di Maurizio Ruzzene*
Le monete alternative come risposta dal basso
alla liquidazione di alcuni diritti fondamentali
Oggetto da alcuni decenni di sperimentazioni e di ricerche approfondite, la prospettiva delle monete alternative non ha suscitato in passato molto interesse da parte delle istituzioni e delle forze politiche, specie nel nostro paese, dove la loro creazione è stata spesso contrastata sia sul piano culturale che amministrativo. Solo dopo l’ultima crisi finanziaria globale è cominciato a crescere anche in Italia l’interesse per i diversi tipi di Monete Alternative esistenti (comunitarie, locali, di scopo e complementari, che indicherò nel loro insieme con la sigla MA)[1]. Lo testimoniano la recente legge italiana sul baratto amministrativo (Losito, 2017); così come il sostegno che banche e organizzazioni finanziarie stanno fornendo al progetto Sardex, dove viene superata l’idea stessa di moneta, per far posto a un sistema di scambio e di credito senza interessi (Dini e Sartori, 2013).
L’attenzione si concentra oggi sui vantaggi offerti dalle MA in quanto complementari al rilancio della crescita economica, principalmente in contesti locali e regionali. Il variegato movimento delle MA presenta però molti aspetti interessanti specialmente come risposta alla liquidazione neoliberista di una parte importante dei diritti sociali, individuali e collettivi, e ai vuoti lasciati dalla politica nel governo dei processi economici, affidati ormai in larga parte a una competizione globale esasperata.
Si tratta di un quadro di crisi che risulta ampiamente riconducibile agli sviluppi speculativi delle organizzazioni monetarie e finanziarie, e che dal punto di vista delle risposte fornite dalle MA viene ad assumere almeno tre direzioni principali: la crisi del welfare state, che colpisce i diritti dei soggetti più deboli, e le pubbliche amministrazioni, nazionali e locali, privandole delle risorse necessarie per affrontare la crisi; la carenza di liquidità, che riguarda specialmente le piccole imprese, ledendo i diritti dei singoli e delle collettività a operare in contesti socio economici cooperativi, non dominati dallo sfruttamento indiscriminato di ogni risorsa; la crescita del debito pubblico, che si ripercuote nella crisi delle politiche di sviluppo economico indirizzate a curare i beni comuni, e alla quale può essere collegata anche la perdita di sovranità politica e monetaria dei singoli stati, ed in particolare di quelli che hanno aderito al regime dell’euro.
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A queste condizioni complesse di crisi e negazione dei diritti sociali fondamentali si è tentato di rispondere su più fronti, con lo sviluppo di diversi tipi di MA. Alcuni movimenti di base e amministrazioni locali virtuose hanno cercato di rispondere alla crisi del welfare impegnandosi nello sviluppo di circuiti di scambio e di crediti di tipo comunitario, fondati su rigorosi principi di equità, per favorire l’integrazione sociale e lavorativa di individui e gruppi sociali più svantaggiati. Da ricordare le banche del tempo, particolarmente diffuse negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Italia, e i LETS – Local Exchange and Trade Systems – diffusi ormai ovunque nel mondo (per approfondimenti sui diversi aspetti delle MA vedi Kennedy, 2006; Lietaer, 2001; North, 2012).
Alla penuria di liquidità, che ha colpito specialmente le piccole imprese, non poche iniziative locali hanno risposto con la sperimentazione delle cosiddette monete complementari, aventi come finalità prioritarie l’incremento del volume degli scambi. Più in particolare, per impedire fenomeni di accumulazione e ristagno della moneta si sono sviluppate monete a demurrage o a deprezzamento programmato nel tempo, ma anche sistemi di scambio dove la moneta svolge la funzione preminente di semplice unità di conto e ci si basa sui principi della compensazione creditizia (in base ai quali i crediti e i debiti devono “compensarsi” o essere ripianati periodicamente), come nel WIR svizzero o nel già citato Sardex.
Una qualche risposta alla perdita di sovranità monetaria degli stati nazione e alla crisi del debito pubblico è stata sviluppata invece solo su un piano teorico, macroeconomico. Gli attivisti impegnati nella costruzione di MA hanno preferito in genere muoversi su piccola scala e in ambito locale, piuttosto che nelle dimensioni sistemiche, istituzionali, mentre sul piano puramente teorico possono essere individuate almeno tre direzioni di ricerca significative.
