a cura di Alberto Castagnola
Introduzione
Mentre scriviamo, sugli schermi televisivi ai danni del tifone Harvey si sono aggiunti quelli del tifone Irma, che hanno colpito duramente oltre alle isole caraibiche anche la Florida e altri Stati americani; ne riparleremo nelle prossime rassegne, ma le immagini di oltre sei milioni di abitanti in fuga rendono impossibile dimenticare che i tifoni stanno raggiungendo i 300 chilometri all’ora e le vittime umane sono sempre più numerose. Nel nostro paese, e nel resto dell’Europa, il caldo record dell’estate dimostra che il riscaldamento globale incide ormai sugli andamenti stagionali e causa molte morti premature. Inoltre altissimo è stato il costo già dei primi incendi in termini di perdita di vegetazione e foreste, mentre la siccità ha cominciato a colpire aree sempre più vaste. Intanto il distacco di un enorme iceberg dall’Antartide sembra confermare ancora una volta la portata dello scioglimento dei ghiacci. Ma anche problemi antichi e ben conosciuti sembrano riemergere in tutta la loro portata: la Finlandia sembra indicare una soluzione per affrontare la questione dell’isolamento delle scorie nucleari, che nessun paese produttore si è finora realmente posto, mentre la riduzione delle vaccinazioni contro malattie di alta pericolosità sociale ripropone situazioni sanitarie che nei paesi cosiddetti avanzati sembravano essere state risolte. Infine, la protezione di una delle foreste vergini più importanti d’Europa, quella di Bialowieza, sembra stia saltando sotto la spinta di meccanismi ben noti di sfruttamento economico. Il pianeta è decisamente in sofferenza.
Clima ed eventi estremi
- La rivoluzione in Vietnam. Hanoi, troppo inquinamento. Vietati i motorini (dal 2030). Dal 2030 ad Hanoi, capitale del Vietnam, non si potrà più circolare in moto né in scooter. E’ la misura drastica delle autorità cittadine per combattere l’inquinamento. Entro 13 anni – ha annunciato la municipalità – non si potrà più utilizzare nessuno degli oltre 5 milioni di motorini presenti in città. Una rivoluzione per i 7 milioni di abitanti della metropoli asiatica dove i mezzi a due ruote sono il principale mezzo di trasporto: le auto qui sono solo 500mila, un millesimo rispetto agli scooter. Il piano delle autorità prevede un forte incremento del trasporto pubblico, che oggi copre solo il 12% del territorio cittadino: la promessa è di portarlo fino al 50%. La misura che molti vietnamiti definiscono “ semplicemente folle” punta ad abbattere il livello di polveri sottili nell’aria: secondo i dati dell’Ong Greenld nel 2016 ad Hanoi il limite di Pm 2,5 giudicato pericoloso per la salute è stato superato in 282 giorni. Ma i primi passi sono già stati mossi: dal 2020 sarà sviluppato un nuovo sistema per misurare la qualità dell’aria, con l’installazione di oltre 350 nuove stazioni. (Corriere della Sera, 5 luglio 2017, pag. 17)
- Fiumi con inquinamento cronico. Roma, il livello del Tevere è poco meno di cinque metri sotto il livello di guardia. Goletta Verde: “Bandiere nere “ al 50% dei punti sulle coste. E il Tevere soffre la siccità, mentre per gli altri fiumi laziali la diagnosi è: “inquinamento cronico”. (…) Su 23 punti monitorati lungo le coste, più del 50% sono risultati con valori di inquinamenti elevati, per nove il giudizio è di “fortemente inquinato”. Per l’ottavo anno consecutivo in testa ci sono la Foce del Fosso Grande ad Ardea (grave qui anche la situazione del Rio Torto) e la foce del fiume Marta a Tarquinia, dove la presenza di batteri resta elevatissima. La mappa delle aree critiche include anche la foce del Rio Santacroce a Formia (settimo anno di seguito) e la foce del Tevere (sesto anno), poi il canale Crocetta a Torvajanica, il fosso Zambra di Cerveteri, dall’Arrone di Fiumicino al Rio Vaccino di Ladispoli. E Legambiente bacchetta di nuovo le “amministrazioni che negli anni non si sono impegnate nella risoluzione degli evidenti deficit depurativi, compromettendo così l’ecosistema marino, la salute dei bagnanti e la stessa economia turistica della zona”. Serve un controllo maggiore degli scarichi abusivi e un monitoraggio responsabile della qualità del mare. (…) (Corriere della Sera, 5 luglio 2017, pag.2 cronaca di Roma)
- Sott’acqua. Huaihua, Cina. Le alluvioni causate dalle piogge abbondanti e ininterrotte cadute dal 22 giugno nella regione dello Hunan, nella Cina centrale, hanno costretto 260mila persone a lasciare le loro case. In una frana causata dall’acqua cinque persone sono morte. Il nord del paese, intanto, è alle prese con un’ondata di caldo. (Internazionale n.1212, 7 luglio 2017, pag.10,)
- Una fame da morire. La siccità che ha colpito la Somalia è la peggiore dal 1950: carcasse di mucche lungo le strade, padri che seppelliscono i figli uccisi dalla carestia. Quest’anno in Somalia le piogge stagionali, sulle quali erano riposte le speranze della popolazione , sono iniziate con due settimane di ritardo e sono state decisamente inferiori alla media. Intrappolata nella morsa senza precedenti per estensione e persistenza, la Somalia è sull’orlo del baratro. I dati più recenti attestano che almeno la metà della popolazione somala, 6 milioni di persone, necessita di assistenza umanitaria e che sono oggi oltre 185mila i bambini somali gravemente malnutriti, in pericolo di vita. Carestia non significa solo fame, ma anche malattie e colera. Il numero di bambini a rischio di grave malnutrizione è destinato ad aumentare. Ma anche i casi sempre più numerosi di morbillo e colera pesano sull’allarmante picco di decessi infantili. L’unica prospettiva è quella degli aiuti umanitari dell’Onu e di altre organizzazioni : ma il loro spazio di intervento è ostacolato da questioni di sicurezza. Gli attacchi di Al-Shabaab hanno colpito l’intero paese, impedendo alle organizzazioni di svolgere il loro lavoro in modo efficace. Per questo a fine 2017, in Somalia, conteremo oltre un milione e 400mila bambini malnutriti, a rischio di vita. Storie di bimbi sfollati che hanno seguito le loro famiglie, migrate prima per la guerra e poi sotto il peso della carestia. (…) (Il Manifesto, 7 luglio 2017, pag. 16, )
- Il nostro clima, l’Europa al caldo. Secondo alcuni ricercatori il caldo eccezionale registrato a giugno in Europa dipende dal cambiamento climatico. In Portogallo co sono stati gravi incendi che hanno causato almeno 64 vittime, mentre in Spagna le fiamme hanno distrutto diecimila ettari di vegetazione e hanno costretto alla fuga più di duemila persone. Anche nel Regno Unito ha fatto molto caldo: il 21 giugno è stata la giornata con le temperature più alte in quel mese da quaranta anni (34,5 gradi centigradi a Heathrow) . In Francia e nei Paesi Bassi sono stati lanciati piani contro l’anomala ondata di caldo, mentre in Svizzera è stato diramato un avviso contro i pericoli delle alte temperature. Questi fenomeni sono diventati più frequenti a causa del cambiamento climatico, scrive il Guardian. Secondo i ricercatori dell’organizzazione World Weather Attribution, il riscaldamento globale ha aumentato la frequenza e l’intensità delle ondate di caldo, che sono diventate due volte più probabili in Belgio, quattro in Francia, in Svizzera, nei Pesi Bassi e nel Regno Unito, e dieci nel Portogallo e in Spagna. “Le città devono lavorare con i ricercatori e con gli esperti di sanità pubblica per sviluppare piani di azione contro il caldo. E’ l’unico modo di salvare vite”, spiega Friederike Otto dell’Università di Oxford e del World Weather Attribution. Secondo i ricercatori, le temperature di giugno diventeranno normali entro il 2050, a meno che non si riducano in modo significativo le emissioni di gas serra. (Internazionale n. 1212, 7 luglio 2017, pag. 96)
- Alcuni ricercatori hanno sviluppato un modello in grado di stimare i danni economici che gli Stati Uniti subiranno a causa del cambiamento climatico. Secondo lo studio, scrive Science, il Pil del paese potrebbe diminuire dell’1,2 per cento per ogni grado in più Alla fine del secolo le aree più povere del paese, soprattutto nel sud, saranno le più danneggiate. La previsione prende in considerazione uno scenario in cui le emissioni di gas serra non sono ridotte. (Internazionale n. 1212, 7 luglio 2017, pag. 95)
- Ambiente, l’emergenza c’è ma non nelle agende dei governi. Le “ondate di calore” – le successive “bombe d’acqua”, ovvero le precipitazioni iperconcentrate che interrompono bruscamente le fasi di alta temperatura e siccità, disastrando però ulteriormente i già stressatissimi ecosistemi territoriali – sarebbero poco rilevanti se fossero delle vicende occasionali. Purtroppo sono diventati la quasi normalità, con accelerazioni che trovano conferma ai livelli più autorevoli: gli scienziati del gruppo IPCC/UNEP che osservano i cambiamenti climatici, i quali stanno seguitando a ricordare come i tempi già previsti per l’arrivo di eventi disastrosi “tanto frequenti da diventare normali”, stiano registrando tremendi accorciamenti ; per cui potrebbe accadere tra pochi anni – o addirittura mesi – quanto era previsto nel prossimo trentennio. (…) (Il Manifesto, 8 luglio 2017, pag. 15; nell’articolo di A. Ziparo segue un lungo elenco di provvedimenti e iniziative governative che non tengono assolutamente in conto i problemi del clima).
