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Le città più piccole sono più pronte ad accogliere le esperienze delle scuole aperte partecipate? Nella prima parte di questo articolo abbiamo raccontato cosa accade in alcune grandi città, qui segnaliamo qualcosa a proposito di centri con meno di 200.000 abitanti.
Notizie importanti arrivano da Cosenza, Brindisi, Andria, Livorno, Collegno, tutti territori coinvolti nel progetto nazionale Scuole aperte partecipate in rete: qui le scuole aperte hanno preso forma in diversi modi, malgrado le fragilità delle amministrazioni locali nell’accompagnarle. Invece da città come Ferrara e Trieste, dove non si registrano ancora scuole aperte attive, giungono comunque alcuni segnali interessanti.
Cosenza, ad esempio, è una città nella quale la sperimentazione della scuola aperta partita sei anni fa intorno all’IC Santo Spirito, per iniziativa di un gruppo di cittadini che ha bussato alla scuola, è molto cresciuta sotto diversi punti di vista coinvolgendo poco a poco alcune realtà associative. Per Massimo Ciglio, dirigente scolastico del Santo Spirito, la relazione tra scuole aperte con gli enti locali passa soprattutto per i patti di comunità: “Qui l’ente locale non ha una reale cognizione della loro potenza civica ed essendo i patti per loro natura incontrollabili da un punto di vista della costruzione di ragnatele clientelari, spesso neanche ci provano a farli. Ecco, i patti dovrebbero essere incardinati in leggi regionali simili a quelle sul diritto allo studio, in modo tale che le risorse siano costanti e le esperienze nelle scuole possano essere continue, non solo uno spot”. Ma il primo passaggio per rendere ricca di senso la relazione tra amministrazione, scuola e territorio, spiega Ciglio, dovrebbe essere la condivisione dell’idea: è necessario interrogarsi insieme e a fondo su quale città vogliamo costruire e abitare. “Servono discussioni vere e poi azioni, scelte politiche che portino alle elaborazioni di politiche scolastiche comunali e regionali. Di certo, abbiamo bisogno di esperienze significative che possano dare il senso che ce la possiamo fare”.
Ad Andria, dove l’idea della scuola aperta è portata avanti dal MoVI, c’è stata un’interlocuzione con due assessorati per individuare la scuola in cui avviare il progetto. “L’assessora alla cultura ha svolto un ruolo importante nell’iniziale coinvolgimento dell’IC Mariano Fermi – racconta Sabrina Lorusso – Da qual momento in poi il coinvolgimento dell’amministrazione pubblica è rimasto al livello informativo”. Anche ad Andria ne sono convinti: uno degli strumenti in grado di rinforzare la relazione tra scuola aperta e amministrazione è sicuramente il patto di collaborazione. “Prima però crediamo sia necessario avviare su più livelli scambi e confronti tra gli amministratori locali e dirigenti amministrativi”, aggiunge Sabrina.
Lo scenario di fondo sul quale a Brindisi ha preso forma un magnifico percorso di scuola aperta partecipata è un’area verde di periferia: Parco Buscicchio, un angolo della città abbandonato e recuperato da cittadini e associazioni. Accompagnati dalla cooperativa Legami di comunità, gradualmente i genitori si sono relazionati non solo con la scuola e con altre realtà del territorio, ma anche con il Comune, prima di tutto per sostenere la scuola Sant’Elia nell’ottenere determinati interventi strutturali affinché i bambini e le bambine potessero vivere gli spazi della scuola in maniera adeguata. In un primo momento il Comune è stato presente nei diversi eventi promossi dai genitori, ma il legame si è interrotto spesso perché la macchina amministrativa è presa da alcune emergenze e non sempre è disponibile a informarsi su quanto veniva realizzato. Spiaga Paola Meo di Legami di comunità: “Per queste ragioni è emerso il desiderio di muoversi in modo autonomo sia da parte della scuole che dei genitori. Il progetto Scuole Aperte Partecipate non solo è andato avanti ma è cresciuto sotto diversi punti di vista. Nei prossimi mesi sarà organizzato un tavolo per raccontare ciò che sta accadendo a Sant’Elia e come il gruppo è riuscito ad attivare numerose buone pratiche, tanto da essere chiamato in altri quartieri e scuole per divulgare la propria esperienza. Di sicuro si sente il bisogno di aumentare i momenti formativi e informativi nei quali amministrazione, genitori, insegnanti e volontari si mettono in discussione e in atteggiamento di apprendimento, cercando obiettivi comuni e accorciando le distanze tra loro”.