La prima è riconducibile alla Moderna Teoria Monetaria, che afferma la necessità di una riappropriazione delle funzioni di creazione della moneta da parte degli stati nazionali, oltre che la revoca della facoltà concessa alle banche di creare denaro dal nulla richiedendo tassi di interesse iniqui (Mosler, 2012). La seconda direzione può essere individuata nelle ipotesi dei certificati di credito fiscale che uno stato dovrebbe emettere per stimolare le attività di consumo e produttive, impegnandosi ad accettarle come mezzo di pagamento fiscale (Bossone e al., 2015). Un terzo tipo di approccio può essere individuato infine nella ricerca di forme monetarie e di finanziamento delle economie pubbliche esenti da derive inflazionistiche e attacchi speculativi, con un’attenzione particolare per le forme di valorizzazione delle attività di cura dei beni comuni indirizzate a conferire maggior autonomia e un valore economico positivo alle stesse economie pubbliche (Ruzzene, 2007, 2015; Gesualdi 2013).
Le risposte a cui ci siamo appena riferiti derivano da problemi reali e da situazioni divenute insostenibili, come l’obbligo imposto a tutti gli stati (a partire dagli anni Ottanta) di finanziare il loro debito ricorrendo ai prestiti forniti dai mercati finanziari speculativi, a tassi di interesse spesso esorbitanti – comunque molto maggiori delle possibilità di crescita economica reali – proprio in quanto determinati dagli alti livelli di rischio generati dagli stessi agenti finanziari (Lietaer e al., 2012; Gallino 2011). Bisogna riconoscere però che ogni risposta a problemi così complessi incontra notevoli difficoltà, collegabili anche al modo in cui vengono costituite le strumentazioni monetarie, sia ufficiali che alternative. E il problema delle forme di valore e di potere sviluppate nelle stesse strumentazioni monetarie diventa cruciale, non solo su un piano macroeconomico ma anche nella difesa dei diritti sociali oggi più rilevanti.
Nuove forme di valore economico:
dal potere anonimo e impersonale della moneta
ai crediti nominativi circolari
Molti sostenitori delle MA mettono in discussione le monete ufficiali in quanto espressione del denaro, valore e potere economico fine a se stesso, impersonale e anonimo, che tende ad accentuare diseguaglianze e iniquità, alimentando diverse condizioni di crisi sociali e ambientali (Kennedy, 2006). Non si si è data invece sufficiente rilevanza – almeno sino a poco tempo fa – a un’altra caratteristica della moneta, che tende a generare condizioni di crisi riguardanti in particolare gli stessi sistemi monetari. Si tratta della caratteristica del valore monetario di presentarsi come valore/potere intrinseco o meglio interno alla stessa moneta, come entità che vive di una vita propria, a prescindere dalle volontà e dalle intenzioni dei singoli agenti (per approfondimenti vedi Ruzzene, 2016).
L’attribuzione alla moneta di un valore interno e di una vita propria alimenta in primo luogo tendenze alla creazione eccessiva, indebita, delle masse monetarie esistenti, principalmente perché gli agenti credono che la creazione di moneta risolva ogni problema o porti a un aumento della ricchezza in generale, individuale e collettiva. La creazione eccessiva di moneta determina però inflazione o una perdita inevitabile del suo valore, specie nel medio e lungo periodo, e questo fa salire i tassi di interesse richiesti per ogni finanziamento monetario. Mentre l’esistenza degli interessi monetari viene giustificata perché si considera ogni moneta come se fosse dotata di un proprio valore, anche se i valori monetari risultano ormai un fatto puramente convenzionale, stabilito soprattutto da mercati prevalentemente speculativi.
Va rilevato tuttavia che i problemi relativi alla creazione indebita di titoli monetari ed alla loro perdita di valore possono riguardare anche le MA concepite per superare ogni forma di interesse monetario. Ciò avviene quando anche queste vengono considerate come dotate di un valore economico interno, e specialmente quando la dimensione dei loro circuiti cresce in maniera rilevante. In questo caso le MA dotate di un valore interno si prestano anche a gravi problemi di falsificazione (come è avvenuto per l’esperienza dei Treque argentini, analizzata in Gomez 2009). Infine si deve affrontare il divieto posto dalle legislazioni esistenti di creare strumenti monetari dotati di un proprio valore paralleli alle monete ufficiali.
In Italia il divieto di creare MA dotate di un proprio valore è risultato ad esempio tra le cause principali della chiusura delle esperienze SIMEC ed Eco Aspromonte (su tali esperienze vedi Perna 2013). E anche la rigidità con cui questo divieto è stato fatto valere in Italia ha contributo alla diffusione di altri tipi di MA, ovvero di sistemi di scambio e credito di tipo mutuale di fatto senza moneta. Mi riferisco in particolare alle Banche del tempo e ai sistemi di compensazione dei crediti tipo Sardex, dove si dà luogo a crediti nominativi che vengono emessi, cioè registrati, solo nel momento in cui avviene uno scambio di beni e servizi, cessando di esistere quando ogni soggetto ha ceduto all’interno del circuito un valore di beni e sevizi uguale a quello dei beni e servizi acquisito.