- E’ davvero l’estate del caldo record? Termometro 8-9 gradi sopra la media, notti tropicali, non accadeva dal 2003. “La tregua a metà luglio”. Weekend bollente in tutta Italia con massime tra i 32 e i 38 gradi, superiori di 8-9 punti rispetto alla media del periodo. Notti con il termometro che in città non scende sotto i 24 gradi, E se l’estate 2003 viene ricordata per il record di afa (anche per i 4000 morti), il 2017 si prepara nel suo complesso a essere il secondo anno più caldo di sempre. Le alte temperature sono in via di attenuazione solo al Nord, per effetto dei temporali, mentre continueranno a tenere in scacco il Sud dove si sfioreranno i 40 gradi. (…) (Corriere della Sera, 9 luglio 2017, pag. 23 cronache; con tabella con le temperature massime estive dal 1800 al mese di giugno 2017)
- Il polo sud si crepa in un iceberg gigante. Più grande della Liguria, è il secondo più esteso della storia. Le acque dell’Antartide si sono riscaldate di tre gradi in settant’anni. Un iceberg grande poco più della Liguria si è staccato dalla piattaforma di ghiaccio Larsen C. nella penisola antartica. Con i suoi 5800 km quadrati, si tratta del secondo iceberg più esteso registrato nella storia – il record appartiene a un altro gigante staccatosi nel 2000 nel mare di Ross. Il suo distacco – iniziato nel 2010 – era atteso in questi giorni: la crepa da cui si è originato il nuovo iceberg era già stata individuata una diecina di anni fa e la zona era attentamente monitorata. In questo periodo, attraverso i satelliti, il suo progresso è stato seguito metro per metro dal progetto britannico Midas, dedicato all’effetto del cambiamento climatico sul ghiaccio antartico. Sono stati proprio i ricercatori ad annunciare il distacco dell’iceberg. La piattaforma Larsen è un gigantesco strato di ghiaccio galleggiante che aderisce alla penisola antartica nel mare di Weddell. E’ divisa in tre zone separate di cui Larsen C. è la più grande, anche se l’Iceberg si è portato via ben il 12% della massa di ghiaccio totale. Che il ghiaccio si frantumi non è di per se una anomalia, ma un distacco di una simile portata rappresenta un fatto eccezionale. “Occorrerà ridisegnare le mappo geografiche della zona” ha dichiarato Adrian Lukman, ricercatore dell’università del Galles e direttore del progetto Midas. L’iceberg, inoltre, potrebbe costituire un problema in più per la navigazione, ma solo se si spostasse verso nord. Per ora, il suo destino è ignoto. Potrebbe mantenersi allo stato solido per molto tempo, oppure sciogliersi gradualmente . In questo caso, il livello del mare non cambierebbe radicalmente. Come impariamo da bambini, la gran parte della massa di un iceberg è già sommersa. Anche se l’intera Larsen C. si sciogliesse, a livello globale i mari si alzerebbero di “soli” dieci centimetri. Non è moltissimo, se si pensa che a causa del cambiamento climatico entro la fine del secolo i mari si solleveranno comunque tra gli 1,2 e i 3 metri, a seconda dell’ottimismo delle previsioni. Se fondesse tutto il ghiaccio antartico, che in gran parte poggia sulla terraferma, l’innalzamento dei mari sarebbe di alcune diecine di metri. Anche nel caso di Larsen C., proprio i mutamenti climatici sono stati subito additati come i principali responsabili del distacco dell’iceberg. Difficile non collegare la frammentazione delle piattaforme antartiche con l’assottigliamento del ghiaccio, che in questi anni ha accelerato il suo ritmo. Luckman, per la verità, è cauto. ”Gli ultimi dati dello Scripps Institute in realtà mostrano che recentemente lo strato di ghiaccio si è ispessito”, ha dichiarato al quotidiano inglese Guardian. Ma pochi sono d’accordo con lui: la temperatura degli oceani sta aumentando e secondo ricerche pubblicate già nel 2006, nella zona di Larsen C. la temperatura è aumentata di quasi 3 gradi negli ultimi settanta anni. Cioè, molto più rapidamente che nel resto della Terra, dove pure si è osservato un netto riscaldamento. (…) (Il Manifesto, 13 luglio 2017, pag.9)
- Dopo 13 anni si stacca l’iceberg grande come la Liguria. (…) La presenza di una corrente nella zona potrebbe favorire l’allontanamento, ma la consistente massa di un trilione di tonnellate, rilevata dal satellite Cryosat dell’Esa, e il suo spessore di 200 metri con trenta metri emersi, potrebbero rendere difficili gli spostamenti. Gli scienziati del progetto britannico Midas condotto da due università inglesi con il British Antarctic Survey, annunciando il distacco, hanno sottolineato che questo, anche dopo lo scioglimento dei ghiacci, non comporterà un aumento del livello delle acque. L’ambiente antartico mantiene ancora molti segreti con alcune aree cedevoli sotto l’effetto del riscaldamento climatico e altre che invece presentano un aumento dei ghiacci. Dalla piattaforma di Ross nel 2000 si generava un iceberg più grande dell’attuale di ben 11mila metri quadrati, mentre un altro di 9mila metri quadrati si separava dalla stessa Larsen C. nel 1986. Per questo il Continente Bianco è una delle regioni più importanti per sondare i cambiamenti della Terra. (Corriere della Sera, 13 luglio 2017, pag. 15 con foto)
- Il carbone non è morto. Quest’anno la Cina ha deciso di fermare un piano per la costruzione di più di cento centrali elettriche alimentate con il carbone, una scelta in forte contrasto con il progetto di Donald Trump di “riportare” il carbone negli Stati Uniti. “In quel momento”, scrive il New York Times, “Pechino si è accreditata come leader nella lotta contro il cambiamento climatico”. Ma un recente studio sulla costruzione di centrali a carbone, realizzato dall’associazione tedesca Urgewald, “descrive una realtà completamente diversa: nei prossimi dieci anni le aziende energetiche cinesi costruiranno quasi la metà degli impianti di nuova generazione. In particolare, stanno già realizzando o progettando più di settecento nuove centrali a carbone in Cina e nel resto del mondo, alcune in paesi che usano poco carbone o che non ne consumano affatto”. Lo Shanghai Electric Group, per esempio, ha annunciato la costruzione di centrali in Egitto, in Pakistan e in Iran. Secondo Urgewald, complessivamente si prevede che sorgeranno 1600 nuove centrali a carbone in 62 paesi. Questi impianti faranno crescere del 43% la capacità di produzione legata a questa forma di energia. “rendendo di fatto impossibile raggiungere gli obiettivi fissati dall’accordo sul clima firmato a Parigi nel 2015”. (Internazionale n.1213, 14 luglio 2017, pag.109).
- Il distacco dell’iceberg A-68 in Antartide. Il nuovo iceberg sarà monitorato per capire che direzione prenderà. Secondo alcuni studiosi, potrebbe seguire la rotta degli iceberg che si sono formati in passato con il collasso della piattaforma Larsen B. dirigendosi verso nord lungo la penisola antartica e poi verso nordest, nell’oceano Atlantico meridionale. (Internazionale n.1214, 21 luglio 2017, pag.99 con foto da satellite).
