Prima di partire da Verrua Savoia, provincia di Torino, Irene e Marco hanno mandato l’adesione alla nostra campagna 2014: ciao, siamo due fratelli, 29 e 21 anni, lettori appassionati di Comune anche perché cresciuti in una famiglia che ci ha spronati a pensare criticamente il mondo che abbiamo attorno. Adesso molliamo tutto (Irene ha lavorato tre anni a Bruxelles) e andiamo a fare un giro in America Latina, il continente che ci sembra possa ispirare di più chi cerca alternative. Viaggeremo per un anno. E’ questo il questo il nostro Ribellarsi facendo. Racconteremo tutto sul nostro blog, Storie dell’Altro mondo, se volete però possiamo aggiungerle anche a quelle che pubblica Comune, ci farebbe piacere. Era febbraio. Quello dei fratelli Bertana, attraverso il Sudamerica, è già qualcosa di diverso da un semplice viaggio alla scoperta di un’América molto “altra”, è una straordinaria ribellione della vita che inventa meraviglie e nuove relazioni sociali ogni giorno. Come a Santiago del Cile, dove Irene e Marco hanno incontrato la prigione, il teatro sociale e la permacultura, tenute insieme da una volontà tenace di fare mondi nuovi adesso
In Cile, a Santiago, abbiamo avuto la nostra terza esperienza di Workaway e abbiamo conosciuto il Colectivo Sustento che si occupa di giustizia e inclusione sociale. Lo strumento principale è il teatro, lavorando nelle carceri e costruendo spettacoli insieme ai detenuti. Penelope, nostra ospite e anima del collettivo, ci spiega che il teatro è un mezzo molto potente per scatenare riflessioni e fare sì che i detenuti ritornino a sentirsi persone, protagonisti, creatori in una dinamica collettiva di messaggi destinati a chi sta fuori.
Il tema di ogni spettacolo viene deciso dal gruppo e l’ultimo, per esempio, cerca di smitizzare la figura del carcerato per chi, nelle zone più povere e marginali, vede chi delinque come eroe. L’obiettivo è far riflettere sulla perdita di libertà e su quello che si perde in termini di rapporti con chi sta fuori.
Penelope è australiana e vive in Cile ormai da vent’anni e ci ha raccontato anche di come sia difficile scontrarsi con un sistema in cui si pensa ai detenuti solo in termini di minaccia alla sicurezza. Nei giorni che abbiamo passato con lei, ha partecipato a una riunione in cui una funzionaria molto zelante e poco aperta ha avuto da ridire perché i partecipanti al laboratorio sapevano la data dello spettacolo, che si sarebbe svolto al di fuori delle mura della prigione. Questo avrebbe potuto rappresentare un’occasione di fuga, quindi la data sarebbe dovuta rimanere segreta. Penelope allora ha spiegato di come il teatro sia un’impegno volontario, in cui si instaura un vincolo di fiducia e che lo spettacolo è l’obiettivo del lavoro che viene fatto, per cui non si può non comunicare. Per fortuna un dirigente artistoide ha supportato l’argomentazione di Penelope, ma questioni come questa sono all’ordine del giorno.
Oltre alle attività teatrali all’interno dei penitenziari, il collettivo fa anche permacultura, per ora nel cortile della casa di Penelope, che è la sede, ma sta cercando di trovare terre per aumentare la produzione e poter vendere.
Per chi avesse nozioni vaghe come le mie fino a pochissimo tempo fa, la permacultura è ‘la progettazione, la conservazione consapevole ed etica di ecosistemi produttivi che hanno la diversità, la stabilità e la flessibilità degli ecosistemi naturali.‘ In altre parole è un metodo per coltivare piante diverse in uno spazio, sfruttando al massimo un terreno, in modo ovviamente sostenibile ed ecologico. Una gran figata, secondo il nostro modesto parere.
Gabriel, personaggio poliedrico che ha passato gran parte della sua vita in carcere, dove ha incontrato il teatro e iniziato a scrivere, si occupa di gestire l’orto. Ha imparato le tecniche in una fattoria che è anche un progetto bellissimo. Si chiama huellas verdes, e distribuisce i prodotti a 71 soci, che ricevono un paniere di verdura ogni settimana e si impegano a contribuire con 4 turni annuali alle attività della fattoria, come la coltivazione, la distribuzione o l’organizzazione di eventi sociali.
È stato bello passare questi giorni con loro. E non solo perchè c’erano un gatto adorabile, Tigrito, e una Bialetti. Con Penelope abbiamo fatto delle gran belle chiacchierate sul funzionamento, sulla bellezza e sulle difficoltà di lavorare in forma collettiva. Oltre che sul Cile e su come non sia stato semplice per lei in quanto donna occidentale, acquisire credibilità in questo mondo ancora fortemente patriarcale. Abbiamo scoperto un po’ di più sul sistema carcerario cileno, e la storia della strage del carcere di San Miguel, dove Penelope ha lavorato per anni.
Abbiamo anche piantato fragole, sgranato girasoli e stabilito che la permacultura è un tema che approfondiremo in questo viaggio…
Il video che presentava il nostro viaggio. Continua su Storie dell’altro mondo http://storiedellaltromondo.com/
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