I circuiti tipo Banche del tempo e quelli a compensazione creditizia hanno in genere finalità e anche criteri operativi abbastanza diversi. Nelle BDT risulta centrale la individuazione di propri criteri di misura economica (in unità di tempo) in grado di rafforzare i principi di equità e del riconoscimento di un giusto valore delle attività scambiate (Coluccia, 2001). Nei sistemi a compensazione creditizia tipo Sardex risultano prevalenti le esigenze di scambiare beni e servizi tra le imprese, senza pagamento di interessi monetari, e importa specialmente il ripianare o compensare tutte le relazioni di credito e debito entro un dato periodo di tempo – di solito un anno solare – mentre per determinare il valore dei beni scambiati ci si riferisce di fatto alle monete ufficiali (Dini e Sartori, 2013).
Significativamente diverso è il modello dei “buoni sconto circolanti” sviluppato all’interno dell’Arcipelago SCEC (www.arcipelagoscec.net/). Un buono sconto evidentemente non può essere considerato come uno strumento monetario in senso proprio. Non svolge funzioni di riserva di valore, né di mezzo di misura economica, e direttamente o pienamente neanche le funzioni di mezzo di scambio. Ma può essere scambiato e reso trasferibile (cioè circolare), e soprattutto permette una riduzione dei prezzi espressi in moneta ufficiale, agevolando quindi gli scambi di beni e servizi, come dovrebbe avvenire per le monete tradizionali.
Proprio per la loro configurazione, i tre tipi di MA indicati non danno luogo ai problemi tipici delle monete dotate di un valore interno (quali la creazione eccessiva e la falsificazione della moneta). Ne incontrano però di nuovi, sulla base dei fini e principi specifici adottati (Ruzzene, 2016). Si pone in particolare l’esigenza di dar luogo a possibilità di scambio significative e equilibrate, tali da permettere a tutti gli aderenti di offrire i loro beni e servizi, evitando concentrazioni dei crediti o dei debiti da parte di qualsiasi agente.
In genere tali problemi possono essere affrontati meglio raggiungendo una sufficiente ampiezza dei circuiti e una adeguata differenziazione delle attività scambiate, e sono comunque richiesti adeguati sistemi di informazione e comunicazione tra gli agenti. Specie l’incremento dell’ampiezza dei circuiti non è però sempre facilmente raggiungibile. Molti sostenitori delle MA preferiscono sviluppare circuiti di piccole dimensioni, principalmente per facilitare relazioni personali tra gli aderenti e partecipazione dal basso nella gestione degli stessi sistemi di scambio e credito (North, 2012). Il problema delle limitate dimensioni delle MA può essere affrontato comunque attraverso l’interazione e la cooperazione tra più circuiti, che possono condividere obiettivi o finalità più generali, anche se si contraddistinguono per l’uso di strumenti e criteri operativi differenti.
Il problema del collegamento
tra i circuiti di scambio e credito mutuali
Limitandoci all’esperienza italiana, possiamo individuare almeno due modi principali di affrontare il problema del collegamento tra i circuiti di scambio e credito di tipo mutuale, nel sistema Sardex e nel progetto RetiCS (Reti Comunitarie di Scambio). Nell’esperienza Sardex si assiste di fatto a una clonazione del modello organizzativo di base, sviluppato in Sardegna e riprodotto in una decina di altre regioni italiane, secondo criteri che risultano di natura prevalentemente economico commerciale (Ruzzene, 2016). Nel progetto RetiCS si pone invece l’attenzione sull’esigenza di valorizzare le specificità delle differenti esperienze di scambio e credito mutuale, richiedendo comunque che i diversi modelli e strumenti non si pongano in contrasto con i valori della mutualità, della solidarietà, della cura dei beni comuni e dei contesti ambientali (www.retics.org).
Il progetto RetiCS ha preso avvio circa tre anni fa dall’iniziativa di alcuni ricercatori e attivisti impegnati in associazioni dell’economia solidale, della finanza etica, della decrescita e soprattutto in alcune esperienze concrete di MA come il Bus di Reggio Emilia, il Susino (sviluppato a partire dal 2012 in val di Susa e ora in fase di riprogettazione), la Rete di mutuo credito, diffusa in alcune aree dell’Emilia Romagna e del Trentino, e il Fido, nelle sue prime fasi di sperimentazione in Brianza. Va rilevato che, nella sua pur breve storia, il progetto RetiCS ha incontrato non poche difficoltà, sia nei rapporti tra le sue diverse componenti, sia relativamente allo sviluppo dei singoli circuiti. La validità del progetto non va considerata però tanto in base ai risultati ottenuti ma appunto per il tentativo di mettere assieme esperienze e modelli di MA diversi, ricercando convergenze sul piano degli ideali e dei fini comuni perseguiti, ma anche nella riflessione sugli strumenti più appropriati per conseguire tali finalità.