- La ricerca. Asakura, Giappone. Una squadra di soccorritori alla confluenza dei fiumi Chikugo e Akatani, nell’isola di Kiushu, nel sud-est del Giappone. Le recenti inondazioni hanno provocato la morte di 34 persone ma ci sono ancora sette dispersi. Le piogge senza precedenti hanno sollevato ondate di acqua che hanno travolto strade ed edifici. (Internazionale n. 1214, 21 luglio 2017, pag. 9 con foto)
- Una fitta nevicata a Santiago del Cile, la più intensa dal 2007, ha paralizzato i trasporti e lasciato 250mila persone senza elettricità. (Internazionale n.1214, 21 luglio 2017, pag. 98)
- Almeno76 persone sono morte nelle alluvioni causate dalle forti piogge monsoniche che hanno colpito gli stati dell’Arunachal Pradesh e dell’Assam, nel nordest dell’India. Diciotto persone sono morte e altrettante risultano disperse nelle alluvioni nel nordest della Cina. Il bilancio delle alluvioni nel sudovest del Giappone è salito a 30vittime. (Internazionale n.1214, 21 luglio 2017, pag. 98)
- L’energia pulita non basta. Fino a poco tempo fa tutti si chiedevano se l’energia pulita sarebbe potuta sopravvivere senza aiuti pubblici. Ora ci si chiede fin dove arriverà. I veicoli elettrici sono passati da un milione nel 2015 a due milioni nel 2016. Paesi come la Francia e produttori come la Volvo puntano sulla scomparsa del motore a scoppio. A giugno la provincia cinese di Qinghai è andata avanti per sette giorni esclusivamente con energie rinnovabili. Nella prima metà del 2017 gli impianti eolici, solari e idroelettrici hanno prodotto il 35% dell’energia elettrica in Germania. Il successo alimenta l’ambizione. La California vuole arrivare al 60% di enrgie rinnovabili entro il 2030. Quarantotto paesi esposti alle conseguenze del cambiamento climatico si sono impegnati a raggiungere il 100 per cento entro il 2050. Ma non tutti gli obiettivi sono utili. L’idea di produrre il 100 per cento dell’energia elettrica da fonti rinnovabili fa sembrare facile trovare una soluzione al cambiamento climatico. Ma l’elettricità è solo un fronte della lotta. L’uso di combustibili fossili per riscaldarsi e cucinare è altrettanto importante, ma non riceve alcuna attenzione. Le case automobilistiche possono anche riuscire a vendere dieci milioni di veicoli elettrici all’anno, ma alimentare a batteria i camion, le navi e gli aerei è impensabile. L’obiettivo del 100 percento di rinnovabili confonde i mezzi e i fini: la vera priorità è fermare le emissioni nette di gas serra. Concentrarsi solo sulle energie rinnovabili significa ignorare metodi più efficaci per ridurre le emissioni. In Germania le emissioni di gas serra sono aumentate perché il governo, avendo abbandonato il nucleare, ha cominciato a bruciare più carbone. Nuove tecnologie come la cattura di anidride carbonica potrebbero dimostrarsi fondamentali. Migliorare l’efficienza energetica potrebbe ridurre le emissioni più delle rinnovabili. Nel 2016 in India l’energia consumata dai nuovi condizionatori è stata il doppio rispetto a quella prodotta dai nuovi impianti fotovoltaici. Come suggerito dagli accordi di Parigi, è meglio concentrarsi sulla riduzione delle emissioni invece di fissare obiettivi sulle rinnovabili. Le emissioni globali si sono stabilizzate negli ultimi tre anni. Ma per limitare l’aumento delle temperature la quantità di anidride carbonica deve cominciare a diminuire subito e continuare a ridursi per decenni. Con il solare e l’eolico possiamo avvicinarsi all’obiettivo, ma non lo raggiungeremo senza passi avanti su tutti gli altri fronti. (Internazionale n.1214, 21 luglio 2017, pag.15)
Foreste, incendi, miniere e suolo
- I testimoni della foresta. Ampio reportage dall’Amazzonia profonda del Brasile. La preghiera degli ultimi Yanomami. “I cercatori d’oro ci distruggono, aiutateci”. (…) La strada, quasi mille chilometri, fu costruita nel 1974 dal governo militare per andare da Manaus fino a Boa Vista e poi fino al confine con il Venezuela. Causò molti morti tra le popolazioni indigene, i villaggi furono decimati dalle malattie portate dagli operai. Nello stesso periodo iniziarono i lavori di un’altra via di comunicazione, la Perimetral North, costruita scavando dentro la foresta abitata dagli indigeni Yanomami. All’inizio degli anni Ottanta molti allevatori e contadini poveri del Nord-est del paese, in particolare della regione del Maranhao , emigrarono qui spinti dal miraggio dell’attività mineraria; proprio da questa che fu definita “la strada maledetta” , cominciò la corsa all’oro in una parte del Brasile piena di risorse, per cercare fortuna nell’Eldorado di Boa Vista. La popolazione della regione in pochi anni raddoppiò, passando a più di 80.000 abitanti, i minatori invasero i territori portando malattie, alcol, violenze di ogni tipo, l’attività estrattiva inquinò l’acqua e in soli sette anni morirono 20.000 Yanomami, una strage. (…) (Corriere della Sera, La Lettura, 2 luglio 2017, pag. 43-47, una lunga e accorata serie di interviste a missionari e capi villaggio, che descrivono la drammatica situazione di un popolo in via di sparizione).
- Bialowieza è in pericolo. Una parte della Polonia piange i suoi alberi e lancia un appello alla comunità internazionale. La speranza è quella che la Conferenza del Patrimonio Mondiale, in programma a Cracovia fino al prossimo 12 luglio, possa sensibilizzare l’Unesco sul disboscamento di Bialowieza, l’unica foresta vergine rimasta sul continente europeo, vittima di un piccolo coleottero, il bostrico, e del governo. Negli ultimi mesi la mobilitazione ha portato diversi attivisti, alcuni dei quali giunti da Romania e Repubblica Ceca, a incatenarsi agli alberi,, mentre altri hanno provato ad ostacolare le cesoie forestali al lavoro. Adesso sono arrivati i primi fermi e multe. C’è ancora una parte del paese capace di indignarsi e che spera in un “Rospuda-bis”, quando nel 2009 dopo otto anni di battaglie, il governo fu costretto a deviare il percorso di un’autostrada che sarebbe dovuta passare attraverso l’omonima valle (…). Quasi la metà della foresta, che si estende per oltre 3000 km quadrati Tra Polonia e Bielorussia, è protetta come parco nazionale. La presenza di zone cuscinetto e di oasi protette all’interno di Bialowieza, contribuiscono a disegnare una mappa amministrativa complessa del parco, dove lo sfruttamento per uso commerciale dei boschi, ai margini delle aree strettamente protette, è comunque consentito. E’ lì che il governo della destra populista Diritto e Giustizia (PiS) ha deciso l’anno scorso di triplicare il limite al volume di legno recuperabile da Bialowieza. Una iniziativa che con buona pace anche degli entomologi, mette a repentaglio tutta la biosfera della foresta. La decisione è stata giustificata dalla diffusione incontrollata del bostrico o tipografo dell’abete rosso, che continua a lasciare il segno in tutti i boschi europei. Abbattere gli alberi di Bialowieza “è il male minore” secondo il ministro Szyszko. (…) Il provvedimento in vigore nel 2017 ha autorizzato l’abbattimento degli alberi su un suolo privato senza il via libera della autorità locale. Mettendo insieme i dati raccolti sul territorio polacco si stima che le motoseghe abbiano fatto fuori almeno 300.000 alberi dall’inizio di quest’anno.(…) Il maggior beneficiario delle politiche di Szysko è l’Azienda delle foreste statali polacche, Lasy Panstwowe, che gestisce per conto del governo una superficie pari quasi al 30% del paese. L’amministrazione forestale da lavoro a oltre 26.000 persone e garantisce salari di oltre 6000 zlotych al mese (circa 1500 euro) ai suoi dipendenti, oltre il doppio dello stipendio medio in Polonia. Compensi lauti paragonabili soltanto a quelli del settore minerario: legno e carbone, appunto. Da un punto di vista giuridico si tratta di una azienda statale ibrida che autofinanzia le proprie attività , versa alcune tasse agli enti locali ma senza beneficiare del gettito fiscale dei contribuenti. Un giocattolo difficile da smontare, insomma, anche a medio termine. (…) (Il Manifesto, 4 luglio 2017, pag.16)
- La campagna in India. 66 milioni di alberi piantati in dodici ore. Un milione e mezzo di volontari al lavoro nel Guinness dei primati. Dodici ore e un milione e mezzo di volontari. Sono questi i due ingredienti che hanno permesso all’India di registrare l’ennesimo record mondiale: 66 milioni e 750 mila nuovi alberi piantati in mezza giornata. Il risultato – certificato da Guinness dei primati – è stato raggiunto nello stato di Madhya Pradesh domenica 2 luglio. (…) Sempre in India, nel luglio 2016, si era registrato un primato simile con la piantumazione di 50 milioni di alberi in circa un giorno, nello stato dell’Uttar Pradesh. (…) (Corriere della Sera, 9 luglio 2017, pag. 15, con molte foto).
