Abbiamo bisogno di una concezione educativa con la quale nutrire una nuova qualità dei servizi di cura per l’infanzia. Un’infanzia non più divisa tra ricchi e poveri, nativi e stranieri, maschi e femmine, figli di coppie omo o etero. Abbiamo bisogno di proteggere qual che resta dell’idea di bene comune, devastata sempre più dall’economia capitalista e dalle sue ricette di individualismo e competizione. Abbiamo bisogno di imparare a orientarci, ad esempio, con le condizioni proposte dal Piano di contrasto alla violenza di genere di Non una di meno a proposito degli ambiti di lavoro riguardanti la formazione e la cura. Un appello di un gruppo di donne romane con lunga esperienza nei servizi educativi, dentro e fuori le istituzioni del Comune di Roma, cerca di mettere in discussione un’idea di amministrazione che soffoca il futuro

Abbiamo raccolto in un documento le preoccupazioni e l’incertezza di tanti funzionari educativi e Poses (Posizioni organizzative dei servizi educativi e scolastici). Il Comune di Roma a poco più di un mese dalla riapertura dei Servizi educativi intende rimettere mano al quadro riorganizzativo, anche in previsione dell’inserimento di una nuova figura professionale (il Coordinatore pedagogico). Siamo qui non per un “memoriale storico”, se pur illuminante sulle precedenti gestioni dell’assessorato competente e sulla storia dei servizi educativi, ma per mettere in discussione l’inganno globalizzato di un presente da amministrare, un amministrare che tiene prigioniero il futuro e attua un controllo di fatto miope, antidemocratico e semplificato del mondo.
MANEGGIARE CON CURA
Appello alla vigilanza democratica sui Piani di Riorganizzazione
del Settore Educativo e Scolastico del Comune di Roma
CHI SIAMO
Siamo ragazze del secolo scorso, in pensione dopo aver lavorato nelle istituzioni educative per più di quarant’anni, parte di quella generazione di educatrici che ha aperto i primi nidi cittadini pubblici a Roma, fondamentali per tutte le bambine e i bambini, per le loro famiglie, per la libertà e la dignità di tante donne madri e lavoratrici. Ma siamo anche maestre di scuola dell’infanzia o operatrici e operatori altre/i del Settore educativo-scolastico del Comune di Roma. C’era in quella nostra generazione l’idea di uno stato sociale garante di diritti e servizi, offerti a
tutti senza discriminazione, capace di promuovere con l’uguaglianza di status un benessere diffuso, non una perversione da paesi socialisti o un lusso da svedesi. L’ente locale investito, delle responsabilità di programmazione per la fornitura di servizi, ha assolto il compito avvalendosi di apparati burocratici più o meno efficienti e diversamente motivati: pochi i quadri con specifiche competenze, profonde e complesse le difficoltà da affrontare perché l’impianto corrispondesse a bisogni, aspettative e aspirazioni di chi fruiva di quei servizi e di chi vi operava. La nostra è stata una lunga marcia, dentro e fuori dal sindacato, quella di una certa concezione educativa, tendente alla qualità dei servizi di cura per l’infanzia.
Gli ostacoli affrontati e contrastati:
– la persistenza di una visione ancora assistenziale dei nidi e una visione corporativa della scuola materna, come si chiamava fino agli Orientamenti del 1991, così come i localismi e gli interessi strumentali utili a carriere politiche estranee alle spinte di rinnovamento, anche quando ne millantavano rappresentanza; ma pure qualche fortunata combinazione.
COSA ABBIAMO FATTO E CON CHI
Sicuramente in questo settore, determinante per il benessere collettivo, un riconoscimento va dato in merito a sensibilità e buona gestione dei Servizi 0/6 anni all’assessora Roberta Pinto, che utilizzò al meglio i fondi sia per la formazione, che per la realizzazione di un considerevole numero di asili nido, come si chiamavano anch’essi in una visione custodialistica; all’assessora Fiorella Farinelli che nel 1996 volle con determinazione, contrastata soprattutto da alcune sigle sindacali, la stesura di due Regolamenti: per i nidi e le scuole dell’infanzia, che legittimassero nei Servizi chi faceva già bene e potessero offrire a tutti una guida per accrescere la qualità complessiva. Tra le finalità elencate in un’introduzione comune agli stessi, quella della continuità educativa: riconosciuta come indispensabile tra le due tipologie di Servizio, volendo evitare “traumi” alle bambine e ai bambini accolte/i.
