Sono trascorse solo poche settimane dal tremendo passaggio del tifone Matthew, i riflettori mediatici sono spenti da tempo, perfino su Haiti e i suoi mille morti. Come al solito. Non si è trattato di un fenomeno naturale estremo ma dell’ennesima conseguenza del continuo riscaldamento dell’atmosfera e delle acque. Possibile che continuiamo ad ignorare come e perché si formano i cicloni e le piogge, cosa determina lo scioglimento dei ghiacciai, quali sostanze inquinano l’aria che respiriamo e i frutti che inghiottiamo? I governi non hanno smesso di traforare montagne, di estrarre materie nocive dalla terra, di lanciare ponti sui mari e alzare grattacieli nei centri urbani. In queste settimane, per chi avesse la voglia di ascoltare, ci sono stati molti altri segnali che indicano l’urgenza di cambiare radicalmente rotta. La ricca selezione di notizie curata da Alberto Castagnola ce ne mostra alcuni tra i più significativi
a cura di Alberto Castagnola
Il tifone Matthew ha percorso l’isola di Haiti seminando morte e distruzioni tremende con venti a oltre 230 chilometri all’ora e ha causato danni minori ma molto panico in tutta l’area caraibica, compresa la parte sudorientale degli Stati Uniti. Continuiamo a percepire questi eventi estremi come fenomeni naturali più o meno gravi, normali in un pianeta così vasto e già verificatisi in un passato ormai dimenticato. Invece non riusciamo a renderci conto che alluvioni e siccità, cicloni e innalzamento del livello dei mari sono tutti conseguenze sempre più gravi e in accelerazione del continuo riscaldamento dell’atmosfera e delle acque, che raggiunge sempre più livelli mai conosciuti negli ultimi secoli. Possibile che continuiamo ad ignorare come e perché si formano i cicloni e le piogge, cosa determina lo scioglimento dei ghiacciai, quali sostanze inquinano l’aria che respiriamo e i frutti che inghiottiamo? I governi dovrebbero smettere di traforare montagne, di estrarre materie nocive dalla terra, di lanciare ponti sui mari e alzare grattacieli nei centri urbani e dedicarsi a interventi meno roboanti e che invece migliorano la salute dei territori e degli esseri viventi, ma ciò è ancora totalmente estraneo alla politica di ogni paese. Ma anche ogni persona dovrebbe finalmente conoscere le origini e i contenuti di ciò che consuma e dei suoi atti quotidiani e sapere che dobbiamo rapidamente diventare tutti responsabili del clima e del pianeta: il tempo è poco per intervenire con effetti significativi, non possiamo aspettare oltre. E’ finito il tempo delle parole vuote, dobbiamo curare noi e il nostro spazio, dobbiamo riempire le piazze con richieste urgenti e vincolanti. E ora leggete pure, la realtà è sempre più evidente.
- Monsoni record, decine di morti per i fulmini. Dopo il caldo record, le tempeste monsoniche. In India almeno 93 persone sono morte e decine sono rimaste ferite, molte incenerite dai fulmini causati dalle piogge che cominciano ad abbattersi sul paese. Solo nel Bihar, sono rimaste uccise almeno 46 persone, compresi due bimbi. (Corriere della Sera, 23 giugno 2016).
- L’altopiano del Tibet. Il pianeta visto dallo spazio. L’altopiano del Tibet è stato generato da una collisione continentale avvenuta 55 milioni di anni fa, quando la placca indiana, in movimento verso nord, si scontrò con la placca euroasiatica. Con una altezza media che supera i 4500 metri e una superfice di 2,5 milioni di chilometri quadrati (otto volte l’Italia), è oggi l’altopiano più alto e più vasto del mondo. E’ anche la terza riserva di ghiaccio più grande del pianeta, dopo l’Artico e l’Antartico. Negli ultimi anni, però, l’aumento delle temperature ne sta causando lo scioglimento. Parte dell’Himalaya è riconoscibile lungo il bordo inferiore di questa immagine dai colori artificiali, con il motivo ben distinguibile del deflusso (dal basso verso l’alto della foto) delle acque dalle montagne. Al termine di fiumi e torrenti si vedono depositi di sedimenti di forma triangolare – conoidi alluvionali – che si formano quando i flussi raggiungono la pianura e si espandono. I conoidi alluvionali sono soggetti a inondazioni e sono quindi sempre più a rischio a causa del riscaldamento globale. Grazie al loro punto di vista, a circa 800 chilometri di altitudine, i satelliti possono monitorare i cambiamenti nella massa dei ghiacciai, il loro scioglimento e altri effetti del cambiamento climatico sul nostro pianeta. (Internazionale n. 1159, 24 giugno 2016, pag.107, con foto del bordo meridionale dell’altopiano tibetano, vicino al confine con il Nepal occidentale e con lo stato indiano del Sikkim).
- Ventidue persone sono morte nelle alluvioni causate dalle forti piogge che hanno colpito il centro della Cina. Duecentomila persone sono state costrette a lasciare le loro case. Dieci persone sono morte nelle alluvioni in Ghana, altre tre negli allagamenti nel deserto del Niger. (Internazionale n. 1159, 24 giugno 2016, pag. 104)
- Dall’analisi di più di 2500 barriere coralline in tutto il mondo ne sono emerse 15 in condizioni particolarmente buone. Alcune sono situate in aree popolate e con un intenso sfruttamento delle risorse marine. Sono state trovate anche 35 barriere coralline in pessime condizioni, alcune delle quali, alle Hawaii per esempio, si trovano in aree disabitate dove non si pesca. La differenza, scrive Nature, dipende da più fattori, tra cui la qualità delle amministrazioni e il coinvolgimento dei pescatori locali. (Internazionale n. 1159, 24 giugno 2016, pag.104)
- Gli incendi che si sono sviluppati in Arizona, in Colorado e in California, nel Sud Ovest degli Stati Uniti, hanno distrutto migliaia di ettari di vegetazione. Un incendio ha distrutto 1500 ettari di vegetazione a Cipro. (Internazionale n.1159, 24 giugno 2016, pag.104)
- Almeno 98 persone sono morte e 800 sono rimaste ferite nel passaggio di un tornado sulla provincia di Jiangsu, nell’est della Cina. Alcuni villaggi sono stati quasi completamente distrutti. (Internazionale n. 1160, 1 luglio 2016, pag. 90)
- Due persone sono morte in un incendio che si è sviluppato nel centro della California, negli Stati Uniti. Le fiamme hanno distrutto 150 case e 15mila ettari di vegetazione. (Internazionale n. 1160, 1 luglio 2016, pag. 90).
