REALIZZARE LA CONVIVENZA TRA LE COMUNITA’ ROM E SINTI ED I QUARTIERI SU CUI GRAVITANO PER ANDARE AL SUPERAMENTO DEFINITIVO DEI CAMPI
Di Antonio Viccaro
Perché la lettera
L’elaborazione di questa lettera è il risultato del Coordinamento delle Associazioni elencate in calce, portatrici di pratiche decennali e di sperimentazione di attività di convivenza con le Comunità Rom e Sinti nell’area di Colli Aniene, Tor Sapienza, La Rustica, Alessandrino e Centocelle.
Queste strutture associative si sono costituite in Coordinamento per ri-affermare integralmente la loro determinazione ad impegnare i decisori politici e istituzionali nella formulazione di strategie politiche e sociali capaci di cambiare radicalmente rotta rispetto alle fallimentari esperienze delle Amministrazioni precedenti. Amministrazioni che, con i soldi dei contribuenti, hanno prodotto segregazione ed esclusione sociale per Rom e Sinti, nonché l’incremento del disagio e dell’insicurezza per gli abitanti di quelle estreme periferie interessate da insediamenti che ne incrementano gli intrinseci processi di degrado.
Andare oltre “l’Emergenza Rom”
E dunque le nuove strategie devono essere implementate secondo una logica sistemica. Vale a dire, fatte di azioni capaci di assumere la gestione delle criticità che alcuni territori manifestano per la presenza di insediamenti Rom e Sinti, senza farsi mbrigliare dalla retorica della cosiddetta Emergenza Rom. Assunto che questa altro non è che la dimostrazione plastica della inadeguatezza delle Amministrazioni capitoline che si sono succedute negli anni al governo della Città di Roma, nel gestire e soprattutto nel contrastare, la povertà urbana delle periferie, determinando la creazione di ulteriore degrado, emarginazione e messa a rischio della sicurezza sociale.
Perché lavorare alla convivenza tra diversi
Operativamente le azioni strategiche devono mirare alla ri-costruzione di una soglia di convivenza tra abitanti dei quartieri limitrofi (vedi Via Salviati, C. Aniene, T. Sapienza) e Rom/Sinti per interessarli entrambi ad agire insieme alla graduale chiusura dei Campi.
Un percorso da concordare con le Istituzioni, Municipali e Centrali, da progettare e realizzare nei tempi (certi e controllabili) e nei modi, attraverso un’azione di benchmarking, per puntare all’eccellenza, in coerenza con la Strategia Nazionale di Inclusione Sociale dei Rom, Sinti e Camminanti[1].
Con questo approccio il fine (la convivenza tra diversi) diventa mezzo per il superamento del Modello Campi. Modello che, obiettivamente tende ad “…alimentare l’intolleranza dei cittadini romani residenti nelle aree dei campi che percepiscono la presenza di chi li abita come ingombrante e minacciosa…”[2]
Quanto esposto ci consente di affermare che quella della convivenza deve essere considerata una strategia spuria e transitoria: spuria poiché sarà il frutto di una pratica da orientare e sperimentare day by day e soprattutto in termini contingency. E dunque difficilmente modellizzabile. Transitoria per definizione, in quanto propedeutica alle nuove strategie di superamento del Modello Campi.
L’intelligenza territoriale collettiva come risorsa
Lo sviluppo di queste politiche e strategie, se realmente volte ad introdurre una vera e propria discontinuità, sia con i cosiddetti Piani Nomadi (tristemente noti per i loro alti costi e la loro totale inefficacia), sia con gli sterili sgomberi fine a se stessi, potrà contare sul supporto di una intelligenza territoriale collettiva, fatta di pratiche concrete ricche di un know how socio-tecnico, teorico ed esperienziale che dimostra che nei nostri territori ci sono le risorse necessarie al superamento delle strategie dei Campi.
Il nostro impegno
Il Comitato di Coordinamento nel quale si riconosce il raggruppamento di Associazioni che firma la presente lettera, sta predisponendo una raccolta ragionata delle migliori pratiche sperimentate in una pluralità di percorsi, laboratori e progetti d’inclusione, che vanno dal rafforzamento dei mercati, alla creazione di cooperative di riuso e riciclo, al realizzare la raccolta differenziata porta a porta, all’offerta di sostegno extra-scolastico gratuito, integrato ed interculturale, all’auto-recupero di palazzi abbandonati e alla creazione di condomini multiculturali, allo sviluppo di orti e di agricoltura urbana, per recuperare il degrado ambientale e per creare redditi di sussistenza.