Ma il salto di qualità avviene, col passaggio al nuovo millennio, sotto l’egida di Maria Coscia: Assessora alle Politiche Educative e Scolastiche (con le amministrazioni dei sindaci Rutelli e Veltroni). È lei che riesce a rompere finalmente le liturgie e le resistenze della burocrazia romana e
che realizza quanto atteso da più di un ventennio: un unico assessorato per i nidi e le scuole dell’Infanzia, che si avvale di tecnici competenti e ben orientati. Vara con le Otto Tesi il progetto educativo; impone una crescita del 70% dell’offerta di posti nei nidi comunali; investe in raffinati percorsi di formazione per tutto il personale; si impegna nella riqualificazione degli spazi, per supportare la quale prevede formazioni mirate che coinvolgano anche gli Uffici Tecnici municipali del Comune di Roma; struttura l’organizzazione del servizio introducendo figure di coordinamento che diventeranno di riferimento per nidi e scuole di uno stesso ambito
territoriale; insomma un panzer…con la sensibilità di una farfalla, che incontra assemblee di utenti e operartici in cui promuove e verifica i provvedimenti e le linee adottate.
Maria Coscia seppe accompagnare il Settore Educativo fuori dal custodialismo, avvalendosi per l’ampliamento dei Servizi anche di una attenta collaborazione con i privati, fissando solidi paletti in funzione delle possibilità di accesso e fruizione: regolando le contribuzioni, curando l’omogeneità dell’offerta educativa e includendo nella convenzione realizzata con gli stessi, percorsi di formazione comuni a tutto il personale. La supervisione delle Funzionarie pubbliche operanti sul territorio in quel frangente si è mostrata determinante, pure su questo si dovrebbe pensare di tornare ancora ad investire, come accade a tutt’oggi in altre Regioni del nostro Paese che eccellono per la Qualità dei Servizi.
Nei Nidi e nelle Scuole dell’Infanzia romani è con quei metodi e con quel rinnovato assetto organizzativo, che fu avviata la ricomposizione dell’oggetto di cura: un’infanzia non più divisa tra ricchi e poveri, nativi e stranieri, maschi e femmine, figli di coppie omo o etero.
Non è stata un’età dell’oro, i tagli allo stato sociale hanno investito, come investono, anche le istituzioni educative e la precarizzazione non si ferma nei Comuni quand’anche riescono a inserire nei loro bilanci qualche manciata di assunzioni, ma proprio condizioni di carestia hanno fatto e
fanno emergere l’importanza della stabilità di un quadro organizzativo e di un progetto comune, declinato secondo le necessità diverse di ambiti territoriali diversi e…, con cura!
QUALI I BISOGNI OGGI
Il modello finanziario predatorio, l’economia capitalista liberista ha cannibalizzato ogni bene comune… il pianeta è cambiato e non in meglio ed è chiaro che l’individualismo, l’egoismo, la competizione per l’estrazione di ogni risorsa, sono il problema. La cura dovrebbe essere allora alla base dell’esistenza e della resistenza collettiva. La storia della svalutazione della Cura ha radici nell’ordine patriarcale e capitalista, che ha imposto sul piano simbolico, sociale ed economico l’associazione della Cura all’attività femminile, accessoria e dipendente dal lavoro che produce profitto…perciò il lavoro di cura è rimasto meno prestigioso di altre attività e retribuito poco o niente, anche quando svolto in ambiti extradomestici.
Non ci stupiscono perciò i tentativi di fuga di chi alla Cura non riconosce alcun valore, lo considera solo uno strumento di sopravvivenza e/o un trampolino di lancio verso altre collocazioni professionali. Le istanze che nascono dalla cognizione delle difficoltà, nella storia e nell’attualità del lavoro di Cura, hanno un senso comune, rimandano allo scontro con il patriarcato capitalista e con l’attuale deriva autoritaria.
