L’educazione all’aperto è stata una grande risorsa utilizzata tra l’Ottocento e il Novecento per affrontare con successo tisi e tubercolosi. Lo scorso anno in tanti e tante hanno suggerito questo tipo di didattica per riprendere le attività scolastiche in sicurezza. “Ora sarebbe bello provare a vedere come è andata….”, scrive Francesca Lepori (pedagogista, maestra, fondatrice di Bosco Caffarella e Vicepresidente della Rete di Cooperazione Educativa), che invita a rispondere a un semplice quanto illuminante questionario (CLICCANDO QUI), i cui risultati saranno presentati e discussi su queste pagine

La scuola è finita. Il primo e l’ultimo giorno di scuola hanno sempre un significato importante, per i bambini e le bambine che riprendono o portano a termine il loro percorso formativo. È stato l’anno di prova dopo l’inizio della pandemia. È iniziato con tante incertezze, difficoltà, preoccupazioni e anche quest’anno è finito.
È stato l’anno della “riduzione del danno”, cioè l’anno nel quale avremmo potuto mettere in campo tutte le strategie possibili per riuscire a tenere aperta la scuola, con il minor numero di giorni di chiusura, minor numero di contagi tra adulti e bambini e periodi di quarantena, portando a termine e con successo la formazione di bambini e bambine, nessuno escluso.
Sarebbe importante fare una riflessione su come questo sia avvenuto.
L’educazione all’aperto è stata una grande risorsa utilizzata tra l’Ottocento e il Novecento per affrontare con successo tisi e tubercolosi. Lo scorso anno in tanti e tante hanno suggerito questo tipo di didattica per riprendere le attività scolastiche in sicurezza. Su Comune-info lo abbiamo fatto a cominciare da questo appello (letto e condiviso da decine di migliaia di persone):
Ora sarebbe bello provare a vedere come è andata. Quante saranno le maestre e maestri che hanno provato a sperimentare la didattica all’aperto? Come hanno vissuto questo cambiamento? È stata una risorsa per migliorare la vita scolastica nel periodo difficile che stiamo vivendo?
Vi invitiamo a rispondere CLICCANDO QUI
L’anno scolastico si è concluso, ma è oggi che dobbiamo pensare a come ricominciare il prossimo, cosa tenere e cosa migliorare. Sarebbe bello scoprire che insegnanti e studenti hanno sperimentato la didattica all’aria aperta durante questo anno e che continueranno a farlo e ancora meglio il prossimo.
Sarebbe utile riuscire a misurare e capire quanto le scuole stiano percorrendo la strada dell’educazione all’aperto, verso la transizione ecologica della scuola italiana (con l’obiettivo di raggiungere traguardi come gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni unite, dell’Agenda 2030). Come non coinvolgere la scuola italiana?
Abbiamo bisogno di immaginare e sperimentare una transizione graduale, perché un cambiamento radicale sarebbe impossibile e poco realistico. Ogni scuola potrà decidere la sua gradualità e percentuale di utilizzo di didattica all’aperto, in base alle proprie esigenze, organizzative e bisogni evidenziati: 10, 20, 30 e magari 50 per cento delle attività didattiche svolte all’aria aperta. Le scuole potranno dichiarare la loro percentuale di transizione outdoor, in base al numero di classi coinvolte e frequenza. Sarà una caratteristica importate di ogni scuola e rientrerà nel Piano dell’offerta formativa (Pof), il documento che presenta le scelte pedagogiche, organizzative e gestionali di una scuola, esplicitando le finalità educative, gli obiettivi generali relativi alle attività didattiche e le risorse previste per realizzarli. La ISO International Organization for Standardization potrebbe introdurre una nuova certificazioni ISO, Outdoor Education in tutte le scuole italiane.
Nei primi anni del Novecento, a livello europeo e attraverso convegni internazionali, pediatri, amministratori e maestre e maestri progettavano e attuavano l’educazione all’aperto per tutti. Nel 1950 il ministero della Pubblica Istruzione riferiva che prima della guerra esistevano circa mille colonie estive, 30 colonie permanenti e 48 scuole all’aperto speciali con 226 classi e 15 sezioni di scuole materne all’aperto. Ora sta a noi tornare a pratiche semplici, efficaci e realisticamente attuabili.
Non dimenticate di rispondere al (breve) questionario.
Francesca Lepori, pedagogista, maestra, fondatrice di Bosco Caffarella e Vicepresidente della Rete di Cooperazione Educativa