- 24 persone sono morte nelle alluvioni causate dalle forti piogge che hanno colpito il West Virginia, nell’est degli Stati Uniti.
- Un esemplare di ara di Spix è stato avvistato nel nordest del Brasile, a più di 15 anni dalla scomparsa della specie in natura. Si pensava che ormai ne rimanessero solo 130 esemplari in cattività. (Internazionale n. 1160, 1 luglio 2016, pag. 90)
- La Commissione europea ha annunciato che prolungherà di 18 mesi l’autorizzazione all’uso del glifosato, in attesa della valutazione dell’Echa, l’Agenzia europea per le sostanze chimiche. La decisione è stata presa malgrado le resistenze di alcuni paesi che vorrebbero vietare l’uso di questo controverso erbicida. (Internazionale n. 1160, 1 luglio 2016, pag. 90)
- Secondo Nature Communications, il colore rosa della neve che si può osservare in alcuni punti dell’Artico, indica una accelerazione dello scioglimento. La colorazione è dovuta ad un’alga, la chlamydamonas nivalis, che comincia a crescere quando la neve si scioglie. Poiché la neve pigmentata risulta più scura, riflette in modo ridotto i raggi solari e lo scioglimento viene accelerato. (Internazionale n. 1160, 1 luglio 2016, pag. 90)
- Addio allo zoo. Dopo 140 anni, chiude la zoo di Buenos Aires. I 2500 animali del giardino zoologico della capitale argentina saranno gradualmente trasferiti in riserve naturali del paese, dove potranno vivere in un ambiente più adatto a loro. “La condizione di cattività è degradante per gli animali”, ha detto il sindaco Horacio Rodriguez Larreta. Lo zoo diventerà un parco ecologico, dove i bambini potranno imparare come ci si prende cura delle diverse specie animali, scrive il Guardian. Alcuni uccelli saranno rilasciati nella Riserva ecologica di Buenos Aires, mentre altri animali, in cattive condizioni di salute o vecchi, rimarranno nel nuovo ecoparco, senza essere esposti al pubblico. Il sito diventerà anche centro di recupero per gli animali selvatici sequestrati ai trafficanti. (…) (Internazionale n.1160, 1 luglio 2016, pag. 90)
- La Volkswagen paga i danni. La Volkswagen ha accettato di pagare 14,7 miliardi di dollari per mettere fine alle azioni legali intentate negli Stati Uniti dopo lo scandalo delle emissioni truccate di alcuni suoi motori diesel, esploso nel settembre 2015. La cifra pattuita dal gruppo automobilistico tedesco, spiega la Frankfurter Allgemeine Zeitung, comprende il pagamento di 2,7 miliardi a un fondo dell’Environmental protection agency, l’agenzia del governo statunitense che si occupa di tutela dell’ambiente e l’investimento di 2 miliardi nella tecnologia a emissioni zero. (Internazionale n. 1160, 1 luglio 2016, pag. 93).
- I clienti diversi della Volkswagen. La Volkswagen non vede l’ora di lasciarsi alle spalle lo scandalo dei dati manipolati sulle emissioni dei suoi motori diesel. L’accordo annunciato il 28 giugno con le autorità statunitensi, che costerà al gruppo tedesco 14,7 miliardi di dollari, è considerato il primo passo verso la normalizzazione. Ma, mentre risolve un problema, allo stesso tempo ne crea uno nuovo. Ora la Volkswagen deve spiegare ai suoi clienti nel resto del mondo perché gli statunitensi sono stati trattati meglio degli altri. Dieci dei 14,7 miliardi che l’azienda pagherà negli Stati Uniti andranno ai proprietari dei 480mila veicoli diesel interessati più o meno tra i cinquemila e i diecimila dollari a cliente. Ora, giustamente, i clienti europei pretendono un trattamento simile, ma la Volkswagen rifiuta facendo appello alle differenze tra i vari sistemi giudiziari. Insomma, negli Stati Uniti indennizzi generosi, altrove solo una visita gratuita in officina per aggiornare il software che rileva le emissioni. Per questo i clienti, i loro avvocati e anche Elzbieta Bienkowska, la commissaria europea per il mercato interno, sono insorti. Dietro la strategia della Volkswagen c’è un calcolo molto semplice: i veicoli diesel interessati dalle manipolazioni sono stati undici milioni in tutto il mondo, di cui 2,4 milioni in Germania. Applicando alla sola Germania soluzioni come quella concordata il 28 giugno si raggiungerebbero rapidamente cifre molto più alte di quelle che l’azienda dovrà sborsare negli Stati Uniti. L’accordo statunitense assorbe già quasi del tutto i 16 miliardi di euro accantonati dall’azienda per rimediare allo scandalo. Versare indennizzi anche ad altri milioni di clienti metterebbe la Volkswagen in ginocchio. Ora il dilemma è questo: se insiste con la linea dura, per i tedeschi e altri europei la Volkswagen resterà a lungo la casa automobilistica che distingue tra clienti di serie A e clienti di serie B. Uno scenario pericoloso, perché la perdita di fiducia alla fine potrebbe costarle più cara della class action. Nelle sue campagne di marketing la Volkswagen ama presentarsi come una azienda attenta al consumatore. Propone foto di famiglie felici e automobili diventate, per così dire, parte della famiglia. Sono spot pubblicitari dal sapore nostalgico, come quelli di tante altre aziende. Ma di questi tempi i messaggi che fanno leva sui sentimenti assumono un significato particolare nel caso della Volkswagen: improvvisamente agli occhi del cliente potrebbero sembrare una presa in giro. (Internazionale n.1160, 1 luglio 2016, pag.15).