- L’appetito europeo divora le mangrovie. In Indonesia le foreste costiere stanno sparendo, accelerando l’erosione e il cambiamento climatico. La causa è il boom degli allevamenti di gamberetti destinati all’esportazione. (…) Il villaggio si trova sulla costa di Java, in Indonesia. Qui la deforestazione delle mangrovie per l’acquacoltura è cominciata negli anni ottanta. In pochi anni i pescatori hanno creato centinaia di stagni. Alcuni di loro sono diventati ricchi e hanno potuto finalmente permettersi un pellegrinaggio alla Mecca. Ma la perdita della piccola cintura verde che circonda l’isola ha provocato una serie di catastrofi naturali che faranno sentire i loro effetti per decenni. Il problema di Mangunharjo si sta estendendo a tutta l’Indonesia e ad altre parti del mondo. La perdita delle difese naturali ha reso la costa vulnerabile alle devastanti correnti marine. (…) Le foreste di mangrovie si estendono su quasi 137mila dei 40 milioni di chilometri quadrati di foreste del pianeta. In meno di cinquant’anni la Terra ha perso più di un quarto delle sue mangrovie, e meno del 7% di queste si trovano in zone protette. Le mangrovie rappresentano meno dell’1 per cento delle foreste del mondo, ma la loro rimozione contribuisce per il 15 per cento alle emissioni dovute al disboscamento, perché immagazzinano l’anidride carbonica nel fango sotto il loro denso labirinto di radici. La loro scomparsa, che con l’attuale ritmo di deforestazione potrebbe avvenire in meno di un secolo, libererebbe tra i 4 e i 20 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Le sorti delle foreste di mangrovie sono fondamentali nella lotta al cambiamento climatico. Per questo i governi vogliono introdurre misure specifiche per le mangrovie negli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Gli ecosistemi di mangrovie scompaiono in tutto il mondo, ma l’Indonesia è il paese dove il fenomeno è più rapido. Un secolo fa nel paese c’erano 4,2 milioni di ettari di mangrovie, oggi sono solo tre milioni. Java ha perso almeno il 70 per cento delle sue foreste di mangrovie in meno di cinquant’anni. Secondo il Centro per la ricerca forestale internazionale (Cifor), in Indonesia il 40 per cento della perdita è dovuto alla “rivoluzione blu”, il boom della dell’allevamento di gamberetti. Nel 1990 la produzione era di 13 milioni di tonnellate, oggi siamo a 74 milioni ed entro il 2022 dovrebbe arrivare a 92 milioni. Pochi controlli. L’Unione europea è il più grande importatore mondiale di frutti di mare. I Paesi bassi, la Spagna, l’Italia e la Germania sono i principali consumatori. L’Europa ha regole molto rigide sull’importazione di frutti di mare, ma i controlli riguardano solo la sicurezza e l’igiene, non la sostenibilità ecologica e sociale, spiega Sasa Raicevich dell’Istituto superiore per la protezione e al ricerca ambientale italiano (Ispra). L’acquacoltura offre guadagni immediati, ma sul lungo periodo ha conseguenze negative per le economie locali. Proteggere le mangrovie significa anche ridurre i rischi naturali. Secondo Nyoman Suryadiputra dell’ong Wetlands International, “senza la cintura verde delle mangrovie , l’innalzamento del livello del mare minaccia le comunità locali. Provoca inondazioni e l’infiltrazione di acqua salata nell’entroterra, contaminando l’acqua dei pozzi”. (…) (Internazionale n.1213, 14 luglio 2017, pag.102)
- Un’ombra nella valle. La Gibe III, in Etiopia, è la più importante diga del paese e la più grande del mondo. La sua presenza minaccia l’ambiente e la vita delle comunità locali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’Etiopia è tra le cinque economie più dinamiche del mondo. La valle dell’Omo, inserita nel 1980 tra i patrimoni dell’umanità dell’Unesco, è una delle zone che subiscono maggiormente le conseguenze negative di questo sviluppo economico. Nel 2006 il governo etiope affidò alla compagnia italiana Salini Impregilo la costruzione della diga Gibe III sul fiume Omo. Terza diga di un progetto che ne comprende cinque, è stata inaugurata il 17 dicembre 2016. Lungo le sponde dell’Omo vivono 300mila persone, appartenenti a venti etnie, che si sostengono con l’agricoltura, la pesca e la pastorizia, attività rese possibili dalle esondazioni periodiche del fiume. Secondo alcuni esperti, la presenza della diga diminuirà la portata del corso d’acqua, provocando la riduzione delle piene naturali e della foresta, e mettendo a rischio le attività tradizionali delle comunità. “La diga non è stata pianificata con sufficiente attenzione ai suoi effetti sociali e ambientali”, sostiene Rudo Sanyanga, direttore per l’Africa di International Rivers, , un’organizzazione per la difesa dei fiumi. Il 50% dell’energia prodotta dalla Gibe III sarà venduta ai paesi confinanti con l’Etiopia, tra cui Sudan, Gibuti e Kenya. L’acqua della diga servirà anche a creare una serie di canali di irrigazione destinati a colture estensive di alto valore commerciale, tra cui il cotone e la canna da zucchero. (Internazionale n. 1214, 21 luglio 2017, pag.66, con ampia documentazione fotografica).
- Acqua bruciata. Da metà giugno al 12 luglio in Italia sono andati in fumo 26.024 ettari. Legambiente ha aggiornato ieri la conta dei danni, a partire dalle rilevazioni raccolte dalla Commissione europea per il progetto Copernico, così il dato finale indica 74.965 ettari bruciati nei sette mesi del 2017, un record assoluto. Nel dettaglio, tra maggio e il 26 luglio sono bruciati 72.039 ettari di superfici boschive, il 96,1% della superficie bruciata quest’anno, ai quali vanno sommati i 2.926 ettari registrati nel periodo invernale. Siamo a più 156,41% rispetto al 2016 (47.926 ettari). Le regioni più colpite sono la Sicilia con 25.71 ettari distrutti dal fuoco, la Calabria con 19.224 ettari e la Campania con 13.037. Seguono Lazio (4859), Sardegna (3512), Puglia (3049), Liguria (2848) e Toscana (1521). All’ultimo posto il Piemonte con 151 ettari. (…) “Il fuoco colpisce ogni anno le stesse regioni e le stesse province, – spiega Legambiente – perciò con una azione preventiva in dieci aree (Cosenza, Salerno, Trapani, Reggio Calabria, Messina, Siracusa, Latina, Napoli, Palermo, Caserta) si sarebbero potuti salvare il 63, 44% di quanto bruciato finora”. Secondo la Protezione civile, negli ultimi 30 anni è andato perduto il 12% del patrimonio forestale del paese con gravi effetti sulla precaria tenuta idrogeologica del territorio. Il Corpo forestale ha stimato i danni prodotti dai roghi nel 2016 intorno ai 14 milioni di euro, più i costi per l’estinzione pari a quasi 8 milioni. (…) (Il Manifesto, 29 luglio 2017, pag. 7)
Perdita di biodiversità
- Un censimento ha stabilito che in Finlandia rimangono in libertà tra i 150 e i 180 lupi. Per garantire la sopravvivenza della specie bisognerebbe avere circa 800 esemplari. All’inizio dell’anno il governo aveva autorizzato l’uccisione di cinquanta lupi. (Internazionale n.1212, 7 luglio 2017, pag. 96)
- Un nido contenente 19 uova di coccodrillo siamese, una specie a grave rischio di estinzione, è stato scoperto nel sudovest della Cambogia. La popolazione dei coccodrilli siamesi nel sudest asiatico è crollata negli ultimi anni a causa del bracconaggio e della distruzione dell’habitat. (Internazionale n.1212, 7 luglio 2017, pag.96)
- Rivendico il diritto di aver paura (anche degli squali). Testo sulla paura degli squali, con un interessante grafico su tutti gli attacchi effettuati da squali dal 1900 al giugno 2017, per paesi e attività svolte da chi è stato attaccato. (Corriere della Sera, La Lettura, 9 luglio 2017, pag. 12-13)
- Gli elefanti perduti. Mega sequestro di zanne a Hong Kong:7,2 tonnellate (700-1000 animali uccisi). Corsa prima del divieto totale, valore totale circa 8 milioni di euro. (…) E’ il sequestro più imponente degli ultimi trent’anni. Hong Kong è il più famoso centro di lavorazione d’avorio al mondo e, benché la sua importazione sia ufficialmente vietata dal 1990, la metropoli resta un crocevia strategico dei trafficanti di zanne, per la sua posizione geografica e a causa del mercato legale di manufatti (ci sono 370 commercianti e 72 negozi autorizzati). Ora nell’ex colonia britannica , che gode di semi autonomia, è in fase di approvazione una graduale messa al bando dell’avorio (compreso quello già in possesso) entro il 2021, mentre la Repubblica Popolare cinese ne ha già vietato il commercio, ordinato la chiusura di tutte le fabbriche e dei negozi specializzati entro fine anno. In Cina, che detiene il 70% del mercato, le zanne di elefante sono utilizzate nella medicina tradizionale e per produrre gioielli e statuine molto apprezzati anche in Medio Oriente. Il mega sequestro di questa settimana confermerebbe il tentativo in extremis dei contrabbandieri di far entrare a Hong Kong quanto più avorio possibile per poter poi usufruire di qualche forma di compensazione prima del bando definitivo, così come proposto in fase di dibattito al Consiglio Legislativo di Hong Kong. Il commercio di avorio è stato bandito con un trattato internazionale nel 1989: la popolazione mondiale di elefanti era crollata dai 27 milioni del XIX secolo ai 5 d’inizio XX, fino a meno di 600.000. Attualmente, si stima che vivano allo stato libero circa 350mila esemplari, ma il numero continua a scendere dell’8% all’anno, principalmente a causa del bracconaggio. (Corriere della Sera, 10 luglio 2017, pag.17, con mappa delle rotte del contrabbando proveniente dall’Africa ).
