L’associazione di giovani medici “Don Kisciotte”, l’associazione “Linea d’ombra“, singoli cittadini e cittadine. A Trieste, città di frontiera e punto di approdo per migliaia di migranti della rotta balcanica, c’è chi ogni giorno si ribella facendo
Trieste, meravigliosa città di frontiera. Crocevia di storie, incontri e scontri anche dolorosi. I triestini sono di fatto una mescolanza di tradizione e continua innovazione. Una cittadinanza attiva che ogni giorno si confronta con un presente complesso e spesso doloroso, quello dei migranti che vi arrivano dal confine Est europeo.
In piazza Libertà, nome simbolo, arrivano quasi ogni giorno stremati afghani, pachistani, siriani, algerini, iracheni, dopo un viaggio lungo un’intera vita. Ad accoglierli ci sono tanti volontari e volontarie che offrono tempo e competenze per alleviare, anche se per poco, le sofferenze dei nuovi ospiti o semplicemente per scambiare qualche parola. L’associazione “Don Kisciotte” di giovani medici è presente per medicare le ferite degli stranieri, gambe e piedi provati da quei viaggi estenuanti, ferite aperte dovute alle violenze della polizia croata, lividi, gastriti, fratture, febbri. Quattro giorni su sette sono in quella piazza, il lunedì e il mercoledì sono a disposizione negli ambulatori di via Udine. L’associazione “Linea d’ombra” (qui la loro pag. fb), della psicoterapeuta e attivista Lorena Fornasir è ormai nota per essersi adoperata nella cura dei piedi dei migranti che approdano in città (leggi anche La lavanda dei piedi di Gian Andrea Franchi). Nel pomeriggio, verso le 15 arriva puntuale “Goga”, al secolo Gordana Omanović, con le borse cariche di panini. Panini sostanziosi con uova, burro, formaggi e ogni ben di Dio, rigorosamente fatti con pane arabo. Come un piccolo rituale, prima di consegnarli ripete che sono “halal” preparati cioè rispettando la legge islamica. Un gesto di rispetto per chi, lontano dalla propria famiglia, ha attraversato l’inferno per arrivare ed è giusto che “si senta un po’ a casa”. La sua amica, la giornalista bosniaca Azra Nuhefendic, porta il thè caldo e altre bevande.
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Gordana Omanovic, “Goga”, sessantanove anni, bosniaca, originaria di Sarajevo, è una scienziata. Da luglio 2019, da quando cioè è andata in pensione, cerca di portare da mangiare ai migranti almeno due o tre volte la settimana. Fa parte anche lei dell’associazione Linea d’ombra e i panini li prepara a casa con suo marito Goran. Una storia, quella di Gordana non molto diversa da quella dei rifugiati che incontra in piazza Libertà: partita da Sarajevo in piena guerra per raggiungere Trieste nel ’92, con la suocera e il figlioletto di dieci anni, lascia il marito che potrà riabbracciare solo un anno dopo. Con la sua laurea in Fisica, un master in Fisica teorica e un dottorato conseguito a Zagabria inizia a lavorare all’Ictp, il centro internazionale di fisica teorica, noto in tutto il mondo, dedicato ad “Abdus Salam”, uno dei settanta premi Nobel che avevano firmato un documento contro la guerra in Bosnia. Cittadina di Trieste ma anche cittadina del mondo, Goga come molti altri in città, mette a disposizione la sua umanità e passo dopo passo, gesto dopo gesto, scrive un nuovo capitolo della storia di questa comunità dove la gentilezza e la sensibilità di tanti diventano gesti ribelli.
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Roberta Ferruti (Rete dei Comuni Solidali), cura il blog Tra le righe.
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