- Contro l’inceneritore. Il 26 giugno diecimila persone sono scese in piazza Xiantao, nella provincia dell’Hubei, per protestare contro la costruzione di un inceneritore che metterebbe a rischio la salute degli abitanti e l’ambiente. Dopo la manifestazione la sindaca di Xiantao, Zhou Wenxia, ha annunciato la sospensione del progetto. Ma le proteste sono continuate anche il giorno successivo, quando decine di persone sono rimaste ferite negli scontri con la polizia., scrive il quotidiano cinese Global Times. Zhou ha chiesto alla popolazione di smettere di partecipare a questi “raduni illegali”. In Cina ogni anno si verificano migliaia di “incidenti di massa”, come le autorità definiscono le manifestazioni di protesta, che spesso mettono in difficoltà il Partito comunista. La maggior parte delle proteste riguarda temi come la corruzione, l’inquinamento e gli espropri illegali. Negli ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative degli abitanti contro gli impianti chimici. (Internazionale n.1160, 1 luglio 2016, pag.28)
- Il cielo dell’Antartide sta guarendo, così si riduce il buco dell’ozono. Una molecola di ozono è formata da tre atomi di ossigeno. E’ un gas instabile mentre allo stato liquido è esplosivo. Non può essere conservato e deve essere prodotto al momento dell’uso. Ha un odore pungente caratteristico, lo stesso che accompagna talvolta i temporali , quando le scariche dei fulmini lo producono. Si chiama buco dell’ozono la riduzione dello strato di ozono nella stratosfera terreste. La fascia di ozono è concentrata tra i 15 e i 40 chilometri di altitudine e assorbe dal 97 al 99% delle radiazioni ultraviolette. Il buco dell’ozono consente il passaggio di elevate dosi di radiazioni ultraviolette emesse dal sole e capaci di provocare tumori alla pelle, danni alla cataratta, pericolosi aumenti della temperatura nel corpo umano, negli animali e nelle piante. Il buco nello strato di ozono sopra l’Antartide, contrariamente a quanto l’anno scorso i dati sembravano indicare, è in drastica riduzione, con una prospettiva futura rassicurante. Le misure effettuate tra settembre e ottobre indicavano una impennata negativa con una area distrutta che raggiugeva i 28, 2 milioni di chilometri quadrati, sfiorando l’annata record del Duemila, quando il valore raggiungeva i 29,9 milioni di chilometri quadrati. La realtà è per fortuna diversa perché l’estensione è comunque solo uno degli aspetti che entrano in gioco. (…) Se si considerano insieme tutti gli aspetti significativi (densità, concentrazione ed estensione dell’area di ozono), il bilancio adesso è positivo. “La curva risale decisa come rivelano i diagrammi, dimostrando che, quando si vuole, i problemi ambientali si risolvono e il merito va al coraggio del protocollo di Montreal sottoscritto da un sempre maggior numero di nazioni”. Il documento presentato nel 1987 ed entrato in vigore due anni dopo, ha messo al bando l’uso delle sostanze chimiche responsabili della distruzione del gas. “Ci si era resi conto – spiega Guido Visconti, fisico dell’atmosfera dell’Università dell’Aquila – che la combinazione tra ozono, cloro, e la presenza delle nubi stratosferiche accelerava il danno. Bisognava dunque togliere il cloro e gli altri elementi associati, tipo il bromo e il fluoro, sostituendoli con prodotti innocui.”(…) Ad essere più vulnerabili erano le zone polari, dove la circolazione atmosferica concentrava la presenza delle sostanze nocive. Infatti, dopo il Polo Sud, analoghi danni furono scoperti anche sull’Artico, facendo salire le preoccupazioni perché l’emisfero Nord era più densamente abitato e quindi più a rischio. “ I provvedimenti adottati hanno prodotto il loro effetto, anche se siamo ancora lontani dall’aver ricucito del tutto il buco – sottolinea Visconti – Con questo andamento, la ripresa richiederà 50 anni per tornare ai valori del 1979. Oggi con la densità rilevata di ozono intorno ai 250 Dobson siamo circa a metà strada dal valore di quasi 500 del ’79, quando il problema non esisteva”. La ricerca condotta prende in considerazione gli ultimi 15 anni, dimostrando anche come le eruzioni sulfuree dei vulcani possano peggiorare la situazione. Nel 2015, infatti, le immissioni del vulcano cileno Calbuco avevano fatto risalire l’estensione dell’area distrutta sull’Antartico. “Ma eliminando il suo apporto per l’annata specifica – conclude Susan Solomon – il passo avanti rimane evidente”. (Giovanni Caprara, Corriere della Sera, 3 luglio 2016, pag.25, con schema esplicativo).
