P. vive qui con la sua giovane famiglia a Enziteto, quartiere satellite di Bari di oltre diecimila abitanti, dove non c’è neanche un fruttivendolo. Nel recente passato P. è inciampato nelle difficoltà della vita e ora vuole rialzarsi e fare qualcosa per il suo quartiere, a cui non è bastato cambiare il nome da Enziteto a San Pio per sconfiggere l’isolamento che devasta molte altre periferie. P. vuole aprire un’attività di vendita ambulante di frutta e verdura. Avere un furgone è il suo sogno di riscatto. Cosa è successo a quel sogno? Di certo da quelle parti, malgrado mille difficoltà, hanno imparato che le persone insieme possono fare molto…
Il lavoro sul piccolo commercio cittadino mi ha permesso in questi due anni di incontrare tante persone e di conoscere tante vicende, belle e brutte, tentativi, successi e fallimenti, in centro e in periferia.
Questa storia è quella di P., un ragazzo di Enziteto, un quartiere satellite nato negli anni Ottanta a nord di Bari città nelle campagne tra Bitonto e Santo Spirito, per dare un tetto sulla testa agli “sfollati” del San Paolo, del Libertà e di Bari Vecchia. Non è bastato cambiare il nome da Enziteto a San Pio per sconfiggere l’isolamento, la carenza di servizi, la povertà economica e sociale ed il degrado dell’ultima vera periferia della città. Qui lo Stato negli anni è arretrato (hanno chiuso scuola e consultorio); resistono importanti presidi sociali, come il Centro Famiglie, la parrocchia e l’esperienza virtuosa dell’Accademia del Cinema con numerosi progetti. L’amministrazione ha messo in campo un importante sforzo progettuale e di reperimento fondi, ma i tempi sono lunghi: ad oggi gli interventi di rigenerazione del quartiere devono ancora trasformarsi in cantieri e processi.
P. vive qui con la sua giovane famiglia, nel recente passato è inciampato nelle difficoltà della vita e vuole rialzarsi grazie al lavoro. L’ho conosciuto attraverso Don Gianni, un prete di frontiera; qualche mese fa mi ha interpellato per sapere se il Comune poteva dare una mano a questo ragazzo attraverso un bando o un progetto nell’acquisto di un furgone per avviare un’attività di vendita ambulante di frutta e verdura nel quartiere.
Negli anni ad Enziteto i negozi hanno praticamente tutti chiuso, non è rimasto neanche un fruttivendolo, gli abitanti si lamentano dei prezzi dell’ipermercato, troppo alti per le loro tasche.
A P. lo conoscono tutti, è cresciuto lì. Dopo un inciampo con la giustizia ed una brutta esperienza lavorativa da dipendente, P. vuole mettersi in proprio, con l’urgenza di ricominciare a lavorare per portare il pane a casa. Vuole aprire un’attività di vendita ambulante di frutta e verdura perché pensa che possa diventare un servizio utile ai cittadini, soprattutto ai più anziani che hanno difficoltà a spostarsi, immagina di organizzare anche il domicilio.
Il furgone ambulante per la vendita di frutta e verdura sul quartiere è il sogno di riscatto di P. Quando ci siamo conosciuti nei suoi occhi e nelle sue parole ho riconosciuto l’intenzione di chi ha un progetto, ci crede e vuole realizzarlo.
Purtroppo, in questo momento, il Comune non ha un dispositivo con cui finanziare un’operazione di questo tipo. O perlomeno non ce l’ha nell’immediato. Una politica, un programma, un bando non sempre incrociano in maniera efficace, per barriere di accesso e tempi, la vita delle persone con maggiore difficoltà. La criminalità spesso è più veloce delle istituzioni nel fornire risposte rapide a bisogni impellenti, mi ha detto amaro Don Gianni in uno dei nostri incontri.
Tuttavia, abbiamo imparato in questi anni che le persone insieme possono fare molto. Ho lanciato una colletta nella rete di amici e conoscenti, in pochi giorni abbiamo raccolto con piccole donazioni quasi 5.000 euro. Una organizzazione di categoria, con i cui vertici locali in questi due anni si è costruito un bel rapporto di fiducia, ha fatto la sua parte. In poco tempo, neanche un mese, abbiamo comprato il furgone usato, l’abbiamo sistemato alla meglio, fatto l’assicurazione, aperto partita IVA, fatto la scia, comprato registratore di cassa, avviato corso SAB (Somministrazione Alimenti e Bevande) e cosi via.
Accompagnare P. in questo percorso tra uffici, patronati, rivenditori di mezzi usati, assicuratori, carrozzieri, mercati mi ha fatto riflettere su tante cose, in particolare sulle barriere all’accesso (economiche, culturali, burocratiche, ecc.) per i cittadini con meno risorse e mezzi, e su come la fiducia, la prossimità, la collaborazione possano aiutare ad abbassarle.
Ciascuno cresce solo se sognato, diceva Danilo Dolci.
Perché racconto questa storia? Perché mai come un questo caso “un furgone non è solo un furgone”. Nel corpo a corpo (così evidente in queste settimane) tra la città della legalità e del progresso e quella della corruzione e dell’avidità, un piccolo progetto di impresa portato avanti da un ragazzo di Enziteto che vuole uscire dal giro, darsi un’opportunità, rendersi autonomo, è una vittoria che, senza clamore né protagonismi, dobbiamo celebrare.
Alla piccola inaugurazione del furgone c’erano P. e la moglie che in questa avventura lo supporta con amore, i parenti e gli amici, qualche abitante del quartiere. Don Gianni ha benedetto il furgone e tutti noi: “È un segno importante … dopo anni i cui nel quartiere si è continuato a chiudere, qualcosa riapre! Un annuncio di prima era”.
P. mi ha inserito nel gruppo whatsapp con cui comunica quotidianamente la disponibilità della merce e i prezzi alle signore del quartiere. Ogni tanto mi allungo a Enziteto per fare la spesa della verdura, P. ci sa fare e ha sempre cose buone, l’altro giorno i carciofi erano spettacolari.
Questa è la città. Da una parte c’è P., un giovane ambulante che prova a riscattarsi attraverso il lavoro e la politica, le istituzioni e le politiche pubbliche che provano a dargli una mano nel cambiamento; dall’altra ci sono i mercanti: sono entrati spregiudicati nel tempio, predatori dei bisogni e delle debolezze delle persone, soprattutto della povera gente, avidi di potere, privilegi e denaro.
Noi sappiamo da sempre da che parte stare. E da oggi, forse, lo sa anche P.
Roberto Covolo, sociologo
Adolfo dice
Quando si vuole si può fare