Tutte queste pratiche/proposte hanno bisogno di un accompagnamento forte e deciso da parte delle Istituzioni, per determinare tempi più celeri di realizzazione e di successo.
Ormai ci sono generazioni e generazioni di nuovi cittadini nati in questi campi e non c’è più tempo da perdere! E non si possono più ostacolare le azioni di resilienza delle reti territoriali, che operano per ritessere i rapporti sociali spezzati.
Intervenire in forma integrale
Le strutture che firmano la lettera hanno compreso che bisogna intervenire in una forma integrale e decisa, in dialogo con i territori, e con le comunità Rom e Sinti in coerenza con le strategie di ri-costruzione della convivenza come conditio sine qua non per l’avvio dei percorsi di superamento del Modello dei Campi.
Per questo, sia Noi che Loro stiamo facendo tutti questi percorsi sulla nostra pelle, spesso abbandonati dalle Istituzioni. Non vogliamo rincorrere la rabbia o l’idea dell’emergenza permanente, né trovare soluzioni univoche e semplicisticamente immediate, ma lavorare per prevedere il lungo termine, trovando insieme soluzioni strutturali, mettendo in azione e valorizzando tutte le energie, le intelligenze e le risorse a disposizione.
La nostre preoccupazioni
In questa sede esprimiamo alcune preoccupazioni, in particolare di fronte ai primi passi di governo di questa Giunta Comunale e di quelle Municipali, che non si sono ancora dichiarate, in modo forte e chiaro, contro il Modello dei Campi Rom e contro il Piano Nomadi.
Per quanto ci riguarda possiamo affermare che le politiche decennali portata avanti da tutte le Amministrazioni cittadine che si sono avvicendate nel governo della città si sono dimostrate completamente inadeguata, finendo con il favorire un enorme spreco di risorse pubbliche.
Non ci possiamo permettere un nuovo fallimento di queste Politiche Sociali: le comunità Rom e Sinti (vivono?) in condizioni igienico-sanitarie pessime, tra un succedersi di sgomberi che tende a criminalizzarli indistintamente incrementando l’intolleranza che non aiuta la ri-costruzione della convivenza tra diversi. Le Buone pratiche ed i Progetti d’integrazione che generano competenze socio-economiche che molte realtà culturali, sociali e politiche stanno realizzando per determinare una convivenza più matura tendono ad essere banalizzate; anche qui ostacolando la convivenza. E questo nonostante le dichiarazioni espresse da “pezzi” significativi delle Comunità Rom e Sinti circa lo loro disponibilità ad intraprendere impegnativi percorsi di integrazione.[3]
Anche sul fronte dei Cittadini che abitano nelle periferie si rileva una grave esasperazione per la mancanza di servizi pubblici e di una reale presenza attiva delle Istituzioni. Queste da anni non propongo piani e programmi di investimenti strategici per la riqualificazione delle periferie che tendono ad un progressivo degrado. In questa situazione è facile allora che si sviluppi l’odio tra la popolazione attraverso azioni che possono sfociare nella violenza più cieca.
Tuttavia, ci conforta che, ciononostante ci sono anche molti cittadini che rifiutano questo tipo di manipolazioni, convinti che la rigenerazione delle aree urbane e la creazione di opportunità per tutti, eviterà la proliferazione di altre isole di degrado ed emarginazione, costituendo l’unica strada percorribile per una vera politica di riscatto, di benessere e di sicurezza della nostra società.
Infine, vorremmo capire se questa Giunta Comunale ha intenzione davvero di scrivere un nuovo capitolo per la città di Roma, ascoltando i diretti interessati (le Comunità Rom e Sinti), e coloro che hanno maturato un’esperienza di collaborazione con queste Comunità; gli unici soggetti, tra l’altro, che hanno anche provato a diffondere una contro-informazione a favore dell’umanizzazione di una situazione che ha trasceso ogni tipo di violazione dei diritti umani.
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