Nel modello Rete di muto credito in particolare si dà spazio a una duplice tipologia di scambio e credito mutuale, sviluppata su due piattaforme che vengono tenute distinte per ragioni prevalentemente fiscali: la compensazione creditizia, applicabile alle imprese con partita IVA, che possono scambiarsi beni e servizi a credito senza impiego immediato di moneta; lo sconto circolare, a cui possono aderire soggetti che agiscono non in ambito professionale, scambiando beni e servizi a prezzi ridotti e condividendo i principi dello scambio solidale e non profit (www.retedimutocredito.it).
L’esperienza Bus, sostenuta dal Distretto di Economia Solidale di Reggio Emilia, prende avvio dalla creazione di un buono sconto che assume inizialmente una veste cartacea per ragioni pratiche e simboliche. Il buono sconto dà luogo a una riduzione significativa del prezzo dei beni scambiati ma si presenta anche come mezzo di rafforzamento dei loro legami comunitari e di una progettualità comune, volta a ridimensionare il peso assunto dal denaro e dalla moneta ufficiale nelle relazioni di scambio. BUS è infatti l’acronimo di Buono di Uscita Solidale, intesa come uscita progressiva dalle logiche egoistiche e impersonali dell’economia capitalistica. Non è prevista alcuna convertibilità in moneta ufficiale ma nemmeno la messa in campo di un’unità di misura economica alternativa.
Nella rete comunitaria Mi fido di noi l’esigenza di una misura alternativa dei valori dei servizi e dei beni scambiati, espressi in unità di tempo, costituisce invece uno dei presupposti fondamentali. Il modello adottato serve principalmente a integrare i principi del dono (specie riguardo a beni utili che vengono dismessi e scambiati dalle famiglie) con i principi delle banche del tempo, secondo i quali il valore di un’ora di qualsiasi attività è lo stesso di quello di un‘ora di qualsiasi altra attività. Obiettivo non è solo quello del dare un valore equo alle attività delle persone, spesso disoccupate o in condizioni di difficoltà, ma anche il rivalutare una cultura del recupero delle cose più modeste, magari di poco valore economico, che però la valutazione in termini di unità di tempo può rendere più significativo, specie per i principi di equità che ne stanno alla base.
Alcune ipotesi sulle potenzialità dei crediti in unità di tempo
nel finanziamento delle economie pubbliche e nella cura dei beni comuni
Contrariamente a quanto ritenuto comunemente, non tutti i sistemi di scambio e credito tipo Banche del tempo attribuiscono un valore economico uguale a ogni attività lavorativa. Alcuni circuiti, come il sistema giapponese Fureai Kippu, prevedono che ad attività più faticose sia attribuito un valore di scambio maggiore rispetto ad attività più leggere o gratificanti (Lietaer, 2001). Il sistema di misura in unità di tempo non cambia comunque, cambia solo il valore di scambio delle diverse attività, e ciò può portare vantaggi sia nella tutela dei crediti acquisiti sia nella regolazione delle relazioni di scambio. I crediti registrati in unità di tempo non perdono infatti mai di valore, neanche nel lungo termine, mentre attribuire un valore di scambio maggiore ad attività scarsamente disponibili può servire ad aumentare l’offerta di quelle attività.
Nei decenni scorsi, all’interno delle MA sono stati sperimentati inoltre dei criteri validi per rendere commensurabili i valori in unità di tempo con i valori espressi in moneta ufficiale, a partire dalla individuazione di un’ora di lavoro di valore sociale (monetario) medio, come è avvenuto nell’esperienza delle Ithaca Hours (Lietaer, 2001). E questo consente di ampliare notevolmente i campi di applicazione degli stessi sistemi di misura e di credito in unità di tempo.