- Più di 180 persone sono morte nelle alluvioni che hanno colpito la Cina. Altre 43 risultano disperse. Il probabile passaggio del tifone Nepartak nel sudest del paese rischia di portare nuove abbondanti piogge nel fine settimana. Nel nord del Pakistan le alluvioni causate dai monsoni hanno ucciso 43 persone. Negli stati indiani dell’Uttara-khand e dell’Arunachal Pradesh 25 persone sono morte nelle alluvioni e nelle frane provocate dalle piogge monsoniche. Decine di altre persone sono disperse. (Internazionale n.1161, 8 luglio 2016, pag.96)
- Cicloni . Circa tremila turisti hanno dovuto lasciare due isolette al largo di Taiwan in previsione dell’arrivo del tifone Nepartak, il primo della stagione. Con venti che superano i 260 chilometri orari, Nepartak dovrebbe colpire Taiwan venerdì e poi proseguire verso il sudest della Cina. (Internazionale n.1161, 8 luglio 2016, pag. 96)
- Siccità. La siccità che ha colpito la regione del Chaco, nel Paraguay occidentale, al confine con Bolivia e Argentina, mette rischio la sopravvivenza di migliaia di caimani. Le risorse d’acqua disponibili son prese d’assalto dai rettili, che di fatto impediscono al bestiame di abbeverarsi. (Internazionale n. 1161, 8 luglio 2016, pag. 96)
- Per contenere l’epidemia di febbre gialla in Angola e nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), l’Organizzazione mondiale della Sanità ha deciso di avviare una campagna di vaccinazione usando un quinto della dose normale. Mancano infatti i vaccini e le scorte di emergenza sono esaurite. Finora sono stati segnalati 3294 casi di febbre gialla in Angola e 67 in RDC. (Internazionale n.1161, 8 luglio 2016, pag.96)
- Il pesce scorpione (Pterois miles) sta invadendo il Mediterraneo. Al largo della costa sudorientale dell’isola di Cipro sono stati avvistati una ventina di esemplari. Si tratta di un pesce carnivoro, molto invasivo, che può mettere in pericolo la biodiversità e danneggiare la pesca locale. L’ampliamento del canale di Suez avrebbe facilitato la sua migrazione dal Mar Rosso e l’innalzamento delle temperature del mare avrebbe favorito la colonizzazione, scrive Marine Biodiversity Record. (Internazionale n. 1161, 8 luglio 2016, pag.96, con foto)
- Accordi da migliorare. “Il principale obiettivo dell’accordo di Parigi sul clima è quello di mantenere l’aumento della temperatura media globale ampiamente entro i due gradi rispetto ai livelli preindustriali e di continuare gli sforzi per limitare l’aumento di temperatura a 1,5 gradi,” ricorda Nature. Tuttavia gli impegni volontari presentati dai paesi per tagliare le emissioni di gas serra rendono improbabile il raggiungimento dell’obiettivo. Secondo le proiezioni, gli impegni costituiscono un miglioramento rispetto a oggi, ma comportano comunque un riscaldamento tra i 2,6 e i 3,1 gradi prima della fine del secolo. Le proiezioni potrebbero migliorare se si includessero alcuni settori finora esclusi da ogni taglio, come il trasporto marittimo e aereo. Altre possibilità sono l’aumento della cooperazione internazionale in materia di finanza e tecnologia, e l’adozione di ulteriori misure oltre a quelle prese dagli stati. A livello europeo, la situazione è confusa. Secondo Le Monde, la Brexit potrebbe complicare il processo di ratifica dell’accordo da parte dei singoli paese dell’Unione europea. Al momento non è chiaro se il Regno Unito lo ratificherà separatamente, e quale sarà la sua quota di riduzione del gas serra. In queste condizioni è difficile stabilire come dividere le quote tra gli altri paesi. (Internazionale n.1161, 8 luglio 2016, pag. 95)
- I ghiacci della Groenlandia. Con il disgelo di primavera o inizio estate, la sconfinata distesa di neve e di ghiaccio della calotta groenlandese si trasforma in un paesaggio di torrenti, fiumi e laghi azzurri. Quest’anno, la transizione è avvenuta prima del solito e più in fretta. La zone costiere sono state più calde della media: il 9 giugno, per esempio, a Nuuk c’erano 24 gradi, la temperatura massima mai registrata nella capitale nel mese di giugno. Le zone interne sono state invece leggermente più fresche del solito. Secondo Marco Tedesco, docente del Lamont Doherty Earth Observatory dell’Università Columbia, il disgelo è cominciato piuttosto presto, ad aprile, si è interrotto per poi riprendere a maggio e aumentare a giugno. L’acqua di superfice contribuisce in maniera diretta all’aumento del livello dei mari tramite il deflusso, ma quando si insinua nei crepacci e raggiunge la base dei ghiacciai ne accelera temporaneamente lo scioglimento, contribuendo in modo indiretto all’aumento del livello del mare. I laghi formati dall’acqua di disgelo possono inoltre “scurire” la calotta innescando un ulteriore scioglimento. “ Il disgelo si autoalimenta”, spiega Tedesco, “più ce n’è e più aumenta”. Resta da capire come procederà quest’anno lo scioglimento dei ghiacci in superfice. (Internazionale 1161, 8 luglio 2016, pag.97, con due foto da satellite a confronto).
- Diamanti opachi. In tempi di crisi neanche i diamanti riescono a mantenere il loro fascino, scrive l’Economist. C’è innanzitutto un problema di immagine. “Dal 2003 circa 75 paesi hanno sottoscritto il Kimberly Process, un accordo che traccia la produzione dei diamanti per garantire che non siano esportati per finanziare una guerra. Ma quest’anno alcune Ong hanno boicottato l’accordo accusando gli Emirati Arabi Uniti di aver favorito la vendita di diamanti legati al conflitto della repubblica Centrafricana” . Il settore soffre anche per la riduzione dei finanziamenti da parte delle banche, che temono i frequenti collegamenti del commercio di pietre preziose con il riciclaggio del denaro sporco. C’è inoltre un calo della domanda (soprattutto in Cina), che tra il 2011 e il 2016 ha fatto crollare il prezzo dei diamanti da 12.000 a 7400 dollari al carato. Infine i produttori tradizionali sono minacciati dalla diffusione delle pietre preziose costruite in laboratorio. “La californiana Diamond Foundry, per esempio, produce dei diamanti grezzi di ottima qualità, quasi indistinguibili da quelli estratti dal sottosuolo”. Il mercato è ancora piccolo rispetto a quello tradizionale, che ogni anno fattura 14 miliardi di dollari. Ma molti esperti prevedono che crescerà rapidamente, soprattutto dopo che le grandi miniere si saranno esaurite. (Internazionale n.1161, 8 luglio 2016, pag.101)
- Taiwan. I 17mila sfollati per il super tifone. Si fa la conta dei danni e dei feriti dopo il super tifone che si è abbattuto su Taiwan. Un uomo è morto annegato, 17mila gli sfollati. Gli effetti del monsone, con venti oltre i 200 chilometri all’ora, si sono fatti sentire anche nelle Filippine. Alcune persone hanno utilizzato blocchi di polistirolo per muoversi tra le strade allagate. Molte scuole chiuse e oltre 600 voli cancellati. (Corriere della Sera, 9 luglio 2016, con foto).
