Quando Carlo Lorenzini, sì Collodi, ci fa entrare in casa di Mastro Geppetto, sul muro c’è disegnata una pentola che bolle. È un’immagine del desiderio, lui quella pentola non la possiede. Pinocchio è un libro dei sogni ma è anche un libro che racconta la fame contadina. Per affermare una cultura che affermi la dignità di tutti e ricacci – attraverso un processo lungo e senza soluzione di continuità – ogni forma di discriminazione dove merita, forse ci vorrebbe forse un bel minestrone: la tenacia e l’assurdità di chi attraversa deserti e frontiere alla ricerca di un’altra possibilità, la saggezza dei semi e della cultura rurale e i piedi ben piantati in quella realtà fatta di norme, diritti da strappare e pazienza infinita. Sono ingredienti che non mancano, in molte delle sue articolazioni, a un bel progetto che proprio dal burattino di legno più famoso del mondo prende il nome. Come nella pancia della balena, dentro quel progetto sono poi stati pensati una rilevante campagna, rigorosi progetti formativi, storie a fumetti e molte altre cose fantasiose e interessanti. Oggi, 24 febbraio, alle 18 il webinar conclusivo. Da non perdere
Pinocchio, per molti di noi il più bel racconto di ogni tempo, raccoglie tutte le paure dei bambini. In una prima versione, Collodi lo faceva addirittura morire, poi cambiò idea in seguito alla pressione dei giovani lettori. Da allora Pinocchio non morirà più. È stato così che per 22 mesi ha prestato il suo nome a un progetto importante che s’è proposto di rendere più forte una cultura capace di rafforzare il contrasto a ogni forma di discriminazione. Toccava quattro contesti urbani molto diversi: Caserta, Roma, Bologna e Genova.
Non si è rivolto, quel progetto, principalmente ai bambini ma ai giovani compresi tra i 15 e i 35 anni impegnati nelle scuole secondarie, nella formazione professionale, nelle associazioni sportive non professionistiche e, naturalmente, della promozione sociale. Lo ha fatto, per quel che riguarda le metodologie, sviluppando azioni di cittadinanza attiva e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Anche per questo, nell’amplia articolazione del quadro generale di quel Pinocchio, ha preso corpo una campagna di comunicazione di grande rilevanza come #sonofattituoi. La campagna aveva uno dei focus più significativi sulle situazioni quotidiane di discriminazione, in particolare (ma non solo) quella verso i migranti, cioè dove maggiormente può incidere ed essere utile un gran lavoro di questo tipo.
Oggi, 23 febbraio, alle 18, se ne tiene l’evento finale intitolato significativamente “La discriminazione è un virus, curiamolo con la cultura”. Si tratta di un grande incontro on line, promosso in collaborazione con Fanpage, dedicato alla partecipazione, allo sport e, naturalmente, alla cultura stessa. All’interno dell’evento è prevista anche una performance di Lorenzo Baglioni, che ha regalato al progetto una canzone intitolata “Una Coca Cola con la cannuccia corta”. Altra presenza di spicco da segnalare, quella di Valerio Chiola, autore di ben otto fumetti realizzati sul tema proprio per la campagna online.
Resterà invece a disposizione di tutti, anche dopo la conclusione della campagna, un altro elemento di spicco che caratterizza la qualità, i target e gli obiettivi più concreti dell’intero progetto: una vera e propria “cassetta degli attrezzi”, un toolkit molto ricco, in cui sono raccolte le esperienze formative messe in campo durante tutti i 22 mesi di attività di un progetto che ha provato a raggiungere mille studenti, duemila formatori e iscritti alle associazioni di promozione sociale, 200 soci della Uisp e almeno 200 mila persone destinatarie della campagna di comunicazione.
A inventare tutto questo è stato un partenariato forte tra CEFA-Il seme della solidarietà Onlus, A SUD Ecologia e Cooperazione Onlus, Lunaria, ArcsCultureSolidali, UispNazionale, ArciLiguria, ArciCaserta e Comune di Bologna.
Ecco, non resta che augurarsi che i carabinieri, il giudice e l’Omino di Burro che conduce Pinocchio e Lucignolo nel Paese dei Balocchi abbiano, prima o poi, la fortuna di imbattersi in un’attività formativa come quelle sviluppate nel Pinocchio “progettato”, perché di fate dai capelli turchini, sui litorali mediterranei e sulla rotta balcanica, non se ne incontrano mai.
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