- I nuovi tesori italiani dell’Unesco. Le mura costruite dal veneziani e tra il XVI e XVII secolo e dieci antiche faggete. Lupi e picchi bianchi nelle foreste secolari. E’ la prima volta che nella lista italiana del Patrimonio dell’umanità dell’Unesco – che finora aveva registrato 51 beni culturali ed archeologici ma di naturalistico solo il Parco Nazionale del Cilento – figurano delle foreste. La Commissione per la World Heritage ha infatti deciso di inserire per l’Italia tesori naturalistici come dieci faggete vetuste, introducendole nell’elenco di analoghe foreste ancora presenti sui Carpazi e in altre regioni d’Europa. Le faggete, associazioni forestali composte principalmente dal faggio (Fugus Sylvatica) in unione con poche altre essenze latifoglie come il tiglio, l’acero montano, e l’orniello e con l’ormai raro abete bianco, vivono nel nostro paese in aree montuose dagli 800 ai 2100 metri sul livello del mare. Le foreste – che coprono una superficie di oltre 2000 ettari – comprendono luoghi di immensa importanza non solo per la presenza di faggi ultracentenari, ma anche per una biodiversità preziosa.(…). (Corriere della Sera, 10 luglio 2017, pag.27, con foto e mappe).
- La grande estinzione. Quante sirene serviranno perché l’allarme sia ascoltato? In uno studio pubblicato il 10 luglio sui Proceedings of the National Accademy of Sciences (Pnas), un gruppo di ricercatori statunitensi e messicani ha evocato la minaccia di uno “sterminio biologico”, dopo aver analizzato l’andamento delle popolazioni di 27mila specie di vertebrati terrestri, ovvero la metà dei mammiferi, degli uccelli, dei rettili e degli anfibi conosciuti. La conclusione è che queste specie sono in declino, sia dal punto di vista numerico sia da quello della diffusione geografica. Non è certo un allarme isolato. Non si contano più gli studi scientifici che testimoniano l’erosione della biodiversità . Il numero di oranghi del Borneo è calato del 25% negli ultimi dieci anni, arrivando a ottantamila esemplari. I ghepardi sono solo settemila e la loro area di diffusione si è ridotta del 90 per cento. I 35mila leoni africani hanno subito un calo del 43 per cento negli ultimi 25 anni. La sesta estinzione di massa della storia del nostro pianeta è cominciata. Le specie scompaiono a un ritmo che non si vedeva dai tempi dell’estinzione dei dinosauri 66 milioni di anni fa. Le ragioni sono note: la distruzione degli habitat causata da agricoltura, allevamento e sfruttamento del sottosuolo, la caccia e il bracconaggio, l’inquinamento e il cambiamento climatico. Lo studio di Pnas è preoccupante perché non riguarda solo gli animali a rischio di estinzione. Oltre agli orsi bianchi, agli elefanti africani e ai panda, c’è una miriade di specie considerate comuni la cui popolazione sta precipitando. Chi sapeva che negli ultimi dieci anni in Francia è scomparso il 40% dei cardellini? Gli animali che siamo abituati a vedere tutti i giorni rappresentano il 30 per cento delle specie a rischio. Questa estinzione avrà conseguenze catastrofiche per gli ecosistemi, ma anche per l’economia e la società. Gli ambienti naturali svolgono funzioni essenziali: provvedono all’impollinazione, catturano anidride carbonica e migliorano la produttività dei terreni e la qualità dell’aria e dell’acqua. Sappiamo come limitare l’effetto negativo degli esseri umani sulla biodiversità. I governi, le aziende e gli abitanti del pianeta devono ripensare le loro modalità di produzione e consumo, oltre che il loro rapporto con il mondo naturale. Porre fine al commercio delle specie in via di estinzione. Aiutare i paesi in via di sviluppo a proteggere la biodiversità. Favorire gli obiettivi a lungo termine rispetto al profitto immediato. Il tempo è limitato: due o tre decenni al massimo, avvertono gli scienziati. Ne va della sopravvivenza della biodiversità e del benessere dell’umanità. (Internazionale n.1213, 14 luglio 2017, pag.17; molti altri dati in: Il Manifesto, “Ecosistemi”, 16 luglio 2017, pag.10; sul tema, essenziale il testo di Edward O.Wilson , “Metà della Terra, salvare il futuro della vita”, Codice edizioni, Torino, 2016)
- Una èquipe di ricerca ha rilevato lo sbiancamento del 30 per cento dei coralli del Giappone, i più settentrionali del mondo. Negli ultimi anni i coralli, originari dell’arcipelago meridionale di Okinawa, si erano spostati verso nord, in cerca di acque meno calde vicino alle isole di Kyushu, Shikoku e Honshu. Lo sbiancamento è causato dal cambiamento climatico, (Internazionale n.1214, 21 luglio 2017, pag. 98)
- Almeno 27 ippopotami sono stati uccisi illegalmente dall’inizio di marzo nella regione turistica di Ayerou, nell’ovest del Niger. Gli ippopotami, che sono una specie protetta, sono stati abbattuti dagli abitanti dei villaggi della zona, infastiditi da alcune incursioni contro il bestiame e le coltivazioni. Gli animali sono anche considerati una minaccia per la navigazione sul fiume Niger. Per mettere fine alla strage, alla fine di giugno il governo ha inviato nella regione alcune pattuglie delle Forze per la difesa della sicurezza. (Internazionale n.1214, 21 luglio 2017, pag.98).