Nel PIANO di contrasto alla violenza di genere, che il movimento femminista NUDM pubblica nel 2017, sono individuate condizioni, comuni a tutti gli ambiti di lavoro, di Formazione e Cura, quelle che negano diritti a chi ne fruisce e dignità a chi vi opera:
– il numero, il rapporto tra educatrici, insegnanti, docenti e fruitori della cura, non è solo una questione di carichi di lavoro, ma la condizione indispensabile per favorire la possibilità di una relazione educativa non autoritaria e che non neghi spazio e tempo al riconoscimento delle
emozioni e del benessere delle persone, di quelle affidate alla cura e di chi opera per loro e con loro;
– la precarietà, quella che negli ultimi quarant’anni, da quando i governi hanno accettato che il capitalismo neoliberista elevasse la produzione di profitto a principio organizzatore della vita, ha progressivamente aggravato le condizioni del lavoro di cura. Il dilagare della precarietà crea
discontinuità nei percorsi di vita e di lavoro, frammenta la conoscenza dei contesti in cui si opera, impedisce il coinvolgimento e la motivazione necessari in questo lavoro, divide e affatica ogni gruppo, rende impraticabile la restituzione di memoria, la costruzione di continuità e partecipazione nel lavoro di gruppo;
– la gerarchia va ripensata nelle prassi e negli ambienti fisici, poiché separa le competenze dalla possibilità di condivisione di osservazioni, pensieri, progettualità; nega riconoscimento di senso e di valore all’espressione di chi è fisicamente coinvolta/o nelle prestazioni e nella fruizione della cura; ostacola una diversa organizzazione che metta al centro i bisogni delle persone che vivono nei luoghi e nei contesti;
– le conoscenze scientifiche, come gli strumenti e le didattiche particolari, non devono giustificare in alcun modo l’attribuzione esclusiva a una gerarchia esterna ai contesti di lavoro. Modelli calati dall’alto e dall’esterno non possono prendere il posto di quelli maturati nelle esperienze; la conoscenza scientifica non può fare a meno della forza della prassi, delle testimonianze di vite che spesso hanno scalzato un ordine basato su pre-giudizi e norme senza senso;
– l’introduzione dei contenuti mancanti, quelli che banalmente in tutta Europa sono parte della formazione da oltre 50 anni: l’educazione sentimentale, affettiva, sessuale, centrate sul riconoscimento e rispetto delle differenze di genere, sono priorità nei Servizi Educativi.
Il diritto alla conoscenza di sé dell’altro da sé, il riconoscimento e la capacità di nominare i sentimenti, contenuti che a tutt’oggi costituiscono un tabù apparentemente insuperabile nel contesto italiano.
È della considerazione attenta di questi contenuti in un confronto allargato che avrebbe bisogno un Piano di Riorganizzazione del Settore Educativo e Scolastico.
QUALI MISURE SCONGIURARE
Non c’è traccia di questi temi nelle misure annunciate dall’attuale Amministrazione, che sembra invece apprestarsi a costruire delle fantasiose stratificazioni gerarchiche, misconoscendo l’importanza di consapevolezze acquisite nella prassi in tanti anni, rischiando di far franare anche quello, non poco, che è stato faticosamente costruito. Ci uniamo alla rappresentanza di funzionarie e funzionari educative/i, con e senza posizione di EQ, che chiedono riflessione, condivisione e vigilanza democratica, affinché le scelte siano orientate a tenere insieme le esperienze, il sapere scientifico e le buone pratiche maturate nei servizi in tanti anni, con impiego di risorse, nella complessità di un territorio cittadino tanto vasto e diversificato come quello romano.
Auspichiamo di poter sostenere nuovi orientamenti politici, volti ad arginare il perseguimento di interessi particolari di cricche che non sono mai state neanche élite, quando si tratta di bambine e bambini diventa la priorità il MANEGGIARE CON CURA!