- Piogge devastanti. Shucheng, Cina. Operazioni di salvataggioin una strada allagata di Shucheng, nella provincia di Anhui, nalla Cina sudorientale. Secondo le autorità di Pechino, le inondazioni che hanno colpito negli ultimi giorni le regioni centrali e meridionale del paese hanno provocato almeno 186 morti, mentre 45 persone risultano disperse. Le piogge torrenziali hanno inoltre danneggiato 1,9 milionidi ettari di raccolti, causando una perdita economica stimata in 38 miliardi di yuan (circa 5,1 miliardi di euro). Più di 56mila edifici sono crollati. (Internazionale n.1161, 8 luglio 2016, con due foto).
- I mari caldi fanno bene ai polpi. Ci sono animali che più di altri sembrano essere favoriti dalle modificazioni all’ecosistema dovute all’attività umana, dall’inquinamento al riscaldamento globale: polpi, calamari e seppie, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Cell, sono in aumento in tutti gli oceani del pianeta ma anche lungo le coste. Ricercatori della Università di Adelaide, dopo aver analizzato i dati sulla quantità di cefalopodi pescati nel mondo, hanno scoperto che la cifra è cresciuta costantemente negli ultimi sessanta anni. Chiamati “erbacce del mare”, per il loro sviluppo rapido e i cicli di vita breve pare che prosperino grazie ai cambiamenti apportati dall’uomo e, si pensa, grazie alla loro capacità di adattarsi più velocemente di altre specie marine. (SETTE, n. 27, otto luglio 2016, pag.100)
- Lo Stato non si cura del farmaco velenoso. (…) Ancora fermo il risarcimento per le ultime vittime del Contergan: si tratta di una cifra inferiore allo stipendio del presidente dell’ENI. Nel 1954, come scrive il sito V.i.ta (Vittime italiane talidomide), la Chemie Grunenthal “depositò ed ottenne il brevetto per Contergan a base di talidomide, il “miracoloso” farmaco anti-nausea e sedativo”. Tre anni dopo la causa farmaceutica tedesca avviò “una campagna marketing senza eguali ” dove “ si sottolineava la completa sicurezza del farmaco, talmente sicuro che se ne consigliava l’uso ai bambini”. I risultati furono tragici. Migliaia di neonati focomelici. Senza braccia, senza mani, senza piedi, senza gambe… Finché Widijung nel 1961 dimostrò l’enorme pericolosità del farmaco. Da allora, la battaglia per risarcire almeno in parte ciò che non ha prezzo, è stata lunghissima. Nel totale disinteresse della Grunenthal (che ha chiesto scusa solo nel 2012 e risarcito solo i tedeschi), lo Stato italiano nel 2008 decise infine di riconoscere le proprie responsabilità (non avere controllato direttamente i possibili danni, non essere stato tempestivo nell’intervenire dopo l’allarme, non avere diffuso capillarmente la consapevolezza del rischio…) e di risarcire gli “effetti da sindrome da talidomide nelle forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e micromelia, nati dal 1959 al 1965”. (…). (Il testo integrale su SETTE n.27, 8 luglio 2016, pag.8).
- La scoperta del più grande giacimento di elio, una ricchezza che va condivisa. La domanda che nessuno sembra essersi fatta, tutti presi dall’eccitazione della scoperta, è: i tanzaniani potranno ora diventare ricchi? L’annuncio è di quelli “sensazionali”: nella Rift Valley della Tanzania, ricercatori britannici e norvegesi avrebbero individuato il più grande giacimento al mondo di elio. Di questo gas nobile e incolore , è il secondo elemento più abbondante nell’universo si prevedeva l’esaurimento delle scorte sulla Terra entro il 2035: attualmente il consumo globale – oltre che per gonfiare i palloncini o fare le vocine strane, serve soprattutto per le risonanze magnetiche, per l’industria aeronautica e spaziale (impedisce il surriscaldamento degli strumenti satellitari e raffredda i motori a razzo), per il riscaldamento dei superconduttori – è di 8 miliardi di piedi cubi e il principale giacimento –negli Stati Uniti –ne ha riserve per 24,2 miliardi. La nuova “miniera” africana, da sola, conterrebbe elio per 54 miliardi di piedi cubi (152 milioni di metri cubi) e potrebbe quindi da sola soddisfare la domanda globale per anni. La dimensione della scoperta in realtà non si ferma qui: il vero problema, finora, con questo gas stava nel fatto che non era mai stato rinvenuto intenzionalmente ma sempre scovato in modo casuale durante le trivellazioni per petrolio e gas. Stavolta sarebbe stato messo a punto un approccio esplorativo nuovo e preciso: alla base c’è l’osservazione del fatto che sarebbe l’attività vulcanica ad aver fornito il calore necessario per la formazione di elio nelle rocce antiche. E certo questo intanto suscita la domanda se l’elio possa essere ricercato allo stesso modo in altre zone vulcaniche del mondo. Ma, più concretamente: c’è il modo per cui ora questa ricchezza possa ricadere finalmente sulla popolazione? O, come il petrolio, sarà un’altra “maledizione” che favorirà solo i già ricchi e potenti? (SETTE n. 27, 8 luglio 2016, pag.53).
- L’emergenza dell’epatite. Le epatiti virali sono un’emergenza sanitaria globale: uccidono tanto quanto l’aids e la tubercolosi. I paesi più colpiti sono quelli dell’Asia meridionale e orientale. Nel 2013 l’aids ha ucciso 1,2 milioni di persone, la tubercolosi 1,4 milioni, la malaria 855mila, mentre le epatiti virali e le loro conseguenze (cirrosi e tumore al fegato) hanno causato 1,45 milioni di vittime. , il 63% in più rispetto al 1990. Questo aumento è dovuto in parte alla crescita della popolazione. Il problema è che le epatiti sono infezioni difficili da rilevare, spiega The Lancet. A questo si aggiunge il fatto che molte persone non hanno accesso ai vaccini contro le epatiti a e b e ai trattamenti innovativi per l’epatite c. Per esempio, è stato messo in commercio un nuovo farmaco c che l’Organizzazione Mondiale della sanità ha incluso nella lista dei farmaci essenziali: è molto efficace ma molto costoso, anche per i cittadini dei paesi ricchi .Un ciclo di terapia costa circa 80mila euro. (Internazionale n.1162, 15 luglio 2016, pag.89).