Il tema della partecipazione resta uno snodo chiave delle scuole aperte. Libera Camici, vicesindaca di Livorno, in un’intervista rilasciata a Territori Educativi non ha nascosto come spesso si si faccia fatica a coinvolgere i più giovani: per questo il Comune ha istituito un organo democratico elettivo specifico, il Consiglio Comunale dei Giovani, e ha favorito l’ingresso dei sedicenni nei Consigli di Zona, strutture chiave della partecipazione decentrata.
Si chiama invece “Le scuole come beni comuni” un progetto promosso dal Comune di Ferrara partito nel 2022 e rinnovato negli anni successivi per favorire, attraverso un bando, il coinvolgimento dei genitori (riuniti nei Consigli di partecipazione o d’Istituto ma anche in Gruppi spontanei o Comitati di genitori) in interventi di cura e miglioramento di spazi interni, aree verdi ed edifici scolastici delle scuole dell’infanzia e degli istituti comprensivi. Sarà interessante capire se nei prossimi anni quei gruppi di genitori avranno sviluppato un’autonomia di azione e consolidato le relazioni con le scuole e con l’amministrazione comunale. Nel sito del Comune di Trieste, invece,è possibile scaricare un Vademecum per la concessione di aule scolastiche, tramite il quale il Comune si impegna a mettere a disposizione i locali e si fa carico delle utenze (illuminazione, acqua, riscaldamento), ma l’apertura dei locali è da concordare con i dirigenti scolastici. “Gli edifici e le attrezzature scolastiche possono essere utilizzati al di fuori dell’orario del servizio scolastico – spiega on line il Comune – per attività che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile; il Comune ha la facoltà di disporne la concessione temporanea previo assenso dei Consigli di Istituto”.
Anche a Collegno, cittadina di 50.000 abitanti a ridosso di Torino, l’esperienza della scuola aperta partecipata è stata inizialmente sostenuta dal Comune: grazie alla stipula di un patto di collaborazione, l’amministrazione comunale, nel primo periodo post Covid, ha favorito l’apertura della scuola Calvino (IC Collegno III) nel pomeriggio. Il Patto condiviso e soprattutto progettato insieme tra scuola, comune e genitori ha permesso di condividere responsabilità, azioni e obiettivi. Collegno dimostra che il dialogo tra istituzioni e cittadini ha bisogno di essere alimentato costantemente per permettere una crescita delle relazioni. “Al momento sono soprattutto i genitori e i cittadini attivi che stanno portando avanti le azioni della scuola aperta, proponendo due o tre attività pomeridiane nella scuola, in maniera autonoma, costruendo con grande entusiasmo una piccola comunità grazie anche alle relazioni intessute sul territorio – racconta Marcella Iannuzzi di Labsus – In questa esperienza sicuramente lo strumento del patto di collaborazione è stato fondamentale per avviare il processo e per rinnovarlo di anno in anno, rimettendo al tavolo i diversi firmatari. Ma è soprattutto l’azione dei genitori, degli abitanti e delle associazioni del quartiere che continua a dare linfa creativa alla scuola aperta. Un maggiore sostegno e una partecipazione più costante da parte della scuola e dell’amministrazione comunale faciliterebbero la continuità delle attività, perché i momenti di stanchezza e difficoltà attraversano sempre i processi generativi”.
Abbiamo sbirciato, infine, sui siti dei comuni di Brescia, Parma, Prato, Taranto, Modena, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Perugia, Ravenna, Rimini, Cagliari, Foggia, Latina, Salerno, Giugliano, Monza, Sassari, senza rintracciare ancora notizie sulle scuole aperte.
Questo articolo fa parte dell’inchiesta
Scuole aperte. Mettiamo in comune
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