- Faremo la fine dei dinosauri? (…) Difficile non provare simpatia per una capra girgentana, dalle lunghe corna a cavatappi. E che dire del dolce asino, dal pelo bianco e dal muso rosa? Guardateli bene in queste fotografie, perché fra pochi anni non esisteranno più Di questi asinelli bianchi dell’Asinara, un tempo isola destinata al carcere duro, oggi parco nazionale , restano solo poche diecina di esemplari. Della capra girgentana, originaria della Sicilia di Pirandello e del commissario Montalbano, qualche centinaio di capi, custoditi con amore da pochi allevatori visionari e romantici, in barba a qualsiasi regola del mercato e convenienza economica. (…) Al ritmo di due specie al giorno, si sta consumando la scomparsa degli animali selvatici per colpa dell’ingordigia degli uomini, per l’esattezza la sesta estinzione di massa, da quando la vita è comparsa sul pianeta. Ma che dire della settima estinzione, quella che interessa le razze domestiche selezionate dagli uomini? Oltre 1300 razze di cavalli, bovini, galline, pecore e capre sono a elevatissimo rischio di estinzione, cioè esistono meno di cento femmine o meno di cinque maschi , per ciascuna di esse. Nel nostro paese la situazione è grave, perché sono a rischio scomparsa 38 razze di pecore, 24 di bovini, 22 di capre, 19 di equini, 10 di maiali, 10 di uccelli da cortile e 7 di asini. (…). (Io Donna, 29 luglio 2017, pag. 48-51, )
Salute globale
- Quel miliardo e mezzo di euro in medicine che viene buttato via. Il Comitato nazionale di bioetica, con una mozione proposta da Silvio Garattini e votata all’unanimità, ha richiamato con forza il problema delle confezioni farmaceutiche non ottimali. La maggioranza di blister e boccette contengono un numero di compresse o gocce superiore o inferiore del 30% in media rispetto al ciclo terapeutico prescritto. C’è un grande spreco delle dosi in eccedenza, denunciano i saggi coordinati dal professor Lorenzo D’Avack, soprattutto antibiotici, analgesici, sciroppi, antipertensivi, scompenso cardiaco, antiaggreganti e anticoagulanti. (…) Ogni anno, a causa della mancata corrispondenza tra durata del trattamento e numero di unità terapeutiche, vengono sperperati oltre un miliardo e mezzo di euro. (…) In Usa e in Gran Bretagna è il farmacista che prepara confezioni personalizzate con il numero di compresse o flaconi monodose indicati sulla ricetta. Lo stretto necessario per completare il ciclo. In Italia almeno un paio di leggi prevedevano l’introduzione di sistemi “ per eliminare sprechi di prodotti, rischi di errori e consumi impropri”. In clima di tagli e razionalizzazioni forse è venuto il momento di riprendere in mano con decisione questo progetto. (…) (Corriere della Sera, 2 luglio 2017, pag. 20)
- L’impoverimento del sistema pubblico, allarme Cgil sulla rinuncia alle cure. Nel 2014 la spesa sanitaria dell’Italia è stata “significativamente inferiore” rispetto a quella di altri paesi dell’Unione Europea, sia in termini di valore pro capite, sia in rapporto al Pil. E’ quanto ha certificato ieri l’Istat fornendo i dati del periodo 2012-2016: a fronte di circa 2404 euro per aitante spesi in Italia, Regno Unito, Francia e Germania hanno stanziato tra i tremila e i 4mila per abitante; Danimarca, Svezia e Lussemburgo intorno ai 5mila euro. In rapporto al Pil, la spesa è stata vicina all’11% in Francia e Germania, appena inferiore al 10% nel Regno Unito, di circa il 9 % in Italia e Spagna. Nel 2016 la spesa sanitaria corrente è stata pari a 149.500 milioni di euro (2466 euro pro capite), con un incidenza sul Pil dell’8,9%, sostenuta per il 75% dal settore pubblico. La spesa sanitaria privata nel 2016 è pari a 37.318 milioni di euro, con un’incidenza rispetto al Pil del 2,2%, il 90,9% a carico delle famiglie. La spesa per cure e riabilitazione è stata paria 82.032 milioni di euro, con un0incidenza del 54,9% sul totale della spesa sanitaria e del 4,9% sul Pil. Poi ci sono i prodotti farmaceutici e gli apparecchi terapeutici, con 31.106 milioni di euro e una quota del 20,8% del totale. Gli ospedali sono i principali erogatori di assistenza con una incidenza del 45,5% sul totale della spesa corrente. Al secondo posto gli ambulatori che pesano per il 22,4%. Terza l’assistenza a lungo termine, che incide per il 10,1%. (…) Oggi pesa l’età media: più è alta maggiori sono i fondi (così la Liguria ottiene più della Campania, che ha l’età media più bassa del paese). Occorre bilanciare il riparto con l’incidenza delle difficoltà economiche e sociali e la situazione epidemiologica. Altro nodo cruciale sono i super ticket: “Il loro peso è diventato insopportabile , come segnala perfino la Corte dei Conti”, spiega la Cgil. Il loro proliferare e le differenze tra regioni hanno generato distorsioni, la fuga verso il privato, la rinuncia alle cure, l’emigrazione sanitaria in altre regioni. Il risultato è stato un minore introito per il pubblico cioè un nuovo tassello nel suo progressivo smantellamento. Stesso discorso per le liste d’attesa. (…) (Il Manifesto, 5 luglio 2017, pag.5)
- Gonorrea resistente. Il batterio della gonorrea (Neisseria gonorrhoeae) sta diventando resistente agli antibiotici, avverte Plos Medicine. Casi resistenti alla ciprofloxacina (l’antibiotico più prescritto ed economico) sono stati trovati nel 97 per cento dei paesi monitorati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), quelli resistenti all’azitromicina nell’81 per cento e alle cefalosporine nel 66 per cento. Si stima che ogni anno 78 milioni di persone siano infettate dal batterio della gonorrea. Per rallentare la diffusione di questa malattia a trasmissione sessuale, l’Oms ha sollecitato il completamento dei test clinici di un nuovo antibiotico, la zoliflodacina, che per mancanza di investimenti sono fermi dal 2015. L’azienda proprietaria del brevetto ha annunciato che nel 2018 sarà avviata l’ultima fase di sperimentazione. (Internazionale n.1213, 14 luglio 2017, pag.103)
- Roma è la capitale del morbillo. E un terzo dei casi italiani è nel Lazio. Il virus si diffonde ancora: il numero dei contagi è raddoppiato. Colpite le donne. Corre inarrestabile l’epidemia di morbillo che ha colpito il Lazio. E il picco è ancora lontano. : a confermarlo i dati raccolti dal bollettino settimanale del Ministero della Salute. Sono già oltre 1100 i casi registrati nella nostra regione, quasi un terzo di quelli nazionali che il 4 luglio ammontavano a 3346. Il punto nodale sta però nella progressione del virus, che ha ulteriormente incrementato la sua corsa. Se fino al mese scorso il numero dei contagiati cresceva in media di 120 unità al mese, adesso questo stesso numero di nuovi casi è stato registrato nelle ultime due settimane. A metà giugno i malati erano infatti 979, passati poi a 1033 sette giorni dopo e infine a 1093 negli ultimi giorni del mese. Cifre di cui si può capire l’enormità solo se paragonate con le altre regioni italiane, che invece si stanno stabilizzando in quanto a contagi: Il Piemonte segue a quota 599, circa la metà, la Lombardia con 502 e la Toscana (dove invece a far paura e la meningite) con 341. Le altre, a parte Abruzzo e Sicilia, sono tutte al di sotto – anche di molto – dei 60 casi. (…) Ad ammalarsi sono state prevalentemente persone di genere femminile e di nazionalità italiana; l’età media è stata di 27 anni, con una maggiore incidenza nelle fasce 15-39 e 0-4 anni. Ed è proprio nei bambini che si evidenzia una tendenza all’aumento. L’89 per cento di chi ha contratto finora la malattia non era vaccinato mentre il 10,5 era stato sottoposto ad una sola dose. (…) (Corriere della Sera, 12 luglio 2017, pag. 5 cronaca)
- Colera, 5000 casi al giorno in Yemen. L’emergenza umanitaria in Yemen si aggrava ogni giorno di più: secondo l’Oms si registrano ogni giorno 5mila nuovi casi di contagio da colera nel paese dove da oltre due anni va avanti l’operazione militare saudita contro i ribelli Houthi. Una situazione “lontano dall’essere sotto controllo” , ha detto la portavoce Fadela Chaib. Da fine aprile sono 368.207 i casi di contagio e 1828 le vittime. (Il Manifesto, 23 luglio 2017, pag..8)
- L’Europa si beve il glifosato. Nonostante l’impegno di 1,3 milioni di cittadini contro il Roundup la Commissione europea è pronta a concedere altri 10 anni di vita al diserbante dannoso per l’uomo e per l’ambiente. Glifosato a pioggia fino al 2027? La Commissione europea, a proposito di scarsa democrazia delle istituzioni comunitarie, non sembra granché preoccupata del fatto che l’erbicida più usato al mondo e quindi anche in Europa sia stato classificato come “probabilmente cancerogeno” dalla Agenzia internazionale Onu per la ricerca sul cancro (Iarc), Nel frattempo il pianeta ogni anno assorbe circa 825mila tonnellate di glifosato (principale produttore è Monsanto che commercializza sia il Roundup che le piante modificate che gli resistono per un business di 8,8 miliardi di dollari); nonostante 96 scienziati indipendenti abbiano contestato pubblicamente la valutazione dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che ha classificato l’erbicida come “non cancerogeno”, ma sulla base di studi non pubblicati. Considerato il suo utilizzo, tracce di glifosato si trovano ovunque: nei corsi d’acqua di tutta Europa, nel cibo(pane e farina), nella birra e nelle urine degli europei, italiani compresi (in Germania è stato trovato nel 96,6% delle 2mila persone analizzate). Eppure a Bruxelles c’è qualcuno che ha fretta di chiudere questa controversia internazionale – che vede coinvolte multinazionali della chimica, governi amici e altri più o meno ostili, comunità scientifiche e decine di associazioni ambientaliste – se è vero che tra oggi e domani la Commissione europea rimette sul piatto la sua proposta che intende rinnovare l’autorizzazione del glifosato per i prossimi dieci anni (l’autorizzazione è scaduta nel giugno 2016 e la decisione finale verrà presa entro la fine del 2017). (…) (Il Manifesto, 19 luglio 2017, pag. 16; vedi anche “Monsanto Papers, il gigante dei pesticidi sotto accusa, la strategia della multinazionale per screditare gli scienziati che ritengono i prodotti a base di glifosato pericolosi per la salute. Un inchiesta di Le Monde”, in Internazionale n. 1214, 21-27 luglio 2017, pag. 40-49; per approfondire, essenziale, di M.M. Robin, “Il mondo secondo Monsanto”, Arianna editrice, Bologna, aprile 2009).
