di Nuovo Cinema Palazzo
Lo abbiamo fatto già il 14 maggio con la rete Decide Roma per scrivere la Carta dei Beni Comuni: una carta che riconosca il valore degli spazi e dei tempi del possibile, dell’autogestione e del mutualismo. Una carta che segni il percorso alternativo a quello di un’amministrazione che, in nome di una trasparenza senza logica – o per meglio dire con la solita logica della privatizzazione – svende il patrimonio pubblico per fare cassa senza un’idea sostenibile di società e rimette nel marcio calderone dei bandi tutti quei luoghi che da decenni conoscono e sostengono i territori.
Una terza via rispetto ai modelli individualistici del privato competitivo e del pubblico che lo insegue e lo imita, fondata invece sul modello del mutualismo, della cooperazione e dell’autogoverno: il modello del bene comune. Alternativa immaginata sulla base di un diritto sorgivo e vivente, costruita attraverso le pratiche, il lavoro e la fantasia di chi ogni giorno anima quelle reti di sostegno, di prossimitá e di associazione, cresciuta nell’uso, nelle consuetudini e in quei processi collettivi che rifiutano di accettare una città smangiucchiata da una presunta crisi, da una politica corrotta che politica non è e, ora, persino commissariata.
Carta che si nutre di un principio costituzionale fondamentale quale quello della sussidiarietá orizzontale e che, dunque, vede nel percorso di autogestione e autogoverno l’unica valida alternativa all’individualismo e alla corruzione.
Vogliamo tornare a costruire l’impossibile, stavolta pensando nello specifico alla scuola. Ma la storia è sempre la stessa.
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Di fronte a una scuola che ripropone l’insensato voto numerico, vogliamo parlare della battaglia del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) per la sua abolizione e per lo studio di forme di valutazione complesse e costruttive. Così come non si può restringere il valore di un’esperienza di mutualismo o di uno spazio sociale nelle categorie escludenti di un bando, allo stesso modo assegnare un numero ai processi di crescita e di apprendimento di un bambino non risponde ad alcuna forma di logica né di giustizia. La fisica ci insegna che per misurare qualcosa ci vuole un’unità di misura e, come tutte le più belle cose, né la crescita né la cooperazione ne hanno una.
Contro una riforma che associa alla “bontà” della scuola i meccanismi della competizione, del merito e del premio (tra colleghi, tra alunni e tra strutture), vogliamo ricercare e condividere quelle pratiche di scuola cooperativa, attiva e inclusiva che ancora oggi permettono a educatori e insegnanti di dare un valore al proprio operato. Lo faremo “andando avanti, guardando indietro”: citando e riscoprendo i Maestri dei maestri come Célestin Freinet, Mario Lodi, Bruno Ciari e Paulo Freire ma anche imparando da piccoli grandi insegnanti come i bambini della scuola di Montecucco, che terranno un laboratorio di web radio per gli educatori.
All’inutile e dannoso meccanismo dell’Invalsi – che paghiamo salato solo per sentirci dire che i nostri ragazzi non fanno bene i test, senza particolari ritorni, benefici, sostegni alla didattica o ricerca di più intelligenti forme di valutazione (leggi anche Mi chiamo Paolo, Signori Invalsi, ndr) – vogliamo contrapporre le storie, i racconti e le pratiche di chi ogni giorno lotta davvero contro la dispersione scolastica, come le scuole popolari riunitesi quest’anno in una rete romana per condividere criticità e progetti. Ne parleremo in una tavola rotonda diversificata e meticcia, cogliendo il suggerimento del MCE e del suo Tour pedagogico-Politico “Un’altra Scuola è possibile!”, secondo il quale non ci si può pensare soli nell’opera educativa, coerentemente con il vecchio proverbio africano “per educare un bambino ci vuole un intero villaggio”. E ascolteremo le suggestioni di due interessantissimi documentari che raccontano proprio altre scuole possibili.
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“Infanzia alla ribalta”
Nuovo Cinema Palazzo, Roma: domenica 29 maggio
Ci incontreremo ancora una volta per discutere di “possibile”
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