Promuovono l’appello:
– Sonia Verzegnassi e Tiziana Bonfili (ex educatrici e funzionarie dei Servizi Educativo Scolastici del Comune di Roma; collaborano con la rivista Interventi Educativi-Conversazioni sulla Cura e hanno pubblicato un testo sulle istituzioni educative romane);
– Ambra Pastore (ex educatrice e pedagogista, poi istruttrice amministrativa nell’ambito dell’Area Tecnico Educativa del Comune di Roma; ha pubblicato con altri dei testi inerenti la relazione con la disabilità anche in altri contesti educativi; ha curato pubblicazioni relative alla funzione della narrazione e degli ambienti naturali; scrive in Territori Educativi della rivista Comune-info);
– Anna Rita Marino (ex educatrice e, come funzionaria, artefice con il suo gruppo educativo di un modello inclusivo multiculturale noto come “Modello Pisacane”; attualmente impegnata con il Movimento femminista nel contrasto alla violenza di genere);
– Luisella Dal Pra (ex educatrice, docente nelle scuole di formazione delle educatrici di asilo nido, e nei licei delle Scienze Umane e Sociali, cultrice di Storia delle Istituzioni educative e formative presso l’Università degli studi di RomaTre, docente nelle scuole di specializzazione all’insegnamento Superiore, ha pubblicato saggi su riviste specialistiche: Il giornale dei genitori, Psicobiettivo, Zerosei, L’ Educatore, Storia.net.)
– Michelangelo Papuzza (ex funzionario direttivo amministrativo VIII livello, responsabile dal 1997 al 2007 dell’ex Municipio VIII delle Torri, negli ultimi 6 anni con incarico di POSES. Tra i fondatori dell’Associazione culturale Macce, ne ha assunto la Presidenza nel 2012);
– Piera Volta (educatrice in pensione del nido di Via della Cecchina dell’attuale Municipio III del Comune di Roma);
– Paola Cuscino (ex educatrice e funzionaria dei nidi e delle scuole dell’Infanzia del Comune di Roma, dal 2002 al 2011 fa parte del Coordinamento Centrale istituito da Maria Coscia. Attualmente
è membro del Consiglio Direttivo del Centro Nascita Montessori e svolge attività di formazione);
– Mariapaola Callari (ex educatrice e funzionaria nelle Istituzioni educative del Comune di Roma, sensibile alla qualità delle stesse se ne continua a interessare);
– Daniela Piretti (educatrice in pensione Municipio Roma IV, laureata in Psicologia, ha realizzato diverse pubblicazioni sulle buone pratiche educative e attualmente collabora con la casa editrice Strade Bianche di Stampa Alternativa, di cui dirige la collana di testi per l’infanzia “I piccolissimi”);
– Lauretta De Mattia (educatrice in pensione del Comune di Roma e co-fondatrice del nido Loris Malaguzzi del Municipio Roma XI);
– Stefania Bossini (ex educatrice, poi funzionaria educativa municipale e dipartimentale: come membro del Coordinamento Centrale, infine POSES territoriale di Ambito A con 8 Servizi ed Istitutrice di 2 Poli 0/6);
– Susanna De Simone (ex educatrice, coordinatrice e funzionaria di Ambito A);
– Claudia Della Valle (Assistente all’infanzia presso l’Onmi, poi: educatrice, funzionaria educativa, POSES, in pensione);;
– Annamaria Gaetani (ex educatrice, ex POSES ed ex delegata sindacale);
– Serena Zetto (Psicologa, ex educatrice,ex POSES nei Servizi Educativi e Scolastici del Comune di Roma);
– Antonietta Piras (educatrice in pensione del Municipio XII del Comune di Roma, Pedagogista);
– Viviana Grisanti (ex educatrice, poi funzionaria dei Servizi Educativi e POSESAmbiti 0/6. Ex dirigente CGIL del Settore Educativo Scolastico);
– Maria Cattaruzza Dorigo (già educatrice di Nido e Sezione Ponte, già operatrice del Centro di Documentazione del Dipartimento Servizi Educativi del Comune di Roma, ora in pensione).
Questo appello è stato inviato alla Segreteria del Sindaco della Città Metropolitana (Gualtieri), all’Assessorato Scuola e servizi educativi (Pratelli), all’Assessorato alle politiche del personale (Catarci), al Presidente della Commissione Scuola del Comune di Roma (Consuelo), a Cgil, Cisl e Uil funzione pubblica Roma, ai Sindacati di base, a Marta Bonafoni, a Elly Shlein e ai movimenti Attac (all’attenzione di Marco Bersani e Corrado Conti) e Non Una Di Meno (nodo romano).