- Il carbone uccide. Le polveri emesse dalle centrali elettriche a carbone di Polonia, Germania, Romania, Bulgaria e Regno Unito attraversano i confini e fanno ammalare gli italiani, i francesi, i greci e gli ungheresi. E’quanto emerge da un rapporto pubblicato dal Wwf e da altre Ong, che ha quantificato l’impatto delle emissioni di 257 delle 280 centrali elettriche dell’Unione Europea. Si stima che la combustione del carbone abbia causato in Europa 22.900 morti premature e decine di migliaia di casi di malattie cardiache e respiratorie, per un costo sanitario di 62,3 miliardi di euro. I paesi con il maggior numero di morti premature causate dalle centrali a carbone negli Stati vicini sono: Germania (comprese le sue centrali) 3630, Italia 1610, Francia1380, Grecia1050, Ungheria 700. (Internazionale n.1162, 15 luglio 2016, pag. 89).
- Sei persone sono morte e otto risultano disperse nel passaggio del tifone Nepartak sulla provincia del Fujian, nell’est della Cina. Circa 220mila persone sono state costrette a lasciare le loro case. In precedenza, il tifone aveva causato un morto e trecento feriti a Taiwan. (Internazionale n. 1162, 15 luglio 2016, pag. 90)
- Si è aperta alle isole Faroer , nazione autonoma legata alla Danimarca, la caccia annuale alle balene pilota. Ogni anno gli abitanti uccidono circa ottocento cetacei, nonostante le proteste degli animalisti. (Internazionale n.1162, 15 luglio 2016, pag. 90)
- Settemila ettari di mangrovie sono andati persi nell’ultimo mese nel Golfo di Carpentaria, nell’estremo nord dell’Australia. Secondo gli esperti, gli alberi, circa il 7% del totale della regione, sono morti per la grave siccità, favorita dai cambiamenti climatici. (Internazionale n.1162, 15 luglio 2016, pag.90).
- Kalamintan, Indonesia. Gli oranghi del Borneo, le scimmie più grandi dell’Asia insieme agli oranghi di Sumatra, sono a rischio di estinzione a causa della deforestazione e del bracconaggio. Secondo l’Unione mondiale per la conservazione della natura, (IUCN), ne sono rimasti in libertà poco più di centomila esemplari. In base alle stime, nel 2025 la popolazione scenderà a 47mila esemplari, contro i 288.500 del 1973. (Internazionale 1162, 15 luglio 2016, pag. 90).
- Un paese sprecone. Ogni anno vengono gettati nelle discariche 60 milioni di tonnellate di cibo. (…) Si sono ascoltati molti impegni solenni, ma se parliamo degli Stati Uniti, la sensazione è che poco o nulla sia cambiato. Sappiamo che a livello planetario quasi un terzo della produzione di derrate agricole va sprecata per problemi di vario tipo: qualità del prodotto, raccolta non fatta nei giusti tempi, trasporto, distribuzione. In America, dove in teoria le cose dovrebbero andare meglio grazie a un sistema agroindustriale molto avanzato e a una migliore logistica , dalla “catena del freddo” all’efficienza dei supermercati, in realtà secondo alcune recenti indagini, gli scarti sono addirittura superiori: arrivano a metà della produzione. La causa è una sorta di culto della perfezione estetica: i negozi rifiutano i prodotti che presentano anche la benché minima ammaccatura. Le conseguenze sono due. La prima riguarda il gusto: si vendono banane verdi, pesche e cachi dure come il marmo e senza sapore perché i frutti maturi , molto più gustosi e sugosi ma meno esteticamente attraenti, non li vuole nessuno. Il governo federale ha calcolato che ogni anno l’America getta nelle discariche (o usa come alimento per il bestiame) ben 60 milioni di tonnellate di cibo, per un valore di 160 miliardi di dollari: duecento chili di alimenti sprecati per ogni abitante. Ma la verità che emerge dalle indagini più recenti è anche peggiore perché al prodotto marcito, rifiutato o comunque sprecato nel processo di distribuzione, va aggiunto un 20% della produzione che rimane sui campi, come quelli della Central Valley della California, per la difficoltà di trovare personale per la raccolta o perché i costi sono troppo elevati. Ci sono leggi e regolamenti che fissano standard e obbligano i distributori ad accettare anche derrate mature, ma nessun agricoltore che si vede rifiutare il carico di un camion da un grande supermercato osa appellarsi al rispetto della legge: se lo fa , rischia di perdere per sempre il cliente al quale vende gran parte della sua produzione. Sono nate anche delle start up come Imperfect Produce per cercare di recuperare il cibo che va sprecato, ma, come ha detto Roger Gordon di Food Cowboy al Guardian, lo scarto è parte del business dei supermercati, i cui profitti dipendono in gran parte dal prodotto fresco di alta qualità, (o che sembra tale allo sguardo) venduto a prezzi elevati. Se passano standard qualitativi meno severi e aumenta l’offerta , i prezzi calano e, con essi, anche i profitti della grandi catene. (SETTE n.29, 22 luglio 2016, pag. 32)