- Fertilità maschile il seme dimezzato. Calato del 52 per cento il numero di spermatozoi nei maschi occidentali, “A questo ritmi rischiamo l’estinzione”. (…) E’ la conclusione di un grosso studio israeliano, che ha analizzato i dati di 43mila uomini contenuti in 185 indagini, che coprono un periodo dal 1973 al 2011. I numeri sono chiari quanto allarmanti: la concentrazione dello sperma (ovvero il numero di spermatozoi per millimetro) è calata del 52,4% e il valore assoluto (spermatozoi presenti nell’eiaculato) del 59,3%. Gli autori, guidati da Hagai Levine della Hebrew University di Gerusalemme, sottolineano un punto importante: i dati riguardano la popolazione del mondo occidentale (Nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda), mentre gli uomini di Sudamerica, Asia e Africa sembrerebbero immuni dal problema. I ricercatori stessi sottolineano però che gli studi fatti nel Sud del pianeta sono numericamente inferiori – e meno attendibili – rispetto a quelli dei paesi del Nord. (…) Il numero degli spermatozoi non ha però un legame diretto con la fertilità maschile. “Per valutare la salute riproduttiva dell’uomo è importante la qualità degli spermatozoi e delle informazioni che questi sono capaci di portare, compreso il cosiddetto indice di frammentazione del dna – continua Salonia, Irccs Ospedale San Raffaele di Milano – . Di certo sulla fertilità maschile incide l’età, perché con l’avanzare degli anni c’è un calo fisiologico di numero e qualità degli spermatozoi: i dati di scienza suggeriscono che se un uomo diventa padre dopo i 35 anni aumentano i rischi di patologie neurocognitive nel bambino, incluso l’autismo”. “La riduzione del numero di spermatozoi è già stata provata fin dall’inizio del ‘900, con la misurazione del volume dei testicoli – sottolinea Paolo Emanuele Levi-Setti, direttore dell’Humanitas Fertility Center di Milano -. Non sappiamo quali sono le cause del fenomeno, anche se abbiamo dei sospetti, per esempio su alcuni inquinanti ambientali che possono avere un effetto negativo sugli ormoni maschili e sulla qualità oltre che sul numero degli spermatozoi. Numerose evidenze scientifiche ci dicono però che il danno alla linea germinale maschile avviene nel corso della gravidanza: probabilmente è lì che gli inquinanti hanno l’effetto maggiore sul futuro bambino”. Gli autori israeliani arrivano a dire che, se il calo degli spermatozoi continuerà a questo ritmo, sarà a rischio la stessa vita umana sulla terra. “In Italia, sette uomini su cento sono infertili, il rischio che la popolazione non riesca più a riprodursi è realistico”, conclude Salonia. (Corriere della Sera, 27 luglio 2017, pag. 25, con due grafici e un commento)
- Il tetano è sempre intorno a noi e non scomparirà mai . Il vaiolo e il morbillo, malattie contagiose, con una serie di vaccinazioni di massa, sono eradicabili dal pianeta, il tetano no. Nel 2016 nel mondo si sono verificati un milione di casi di tetano, il 43% dei quali sono morti. Tutt’oggi, senza vaccinazione, non c’è scampo. Vi è notevole differenza tra la vaccino-profilassi del tetano e la vaccino-profilassi del vaiolo e del morbillo. Il primo è dovuto a un bacillo che si comporta come una specie di mostro da film di fantascienza tipo “Alien”; i secondi sono virus umani molto cattivi ma dal comportamento molto più prevedibile. Vaiolo e morbillo, con una seria vaccinazione di massa, sono eradicabili dal pianeta, il tetano no. (…) Il tetano, invece, non è mai scomparso e non potrà mai scomparire. Il bacillo del tetano è un nemico invulnerabile che non ha bisogno dell’uomo per vivere. E’ una macchina di mostruosa perfezione, adattata a sopravvivere Sopporta benissimo la mancanza d’aria e d’acqua. Resiste alla temperatura di 150 gradi per un’ora. L’ebollizione non gli fa nulla. Tollera disinfettanti come l’alcool e il fenolo. Quando si trova in condizioni ideali dentro le carni di un ospite, si trasforma nella forma vegetativa e si riproduce (come il mostro di Alien). Ha dei sistemi che impediscono l’arrivo dei globuli bianchi e dei macrofagi del pus. Le ferite, infatti, sono mortificate e senza pus. Questo è un fatto che allenta l’attenzione. Non sembra aggressivo. Con calma, al caldo-umido della ferita poco ossigenata, inizia a produrre una proteina tossica che attacca il Sistema Nervoso Centrale dell’ospite, allo scopo di ucciderlo. I feriti muoiono così. Per infezioni da clostridi anaerobi della terra, compreso il clostridio del tetano. Quando i clostridi del tetano si trovano in una condizione di vita intollerabile, si trasformano in spore e se ne vanno in letargo per tutto il tempo che sarà necessario, anche per decenni. Si risvegliano dal letargo appena le condizioni migliorano. Sanno vivere nell’intestino degli animali. Da lì vanno nella terra, dove vengono sparsi con gli escrementi. Si trovano in grande quantità nel letame di cavallo, di bovini e di ovini. Quando il letame viene seccato dal sole e polverizzato dal vento, le spore del bacillo tetanico si diffondono ovunque : sulla terra, sulle pietre, sugli strumenti di lavoro, sugli ortaggi, sugli oggetti in legno e ferro e sulle spine dei fiori. Non c’è luogo dove non possono nascondersi. (…) Bisogna sapere che non esiste un vaccino contro il bacillo del tetano e le sue spore. Esiste, invece, il vaccino contro la tossina tetanica, che è l’arma con cui il clostridio uccide. Ed esiste anche il siero antitetanico, ricco di anticorpi contro la tossina. Una volta, in Italia, la mortalità infantile da “tetano neonatale” era una piaga. Oggi è scomparsa per la vaccinazione delle madri e le migliorate condizioni igieniche. Tale piaga, invece è tutt’oggi gravissima in India, grave in Cina e diversi paesi africani. E’ dovuta all’inquinamento del cordone ombelicale da bacillo tetanico, con madri non vaccinate. La morte è certa e atroce. (…) Era stato scoperto il vaccino con anatossina tetanica. La diffusione di questa vaccinazione fece crollare il numero di casi di tetano conclamato. Ciò sta a significare che il numero di ferite infette da bacillo tetanico è uguale al passato, ma la tossina prodotta dal clostridio non ha alcun effetto su una popolazione sottoposta a vaccinazione con anatossina. Il numero di clostridi tetanici presenti sulla terra è uguale al passato. Se dovessimo cessare di vaccinarci, il tetano ricomparirebbe immediatamente. (…) (La Provincia del Sulcis Iglesiente, n.306, 31 luglio 2017, pag. 9)
Economia e ambiente
- La Finlandia seppellisce le scorie nucleari. Seppellendoli in un deposito sotterraneo su un isola del mar Baltico, Helsinki non dovrà più preoccuparsi dei suoi scarti radioattivi per almeno centomila anni. Molti paesi devono fare i conti con il problema delle scorie radioattive. Le proposte per smaltirle sono le più varie, dal lancio nello spazio all’abbandono in blocchi di cemento in fondo al mare. Quest’ultimo metodo è stato adottato dai Paesi Bassi, ma poi si è scoperto che era tutt’altro che sicuro. Più di una volta il materiale radioattivo è finito in mare. La Finlandia è stata invece il primo paese a realizzare un deposito permanente per il combustibile nucleare esausto. Sull’isola di Olkiluoto, nel mar Baltico, le scavatrici sono scese a 450 metri di profondità per costruire una rete di gallerie dove, a partire dal 2020, saranno stoccate 6500 tonnellate di scorie nucleari. Il progetto Onkalo, che in finlandese significa “buco”, ha un orizzonte temporale di centomila anni. Quando i depositi sotterranei avranno raggiunto la massima capienza, tra circa un secolo, le gallerie saranno sigillate ermeticamente con l’argilla. Le strutture in superficie saranno smantellate e i passanti non noteranno nulla di insolito nell’area. Il progetto fu lanciato nel 1983, quando il governo finlandese decise che le generazioni che beneficiano dell’energia nucleare devono anche smaltirne le scorie in modo definitivo, non con soluzioni temporanee come succede ancora oggi. (…) Perché la Finlandia ha optato per i “depositi geologici”? “Non c’erano alternative, perché in Finlandia c’è una legge che vieta di esportare rifiuti pericolosi. Stiamo cercando di sviluppare un modo per trasformare i materiali radioattivi in sostanze innocue, ma non saremo mai in grado di smaltire tutto”. Lanciare le scorie nello spazio sarebbe rischioso e stoccarle in fondo al mare non ha funzionato. Restavano quindi due possibilità: non fare niente e lasciare la patata bollente alle generazioni future, come fanno quasi tutti i paesi; oppure nascondere le scorie a grande profondità al riparo dai pericoli. “I politici finlandesi hanno avuto un approccio pragmatico, prosegue Vira, ”Non erano entusiasti all’idea di seppellire le scorie radioattive nel giardino di casa, ma hanno capito che non fare niente sarebbe stato peggio”. Il progetto Onkalo è stato affidato all’azienda finlandese Posiva, che ha individuato il sito adatto tra più di cento. “Abbiamo analizzato le caratteristiche geologiche di ogni terreno, le acque sotterranee e il volume della roccia. Alla fine è stata scelta l’isola di Olkiluoto dove c’è anche un reattore nucleare”. (…) (Internazionale n.1212, 7 luglio 2017, pag. 94)
- Sprint Volvo: motori elettrici su tutte le auto. Parte la rivoluzione “green” della casa svedese. Dal 2019 si cambia, avanti con i modelli ibridi. “E’ la fine delle vetture spinte dal solo motore a combustione interna – ha spiegato Hakan Samuelsson, amministratore delegato del gruppo di Goteborg, passato nelle mani dei cinesi della Geely sette anni fa.” (Corriere della Sera, 6 luglio 2017, pag. 15; vedi anche il supplemento economia dello stesso quotidiano del 10 luglio 2017, pag. 34).
