È in uno dei quartieri più popolari della capitale, Goutte d’Or, che ha aperto la «Coop a Parigi». La sfida è creare una reale alternativa alla grande distribuzione sostenendo nel contempo l’attività dei piccoli produttori, ma garantendo dei prezzi accessibili. A partire dal momento del lancio della cooperativa, nel gennaio del 2014, le famiglie del quartiere hanno aderito in massa e offrono in cambio il loro tempo. La tappa successiva sarà la realizzazione di panieri solidali destinati alle situazioni più difficili
di Nadia Djabali
«Frutta, formaggi, carne, pasta, latticini, una gamma alimentare completa destinata ad evolvere!», prevede Christophe Pradal, uno dei promotori del progetto. All’inizio del mese di gennaio di quest’anno, al 38 di via Myrha, è stata inauguratala bottega della associazione “Coop a Parigi”. Questa si è insediata sul fianco della collina di Montmartre, in una delle zone più popolari di Parigi: Goutte d’Or. Lo statuto è quello delle associazioni poiché le strutture giuridiche cooperative in Francia devono basarsi su un nucleo di salariati. Invece in questo caso sono tutti volontari. “Ciò ci obbliga a realizzare effettivamente un modo di funzionamento collettivo”, prosegue Christophe Pradal.
Coop a Parigi è una iniziativa dei cittadini consumatori. Il loro desiderio: avere accesso a dei prodotti buoni e a un prezzo ragionevole e insieme sostenere una agricoltura rispettosa dell’ambiente. Vedendo che niente di simile riusciva a vedere la luce sotto il sole di Parigi, questa piccola parte di mondo ha deciso di aprire una sua bottega e di entrare in contatto diretto con i produttori. Nessun intermediario per i prodotti dei contadini inseriti nel catalogo. “Al momento, i cinquanta produttori trovati sono tutti biologici ma ciò che è importante è il modo di produrre. Alcuni di loro non sono certificati, ma non utilizzano né pesticidi né semi geneticamente modificati”, aggiunge Catherine Canfrin, che fa parte dei promotori del progetto.
I produttori biologici sono 120 per 12 milioni di abitanti
Questi produttori sono localizzati nella Oise, nella Charente, nell’Alta Normandia, nella Piccardia, nella Lozère e nel Var. Coop a Parigi ha anche attraversato le Alpi verso l’Italia per trovare la pasta e i fichi. Perché così lontano dalla bottega? “Nell’Ile de France ci sono 120 produttori bio per 12 milioni di abitanti”, dice Christophe Pradal. Vale a dire un produttore ogni centomila abitanti e quindi non riuscirebbero a far fronte alle richieste. In mancanza di una offerta sufficiente per l’Ile de France, Coop a Parigi è quindi obbligata ad approvvigionarsi anche a distanze maggiori.
In questa situazione l’elemento cruciale sono i trasporti. “Se si risolve il problema dei trasporti, sono molti i contadini disposti ad offrire i loro prodotti: in molte regioni, i prodotti ci sono ma hanno pochi sbocchi locali”, continua la sua analisi Christophe Pradal. “Noi ci basiamo sul concetto di bacino di produzione – aggiunge Catherine Canfrin – Quando si parla di solidarietà e di mutuo scambio degli strumenti, ciò si applica alle cooperative alimentari ma anche ai produttori. Questi ultimi sono già in alcune reti e conoscono bene la loro regione. Quindi noi non esitiamo a stimolarli quando cerchiamo dei prodotti. Noi facciamo affidamento sulle loro conoscenze, sulle loro reti e sulla loro disponibilità”.
Dei prodotti di qualità a dei prezzi accessibili
Dal momento che la Goutte d’Or è come un villaggio, la notizia della creazione di Coop a Parigi si è diffusa con la rapidità di un lampo. Non si deve dimenticare che Christophe Pradal e Catherine Canfrin sono conosciuti come dei lupi bianchi nel quartiere. Sono molto impegnati nella Amap (Associazione per la conservazione di una agricoltura contadina, analoga alla rete dei Gas in Italia, ndr) che ormai da tempo distribuisce due volte al mese le sue cassette nella bottega. La cooperativa ha iniziato la sua attività con 150 aderenti. In tre mesi, si sono aggiunti altri 120 membri a rinforzare la base, formata quasi esclusivamente da nuclei familiari del quartiere. “Quando abbiamo cominciato a far conoscere questo progetto, ci siamo resi conto che molte persone non aspettavano che questo tipo di iniziativa”, dice allegramente Catherine Canfrin. E’ necessario sottolineare che il quartiere comprende ben pochi venditori di verdure e che per quel che riguarda i formaggi nei dintorni non esiste alcun punto di vendita.