- Laggiù c’è una stella vorace. Chi può mai pensare a una stella di mare come a un terribile predatore ? Eppure , questi bellissimi animali dal corpo stellato acceso spesso da colori sgargianti, che al mare possiamo scoprire tra gli anfratti rocciosi, sono attrezzati nei sensi e nell’anatomia, per cacciare una gran varietà di organismi dei fondali marini. Predatori lenti ma inesorabili, si muovono seguendo le tracce olfattive delle loro prede. Le cinque braccia portano, ordinatamente , numerose e piccole protuberanze. – i pedicelli ambulacrali – che fanno muovere la stella con una locomozione strisciante e coordinata. Una delle cinque braccia è la dominante e detta la direzione. Le altre seguono. All’apice di ogni braccio c’è un organo di senso (la macchia oculare) che percepisce la luce, mentre tutto il corpo è cosparso di cellule sensoriali a funzione tattile e chimica. Al centro della faccia inferiore, quella che poggia sul substrato, c’è infine la bocca. Conquistata una preda, la stella marina di norma vi si adagia sopra e dalla bocca fuoriesce lo stomaco che inizia una lenta digestione “esterna”. Enzimi corrodono e consumano la materia organica fino a che la vittima è ridotta ad una densa poltiglia e così assorbita. Al termine dell’orribile “fiero pasto” lo stomaco è ritratto. Spugne, bivalvi, gasteropodi, crostacei e pesci sono comuni prede, non sono disdegnati nemmeno resti e carcasse. Killer di mitili. Alcune stelle sono la maledizione degli allevamenti di ostriche e mitili: riescono ad infilare lo stomaco anche in minimi spazi che si creano tra le valve. Basta anche una fessura di un decimo di millimetro. A volte è la stella stessa ad operare con le braccia una trazione utili ad aprire quel tanto che basta ad aprire le conchiglie. Per non parlare poi della stella corona di spine (Acanthaster planci) nota come distruttrice delle barriere coralline. Se ne sta celata fra i polipi costruttori di cui è vorace predatore e con una densità di 15 esemplari per metro quadro, ha devastato ampie zone di barriera corallina. (SETTE n. 29, 22 luglio 2015, pag.100, con foto)
- Il bilancio del passaggio del tifone Nepartak sulla provincia del Fijian, nell’est della Cina, è salito a 83 vittime. (Internazionale n. 1163, 22 luglio 2016, pag. 92).
- Nuovo record di temperature: il mese di giugno 2016 è stato il quattordicesimo mese consecutivo più caldo rispetto alla media delle temperature del secolo scorso. Secondo i dati della Nasa e del Noaa, giugno è stato più caldo di 0,9 gradi rispetto alle medie del novecento e il giugno più caldo da quando esistono delle rilevazioni attendibili, cioè dal 1880. (Internazionale n.1163, 22 luglio 2016, pag. 92, con foto dello scioglimento del ghiaccio nell’oceano Artico).
- Legno verniciato. I mobili da giardino di legno devono essere smaltiti in discarica. E’ il consiglio della rivista ambientalista Grist a un lettore dell’Illinois che chiede come smaltire dei giochi da bambino per bambini che aveva nel cortile. Pensava di riusare una parte del legno per costruire altro e di bruciare il resto. Esiste una soluzione più ecologica? In realtà, usare mobili da giardino come legna da ardere è una pessima idea. Il legno destinato a rimanere all’aperto , come quello dei giochi, è in genere trattato con vernici di protezione. Quando questo legno brucia, rilascia composti chimici pericolosi. Non bisogna sorprendersi. Le vernici non sono altro che pesticidi che hanno lo scopo di combattere funghi, insetti e altri organismi. Le vernici vecchie sono le più tossiche. Per esempio, in passato molto legno veniva trattato con l’arsenocromato di rame, o cca, che contiene cromo e arsenico, pericolosi per la salute. In alcuni casi, anche il contatto prolungato con il legno cca può essere dannoso. Il cca è stato sostituito nell’ultimo decennio da prodotti meno tossici, come i sali ammonici quaternari. Tuttavia anche se le vernici moderne sono meno pericolose, è sempre meglio non bruciare il legno trattato. Che fare allora di questo legname? Riusarlo all’aperto può essere una idea, ricordando però che non deve venire a contatto con il cibo o l’acqua da bere. Non si può quindi usare per l’orto o per dei taglieri di legno. In Alternativa, non rimane che la discarica. (Internazionale n. 1163, 22 luglio 2016, pag.92).
- I numeri dell’hiv. La diffusione del virus hiv a livello globale è rimasta costante. Secondo Lancet Hiv, negli ultimi dieci anni le nuove infezioni sono state 2,5 milioni all’anno. Tre quarti di queste sono state registrate in Africa subsahariana. Sono invece in calo i decessi per aids, passati da 1,8 milioni nel 2005 a 1,2 milioni nel 2015, in parte grazie alla diffusione degli antiretrovirali. Il numero di persone siero positive è aumentato, passando dai 27,96 milioni del 2000 ai 38,8 milioni del 2015. Questi dati sono stati presentati alla conferenza internazionale sull’aids di Durban, che ha tra gli obiettivi l’estensione della terapia antiretrovirale ai gruppi finora esclusi. (Internazionale n. 1163, 22 luglio 2016, pag.91).
- Rivoluzione verde. “Secondo una inchiesta realizzata nel 2015 dal World Food Program, un’agenzia della Nazioni Unite, nelle regioni rurali del Ruanda il 40% dei bambini soffre di denutrizione”, scrive Le Monde. “I cereali come il mais e il riso sono tra i principali prodotti d’importazione del paese africano, che per averli spende centinaia di milioni di dollari all’anno”. La situazione del Ruanda, spiega il quotidiano francese, rispecchia quella dell’intero continente africano, che ogni anno spende più di 35 miliardi di dollari per importare derrate alimentari. “Per questo il presidente ruandese Paul Kagame ha deciso di fare del suo paese la bandiera della rivoluzione verde africana. Esperti di agronomia e trattori sono stati spediti nelle campagne per rimodellare i paesaggi e cambiare gli stili di vita.” In molti casi è stata aumentata la produttività dei terreni, soprattutto attraverso accorgimenti che rallentano l’erosione del suolo e l’introduzione di sistemi di irrigazione più efficienti. Il problema è che per ora la rivoluzione verde di Kigame non sembra aver aiutato i più poveri, conclude Le Monde: ”Un inchiesta condotta nell’est del Ruanda ha rivelato che in questa parte del paese molte famiglie sonostate costrette a vendere i loro terreni per comprare il mangiare e che il 12% di queste famiglie ormai ha perso tutte le proprietà.” (Internazionale n.1163, 22 luglio 2016, pag. 95).
