di Monica di Sisto*
«Se non ti opponi al Ceta, non ti voto»: è il messaggio con cui la Campagna Stop TTIP Italia, con i suoi comitati locali e le oltre 250 organizzazioni aderenti (tra cui Arci, Arcs, Ari, Assobotteghe, Attac, Cgil, Fairwatch, Greenpeace, Legambiente, Movimento Consumatori, Navdanya International, Slowfood, Terra! e Transform) chiede a tutti i candidati alle elezioni politiche del 4 marzo di «bocciare la ratifica del trattato di facilitazione commerciale tra Europa e Canada (Ceta) per riaprire un dibattito in Europa sui contenuti e le regole del commercio tra Ue e il resto del mondo a partire da diritti, ambiente e coesione sociale».
Il «Decalogo per un commercio più giusto», presentato a Milano la settimana scorsa, dalla Campagna Stop TTIP Italia, con lo slogan “#NoCEA #Non tratto“, punta a costruire nel prossimo parlamento italiano un fronte compatto trasversale.
I punti di impegno sollevati dalle organizzazioni elencano tutte le debolezze dei negoziati in corso, a partire da un maggior coinvolgimento degli eletti: si chiede, infatti, che i futuri candidati rifiutino “accordi negoziati senza un’adeguata e trasparente partecipazione dei cittadini e dei loro rappresentanti e delle loro organizzazioni, a partire dagli eletti nei Parlamenti europeo, nazionali e nelle Autorità locali, a garanzia dell’obiettivo che le politiche commerciali privilegino l’interesse generale e non quello di potenti lobbies economiche”.
Si vuole, ancora “chiedere e ottenere che tutti i negoziati commerciali collochino gli standard sociali e ambientali almeno al medesimo livello delle norme specificamente commerciali e rendano così effettivi meccanismi di sanzione per chi non li rispetta. Gli accordi su commercio e investimenti devono definire il Principio di precauzione come obbligo legale di tutelare salute pubblica e ambiente, da applicarsi a tutte le parti dell’accordo”. Si chiede ai candidati, tra l’altro anche “di respingere tutte le surrettizie limitazioni introdotte dai trattati commerciali alla tracciabilità dei prodotti, alla protezione e promozione delle Indicazioni geografiche, del “made in” e alla protezione dei consumatori”.
Poche settimane fa il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici ha detto all’Assemblea nazionale francese che una bocciatura del Ceta in uno dei Paesi dell’Unione non avrebbe fermato la sua applicazione. «Questa affermazione di totale violenza politica dimostra quanto il liberalismo economico sia sempre meno libertà, possibilità di decisione per il popolo e sempre più autoritarismo», gli aveva replicato il leader di France Insoumise Jean-Luc Mélenchon.
In realtà la Dichiarazione del Consiglio Europeo che ha dato impulso all’applicazione provvisoria del Trattato spiega che «se la ratifica del Ceta fallisce in modo permanente e definitivo a causa di una sentenza di una Corte costituzionale, o in seguito al completamento di altri procedimenti previsti dalle costituzioni e della conseguente notifica formale da parte del Governo dello Stato interessato, l’applicazione provvisoria deve essere e verrà interrotta e le misure necessarie saranno adottate conformemente alle procedure dell’U3».
L’Italia, con lo schieramento NoCETA di oltre cento parlamentari di tutti i partiti, e più di 1.200 comuni e 13 regioni che hanno votato delibere critiche contro i trattati come il Ceta, può provare ad essere il “caso-Paese” che fa saltare il tavolo, in vista del rinnovo del parlamento a scadenza naturale nel 2019.
Al momento LeU, Potere al popolo!, M5S, Lega e Fdi sono i partiti che hanno inserito nei programmi riferimenti ai trattati di liberalizzazione commerciale e alla necessità di ripensarli. Nel Pd e in Forza Italia la situazione è più fluida, e sta agli elettori farsi sentire e chiedere ai propri candidati un impegno concreto e pubblico: sul sito della Campagna Stop TTIP Italia si possono scaricare materiali e Decalogo da sottoporre, segnalando alla email adesione e collegio.
*Portavoce della Campagna Stop TTIP Italia
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