È un machi, cioè un’autorità religiosa del popolo mapuche. Sta mettendo a rischio la sua vita per salvarla e per affermare la dignità del suo popolo. Chiede di poter tornare per 48 ore nella propria comunità per compiere una cerimonia imprescindibile per la propria salute fisica e spirituale, ma le istituzioni cilene che lo hanno rinchiuso in carcere senza prove, dopo un processo condotto con strumenti giudiziari che le Nazioni Unite hanno più volte stigmatizzato, non ne vogliono sapere. Violano, in questo modo, il diritto internazionale (“Convenzione 169” della ILO, “Dichiarazione universale dei popoli indigeni”) e le norme del regime penitenziario cileno prevedono un’applicazione interculturale del diritto al culto e alla salute che permetterebbero la concessione di questo beneficio. Così Celestino si sta lasciando morire, non mangia da 96 giorni e ha smesso anche di bere, i medici che lo seguono hanno affermato che, nelle condizioni di quella protesta estrema, non può resistere più di 72 ore. Il racconto di Manuel Zani, dell’Associazione di solidarietà Il Cerchio che lo ha incontrato
di Manuel Zani
Un uomo, un “machi”, sta morendo in sciopero della fame per chiedere il rispetto dei suoi diritti. Celestino Cordoba è uno sciamano, autorità ancestrale del popolo mapuche, in carcere a Temuco, Cile, e chiede di poter tornare per 48 ore nella propria comunità per compiere una cerimonia religiosa imprescindibile per la propria salute fisica e spirituale.
Il diritto internazionale (“Convenzione 169” della ILO, “Dichiarazione universale dei popoli indigeni”) e le norme nazionali del regime penitenziario cileno prevedono un’applicazione interculturale del diritto al culto e alla salute che permetterebbero la concessione di questo beneficio. Ma il governo cileno si rifiuta categoricamente.
Il machi in prigione
Ho incontrato Celestino in carcere nel 94esimo giorno di sciopero della fame ed è stato un pugno nello stomaco. Le forze lo hanno ormai abbandonato quasi del tutto e si trascina in cella appoggiato a un bastone, strisciando i piedi perché non riesce ad articolare le gambe. I medici pronosticano che è questione di giorni e sarà costretto a letto. Se il corpo è allo stremo, sulla soglia del punto di non ritorno nel deterioramento degli organi vitali, la mente è lucida, calma e consapevole.
“Non chiedo niente che non sia legittimo – afferma Celestino – In questi anni abbiamo bussato a ogni porta e tentato di instaurare un dialogo con le autorità carcerarie del ministero di giustizia, ma abbiamo incontrato solo rifiuti e dilazioni”. Lo sciopero della fame è l’ultima, estrema risorsa.
“Paradossalmente sto mettendo a rischio la mia vita per salvarla. Sembra assurdo ma non lo è. Se non torno al mio Lof (comunità) e non realizzo la cerimonia del cambio di Rewe morirò ugualmente”.
Nella cosmovisione Mapuche il Rewe è il centro delle energie spirituali di un territorio che il machi convoca e con cui ha una forma di comunicazione durante la trance. È un segmento di tronco alto circa due metri. Al Rewe si fanno offerte e attorno ad esso si celebrano le cerimonie. Per questo è considerato analogamente all’altare della religione cristiana, unito al tabernacolo.
Sul Rewe, che è a scalini, il machi sale e balla durante la trance, simulando la salita al cielo.
Periodicamente gli spiriti esigono che venga rinnovato, così come il kultrun, il tamburo rituale. Sono gli strumenti di connessione con le entità della natura che, se viene a meno, porta alla morte spirituale e di conseguenza alla malattia o addirittura alla morte fisica del machi.
Un caso controverso.
Celestino si trova in carcere accusato e condannato per l’omicidio di una coppia di agricoltori di origine svizzera, la famiglia Luksinger Makay, coloni giunti nel paese nel 1800 e che negli anni hanno costruito una fortuna facendo incetta di terre mapuche con vari mezzi.
Nessuna prova dimostra la sua partecipazione in un fatto che ha diverse zone d’ombra e anzi perizie che smontano le tesi del PM non sono state prese in considerazione del tribunale.
