
In diverse parti del mondo stanno morendo i nostri figli e le nostre figlie. Anche se non li abbiamo generati e anche se vivono in parti del mondo dove non siamo mai stati, possiamo e dobbiamo considerarli figli nostri secondo l’accezione autentica e consolidata in diverse parti della terra. Un detto africano dice che “per crescere un bambino occorre un intero villaggio”. Il nota poeta libanese Khalil Gibran sosteneva che “I vostri figli non sono figli vostri. Sono i figli e le figlie del desiderio che la vita ha di sé stessa. Essi non provengono da voi, ma attraverso di voi. E sebbene stiano con voi, non vi appartengono”. Intendeva con questo dire che i figli vanno educati, accuditi e sostenuti sempre, ma sono persone a se stanti, con il loro carattere, le proprie aspirazioni e i sogni che sono completamente differenti da quelli dei genitori e hanno il diritto di farsi la loro vita. Con ciò intendeva contrastare anche una visione individualistica e privatistica della famiglia. Sotto il profilo giuridico e anche pedagogico, il bambino non è proprietà di nessuno, neanche dei suoi genitori biologici, e ha il diritto di crescere in una famiglia affettivamente ed educativamente adeguata, che si integri con il resto della comunità. La Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, prevede che il benessere e gli interessi dei bambini e dei ragazzi sono da considerarsi sempre preminenti rispetto a quelli degli adulti. Insomma ciascuno di noi ha degli obblighi morali e sostanziali (la cura del mondo dove viviamo) nei confronti dell’infanzia che popola il pianeta e deve concorrere per quello che può alla salvaguardia della loro vita e salute. Di certo è una concezione che cozza contro quello che avviene quotidianamente ma ci sono dei limiti che non possono essere superati come nel caso di Gaza.
Uno, due, dieci, cento, mille? Qual è il numero di bambini morti ogni giorno perché l’umanità lo ritenga non più accettabile e blocchi l’escalation della guerra a Gaza? Sotto la furia distruttrice dell’esercito di Netanyahu, a Gaza, sono morti più di 10.000 bambini palestinesi dal 7 ottobre ad oggi. Non minore peso hanno i trentatré minorenni israeliani uccisi da Hamas e i trenta rapiti durante il loro attacco del 7 ottobre e tutt’ora tenuti sequestrati. E come dimenticare i 510 bambini uccisi in Ucraina e altri mille dispersi? E le migliaia di bambini morti in Sudan per la guerra e per la carenza di acqua e cibo? Possiamo dire che il nostro mondo sta assicurando protezione all’infanzia? Dove sono l’adultità e la genitorialità che in una società sana sono indispensabili?
Certo non dimentichiamoci delle tante persone che come volontari si stanno attivando per portare aiuto, ci sono associazioni umanitarie che si stanno prodigando e pagano sulla propria pelle il loro impegno. Ma dove sono i governi che dovrebbero utilizzare la loro forza e autorevolezza per fermare le guerre e proporre trattative sulla base del diritto internazionale?
L’Onu, creata apposta dopo il secondo conflitto mondiale, è paralizzata dal potere di veto degli stati più influenti (Cina, Francia, Gran Bretagna, Usa, Russia). Il Segretario Generale Guterres per le sue parole – con cui sostiene il cessate il fuoco a Gaza e l’aiuto umanitario alla popolazione palestinese – è attaccato e invitato a dimettersi. Intanto, l’Italia si rifiuta di votare la risoluzione che chiede il cessate il fuoco e colpevolmente si astiene. E così il governo italiano diventa, anche per questo, corresponsabile della morte di questi bambini.
Come io credo siano corresponsabili anche tutti coloro che assistono senza dire nulla a questa carneficina. Sì, anche noi che tutti i giorni andiamo a lavorare, programmiamo le vacanze, la settimana bianca, ci interessiamo alle previsioni meteorologiche e abbiamo addobbato l’albero di Natale. Anche noi insegnanti che ci rechiamo a scuola e fingiamo che non succeda nulla. Parlare di queste cose ci potrebbe causare problemi e allora meglio fare dell’altro. Ma anche chi sta curando le funzioni religiose di questo periodo natalizio e non esprime una parola sulla morte di quei bambini: non sto parlando di preghiere che, per chi crede, sono dovute, ma di manifestare insieme a tutti gli altri (buddisti, musulmani, laici, ecc.) la propria indignazione per quanto sta avvenendo. Ritengo che non esprimere proteste e proposte su quanto si potrebbe fare per fermare le morti, soprattutto di bambine e bambini, sia anche un cattivo esempio etico per i nostri figli e per i nostri studenti.
Sarebbe davvero bello, ad esempio, se stampa e giornali online di Piacenza – la città dove vivo – e di tante altre città titolassero una loro prossima prima pagina “Un solo appello: cessate il fuoco”. Qualcuno dice che sono un sognatore, ma senza sogni, senza guardare avanti non si può realizzare nulla. Fin da bambino ho sempre pensato che, se c’è la volontà nulla (o quasi) è impossibile. Ricordo che all’istituto magistrale avevo una compagna che era sulla sedie a rotelle e veniva a scuola da Maleo (distante una ventina di chilometri da Piacenza) con un’auto privata a pagamento. Un giorno si sparse la voce che non sarebbe più potuta venire per problemi finanziari. E io pensai subito che non sarebbe stato un problema se tutti e cinquecento gli studenti avessero fatto una colletta. Per fortuna poi la cosa rientrò e la compagna potè tornare a frequentare normalmente.
Ecco, ora mi viene da pensare che se città come Piacenza per un giorno manifestassero compatte per il cessate il fuoco a Gaza sarebbe un evento di cui si parlerebbe in tutta l’Italia e in tutto il mondo e potrebbe essere presa d’esempio. Immagino le piazze piene di persone che invocano la pace e chiedono a chi ci governa di ascoltarci. Immagino tutte le chiese in preghiera per la pace al mattino presto, mentre nella seconda parte della mattinata li vedo affluire con piccoli cortei in piazza. Il mondo del lavoro con le proprie bandiere e striscioni e tanti strumenti musicali. Le sedi sindacali a preparare cartelli e striscioni. Le scuole partecipare con tanta creatività e le televisioni di ogni parte d’Italia a riprendere quello che succede. Immagino anche che, dopo avere assistito alla riuscita della giornata, alcuni politici influenti vorrebbero farsi intervistare dai maggiori canali televisivi per dire che loro erano sempre stati per la pace: se non l’avevano dichiarato era perché avevano il timore che la popolazione non fosse preparata a sostenere la proposta… Ma nonostante questi tentativi giustificazionisti, gli eminenti politici rimarrebbero da soli mentre tutta la folla applaudirebbe gli ex bambini ed ex bambine, ora adulti, che diversi anni prima avevano profeticamente proposto di istituire il ministero della pace. A ben pensarci questo sarebbe l’unico epilogo a cui tutti noi dovremmo lavorare.
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