In primo luogo si potrebbe convertire in unità di tempo una quota più o meno ampia dei redditi da lavoro, calcolati oggi in moneta ufficiale. E ciò può servire a sua volta sia per ampliare il volume degli scambi in MA all’interno delle economie solidali, sia per sviluppare forme di risparmio o di accantonamento previdenziale esenti da perdite di valore o dinamiche inflazionistiche di vario tipo, sia infine per sviluppare sistemi di finanziamento delle economie pubbliche senza interessi monetari (su tali aspetti si può vedere Ruzzene, 2007 e 2013). Sistemi di accantonamento previdenziale e di credito di lungo termine in unità di tempo e senza interessi potrebbero essere molto vantaggiosi, tanto per i singoli quanto per le collettività, soprattutto perché potrebbero risultare indenni dalle perdite di valore che interessano gli accantonamenti previdenziali in moneta ufficiale, specie in relazione agli sviluppi abnormi della finanza speculativa (Ruzzene, 2009 e 2015).
I prezzi espressi in moneta ufficiale rimarrebbero soggetti a tutte le derive inflazionistiche destinate comunque a farsi valere nei sistemi monetari ufficiali nel lungo periodo. Non verrebbero a mutare però i valori dei crediti registrati in unità di tempo di valore sociale medio (che si identificano con una unità fisica di tempo). Un credito di un’ora di lavoro prestato alle economie pubbliche (magari come forma di accantonamento previdenziale) rimarrebbe sempre uguale a un credito di un’unità oraria, restituibile ai singoli al bisogno o alla fine di un ciclo di vita lavorativa, sia in forma di servizi di cura e assistenza che in termini di risorse pensionistiche. E i crediti di unità di tempo potrebbero comunque rivalutarsi considerevolmente rispetto ai risparmi in moneta ufficiale, viste appunto le forti perdite nel potere di acquisto registrabili da questi nel lungo periodo (Ruzzene, 2005 e 2015).
I singoli individui potrebbero mettere i loro risparmi al riparo dalla distruzione sistematica compiuta dal sistema speculativo globale e potrebbe garantirsi i servizi sociali necessari nel corso della loro vita, certi che i loro risparmi possono essere garantiti dalla stessa ricchezza sociale che sta alla base delle economie pubbliche, principalmente in termini di beni comuni e di attività orientate alla loro. I beni comuni e i patrimoni ambientali ne risulterebbero meglio salvaguardati, sottraendo il sistema del welfare dagli attuali processi di mercatizzazione liberista, mentre lo stesso sistema del welfare ne risulterebbe profondamente modificato, con l’adozione di migliori criteri di responsabilità individuale e collettiva, oltre che di maggior trasparenza e razionalità economica.
Si tratta evidentemente di aspetti molto complessi e da approfondire. È risultato opportuno richiamarli qui perché possono rappresentare le prospettive di sviluppo più interessanti per i sistemi di scambio e di credito di tipo mutuale e comunitario. L’esperienza delle MA ha già aperto nuove opportunità di sviluppo nel campo dei sistemi di credito e finanziamento delle economie solidali e di cura, specie in relazione al loro radicamento territoriale, locale. Difficilmente però queste potenzialità potranno maturare, fino a diventare la base di un nuovo modello di sviluppo economico sociale, se la stessa prospettiva dello sviluppo di più adeguate forme di MA non verrà fatta propria dalle istituzioni e dalle forze politiche di governo, anche su scala regionale e nazionale.
Diventa necessaria in particolare una più approfondita attività di ricerca, sulle esperienze di MA già compiute e sulle opportunità enormi aperte dagli sviluppi tecnologici oltre che dal perdurare dell’attuale crisi sistemica. E non si può continuare ad ignorare che si tratta anche di una crisi dei diritti individuali e collettivi fondamentali, riguardanti in primo luogo la stessa costituzione politica, collettiva della moneta e della ricchezza sociale che ne sta alla base.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E WEB
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Ruzzene Maurizio (2016), Forms of money power and alternative currencies: tackling the Euro cage, in corso di pubblicazione in Économie et Institutions e attualmente disponibile in www.academia.edu/31946432/
[1]Uso il termine monete alternative a prescindere dai loro orientamenti di fondo (localisti, etici, settoriali o complementari alla crescita economica), per indicare il fatto che ciascuna MA si può impiegare in alternativa alle altre, o alla stessa moneta ufficiale, anche se ciò avviene solo per una quota limitata del prezzo di un bene.
*Svolge da molti anni attività di ricerca sulle condizioni di sostenibiltà economica e socio ambientale dei sistemi monetari alternativi. Ha pubblicato numerosi articoli sull’argomento ed è membro dell’associazione internazionale RAMICS (Research Association on Monetary Innovation and Community Currency Systems, www.ramics.org). Collabora con l’“International Journal on Community Currency Research”
*Questo articolo fa parte del 15° Rapporto sui Diritti globali Apocalisse umanitaria (Ediesse), dove è apparso con il titolo Monete alternative e diritti sociali
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