Quindi dei prodotti di qualità, ma anche dei prezzi accessibili che è possibile praticare grazie all’eliminazione degli intermediari. Mentre la grande distribuzione segue una politica di prezzi elevati per i prodotti biologici. “Noi abbiamo fatto un confronto accurato dei prezzi tra botteghe bio e grande distribuzione, precisa Christophe Pradal. In relazione ad un chilo di prodotto, i prezzi dei grandi supermercati sono incredibilmente alti. Hanno anche dei prezzi molto bassi diretti ad attrarre i clienti, ma quando mettono in vendita prodotti fabbricati a grande scala, i prezzi salgono vertiginosamente. Il pane, ad esempio, può arrivare anche a otto o nove euro al chilo”. Sono stati presi dei contatti con la panetteria della stessa strada. Coop a Parigi fornisce i sacchi di farina biologica prodotti nell’Ile de France, e il fornaio la lavora. Il pane tipo è venduto anche in pagnotte tagliate a 6,30 euro al chilo. “Ma anche questo prezzo è ancora troppo alto” , riconosce Christophe Pradal, che spera di poterlo ridurre in un futuro non lontano.
Offrire i prodotti anche a persone in condizioni precarie
Come si entra nell’associazione? Prima tappa: si aderisce e ciò costerà 15 euro. “Volendo anche di più se ci si riconosce nelle comuni finalità”, sorride Catherine Canfrin. Poi si partecipa all’organizzazione della bottega e dell’associazione. Questo investimento può avere molte forme: inserimento dei prodotti nel catalogo, etichettatura, pulizie. Ma può anche comprendere dei compiti amministrativi, la partecipazione a dei gruppi di lavoro o a dei laboratori, l’alimentazione del sito, l’elaborazione di una lettera informativa, le relazioni con i produttori. “Non siamo obbligati a fare sempre le stesse cose – precisa Catherine Canfrin – Gli aderenti prenderanno possesso della struttura seguendo i loro desideri”. Nessun compito è obbligatorio salvo il tempo da mettere a disposizione: un giorno di permanenza ogni trimestre.
“La struttura economica appartiene a chi vi aderisce e sono loro che devono mantenerla in attività”, conclude Christophe Pradal. “Anche se si assumessero delle persone retribuite, anche se la cooperativa diventasse più grande, noi vogliamo mantenere questa base partecipativa, che ci sembra essere la migliore garanzie per un progetto cooperativo”. Coop a Parigi ha in progetto di avviare nel prossimo settembre, dei sistemi solidali, che permettano, ad esempio, a delle persone che beneficiano della Rsa (Reddito di Solidarietà Attiva) di poter acquistare dei prodotti biologici a prezzo di costo (vedere anche l’iniziativa di Alter-Conso nella periferia di Lione). “In modo approssimativo, si può dire che i nostri aderenti appartengono a delle classi medie o a delle libere professioni, oppure sono degli attivisti di una età inferiore ai cinquant’anni. Noi dobbiamo assolutamente uscire da questo schema sociologico”.
Una cooperativa alimentare al servizio di una agricoltura contadina
A qualche centinaia di metri, un progetto molto pubblicizzato de “La Louve” (La lupa) sta insediando il suo gruppo di acquisto a via della Goutte d’Or. La Louve aprirà un supermercato collaborativo nel 2015, un po’ più a nord del quartiere. Quali differenze tra La Louve e Coop a Parigi? Al di la delle dimensioni dei negozi, 700 metri quadri quello de La Louve e 30 quello di Coop a Parigi, la Louve è sostanzialmente una cooperativa di consumatori che ritiene di poter proporre dei prezzi molto bassi su dei prodotti di qualità, pur remunerando in modo corretto i produttori. Di conseguenza, agisce sulla riduzione dei suoi costi: un quarto dei compiti per funzionare saranno svolti da personale retribuito mentre gli altri saranno garantiti da cooperatori volontari. Ma tenendo conto del numero dei prodotti in vendita e della loro provenienza, sarà per loro molto difficile restare nella filiera senza intermediari. Poi, per quel che riguarda i prodotti biologici, questi sono auspicati ma non obbligatori.
Coop a Parigi tiene molto alla filiera corta, che elimina gli intermediari tra consumatori e produttori. Questi ultimi, inoltre, sono parte attiva del progetto, spiega Christophe Pradal: “Cerchiamo di mantenere un certo equilibrio tra tutti i piccoli produttori, sui quali c’è un margine molto piccolo (circa il 5 per cento) e delle modalità produttive di maggiori dimensioni, come il produttore di formaggi del Larzac, presente a Rungis, sul quale abbiamo un margine compreso tra il 25 e il 30 per cento”. La cooperativa è completamente autofinanziata. E desidera trovare nei prossimi mesi una sede più ampia. Dove? Ma sicuramente a Goutte d’Or.
Altre informazioni: coopaparis.wordpress.com.
Questo articolo è stato pubblicato su bastamag.net (che ringraziamo). Traduzione di Alberto Castagnola per Comune-info (titolo originale Une alternative à la grande distribution en plein cœur de Paris).
DA LEGGERE
Come funzionano i supermercati collaborativi di cooperative autogestite?
A vent’anni dalla nascita dei Gruppi di acquisto solidale, reti e Gas si incontrano a Collecchio, in provincia di Parma, dal 20 al 22 giugno. Un incontro che nasce dai territori, per mettere in comune nuove e vecchie resistenze
Gruppi di persone mettono sempre più spesso in comune beni e servizi
Gas, Csa e orti urbani: come sostenere le famiglie a basso reddito
Lascia un commento