vergognarsi a raccoglierla e a smaltirla correttamente. Magari mettere le tasse per il vuoto a rendere, come fanno già in alcune parti del mondo.
Si stima che il consumo di plastica raddoppierà in venti anni.
Gli sforzi per il riciclo e il riuso non sono in nessun modo adeguati su questo pianeta. Le prime bottigliette di plastica sono comparse sulla scena mondiale negli anni Quaranta. Quelle che sono finite in mare da allora, sono ancora pressoché intatte. E cosi pure tutte quelle successive. La plastica è cosi dappertutto nei nostri mari. A parte le enormi isole di rifiuti nel Pacifico, i Great Garbage Patch, cumuli di plastica arrivati in Artico, alle Maldive, e in isole disabitate e remote.
Di chi è la colpa? Beh, il principale tipo di plastica che finisce in mare è proprio la bottiglietta di plastica per l’acqua. Dalla Cina ne arrivano sempre di più: un quarto delle bottiglie consumate sul pianeta arriva da li. Basti solo dire che nel 2015 sono stati usati 68 miliardi di bottiglie in Cina. Nel 2016 siamo arrivati a 74. E questo perché fa chic, ma anche perché man mano che ci si sposta a vivere in zone sempre più urbanizzate l’acqua di bottiglia è percepita essere più sana dell’acqua di rubinetto, e forse lo è realmente. Grandi aumenti anche in India e in Indonesia.
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