Un provvedimento di regolarizzazione dei sans papier è urgentissimo. Alle ragioni di sempre, affermare i diritti di tutti e sottrarre i migranti ai ricatti cui vengono sottoposti quando cercano un lavoro o un tetto per condurre una vita dignitosa, si aggiunge oggi la tutela della salute collettiva, compresa quella delle centinaia di migliaia di migranti che vivono qui ma non hanno accesso alla sanità pubblica. La “sanatoria” dovrebbe riguardare circa 600mila persone costrette oggi alla clandestinità, senza esclusioni miserabili, come quelle che privilegiano il solito egoismo del profitto e la “preferenza nazionale”, cioè il fatto che i “nostri” prodotti dell’agricoltura marciscono nei campi sui diritti dei braccianti piuttosto che delle colf, dei pizzaioli o dei muratori. Purtoppo, la discussione dei partiti intorno alle ipotesi avanzate dalla ministra Bellanova non vanno in questa direzione, con la solita scusa del timore delle arringhe mediatiche degli urlatori razzisti tricolori. Altri due punti essenziali, come rileva l’articolo delle preziose Cronache di Ordinario razzismo, riguardano l’ipotesi che la domanda sia affidata ai datori di lavoro, con evidenti conseguenze ricattatorie, e lo stillicidio del rinnovo da fare di sei mesi in sei mesi, utile solo a rendere più fragile, precaria e dunque ancora ricattabile la posizione dei migranti. C’è, infine, il problema delle migliaia di persone che hanno perso il titolo di soggiorno per protezione umanitaria o per richiesta di asilo, i cui diritti andrebbero salvaguardati. La scelta più ragionevole e opportuna sarebbe di riconoscere a tutti i cittadini stranieri presenti sul territorio il diritto di soggiornare in Italia per motivi di lavoro o per ricerca di lavoro o per attesa occupazione. C’è da scommettere che non saranno pochi gli ipocriti pronti a considerarla una esagerata utopia. Sarebbe l’ennesimo segnale che il virus del terrore, in certi ambienti, non ha cambiato niente e, tanto per fare un esempio, nuovi tagli alla sanità dettati dal disastro economico sono appena dietro l’angolo
Il dibattito avviato da alcune settimane sull’urgenza di adottare un nuovo provvedimento di regolarizzazione dei cittadini stranieri senza documenti presenti in Italia ha raggiunto in questi giorni il suo culmine. Come è successo molte volte in passato, sta facendo molto rumore. E i giorni passano, ma il provvedimento non è stato ancora varato. Le dichiarazioni di questi giorni della Ministra per le politiche agricole Villanova che farebbero (pur con tutti i loro limiti) ben sperare, sono accompagnate da prese di distanza che invece sono preoccupanti e aprono il varco alla cattiva informazione da un lato e alla speculazione politica (per altro del tutto prevedibile) dall’altro.
Di che cosa stiamo parlando
Innanzitutto, è bene ricordare che tra il 1986 e il 2012 nel nostro paese sono stati adottati 7 provvedimenti definiti di sanatoria o di regolarizzazione dei cittadini stranieri già presenti sul territorio italiano, privi di un permesso di soggiorno.
In totale, secondo i dati ufficiali (quelli definitivi sugli esiti dell’ultima avventurosa regolarizzazione del 2012 non sono mai stati diffusi), circa un milione e 700mila lavoratori stranieri hanno acquisito grazie a questi provvedimenti il diritto di soggiornare nel nostro paese.
In sostanza le norme di volta in volta adottate hanno reso possibile l’emersione di migliaia di lavoratori già presenti sul mercato del lavoro italiano, ma prive di un documento che le autorizzasse a farlo. Le regolarizzazioni, così come storicamente sono state declinate nel nostro paese, sono servite sostanzialmente a due cose:
1. Regolarizzare la posizione giuridica del cittadino straniero sottraendolo conseguentemente al rischio di essere espulso dal paese;
2. Regolarizzare la sua posizione lavorativa: tutte le regolarizzazioni adottate nel corso degli ultimi anni hanno previsto come requisito di accesso la titolarità di un contratto di lavoro.
