Un gruppo di genitori, alunni ed ex alunni della scuola primaria Montessori “Flaminia Guidi” di Roma, nota per i suoi settant’anni di applicazione del Metodo, ha protestato davanti alla sede della presidenza dell’IC Parco degli Acquedotti (quartiere Tuscolano): si riducono gli spazi pensati per l’apprendimento di ogni classe, mettendo a rischio la possibilità di applicare principi e pratiche cari a Maria Montessori

Apre una nuova classe Montessori a Roma! Sembra una bella notizia, ma quello che importa in una scuola di Metodo è con che metodo si fanno le cose e qui la notizia perde il segno più.
Le cose a Via Lemonia – IC Parco degli Acquedotti – sono in corso, quindi vanno seguite e non diamo un giudizio netto, ma genitori e insegnanti sotto la pioggia davanti all’ufficio della preside dicono che qualcosa non va, perché, come ci insegna Gianni Rodari, quando si lancia un sasso in uno stagno non si bagna il sasso, è tutto lo stagno che si trasforma. E quindi aprire una classe Montessori significa pensare alla possibilità di gestire relazioni e spazi educativi in una maniera congrua con il Metodo, che non è una etichetta, ma carne e sangue, e anima il movimento e il pensiero dei bambini.


Il dramma nella scuola italiana è che la si gestisce come una impresa organizzativa, a tratti diremmo “logistica”. Sistemare una classe in più permetterà a venti famiglie di mandare il proprio figlio alla Montessori, è una buona cosa, anzi,diciamolo, è poco! Vorremmo che fosse un progetto più ampio, che non nasca dall’intraprendenza della preside, ma da una convinzione educativa profonda. E allora non si deve partire dalla classe, ma dalla condivisione con il corpo docente, dalla formazione degli insegnanti e degli operatori, delle persone che seguiranno i bambini fragili che saranno inserite in quelle classi, dal dialogo e dal confronto con i genitori.
Non si aumenta una classe, si inserisce un flusso all’interno di una corrente. E allora bisogna attrezzarsi a una impresa che faccia l’attenzione agli spazi, al movimento, ai materiali, che sono parte integrante dell’impresa scolastica montessoriana, parte integrante di una educazione che vede nell’apprendimento del bambino, nel suo farsi soggetto, nella sua capacità di orientamento e consapevolezza la parte attiva e duratura dell’azione educativa.
E allora, nell’attesa che la preside risponda alla lettera inviata dall’opera Montessori, mettendone a conoscenza i genitori che l’hanno richiesta, riconoscendone così la cura educativa e non trattandoli da “clienti”, sono in tanti e tante che si augurano che da questo episodio nasca un dialogo largo intorno alla necessità di ripensare l’impianto educativo della scuola pubblica, che passa anche dalla necessità di abbandonare una ossessione per la sicurezza che chiude la scuola al territorio, che spezza il respiro tra scuola e vita, che costringe gli stessi insegnanti a essere guardiani prima che educatori.