Nurcan Baysal è una giornalista curda di Diyarbakir, Kurdistan turco, arrestata e minacciata più volte a causa del suo impegno femminista, pacifista e nella difesa dei diritti umani. Quella di Nurcan resta però una delle voci più autorevoli e ascoltate in campo internazionale che raccontano dall’interno le nefaste vicende del regime di Recep Tayyip Erdoğan. In seguito all’accettazione, da parte del giurista italo-islandese Róbert Ragnar Spanó, presidente della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), di una laurea honoris causa in giurisprudenza conferita dall’Università di Istanbul, Nurcan Baysal ha scritto una lettera aperta in cui esprime la sua indignazione e ne chiede le dimissioni. Spanó ha scelto di ritirare nei primi giorni di settembre il premio nell’università considerata il simbolo accademico della repressione seguita al tentato golpe del 2016, ha incontrato Erdoğan e diversi ministri e funzionari del governo e ha tenuto una conferenza intitolata “L’indipendenza della Magistratura, pietra angolare dello Stato di diritto”, alla presenza di ministri, di giudici e pubblici ministeri turchi. Poi Spanó è andato in visita a Mardin, una delle 46 città a maggioranza curda che non ha più neanche un sindaco, perché quelli eletti democraticamente sono stati fatti fuori e arrestati. Mentre il presidente della CEDU teneva la sua conferenza, la Corte di Cassazione turca confermava la condanna a 10 anni e 6 mesi di reclusione per l’avvocato Aytaç Ünsal, colpevole solo di difendere in tribunale militanti comunisti che il regime considera “terroristi”. Ünsal aveva optato per il “digiuno fino alla morte” e rinunciava a nutrirsi da 213 giorni per chiedere un giusto processo. A differenza dei casi precedenti di persone perseguitate e lasciate morire vigliaccamente dal regime nei mesi scorsi, la detenzione di Ünsal è stata sospesa temporaneamente. Lasciarlo morire proprio nelle ore in cui il presidente della Corte europea per i diritti dell’uomo esortava all’indipendenza della magistratura sarebbe stato troppo, forse perfino per Erdoğan
Gentile Sig. Spanó, la Sua visita in Turchia la scorsa settimana ha profondamente deluso coloro che lottano per i diritti umani, la democrazia, l’uguaglianza e lo stato di diritto. La Sua visita nel mio paese, dove lo stato di diritto è stato ignorato e centinaia di migliaia di persone sono illegalmente detenute, avrebbe potuto essere molto diversa. Con la Sua visita, avrebbe potuto dare potere a persone e istituzioni che lottano per i diritti umani, la democrazia, l’uguaglianza, la libertà e l’indipendenza giudiziaria, e rinnovato la loro fiducia nella Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che è diventata un meccanismo di soccorso per migliaia di persone di fronte all’illegalità in questo paese. Tuttavia, trascurando i principi del tribunale che conduce, uno dei più preziosi tribunali per i diritti umani al mondo, ha scelto un’altra strada.
L’Università di Istanbul, dove ha ricevuto il dottorato honoris causa durante la Sua visita, ha licenziato illegalmente quasi 192 accademici per decreto. L’Accademia della giustizia (Adalet Akademisi), dove ha tenuto un discorso, non si è pronunciata quando 4.260 giudici e pubblici ministeri sono stati licenziati negli ultimi quattro anni e non ha lottato per i loro diritti quando migliaia di loro sono stati scaraventati in prigione.
Negli ultimi anni la Corte costituzionale e la Corte suprema che ha visitato hanno registrato scarsi risultati in materia di diritti umani e dello stato di diritto. Infine, il governatore della provincia meridionale di Mardin, che ha visitato, è stato nominato dal governo in sostituzione di Ahmet Türk, eletto democraticamente con oltre 200.000 voti.
Gentile Sig. Spanó,
la Turchia è in una terribile oscurità con centinaia di persone che aspettano giustizia da molti anni. Quando ha visitato il mio paese, avrebbe dovuto ascoltare le persone e le istituzioni che lottano per i diritti umani, nonché le organizzazioni non governative. Tuttavia, quando ha incontrato funzionari statali e del partito al governo e ha deciso di non incontrare le persone che sono state vittime delle pratiche dello stato e del governo, ha gettato una grande ombra sull’imparzialità Sua e della CEDU.