Qualche titolo di prima pagina capzioso uscito oggi consiglia di specificare bene, ancora una volta, di che cosa NON stiamo parlando.
NON stiamo parlando di provvedimenti che portano al riconoscimento della cittadinanza italiana, per ottenere la quale la legge (L.91/92) richiede ai cittadini stranieri adulti, tra gli altri requisiti, di dimostrare la residenza pregressa continuativa sul territorio italiano di almeno dieci anni.
Il permesso di soggiorno attribuisce al cittadino straniero il diritto di vivere nel nostro paese per motivi che possono variare (lavoro, studio, asilo), di avere un codice fiscale, di richiedere la residenza anagrafica. In sintesi: con il permesso di soggiorno posso stipulare un contratto di lavoro, iscrivermi al Servizio Sanitario Nazionale, accedere ad alcune prestazioni sociali (non a tutte come abbiamo avuto occasione di denunciare più volte), ma, ad esempio, non posso votare. La prima pagina di Libero di oggi non solo è eticamente inaccettabile, ma ospita un articolo che inganna il lettore:
“Siccome il virus, oltre a tutte le altre attività economiche, ha rallentato anche la raccolta di frutta e verdura nei campi, lavoro stagionale per antonomasia, l’ex bracciante e già sindacalista rossa vuole risolvere il problema regalando la cittadinanza italiana a 600mila clandestini.”
Regolarizzare nell’era del Covid-19
La fase straordinaria che tutte e tutti stiamo vivendo aggiunge in realtà un altro argomento fondamentale alla celere approvazione di un nuovo provvedimento di regolarizzazione. Come è stato messo in evidenza molto bene da tutti gli appelli promossi per fare pressione sul Governo su questa questione, oggi rilasciare un permesso di soggiorno a tutti i cittadini stranieri presenti nel paese è doveroso innanzitutto per motivi umanitari e di salute. Si tratta di garantire il diritto alla salute e alla sicurezza sanitaria (di rilevanza costituzionale) a tutte le persone indipendentemente dalla loro nazionalità. E ciò è indispensabile non solo per tutelare la loro salute, ma la salute collettiva di tutte e tutti i cittadini. Per altro i recenti decreti adottati da alcuni Tribunali in merito alla richiesta di sospensiva dei provvedimenti di revoca del permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale (ne abbiamo parlato qui), vanno esattamente in questa direzione.
Le ipotesi al vaglio del governo e i loro limiti
Non esiste ancora un testo ufficiale del provvedimento di cui si dibatte da giorni. Sino ad oggi sono circolate solo bozze informali e le dichiarazioni rilasciate alla stampa da parte delle ministre interessate. All’interno della maggioranza, l’accordo politico sui contenuti del provvedimento non sembra ancora raggiunto.
Se il provvedimento definitivo rispecchiasse i contenuti di una delle ultime bozze circolate, certo migliaia di lavoratori potrebbero ottenere un permesso di soggiorno (rischiando per altro di dover pagare un prezzo molto alto), ma molte e molti rimarrebbero esclusi.
- Innanzitutto, la regolarizzazione è messa nelle mani dei datori di lavoro: sono questi che dovrebbero richiedere la regolarizzazione del rapporto di lavoro, non i lavoratori, con tutto ciò che questo comporta (possibili ricatti del lavoratore e sviluppo di un circuito illegale di “vendita” dei contratti di lavoro).