Indagato ricorrendo alla legislazione antiterrorismo promulgata da Pinochet, che lo stato cileno utilizza compulsivamente contro personalità mapuche e più volte stigmatizzata come discriminatoria e illegale dalle Nazioni Unite, è stato condannato utilizzando le deposizioni di testimoni a volto protetto, altra distorsione del diritto che vulnera le capacità di azione della difesa e il diritto a un giusto processo.
La dignità di un popolo e i diritti umani.
Il machi Celestino sta morendo anche per salvare la dignità e i diritti del suo popolo. “È in gioco molto più della mia vita. I “Pu Lonko” [“le teste”, ovvero gli spiriti del pantheon Mapuche] mi stanno indicando il cammino in sogno. Non smetterò lo sciopero della fame senza aver ottenuto le 48 ore”. Mentre scrivo arriva la notizia che Celestino ha lanciato un ultimatum al governo, sollecitandolo a dare una risposta entro 72 ore, allo scadere delle quali smetterà di assumere anche i liquidi. I medici assicurano che in queste condizioni non sopravvivrebbe più di ulteriori 72 ore.
Nella dottrina giuridica contemporanea sui diritti umani è in corso da tempo un’apertura verso forme di riscrittura dei medesimi a partire da un’ottica interculturale.
I diritti umani non sono determinazioni universali, indiscriminatamente applicabili e fondate nel diritto occidentale, ma diritti culturalmente determinati.
Come insegna l’antropologo J. Antona Bustos e come già indicavano gli studi di Antonio De Martino è solo a partire dalla concezione cosmologica propria di ogni cultura che possiamo determinare leggi, regole, diritti e il concetto stesso di ciò che è reale o meno.
Solo adottando questa prospettiva è possibile comprendere la portata della lotta che il machi Celestino sta conducendo e come questa sia niente meno che la lotta di un popolo per il rispetto della propria integrità di gruppo e individuale, come avviene in Palestina, come è avvenuto in Sud Africa e come accade presso tutti i popoli indigeni che si oppongono alle pratiche estrattiviste che li priva del proprio territorio e ne compromette l’equilibrio fisico e spirituale in nome di un progresso che subiscono e non appartiene alla loro cultura.
Salutandomi al termine della visita Celestino sveste per un attimo i panni dell’autorità religiosa e mi domanda con angoscia “Ho 4 figli, tutti sotto i 12 anni. Che sarà di loro?”. La domanda è quanto mai cogente.
AGGIORNAMENTO del 19 aprile dell’Associazione Il Cerchio
DAL NOSTRO INVIATO SULLO STATO DEL MACHI CELESTINO CORDOVA
L’Osservatore dei diritti umani del Cerchio si trova a Temuco, ed era presente stanotte all’ospedale. Questo il suo racconto:
“Ieri sera la situazione è precipitata.
– il Machi è stato portato all’ospedale regionale mentre voleva essere curato in quello interculturale di Nueva Imperial, dove prestano servizio anche dei machi
– era in condizioni di debolezza estrema, non si sentiva più i piedi, che erano molto freddi come ho potuto constatare, non riuscivaquasia parlare e a sollevare la testa e la circolazione non funzionava bene. Nonostante questo l’han tenuto ammanettato al letto da metà pomeriggio fino alle 21 circa. Una situazione che tutti ritenevamo inumana, dove i medici dicevano che era responsabilità della gendarmeria, il capitano a carico ci rispondeva che il capo regionale aveva ordinato di seguire il protocollo e non toglierle, finchè alle 21 il n.2 regionale di gendarmeria scaricava sui medici la responsabilità dicendo che senza una loro richiesta non potevano toglierle. Tenerlo ammanettato in quelle condizioni credo che sia stato una forma di tortura e una vessazione inutile.
– inizialmente non lasciavano nemmeno la moglie ad assisterlo constantemente, violando un diritto del paziente. Verso le 9 di sera hanno mandato fuori tutti dalla stanza. Dopo poco, senza che l’ospedale avesse del personale paramedico nella stanza, il machi è andato al bagno, non si è retto in piedi ed è caduto. I 4 gendarmi non lo hanno aiutato. La
miglie e una ragazza presenti lì fuori si sono accorte che è caduto ma i gendarmi han cercato di negare chiudendo la porta, salvo dover
riconoscere ciò che era successo perchè il machi è entrato in stato di
incoscienza. Vi è rimasto per 3 ore.”
In queste ore stiamo inviando una relazione alle opportune istituzioni internazionali.
Lascia un commento