Gentile Sig. Spanó,
il sistema giudiziario e lo stato di diritto nel mio paese sono stati distrutti da molto tempo. Centinaia di migliaia di persone, politici, difensori dei diritti umani, giornalisti e scrittori sono in prigione. Per cosa? Perché sono contrari al governo, perché vogliono la pace, perché vogliono la libertà, perché la pensano diversamente da chi è al potere, perché scrivono, perché dicono “i bambini stanno morendo”, a volte perché indossano un foulard giallo-rosso-verde che simboleggia la cultura curda, a volte perché cantano una canzone curda.
I loro casi, compreso il mio, un giorno arriveranno alla CEDU. Come giudicherà questi casi contro il governo turco? In qualità di difensore dei diritti umani e giornalista, come potrò fidarmi della sua imparzialità quando il mio caso arriverà alla CEDU, onorevole Spanó?
Il mio caro amico Osman Kavala, un filantropo turco e attivista per i diritti umani è stato ingiustamente in prigione per 1.044 giorni nonostante la richiesta della CEDU di liberarlo. Ci pensi, signor Spanó, il Suo arrivo avrebbe potuto portare speranza ai nostri amici che contano i giorni e le ore in cella.
Il Suo arrivo avrebbe potuto essere una piccola luce di speranza per Kavala, Selahattin Demirtaş, Ahmet Altan e molti altri. Nonostante i verdetti della CEDU che chiedono il loro rilascio, Demirtaş e Kavala sono ancora dietro le sbarre, ed è per questo che la Sua visita, francamente, mi fa arrabbiare.
Con il Suo viaggio, Lei ha fornito legittimità al regime oppressivo in Turchia che ignora le decisioni del tribunale che rappresenta e ha minato i principi della CEDU.
Signor Spanó, c’è un distretto a Mardin, dove lei ha incontrato il governatore, si chiama Nusaybin. L’ultimo coprifuoco a Nusaybin è iniziato il 14 marzo 2016 ed è durato 134 giorni. Quasi cento persone sono morte in questi 134 giorni, con i sei quartieri più popolosi di Nusaybin completamente distrutti.
45.000 residenti di Nusaybin sono rimasti senza casa. Alcuni dei corpi non sono mai stati trovati. Se andasse a Nusaybin, che dista solo mezz’ora da Mardin, signor Spanó, vedrebbe lapidi numerate nel cimitero. Appartengono a coloro la cui identità non può essere determinata a causa di una mancanza di integrità fisica che li rende irriconoscibili.
Anche dopo cinque anni di conflitto vedrebbe genitori alla ricerca di un pezzo, di un osso dei loro figli.
Ma Lei ha scelto di vedere quello che voleva vedere, non quelli che cercano giustizia, non quelli che cercano i diritti dei loro figli. Ha scelto di non sentire la voce della giustizia da noi sussurrata dai cimiteri e dalle prigioni di questo paese.
Invece ha scelto di essere “onorato” da uno stato che viola sistematicamente i diritti umani e lo stato di diritto, crimini spesso condannati dalla CEDU.
Lei ha danneggiato non solo il Suo onore, ma anche quello della Corte che rappresenta e che ha sostenuto la scoperta di molte fosse comuni e omicidi irrisolti in questo paese ed è stata una speranza per i cittadini in cerca di giustizia sin dagli anni ’90.
Penso che questa macchia sulla CEDU possa essere rimossa solo dalle Sue dimissioni.
Fonte: Rete Kurdistan.it
Edo Facchinetti dice
Queste due lettere valgono molto più di mille dossier che nessuno ormai legge più.
Maria Buriani dice
Dateci modo di sottoscrivere e di inviare queste lettere. Per fare pressione sulla Corte che ne chieda le dimissioni.
Roberto Renzoni dice
“Lei ha scelto di vedere quello che voleva vedere” è, forse, la conclusione più sentita di Nurcan alla sua lettera. Spano’ dalla visita in Turchia non cercava altro che una medaglia in più da appendere alla giacca come facevano i nazisti.
Anna Maria Portera dice
Il giurista Vladimiro Zagrebelsky, che più volte ha denunciato la intollerabile repressione turca, ha letto in senso opposto la visita: a partire dal discorso sull’indipendenza della Magistratura come elemento essenziale dello Stato di Diritto, la presenza e le parole del Presidente della Cedu, davanti alle autorità, secondo lui, non sono di acquiescenza ma di monito. La politica della UE e degli stati membri, invece, tace.