Per assaporare tutta la potenza della convivialità occorre soltanto un buon tavolo, intorno al quale riunire poche persone di età diversa e almeno una che sa impasta la frolla
Questo articolo fa parte dell’inchiesta Tutti a tavola
Quando penso ai legami col passato mi viene immediatamente in mente Proust e la “petite madeleine”. Nel romanzo Dalla parte di Swann l’alterego di Proust assaggia il morbido dolcetto e, non appena ne sente il gusto, viene pervaso da un’ondata di ricordi che lo riportano a rivivere emozioni e momenti che pensava di aver dimenticato. Possiamo perciò affermare che il cibo non alimenta solo il corpo, ma assume aspetti e funzioni che vanno ben oltre quelli meramente nutritivi.
Vi porto con me in cucina. Sul tavolo la nonna ha messo una grande spianatoia di legno, la “mattra”, e l’ha già infarinata con un movimento della mano netto e deciso. Sul quel piano nonna prepara tantissime cose, dalla pasta fresca ai dolci. Il lavoro richiede tempo, ma diventa l’occasione per raccontare del passato, delle tradizioni popolari. Pasqua si avvicina e lei ha deciso di fare un dolce che, nella sua apparente semplicità, cela messaggi bellissimi.
Per me, che vengo dalla Pianura Padana, il primo incontro con mia suocera, la nonna in questione e matriarca della famiglia, è avvenuto proprio in cucina. Mentre impastava semola e acqua per le orecchiette o preparava “braciole e polpette” o anche un semplicissimo caffè, mi raccontava del suo passato, dei sacchi di farina conservati in una stanza assieme ad olio, vino, olive nelle “capase” cioè nelle anfore di terracotta. Assieme alla ricetta mi insegnava i termini dialettali, mi raccontava di come le stagioni dominassero la scelta degli ingredienti e ci ritrovavamo sull’uso di alcune erbe spontanee come il tarassaco, il papavero, la rucola e mi spiegava di altre che crescono tra i cespugli della macchia mediterranea o all’ombra di olivi e mandorli.
Ma torniamo alla cucina e al “pupu cu l’ovu”. Attorno al tavolo, oltre a lei, ci sono i due nipoti che la guardano interessati mentre impasta la frolla. Loro sono abituati alle uova di cioccolata, ma lei racconta che quando aveva la loro età non esistevano. Al loro posto c’erano questi dolci al centro dei quali veniva messe una o più uova con tutto il guscio e che potevano essere a forma di bambino o di bambina oppure di cestino. I primi due tipi erano destinati ai bambini o alle bambine di casa. Il cestino era regalato alle bambine oppure dal fidanzato alla fidanzata. Ma poteva essere anche il regalo destinato alla suocera e questa volta veniva fatto con più attenzione e veniva messo più di un uovo. Mentre la nonna spiegava i ragazzi si rimandavano sorrisini maliziosi l’un l’altro e gomitate scherzose. Chi poteva meritare un bel cestino?
Magari un giorno, addentando un biscotto di pasta frolla, lo Swann di turno tornerà indietro al passato quando, in piedi su uno sgabello per impastare meglio la frolla, sotto lo sguardo vigile di nonna, lei gli raccontava dell’acqua presa alla fonte o delle uova raccolte nel pollaio sperando di non essere beccata dalla chioccia, delle strade che profumavano di dolci e di fresie e dell’amore che si metteva per fare anche le piccole cose.
Questo articolo è stato scritto dopo i primi incontri del laboratorio “Saperi e Sapori”, nato dal desiderio dei genitori di Scuole Aperte Partecipate Brindisi