Ci sono maestri e maestre che diventano brillanti narratori. Alcuni hanno anche la fortuna di capire che da soli è molto difficile andare avanti quando si accompagnano bambini e bambine a scoprire il mondo. Insomma si tratta di coltivare il lavoro cooperativo e la libera ricerca ogni giorno, ma anche di rompere i muri virtuali e quelli degli edifici scolastici. Scrive Giovanni Zoppoli, coordinatore del Centro Territoriale Mammut di Napoli, nell’introduzione a Dad. Dove Andiamo Da soli. Una straordinaria esperienza di didattica a distanza (la meridiana), del maestro Tonino Stornaiuolo: “Sono felice che dopo tanti anni, ora più che mai, continui a far parte assieme a Tonino di un gruppo che guarda all’ape per imparare a volare, pur sapendo che l’ape non potrebbe volare e che men che meno potremmo riuscirci noi umani. Eppure in tanti momenti, e tra questi le narrazioni mitiche di Tonino, noi abbiamo volato”
Lezione all’aperto, tra i vicoli di Napoli, del maestro Tonino Stornaiuolo
Ognuno ha le sue fissazioni. In questo momento mi accorgo che la mia attenzione è molto spesso catturata da quei piccoli esserini chiamati “ape”. Tra i motivi della fascinazione il fatto che da molti anni gli scienziati si arrovellino sul come possa volare un corpo che secondo le leggi della fisica non sarebbe idoneo a farlo. Ogni tanto qualche nuova teoria cerca di addurre spiegazioni convincenti, ma sempre lei, l’ape, continua a volare fregandosene di qualsiasi legge dei superbi umani. “Un bambino appena nato sa nuotare benissimo, eppure non ha mai studiato le leggi della fisica, né ha avuto il tempo di prendere lezioni da un istruttore di nuoto” soleva ricordarci Mario Mastropaolo, psicoterapeuta e docente universitario.

La vita di un maestro (ma probabilmente lo è anche quella di ogni altro essere umano) è fatta di questi “misteri”, è densa di stati di eccezionalità che si distanziano dalla “norma”, è costellata di episodi che non corrispondono e non potranno mai corrispondere a quelli che leggiamo su un manuale di psicologia o su un libro di scienze, essendo il mondo dei maestri abitato da comportamenti che con quello che la gente e i media usano definire “normale” non hanno molto a che vedere. È forse anche per una sorta di istinto di sopravvivenza che i maestri finiscono troppo spesso per adattarsi alla visione prevalente e per “vedere normale” anche loro, anche a costo di contraddire quanto i loro stessi sensi (i cinque di dotazione più il sesto tanto discusso) gli suggerirebbero. Ed è allora che probabilmente un maestro finisce di essere maestro: nel momento in cui decide che è troppo, che è arrivato il momento di mettere a tacere emozioni e imprevedibilità: è là che si esaurisce progressivamente la sua linfa vitale, estinguendosi la sua funzione in quella di mero attuatore di programmi e direttive da protocollo.
Tonino maestro lo è diventato perché da ragazzo ha fatto un altro tipo di scelta. In realtà per me costituisce lui stesso un mistero. Insieme abbiamo avuto a che fare con i gruppi più diversi, da quelli composti dagli abitanti bambini delle Vele di Scampia, dei campi rom e di altre periferie italiane, ai bambini della città “borghese”, con adulti (docenti, genitori e altre categorie affini)… in aula, in auditorium e palestre (con un’acustica che più terribile non si può), nei parchi pubblici, nei teatri, in ville ottocentesche e castelli medioevali, per strada e nelle piazze del Sud, del Centro e del Nord Italia, addirittura in DAD… e con gruppi composti da cinque come da trecento bambini, ma sempre, immancabilmente, con uno stesso effetto: persone incantate, calamitate ad ascoltare le peripezie di Giove, Ulisse, Chirone, Demetra, Persefone e degli dèi che ci hanno accompagnato in questi tanti e ricchissimi anni insieme. La meraviglia e l’attenzione che hanno accompagnato tanta varietà umana in queste narrazioni per me è un mistero. Intendiamoci, Tonino ha studiato e faticato parecchio per diventare il narratore che è e come racconterà lui stesso in questo libro, ha avuto la capacità e la fortuna di potersi affidare a quanto di meglio c’è oggi rispetto al mondo del teatro. Ma a fare la differenza c’è quel qualcosa in più che non deriva da meriti e da fortune umane, ma che ha a che fare con doti che si hanno o non si hanno. Suo merito in questo caso è di aver avuto il coraggio di rischiare, di essere disposto a sacrificare la “ragione” per permettere a queste doti di fare il proprio lavoro nel mondo.