- Nel villaggio indigeno che sfida Brasilia e le multinazionali per fermare la nuova mega-diga elettrica nella foresta. L’Amazzonia ospita il più vasto sistema fluviale del mondo, pari a un quinto dell’acqua dolce del pianeta, con un bacino di 6,9 milioni di chilometri quadrati. Nel bacino del Tapajos sono in fase costruzione o progettazione 43 dighe idroelettriche. La più imponente, Sao Luiz do Tapajos, avrà una capacita installata di 8040 MW, sommergerà 400 chilometri quadri di foresta vergine e provocherà la deforestazione di altri 2200 chilometri quadri. (…) Il 65% dell’energia prodotta in Brasile proviene dalle centrali idroelettriche. Soltanto due fiumi dell’Amazzonia non sono stati imbrigliati da dighe il Rio Negro e il Tapajos. Ma non per molto ancora se i piani di Brasilia andranno avanti, nonostante i ricambio al vertice presidenziale dopo l’impeachment di Dilma Rousseff. Il progetto più ambizioso prevede la costruzione di ben 43 dighe nel bacino del Tapajos. Una è già stata inaugurata, un’altra è in fase di ultimazione, entrambe su due affluenti di questo fiume che scorre per 2291 chilometri ( di cui solo 280 navigabili) nel cuore della foresta, prima di immettersi nel Rio delle Amazzoni. Il “mostro” che più preoccupa il popolo Munduruku e gli ambientalisti di Greenpeace accorsi al loro fianco è la mega diga di Sao Luiz: larga sette chilometri e alta 50 metri , avrà un bacino di 729 chilometri quadrati e sommergerà 400 chilometri quadrati di foresta pluviale incontaminata. Sarà una delle sei dighe più grandi al mondo , la terza in Brasile dopo quella di Itaipu, al confine con Uruguay e Argentina e quella, contestata, di Belo Monte sullo Xingu. In un futuro ancora nebuloso, , anche a causa degli scandali che hanno travolto l’industria nazionale dell’energia, il sistema di dighe potrebbe essere la prima tappa di un progetto ben più ambizioso: la costruzione di una idrovia dal Mato grosso a Santarem, per trasportare poi la soia fino ai porti dell’Atlantico.Il piano è già stato approvato da una commissione del Congresso, resta il mistero su come il Brasile troverà i soldi per un’opera così gigantesca. Forse andando a bussare alla cassaforte dei cinesi. (…) (Corriere della Sera, 24 luglio 2016, pag. 20 e 21).
- L’emergenza. Centinaia di evacuati e almeno una vittima, la California brucia. Centinaia di persone costrette a lasciare le proprie abitazioni e almeno una vittima. Sono le conseguenze di una serie di incendi che stanno interessando una vasta area della California, circa ventimila ettari. Da giorni gli abitanti vivono una situazione di costante emergenza: finora gli oltre 900 vigili del fuoco e volontari impegnati non sono riusciti a domare le fiamme. Secondo quanto riferito dai soccorsi, il cadavere di un uomo è stato trovato nella zona di Santa Clarita, a nord di Los Angeles. (Corriere della Sera, 25 luglio 2016, pag. 19)
- E’ nato a Barcellona il primo bimbo in Unione Europea malato di Zika. In Spagna è nato un bambino affetto da microcefalia associata al virus Zika. E’ il primo caso in Europa. La patologia è stata diagnosticata a maggio: la madre aveva viaggiato in Sud America. Il virus può causare una patologia per la quale i neonati nascono con danni cerebrali. (Corriere della Sera, 26 luglio 2016, con foto).
- Quell’ultimo carico dopo due secoli. Il porto di Genova dice addio al carbone. E’ stata un po’ a sonnecchiare in rada. E poi la nave Interlink Veracity, alle cinque della sera di ieri, al Ponte San Giorgio, proprio sotto la Lanterna, ha cominciato a scaricare le 20.000 tonnellate di carbone che teneva chiuse nella pancia. Lo ha fatto mille altre volte, ma questa è una volta speciale: chiude con quel gesto, due secoli di storia. Da due secoli a Genova, in porto, si scarica il carbone. La vecchia centrale elettrica a due passi del terminal Rinfuse verrà riconvertita (turismo? cultura? innovazione? cattedrale nel deserto urbano?). E con il carbone scompariranno i carbunè, gli scaricatori che, con i mitici “camalli” rappresentavano l’aristocrazia della classe operaia genovese. Tornavano a casa con la faccia sporca e con il nero sotto le unghie, ma erano l’avanguardia proletaria che sapeva tener testa alla borghesia oligarchica delle grandi famiglie che gestivano il potere economico di una città (allora) tra le più ricche d’Italia. Alla fine dell’Ottocento i carbunè maneggiavano quasi la metà del traffico portuale. E contavano al punto di essere cofondatori di un quotidiano: nel 1903 attraverso la cooperativa Emancipazione, versarono la metà delle 60mila lire necessarie per dar vita al giornale Il Lavoro. Allora erano migliaia –sono arrivati a 4000 – ,sono rimasti 35. L’amato –odiato carbone (tanti di loro hanno avuto i polmoni devastati) non lo vedranno più. Il loro console –così si chiama il leader dei carbunè – Tirreno Bianchi, ha ancora la grinta delle facce nere di un tempo: “No, noi della Compagnia Pietro Chiesa non scompariremo: i nostri ragazzi sanno usare i computer e scaricare i container. Per chi sa lavorare un posto deve esserci. Certo senza la volontà politica….” (Corriere della Sera, 27 luglio 2016, pag. 27
SCHEDE PRECEDENTI
- Abitare il pianeta senza distruggerlo
- Un pianeta sempre più a rischio
- Stiamo strangolando la terra
- Sono ancora cattive le notizie sul clima
- Il clima dipende anche da noi
Giocano sulla nostra pelle
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