Attacco Poetico è un legame leggero di comunità. È anche un atto politico, scrive Rosaria Gasparro, “nel senso più nobile della parola, come democrazia dal basso, anche lo spazzino può leggere Rilke”. A San Michele Salentino, una trentina di chilometri da Brindisi, da diversi anni hanno portato sui muri le parole dei poeti e delle poete di ogni tempo e di ogni luogo per farle incontrare con l’umanità di passaggio. Attacco Poetico è anche Passeggiate poetiche, Poesia a domicilio, Adotta un poeta, Cibo è poesia, Festival internazionale, Museo diffuso di arte e poesia…
Questo articolo fa parte dell’inchiesta Brindisi alla scuola aperta

Qualcuno l’aveva scritto sul muro della scuola. Mi fermai e lasciai che i cerchi di quella parola si allargassero in me come fa un sasso in uno specchio d’acqua. Mi scivolò nel cuore e lì restò per giorni. Attacco Poetico nasce da quella parola lasciata sul muro in un mattino di settembre, forse da un ragazzino innamorato dei versi di Leopardi o dell’universo, un ragazzino che non sa di essere l’ispiratore del nostro andar per versi.
D’allora un po’ di quell’infinito è stato portato in forma di poesia sui muri delle case abbandonate, degli orti, dei ruderi, sulle serrande, sulle finestre murate, nei pressi delle fontane, sulle pietre del parco. È così che ha preso forma la nostra presenza, che è cura del luogo, che è relazione con chi ci abita, che è ascolto delle loro vite, che è poesia, custodire con le parole il senso universale delle storie che incontriamo, dare dignità alle esistenze anonime, trattandole pasolinianamente come opere d’arte. Raccogliere i rifiuti, i vetri rotti, le cartacce, dipingere con la calce i muri scrostati, cercare la poesia nascosta di quel luogo, di quella via, di un angolo da niente, dell’umanità che l’abita, e portarla alla luce con le parole dei poeti e delle poete di ogni tempo e di ogni luogo. Fare del nostro paese un’antologia a cielo aperto, anzi un’antropologia poetica. Un paese piccolo e giovane, senza grandi mezzi, che prova a elaborare il suo poco in maniera etica ed estetica, che prova a fare della poesia il proprio paesaggio urbano e interiore. Un paese poetico da costruire insieme declinando la mancanza, la nostalgia, l’abbandono in maniera attiva, tessendo fili di parole per chi qui ci vive e per chi se n’è andato, per chi arriva e per chi ritorna, creando una comunità flâneuse, di pensatrici e pensatori meridiani, tra Baudelaire e Cassano, di chi ama passeggiare perdersi e sorprendersi nelle vie dei versi, una comunità in divenire, aperta, di chi si riconosce negli interminati spazi oltre la siepe e pensa che si possa abitare poeticamente il pezzo di mondo che ci tocca, di chi nella propria finitudine riconosce un granello di quell’infinito, una goccia di splendore, e sa che naufragare può essere dolce. Accade un po’ per volta.

Per una poesia che scompare, lavata dalla pioggia, o perché il muro viene abbattuto, ci sono nuove richieste da accogliere. Accade che ci sia un sottile contagio di bellezza e conforto, una sottile grazia che arriva malgrado l’indifferenza, il consumo di senso, la ricerca dell’utile, nonostante la fatica del vivere.
Così un signore di ottant’anni incomincia a scrivere poesie di ecologia e amore; un ragazzo difficile pluriripetente fa altrettanto e si dice pronto per il suo attacco personale, si intitola “se” il suo componimento a indicare tutto l’ipotetico che lo ispira per quel sé stesso complicato; una donna ringrazia per i versi di Forugh Farrokhzad e ce li recita a memoria: Notti insonni ascolto vuoti silenzi elaboro il nulla setaccio il mare il dolore è già amore. Le sue notti insonni sono le mie, dice, lunghe notti passate a setacciare il dolore, quella poesia è diventata la mia preghiera. Una vedova ci chiede una poesia sul suo orto, lascia che siamo noi a scegliere, lei non sa leggere, è analfabeta ma le basta sapere che qualcosa di bello è scritto proprio per lei. Studenti delle superiori arrivano in bici per fare un tour poetico e scrivere Rilke sul loro muro. Altri scrivono Ungaretti dopo aver finito la maturità, altri si salutano prima di partire per l’università scrivendo i loro vent’anni con le parole di Calvino, altri scrivono la propria utopia che si sposta sempre più in là come i versi di Galeano.

Accadono altre cose: le Passeggiate poetiche che si snodano dal centro alla periferia intorno al tema di ogni edizione (L’appartenenza, Invito al viaggio, Comizi d’amore, Muri erranti, Verso la bellezza, Le vie del desiderio). La Poesia a domicilio nelle giornate dedicate, Adotta un poeta, Cibo è poesia, Invasione poetica nel centro storico, Colazione d’autore, Mappa sentimentale del paese, Festival internazionale, Museo diffuso di arte e poesia.
Attacco Poetico (pag. fb) è un legame leggero di comunità che nei versi racconta sé stessa, il proprio romanzo popolare. È un’opera aperta, come la poesia è sempre in composizione, disfacimento ed evoluzione, sempre negli inizi. È anche un atto politico, nel senso più nobile della parola, come democrazia dal basso, anche lo spazzino può leggere Rilke, come partecipazione plurale, come contributi personali e culturali, come dimensione che appartiene alla vita comune, come uno dei modi possibili dell’abitare un luogo e noi stessi, un immenso potenziale senza potere.
Paese ha la stessa radice di poesia, ed è la radice del fare, poiesis, perciò scrivere sui muri l’inferno e il paradiso, la miseria e il sole, è politica nel suo senso più alto, tocca le menti e il cuore di chi passa, in un tempo feroce per le parole e per gli esseri umani.
LEGGI ANCHE Parliamo coi muri R.G.