Tonino, come tutti noi che siamo suoi compagni, ha avuto un’altra fortuna – o merito, come dir si voglia – quella di aver capito che da soli è molto difficile, se non impossibile, continuare a rimanere in contatto con l’anormalità del quotidiano, ovvero con la realtà. Anche in questo caso c’era da fare una scelta: assecondare la propria grandiosità, l’impeto narcisistico che spinge ciascuno di noi a dire “sono io il vate”, “questo l’ho fatto io”, “questo l’ho pensato io”, con la conseguente perenne ricerca di like (reali o virtuali), di approvazione e riconoscimento “personali,” oppure nuotare nella direzione del gruppo. Gruppo di pari di cui sentirsi parte, comunità di donne e uomini che hanno problemi, tensioni, pensieri con cui completarsi, con cui sentirsi davvero in compagnia e non più soli, folli (ma follinsieme, che è meraviglioso), sconosciuti, in lotta rancorosa contro i mulini a vento. Gruppo di cui fanno parte anche tutti quelli che non ci sono più (qualcosa di simile a quella che alcuni autori chiamavano la “convivialità dei vivi e dei morti”) o che sono in un’altra parte del mondo e che magari non abbiamo conosciuto e non conosceremo mai personalmente. A loro come a noi sono venuti a far visita pensieri e idee che hanno preso forma e struttura e sono riuscite a farsi azione, possibilità effettive di crescita e cambiamento per territori e individui di ogni dove e di ogni tempo. Pensieri e idee che un tempo andarono a far visita ad altri e che sempre continueranno ad impollinare chi trova il coraggio di mostrare il proprio fiore; idee e pensieri a cui rinunciare quindi di appropriarsi e sventolare come propria esclusiva.
Il gruppo di cui sentirsi parte finisce per essere così immancabilmente l’umanità (termine riduttivo, perché il vero gruppo di cui sentirsi parte sappiamo tutti che comprende ogni altro essere di questo cosmo: altri animali, piante e così via). Consapevolezza che fa da sfondo a tutti gli altri gruppi, fino a quello più stretto, composto dalle persone con cui stiamo cercando di far prendere forma a quelle idee e a quei pensieri. Roberto Papetti, altro nostro importante maestro (leggi anche L’archeologo dei giocattoli), diceva che a chi pratica il nostro mestiere tocca imparare a “bottinare” nel miglior modo possibile. Bottinare è vocabolo che ha una qualche assonanza con “rubare”, ma che si differenzia in maniera sostanziale da quel significato perché risponde all’imperativo morale di dare riconoscimento a “colui” e a “coloro” da cui abbiamo preso quelle ispirazioni. È la nostra ape a fornirci ancora una volta la metafora più eloquente (metafora tra l’altro che resta una delle più utilizzate nel campo del sapere e dell’educazione): il mestiere di maestro è un po’ come il suo, andare a prendere il polline (e accidentalmente ad impollinare) perché attraverso la nostra digestione quel polline diventi “miele”, nettare degli “dei”. Inutile dilungarsi sul fatto che nel caso del nostro insetto la vita dell’alveare costituisce la motivazione e il fine ultimo dell’intero processo.
Nel libro di Tonino Stornaiuolo troverete molte tracce di chi ha fatto queste scelte e dei frutti che hanno portato. Prova ulteriore di quanto unica vera modalità per dare attuazione a normative, manuali teorici, pontificazioni di pedagogisti e di cattedratici di grido, sia sperimentare in prima persona determinate modalità di vita, nella scoperta permanente di quanto impareggiabilmente potente e ricco di doni possa essere il lavoro cooperativo e la libera ricerca.
Sono felice che dopo tanti anni, ora più che mai, continui a far parte assieme a Tonino di un gruppo che guarda all’ape per imparare a volare, pur sapendo che l’ape non potrebbe volare e che men che meno potremmo riuscirci noi umani. Eppure in tanti momenti, e tra questi le narrazioni mitiche di Tonino, noi abbiamo volato.