Com’era bello quando Marco, nella redazione di Carta, mi passava i pezzi, lentissimamente, utilizzando la freccetta e non il mouse per scorrere le pagine – cosa che a me faceva molto ridere, magari c’era da sbrigarsi ma a lui non fregava niente, ha sempre avuto con il tempo un rapporto strano – prendendomi molto per il culo e fumando, io in attesa in piedi accanto a lui perché al suo giudizio ci tenevo tanto. Perché Marco scriveva da dio, era preso a Carta da mille altre cose ma quando scriveva lo faceva per ciò che amava, articolesse (diceva Gigi) lunghe e bellissime sul Cile, il Messico, l’Argentina, la Grecia, oppure traduceva i pezzi dei suoi amici latinoamericani che glieli mandavano da molto lontano e che lo amavano.
Marco non andava mai dritto, non era mai rapido, non parlava mai poco – i suoi silenzi erano il segno di dubbi, incomprensioni, pensieri. Stava a lungo sulle cose e dentro le cose, un po’ scomodo, le guardava da sotto di lato da vicino, ci tornava sopra e questo ci esasperava a volte. Non andava dritto, girava in tondo, ma era il suo modo di stare al mondo e adesso penso che era un modo complicato, che lo ha stancato troppo. Forse avrebbe voluto insegnarci, a noi che abbiamo lavorato insieme a lui e imparato da lui in quegli anni, a fare lo stesso.
Siccome parlava tanto, ma sapeva ascoltare, i dialoghi con lui non finivano mai. Qualunque fosse l’argomento – i guai del giornale, il giornale, le nostre vicende personali, le sue, il nostro modo di lavorare – avevo sempre la sensazione e ce l’ho adesso, fortissima e dolorosa, che ancora ci fosse tra noi molto da dire, da raccontare, da spiegare. Un cumulo di non detti e di cose da fare che resterà lì, come le montagne di carte e libri sulla sua scrivania incasinatissima.
Però il suo sguardo su di noi era lungo, affettuoso e complice, mai distratto, mai superficiale anzi profondo, e nonostante i casini e nel disastro della fine di Carta ci ha voluto molto bene e noi ne abbiamo voluto a lui. Io so che lo sapeva, sapeva anche quanto ci ha insegnato e che ci sono stati giorni felici e allegri, e adesso mi ripeto e spero che questo sia importante.
LEGGI ANCHE:
Remo Siza dice
Mi dispiace molto. Io non conosciuto di persona Marco, gli ho inviato qualche breve contributo a distanza di anni l’uno dall’altro, e lui lo ha sempre accolto con gentilezza ed eleganza interiore.
Ho sempre pensato che fosse una persona speciale che prima o poi avrei dovuto incontrare
Emilia dice
Molto bello ed umano questo ritratto di vita, di quotidianità. Avrei voluto davvero conoscerlo.