- Il diamante più puro? Nell’oceano. Le ricerche al largo della Namibia. I fondali sono la nuova frontiera dell’estrazione. Scatta la rivolta degli ambientalisti. Centotredici metri di lunghezza, 12mila tonnellate di stazza, un costo di realizzazione di 157 milioni di euro e un nome “storico”. A giugno il gruppo diamantifero De Beers – fondato nel 1888 a Johannesburg da Cecil Rhodes – ha varato la più grande nave per rintracciare pietre preziose. In fondo al mare. La “Sam Nujoma”, così è chiamato il colosso, è stata costruita in Norvegia e porta il nome del presidente fondatore della Namibia, il “padre sella nazione, in carica dall’indipendenza nel 1990 al 2004” . L’imbarcazione opererà al largo della costa del paese africano, nelle aree che – grazie anche all’aiuto dei droni – verranno identificate come potenzialmente “ricche di risorse” e la sua attività dovrebbe mantenere inalterati i livelli di produzione fino al 2035. Non senza polemiche da parte dei gruppi ambientalisti, preoccupati per la fauna marina. La multinazionale De Beers per anni ha dominato la produzione globale nel settore, e nel 1991 ha acquistato i diritti di estrazione su più di 3mila miglia quadrate del mare prospiciente la costa del Paese. “ Sono molto, molto fiducioso che questa nave ci permetterà di continuare ad estrarre 1,2 milioni di carati all’anno”, ha detto l’amministratore delegato dell’azienda, Bruce Cleaver. Perché intraprendere questa nuova e avventurosa impresa? Le miniere terrestri si stanno pian piano esaurendo ed entro il 2050 la produzione potrebbe cessare, come ha denunciato pochi giorni fa il Washington Post in un lungo articolo. (…) (Corriere della Sera, 13 luglio 2017, pag. 15, con foto)
- Nord Stream 2, la sanzioni americane e i nostri interessi. Si prospetta un nuovo terreno di tensioni tra Stati Uniti e UE? Si , se il Congresso Usa farà passare nuove sanzioni contro la Russia e le aziende (europee) che collaboreranno nella realizzazione di infrastrutture energetiche. Bruxelles si starebbe preparando a contromisure ad hoc, visto che l’obiettivo nel mirino Usa è il gasdotto baltico Nors Stream 2 (raddoppio di quello esistente) tanto caro alla Germania e che vede coinvolte oltre alle tedesche Wintershall e Uniper, l’anglo-olandese Shell, l’austriaca Omv e la francese Engie. Quella delle sanzioni contro Mosca per l’illegale annessione della Crimea è stata dal 2014 ad oggi una storia assai complicata. Buone intenzioni, forse, ma risultati discutibili e comportamenti così così. Malgrado le sanzioniBerlino è andata avanti con il Nord Stream 2, e l’americana Exxon dell’ex ceo Tillerson (ora segretario di Stato), è stata multata per aver intrattenuto affari con la Russia. Senza contare, poi, che nei prossimi anni proprio gli Usa intendono avviare massicce esportazioni di gas , anche verso l’Europa. Ma, ancora di più, è paradossale che se uno scenario di sanzioni-ritorsioni tra Usa e e Ue dovesse prendere corpo, l’Italia si troverebbe in una ben strana situazione: come si scrive assai chiaramente nella Strategia Energetica nazionale 2017, in consultazione pubblica fino a fine agosto, a noi il Nord Stream 2 non piace affatto. Farebbe della Germania lo snodo principale del gas europeo, costringendo la nostra industria a pagarlo stabilmente di più, dovendo aggiungere il costo del trasporto Nord-Sud. All’Italia converrebbe diversificare, magari dall’Azerbaigian o da Egitto-Israele-Cipro anche se in quell’area l’Eni si è legata ai russi di Rosneft e potrebbe pagare dazio. Ma a parte questo (e senza dimenticare i danni già patiti dalle nostre aziende con le sanzioni) : oggettivamente dovremmo stare dalla parte degli Usa , e quindi come la mettiamo con l’UE? (Corriere della Sera, 26 luglio 2017, pag. 26)
Una riflessione
Solo alcune considerazioni generali, cercando di individuare almeno qualche linea d’azione che possa rendere migliore il futuro del pianeta, l’unico che abbiamo. In Italia, la quantità di ettari di boschi e coltivazioni divorati dal fuoco (favorito certo dal caldo e dalla siccità, ma anche occasione preziosa per piromani e speculatori) rende assolutamente necessario e urgente l’avvio di una riforestazione intensa. Ogni territorio dovrebbe assumere delle iniziative, le strutture amministrative, regionali e nazionali, dovrebbero mettere a disposizione strumenti e materiali, capacità professionali ed esperienze. Ma cominciando subito, prima che la memoria dell’estate del “grande caldo” svanisca e ci si ritrovi nella stessa situazione tra sei mesi. Ancora, iniziative immediate dovrebbero essere avviate per riparare e ammodernare la rete idrica e il sistema delle fonti di alimentazione. Non so se dobbiamo pensare ad un Piano Idrico nazionale (quanti mesi o anni per elaborarlo, quanti per approvarlo, quanti per finanziarlo in misura adeguata?), oppure occorre puntare su iniziative locali, salvo poi coordinarle ad una scala maggiore. Il tempo a disposizione è uguale, non più di sei mesi per mettere in moto qualcosa di serio. Un altro problema , di dimensioni globali, dovrebbe essere affrontato in tempi stretti. Riguarda l’utilizzo del carbone, poiché se ne riconoscono ormai gli effetti negativi sul riscaldamento globale, però si continuano ad aprire miniere, a costruire impianti con esso alimentati, a commerciarlo tra paesi anche lontani, a tenerlo presente quando si programma l’uso degli altri combustibili fossili. Sembra proprio che siamo ancora molto lontani dal voler rispettare gli impegni internazionali apparentemente assunti, mentre imprese e governi si muovono come se i danni del mutamento climatico fossero su un pianeta diverso e distante . Infine, continuano a essere diffusi i dati relativi alla “sesta estinzione di massa”, relativa alla perdita di due specie viventi ogni giorno, (anzi si parla già di una “settima estinzione” che riguarda le specie animali addomesticate, essenziali per la nostra alimentazione), ma quasi nulla di concreto viene fatto per modificare un fenomeno di queste dimensioni. Spero di non aver solo lanciato messaggi pessimistici, ma di aver fatto intravedere che gran parte delle possibili iniziative positive sono sempre a portata di mano delle singole persone, nei territori e negli spazi dove ogni persona vive..
SCHEDE PRECEDENTI
- Benvenuti sull’ultima spiaggia
- Siamo nell’occhio del ciclone
- Un pianeta sempre più a rischio
- Stiamo strangolando la terra
- Sono ancora cattive le notizie sul clima
- Il clima dipende anche da noi
- Giocano sulla nostra pelle
- Non aspettiamo la catastrofe
- Basta carbone! O sarà la fine
- Stop all’ecatombe dell’ambiente
- 2016. Un altro anno nero per la terra
- Una moratoria per evitare la catastrofe
- L’Antartide che va in pezzi
- Il bollettino segnala una vera disfatta
- Il ritmo letale del consumismo
- Potrebbero mancare meno di 12 anni
- Abbiamo sete ma le dighe la aggravano
Lascia un commento