- Tutte le ipotesi circolate a livello Governativo propongono una regolarizzazione molto selettiva (certo non sarebbe la prima volta) limitata ai settori dell’agricoltura, dell’allevamento, della pesca e dell’acquacoltura o al massimo, secondo le dichiarazioni degli ultimissimi giorni, anche dell’assistenza domestica e familiare. Come giustamente osserva Sergio Bontempelli qui, questo criterio selettivo risulta incomprensibile. Ad esempio: un altro settore del mondo del lavoro in cui da sempre operano molti cittadini stranieri senza documenti è quello edilizio; vi sono inoltre migliaia di persone che hanno perso il titolo di soggiorno per protezione umanitaria o per richiesta di asilo i cui diritti andrebbero salvaguardati. In generale sarebbe molto meglio riconoscere a tutti i cittadini stranieri presenti sul territorio il diritto di soggiornare in Italia per motivi di lavoro o per ricerca di lavoro (qui la proposta Asgi) o per attesa occupazione, come suggerisce Adif (vedi qui).
- Sarebbe una restrizione inutile e ingiusta quella di rilasciare permessi di soggiorno solo temporanei di sei mesi (eventualmente rinnovabili): sarebbe onerosa per i cittadini stranieri (ogni rinnovo costa) e appesantirebbe la già lenta e farraginosa burocrazia italiana.
Il dibattito pubblico: lavoro straniero e dilemmi antichi
Come spesso succede, il dibattito pubblico sul tema ha riproposto uno schema polarizzato su diverse questioni.
Il primo dilemma (definiamolo così) è quello che attraversa da sempre non solo la storia dell’immigrazione nel nostro paese, ma l’intero sistema economico e del mercato del lavoro. Contano di più gli interessi economici in gioco (le arance non raccolte per mancanza di lavoro) o i diritti fondamentali (la salute, il lavoro, il diritto a un salario equo) delle persone?
La prima opzione supporta l’adozione di provvedimenti variamente selettivi: regolarizzo solo chi mi “serve” di più: il bracciante, l’allevatore, la domestica, l’assistente familiare. La seconda suggerisce invece di generalizzare il più possibile la portata del provvedimento.
Il secondo dilemma riguarda l’esistenza di una presunta contrapposizione tra il diritto al lavoro dei cittadini italiani e quello degli immigrati, tanto più evocata in questa difficilissima fase di emergenza sanitaria ed economica. “Abbiamo migliaia di disoccupati italiani, diamo priorità a loro”. E’ l’argomento che ha “giustificato” il sostanziale blocco degli ingressi di cittadini stranieri per motivi di lavoro almeno dal 2008 ed è una delle cause principali del grande numero di persone straniere senza documenti presenti nel paese.
Ma sono le stesse associazioni di categoria ad esprimere una domanda di lavoro straniero, significa che quello “italiano” non è sufficiente a soddisfare le esigenze. Sulle diverse forme di “etnicizzazione del mercato del lavoro Enrico Pugliese ha scritto pagine illuminanti (tra le molte si veda qui), basterebbe leggerle.
Il terzo dilemma è squisitamente politico ed è in verità quello che rischia di determinare le sorti del provvedimento. Il silenzio temporaneo delle retoriche roboanti di natura xenofoba e razzista è già finito e gli odiatori di professione aspettano al varco. Il timore di prestare il fianco a una speculazione politica sul provvedimento sembra preoccupare trasversalmente una parte della maggioranza.
Si potrebbe rispondere che come avviene già su tutti gli altri fronti della gestione dell’emergenza Covid-19, qualsiasi esito del provvedimento di cui si sta discutendo sarà oggetto di strumentalizzazione politica: se non sarà fatto, si dirà che il merito di averlo fermato è delle opposizioni; se si farà, si dirà che si antepongono i diritti degli italiani a quelli degli stranieri.
Proprio per questo sarebbe meglio sottrarsi subito alle polemiche schierandosi senza indugi dalla parte dei diritti delle persone e scegliendo la strada più breve possibile per rilasciare un titolo di soggiorno a tutte le persone straniere senza documenti presenti nel nostro paese.
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